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Prologo. Olivia

ATTENZIONE: Se non avete letto interamente il primo volume che ha complessivamente 30 capitoli più prologo ed epilogo, vi state per rovinare il sequel (senza contare che non capirete 3/4 delle cose).
Vi consiglio la lettura del primo libro per poter apprezzare seriamente non solo il libro in generale, ma la singola crescita di ogni personaggio.

Il libro è disponibile su Amazon ad un prezzo irrisorio, addirittura gratuito su Kindle Unlimited.

Se vorreste avere una preview del vostro futuro acquisto, su Instagram: ab.romancestories
troverete una sezione dedicata con tanto di recensioni.

Buona lettura ❤️

———

I shared so many first with you
that I wasn't prepared for our last.

Un anno dopo...

Stavo giocando con la mia macchinina preferita, quando papà aprì la porta senza bussare come al solito e soprattutto senza il suo enorme sorriso.

Questa volta aveva la fronte corrugata, un'espressione strana, come se fosse arrabbiato ma non avesse la voce per urlare. I suoi occhi mi cercarono rapidamente nella stanza e quando mi individuarono nascosta sotto il mio fortino di cuscini, dopo aver emesso un sonoro respiro, si rivolse a me.

«Pulce», disse con un tono più serio del solito in contrasto con il sorriso che cercava di fare. «Dobbiamo andare, scegli i tuoi vestiti preferiti».

Inclinai leggermente la testa mentre la macchinina blu mi scivolò dalle dita. Andare? Andare dove? Perché dovevo scegliere i vestiti preferiti? Partivamo per una vacanza? Non potevo, il giorno dopo sarei dovuta tornare a scuola.

«Ma papà, io...»

«William!» la voce della mamma uscì così forte che per un attimo il muro al quale ero poggiata sembrò tremare.

«Olivia, tesoro, dai! Scegli i vestiti che vuoi portarti», continuò papà aprendo la mia piccola valigia rosa e iniziando ad infilarci dentro calzini e mutande del primo cassetto del comò.

«William non puoi fare questo!» La voce della mamma si spezzò nel mezzo della frase, così decisi di mettere fuori la testa dal fortino e la vidi appoggiata allo stipite della porta con il viso rigato da molte lacrime che continuavano a scendere ininterrotte.

«Olivia», mi richiamò papà cercando di attirare la mia attenzione. Era molto serio, come non lo avevo mai visto. «O li scegli tu, altrimenti li scelgo io».

Non capivo. Non riuscivo a comprendere il motivo di tutta quella fretta e perché mamma piangeva? «Papà, ma...»

«William, ti prego. Parliamone, mi dispiace!»

A quella ennesima supplica papà si fermò un attimo, stringendo tra le mani il mio vestito azzurro. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma durò giusto il tempo di scuotere la testa e tornare a riempire la valigia di miei vestiti.

«Un errore, è stato un errore!», continuava a ripetere la mamma fra le lacrime e più la guardavo piangere, più sentivo uno strano dolore all'altezza del cuore. Le mamme non piangevano mai.

«William». La mamma tentò di afferrare il braccio di papà, ma lui lo scansò.

«Non davanti ai bambini», la riprese senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

Mamma non riusciva a vedere il viso di papà, ma io sì ed era infinitamente triste. Perché lei stava piangendo? Perché papà non la stava consolando? Dove stavamo andando?

Papà chiuse la valigia con la zip, tese la mano verso di me, ma aspettai ad afferrarla. Non mi piaceva quella situazione, non mi piaceva il suo sguardo triste, non mi piaceva sentire i singhiozzi di mamma. Ryan era tornato a stare bene, non c'era più motivo per essere tristi, allora perché sembrava che fosse morto qualcuno?

«Olivia, muoviti su'», disse allungando ancora un po' il braccio varcando il confine del fortino e afferrando la mia mano. «Il taxi ci sta' aspettando», continuò facendomi scattare in piedi.

«Prendi Mr. Waffle e andiamo», concluse prima di afferrare la mia valigia e sorpassare mamma che continuava a urlare parole disperata rincorrendolo.

