L'inizio
-Nick Myra ha detto?-
-Sì, Myra con la Y. Dovrei parlare con il vostro associato senior, insomma il vostro capo.-
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Il mio nome è Nicola da Myra. Il cognome della mia famiglia è andato perduto quasi due millenni or sono.
Cambio il nome a seconda del luogo in cui sono, per non destare subito sospetti e dubbi nei miei interlocutori. Mica posso dire loro che mi chiamo San Nicola da Myra ovvero Babbo Natale ovvero Santa Claus, etc etc.
Verrei spedito subito al manicomio o in qualche clinica per anziani malati psichici.
Così qua in America sono semplicemente Nick.
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-Mi faccia controllare il registro, solo un momento.-
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Avevo deciso di affidarmi a un prestigioso studio di avvocati di New York. Precisamente a Manhattan. Ho guardato così tante serie televisive, nel mio sconfinato tempo libero, che ormai ho capito che gli avvocati migliori sono tutti qua.
E riescono nell'impossibile.
Persino il più grande delinquente americano potrebbe passare per chierichetto, grazie a loro. Sono costosi, ma vincenti. Tutti.
Almeno in TV.
Chissà se accetteranno un lavoro che gli verrà pagato dopo; dopotutto sono dalla parte delle vittime, giusto? Chi non dovrebbe aiutare il mitico Babbo Natale, l'uomo buono per eccellenza, il vecchietto che tutti vorrebbero come nonno, amante dei bambini e che consegna regali a tutto il mondo?
Ho usato quella diavoleria chiamata internet per trovare questo studio prestigioso.
Wildes & Weinberg aveva più recensioni degli altri in questa zona, ed erano tutte al massimo. Clienti soddisfatti, perfetto! E hanno perfino fotografie scattate con Obama, l'ambiguo presidente di questo vasto agglomerato di Stati, ognuno diverso dall'altro. Chissà che fatica sarà governarli tutti e allo stesso tempo non crearsi nemici e guerre al di fuori del proprio Stato. Difficile, vero?
Così mi reco al 515 di Madison Avenue di buon mattino, con tanto ottimismo e una buona dose di allegria, complice anche la giornata di sole e l'aria frizzante che mi dà la spinta necessaria.
Una palazzina non certo moderna come gli altissimi e luccicanti grattacieli dei dintorni, ma imponente, con una miriade di finestre tutte uguali e tutte così vicine. Sembra un alveare, pieno zeppo di api operaie strette nei loro uffici e comandate a bacchetta dalla loro regina. O dal loro re.
Per fortuna proprio a fianco dell'ingresso c'è uno Starbucks. Ho bisogno di un buon caffè per affrontare al meglio ciò che dovrò fare sei piani più in alto.
-Un caffè, please.-
Secoli di studio e di viaggi mi hanno dato l'opportunità e abbastanza tempo per imparare a parlare parecchie lingue, e anche assai bene. L'inglese è una delle mie preferite perché posso usarlo quasi dappertutto, anche in nazioni di cui non ho imparato l'idioma locale, se son fortunato a trovare persone istruite...
-Capucino Machiato Frapucino Ammerican...?-
... a parte quando un nativo inglese o americano tenta di parlare in italiano, la mia lingua preferita in assoluto oltre quella d'origine, il greco (sì va bene, non scervellatevi... dove sono nato era l'attuale Turchia, ma erano tempi antichi ed era in voga la lingua e la cultura greca).
Si mangiano le doppie e hanno un modo fastidioso di concludere le parole, con quella "ou" oscena che mi fa ribrezzo!
-Caffè Espresso, per carità!-
Non voglio assolutamente quel beverone di acqua, latte liofilizzato e caffè in polvere e rischiare di trovarmi a discutere con avvocati famosi e un bisogno estremo di andare in bagno, che figura ci farebbe un Babbo Natale col mal di stomaco?
Per bere del caffè ho dovuto aspettare più di mille anni e per fortuna che la mia Turchia era uno dei luoghi migliori dove goderselo! Mi è andata bene!