Afferrai il mio pupazzo preferito e lo strinsi forte al petto. Era in grado di curare qualsiasi male, vincere ogni paura e in quel momento, ne avevo tanta, tantissima. Mi sedetti per terra, lo stritolai con tutte le mie forze e chiudendo gli occhi iniziai a pregare di svegliarmi il più in fretta possibile.

Doveva essere un brutto sogno. Mamma e papà si amavano da impazzire. Si scambiavano sempre baci, carezze e si abbracciavano tanto. Si volevano addirittura così bene che avevano avuto due bambini, non uno. Dovevo solamente svegliarmi al più presto.

Quando riaprii gli occhi tirai un sospiro di sollievo. Non ero più nella mia camera, non c'era più Mr. Waffle tra le mie mani. Avevo di nuovo vent'anni e mi sentivo forte.
Una sensazione che durò giusto il tempo di guardarmi intorno. Ero alla casa sul lago, in cucina.
Era estate, il sole splendeva alto nel cielo e il paesaggio di alberi verdi in contrasto con il blu limpido del lago, avrebbe dovuto infondere una sensazione di serenità, ma non fu così. Avevo la strana sensazione che qualcosa non andasse, che stesse per accadere qualcosa di brutto.
Stavo cucinando i pancakes quando il rumore della porta che si aprì, mi fece voltare in quella direzione.

«Olivia». La voce di Blake arrivò ovattata alle mie orecchie, come se si trovasse a migliaia di chilometri nonostante vedessi la sua figura a pochi metri da me.

«Blake!» esclamai andando da lui, ma ad ogni passo che facevo, lui sembrava allontanarsi sempre di più.

«Olivia, aiutami ti prego», disse accasciandosi a terra tenendo una mano ferma sul petto, in prossimità del cuore.

«Blake!» urlai più forte, ma ad ogni passo che facevo lui si allontanava sempre più, come la luce in fondo ad un tunnel infinito.

«Olivia, non posso restare». La sua voce era seria, proprio come la sua espressione. Era tornato in piedi e il suo sguardo era vuoto, quasi gli avessero strappato via il cuore e tutte le emozioni.

«Blake, ti prego...» Iniziai a supplicarlo, proprio come aveva fatto mia madre con mio padre. Stavo piangendo mentre cercavo di arrancare l'aria che all'improvviso sembrava mancarmi del tutto.

«Me ne devo andare», disse mentre il suo busto iniziò a voltarsi.

«No! Fermati ti prego! Possiamo farcela!» urlai con tutta la voce, con tutta l'aria che avevo nei polmoni, ma lui sembrò non sentire nemmeno una parola.

«Addio», concluse dandomi le spalle e incamminandosi fuori dalla stanza.

«No! Blake! Ti prego». La porta si chiuse e calò un buio tetro, un vento gelido iniziò ad entrarmi nelle ossa mentre sentivo il viso continuare ad essere rigato da lacrime. Le mie gambe cedettero definitivamente e mi ritrovai accasciata a terra, continuando a pregarlo di ritornare da me.



Mi svegliai di soprassalto, sentendo la fronte impregnata di sudore, come tutto il resto del corpo.
Cercai di regolarizzare il respiro, convincendomi che fosse tutto un sogno, ma la mia mente sapeva bene come elaborare certe ferite che non si sarebbero mai, mai rimarginate. Rivivevo quelle scene, proprio come se fossero fotogrammi estrapolati da un film che si conosce a memoria in tutte le sue parti, in tutti i suoi dialoghi e in tutte le emozioni che riesce a trasmettere.

Ci misi un attimo a riconoscere le pareti di casa, i quadri, le poche foto, le coperte e il letto dove dormivo ogni notte da poco più di un anno.

«Va tutto bene?» Quella voce maschile mi sorprese per un secondo, ma poi ricordai tutto e rilasciai un sospiro di sollievo.

Ero lì. Lui era lì. Andava tutto bene, o quasi.

Accesi la piccola abat-jour e quando lo vidi appoggiato allo stipite della porta, con i suoi soliti occhi dolci, non potei fare a meno che sospirare, alquanto rincuorata. «Si», risposi. «Ora si».