A Costantinopoli (odierna Istanbul) si era diffusa la cultura del buon caffè. Lo facciamo davvero buono, fin dagli albori.
Mi godo il prezioso e minuscolo espresso e rimugino alla storia che dovrò raccontare, sempre lassù, sei piani sopra la mia testa. Dovrò essere chiaro e soprattutto fare un riassunto.
Secoli di storia non sono poca cosa.
Mi pulisco la bocca con il fazzoletto con il marchio verde del locale per essere sicuro di essere presentabile e mi accingo a salire presso gli uffici dei famosi avvocati.
Che grande invenzione, gli ascensori! Ai miei tempi mica c'erano. A dire il vero non c'erano neanche grattacieli, ma vabbè, grande invenzione comunque. Ho quasi mille e ottocento anni e a volte sento un po' di stanchezza nelle membra. Non disdegno di certo un piccolo aiuto, ogni tanto.
Suono al campanello dell'ufficio e con un suono improvviso mi viene aperta la porta, un "BBZZZ" squillante che mi fa quasi prendere un colpo. Il mio cuore ha mille ottocento anni eh, è delicato! Volete farmi pigliare un infarto?
Sono immortale, ma non è questo il momento per dirlo a tutti.
Entro, una graziosa signorina di appena mille settecento e quarant'anni circa (a occhio) meno di me, accoglie la mia imponente figura in segreteria.
___
-Ha un appuntamento?-
-Non ho appuntamento.-
Alza gli occhi dal monitor e mi guarda un po' sbalordita.
-E come pensa di poter avere un incontro con il nostro Senior Partner? I soci sono impegnatissimi, questo è un prestigioso studio specializzato nell'immigrazione, e pensi lei, qui in America, quanto lavoro c'è da fare. Senza appuntamento non sono in grado di farle parlare con un socio, mi perdoni. Ma può prenotare per il mese pro...-
-Andrebbe bene anche uno degli altri soci. Non se ne rende conto, ma io sono una persona importante, non sa quanto e per quante persone, probabilmente da bambina lei credeva in me!-
Lei pensa che io stia vaneggiando, ma forse non fa caso a ciò che le sto dicendo e risponde:
-Sarei lieta di farle parlare con un associato, ma senza appuntamento non è possibile, davvero. Signore, si sente bene?-
Ho fatto una gran fatica per arrivare qua, a New York, soprattutto per essere un minimo allegro e ottimista. L'arrabbiatura mi sta facendo arrossare il viso e la signorina è sempre più perplessa.
Sto per esplodere come un fuoco d'artificio la notte di Capodanno e dal corridoio vedo sbucare un'enorme mandibola. Era diretta verso l'uscita ma mi ha visto quasi subito, forse avevo la faccia davvero rossa come una fragola.
Questa mandibola ha anche un corpo attorno e un abito elegante blu di ottima fattura, una pettinatura moderna, un ciuffo sbarazzino e un'aria sicura e giovanile, nonostante sia un po' brizzolato.
La mandibola mi sorride e mi domanda:
-Signore, tutto bene? Cosa desidera?-
Un signore anziano suscita quasi sempre compassione. Almeno questo.
-No, non va per niente bene. Ho bisogno di parlare con un pezzo grosso.-
-Michael Wildes, Managing Partner, per servirla. In realtà stavo andando a un appuntamento presso un cliente qui a Manhattan, ma è fra un'ora e sono in anticipo. La puntualità è un dovere, per noi. Possiamo parlare qualche minuto in ufficio, poi dovrò uscire e chiederle di tornare. Se ha scelto noi, non se ne pentirà.-
E la mandibola mi fa un sorriso così bianco e con così tanti denti che chiudo gli occhi per l'abbaglio. Lo sapevo che avrei dovuto portarmi gli occhiali da sole.
-Bene, perché non se ne pentirà nemmeno lei.-
E così entro nel suo ufficio, a dispetto della signorina che rimane zitta a guardare la scena, un po' imbarazzata.
Mi devo segnare il suo nome. Niente regalo il Natale prossimo, è stata proprio una bimba cattiva.
Si parte.
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