Non sembrò molto convinto di quella risposta, corrugò la fronte, osservandomi preoccupato. «Un altro incubo?»

Annuii solamente, mentre gli feci cenno di avvicinarsi. «Va tutto bene?» domandai di rimando quando si sedette accanto a me.

Lui prese a guardare quel piccolo fagottino che teneva tra le mani e non potei fare a meno di sciogliermi davanti a tanta tenerezza. Era davvero l'incarnazione della dolcezza, un angelo sceso dal cielo. Non avrei mai potuto ringraziare abbastanza chiunque avesse deciso di metterlo sulla mia strada.

«Mi sa che ha fame», disse sorridendo quando Evelyn prese a succhiargli il dito indice ancora con gli occhi chiusi. Aveva solo tre mesi, ma era una gran mangiona. Cresceva a vista d'occhio ed era sempre più bella, ogni giorno che trascorreva. 

«Vieni qui, tu», esclamai prendendola fra le braccia e stringendola a me. Era semplicemente perfetta, con quegli occhioni chiusi e protetti dalle ciglia lunghissime, con quelle manine minuscole e quelle guance tutte da mordere.

«Siamo stati fortunati», disse sorridendomi. «Axel non si è nemmeno...»

Non fece in tempo a finire la frase che la voce di Axel risuonò in tutta casa. Se avesse continuato ad avere un simile timbro, lo avrei decisamente mandato a lezione di canto. Sarebbe potuto diventare un soprano di gran successo!

Scossi la testa divertita. «Quando impareremo a non cantare vittoria troppo presto?»

Lui scoppiò a ridere ed io lo seguii. Si alzò dal letto, lasciò prima un bacio sulla fronte di Evelyn e poi sulla mia. «Vado io, non preoccuparti».

Gli sorrisi, infinitamente grata. Spesso passavo intere notti insonni, tanto da non avere nemmeno la forza di aprire gli occhi al mattino o di muovere anche un singolo muscolo. Era in quelle giornate, dove la mia mente mi giocava brutti scherzi e durante le quali avevo bisogno di staccare la spina, che ringraziavo per quel ragazzo che aveva deciso di starmi accanto, senza chiedere nulla in cambio.

«Vuoi qualcosa da bere?» mi domandò alla porta.

Scossi la testa. «No», dissi osservando la sua figura sicuramente cambiata in quell'ultimo periodo.

I tratti del suo volto erano divenuti più maturi e marcati, ma non aveva perso la dolcezza nel suo sguardo. Si era dedicato a molta attività fisica, nonostante i bambini lo stessero sfinendo da quando erano nati, ma non si era mai, mai tirato indietro nemmeno un istante, sempre mantenendo quel suo tocco delicato e l'infinita bontà che lo aveva contraddistinto ai miei occhi sin dal primo istante. Perché ero certa che sotto quella corazza, ci fosse qualcosa di più. Il tempo mi aveva dato l'occasione di far uscire il suo vero essere alla luce del sole.

Ne avevamo passate tante in quegli ultimi mesi, ma eravamo uniti più che mai.

«Grazie, Asher».

E insomma non vi sono mancata poi così tanto 😂😇

É trascorso già un anno da quando Blake ha scritto quella lettera, ma Olivia l'avrà letta?

E come c'è finita a vivere con Asher? Che combinano questi due?


Spero abbiate trascorso una bella serata ieri! Ancora auguri di buon anno, con la speranza di poter tornare a vederci ed abbracciarci senza paura! 🥰

Purtroppo per me sarà un anno molto impegnativo, cambierò lavoro, forse casa (incrociate le dita per me🤞🏻) e quindi il tempo a mia disposizione sarà sempre meno! 😞

Spero di garantire almeno un aggiornamento a settimana, però se voi non vedete più aggiornamenti bombardatemi di messaggi e in caso mandate i cani molecolari! 🙈

Ricordo la pagina Instagram: AB.WATTPADSTORIES per essere sempre aggiornate sugli aggiornamenti 😂

Grazie per essere qui, come sempre 💘

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