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El Rey

Haylee Darling guardava suo fratello e la sua migliore amica con occhi sognanti: mai nella vita avrebbe desiderato di meglio. Daphne e Zach salutarono Haylee e Noah che si richiusero la porta d'ingresso alle spalle.

Che i due vivessero assieme era ormai ufficiale anche se nessuno dei due aveva avuto il coraggio di dirlo ad alta voce per paura di rovinare tutto.

Noah terminò di sparecchiare la tavola e si guardò attorno: con Haylee avevano comprato delle tende lunghe color verde menta che riprendevano il colore della cucina di Noah e che coprivano la portafinestra del soggiorno che dava sul balcone. Haylee aveva comprato anche dei cuscini quadrati bianchi e un paio di pesanti coperte colorate che adesso erano tutte scomposte sul divano chiaro.

Haylee piombò con un tonfo su quest'ultimo con l'obiettivo di seppellirsi sotto quelle coperte e guardarsi un film mentre fuori piovigginava.

Noah si sedette allora accanto a lei ed Haylee si accoccolò subito a lui, stringendolo forte. Lui le cinse la vita con un braccio e mise in play il film che lei aveva scelto.

"Lo abbiamo visto un migliaio di volte..." si lamentò lui, senza dare in realtà troppo peso alla cosa.

Con ogni probabilità Haylee si sarebbe addormentata di lì a poco e lui avrebbe potuto mettere una puntata della sua serie preferita che avrebbe ascoltato senza sentire in sottofondo Radio Haylee che faceva un milione di domande e commentava ogni singola scena.

"Questo è il due." Sbadigliò lei.

Lui alzò gli occhi al cielo ed evitò di rispondere.

"Domani devo andare in hotel con Daphne..." continuò lei, con la voce un po' impastata dal sonno, "vuole che l'aiuto con le buste paga..."

"Non ha qualcuno che si occupa di queste cose?"

Lei si accoccolò ancora di più a lui: "Dice che vuole un secondo parere..."

Noah annuì senza rispondere niente: sapeva che Haylee sarebbe crollata in 3...2...1...

Si sporse appena per guardarla e sorrise intenerito. Le sfiorò poi la fronte con un bacio e attese giusto un paio di minuti per poi cambiare canale.

***




EL REY

PROLOGO

THE DEAL MAKER


Markus Reyna superò i due poliziotti che stavano davanti alla porta chiusa di quella camera d'ospedale senza troppe difficoltà. Non importava quanti film o libri ci facessero a riguardo, il trucco del fottuto finto dottore con camice e stetoscopio funzionava sempre.

Michael King era sdraiato sul letto, circondato da tubi e con una spessa fasciatura all'altezza della pancia, nel punto in cui si era sparato. Era mezzo intontito dagli antidolorifici e faceva davvero fatica a tenere gli occhi aperti.

Non era comunque importante ai fini di ciò che doveva fare Reyna.

Markus Reyna si portò accanto alla figura di Michael, che lo guardò con occhi confusi: ovviamente non sapeva chi fosse. Non ancora, almeno.

Markus fece correre le dita lungo tutta la fasciatura e si fermò in corrispondenza dei punti, facendo trattenere a Michael il respiro. Adesso Michael King aveva paura e lo stava guardando con gli occhi sbarrati, senza però essere in grado di fare nient'altro.

Si sporse allora per premere il pulsante per chiamare le infermiere e Markus gli mostrò una pistola, accennando un sorriso ironico.

"Non so quanto ti convenga, hm?"

Michael aprì la bocca per parlare e finalmente trovò la forza per mettere una parola appresso all'altra.

"Che... che cosa... vuoi?" Domandò, lentamente e con la voce rauca.

Markus tirò fuori la pistola dalla tasca del camice e si sfiorò il collo con la canna di essa, facendosi fintamente pensieroso "da dove comincio?"

Michael aveva il fiato corto.

"Sai chi sono e perché sono qui, Michael King?"

Michael scosse la testa.

Gli puntò la pistola all'altezza della gola e Michael iniziò a sentire il cuore pompare fino a dentro le orecchie, tanto che per poco non iniziò a suonare il dispositivo che monitorava la sua pressione.

"Hai messo in piedi un bel mercato, qui a New York, vero?" fece un piccolo smack con le labbra "hai fatto un bel po' di soldi..." sospirò, facendosi fintamente pensieroso "sai chi ha il monopolio su tutta la East Coast, King?" Domandò retorico, enfatizzando il nome di Michael, "El Rey. Sai chi è, El Rey?"

Michael gli rivolse un'occhiata confusa.

"Io sono il Rey." Tuonò, con la voce colma di odio – e un po' di orgoglio – , premendo con forza la canna della pistola contro il suo collo, facendogli mancare il fiato, "e tu hai pestato i piedi alla persona sbagliata."

Michael King rimpianse il momento in cui il suo unico nemico era Noah Washington, il quale si era limitato semplicemente a tirargli un pugno in faccia perché gli aveva offeso la fidanzatina.

"Sai come funziona, quando si vende l'anima, Michael King?"

"Illuminami." Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

"Anche se nel caso specifico non sei tu a vendermela, in realtà," si rigirò la pistola tra le mani, con la stessa leggerezza con cui ci si rigira tra le mani una penna, o un elastico per capelli, "sono io a prendermela." Disse, con un sorriso di traverso che gli fece accapponare la pelle.

"Facciamo così, Michael... ti propongo una cosa: o muori oggi" fece una breve pausa, valutando l'opzione, "e se ci pensi non è che mancheresti a qualcuno, hm? Oppure, quando esci di prigione la tua anima è mia. Il che significa che farai tutto quello che ti dico di fare, se vuoi continuare a rimanere in vita. Minaccerei anche di uccidere le persone che ami" fece labbruccio "se solo ne avessi qualcuna."

El Rey sospirò, finalmente soddisfatto del suo stesso discorso.

"Al tuo posto non saprei cosa scegliere. Del resto, non è che la tua vita valga poi così tanto, no?"

Michael gli rivolse un'occhiata colma di risentimento e paura: sapeva che con il suo stupito giochetto si era cacciato in un mare di guai ma non pensava che sarebbe arrivato fino a quel punto.

Michael King aprì la bocca per rispondere e Markus Reyna lo guardò, sollevando sadicamente l'angolo destro delle labbra, in un sorriso tetro.

*

New York quella sera era umida, fredda e sprofondata in un silenzio che quasi non le apparteneva. Lievissime folate di vento facevano cigolare le insegne e le poche voci indistinte che potevano udirsi in lontananza finivano poi per essere inghiottite dalla notte.

Qualche ratto camminava rapido ma indisturbato lungo un vecchio parcheggio abbandonato, lasciando piccole impronte triangolari sul percorso fangoso.

Markus Reyna cercò le chiavi della sua macchina nelle tasche posteriori dei suoi jeans logori e le estrasse con facilità – non aveva molto in tasca – per dirigersi all'auto rubata che lo avrebbe riportato a Boston.

La sua permanenza a New York era stata fin troppo lunga e non era stata affatto piacevole. Il suo tentativo di conquistare la città che non dorme mai poteva dirsi temporaneamente sospeso. Era rimasto latitante per anni ed una stupida giornalista da quattro soldi aveva tirato su un polverone che lui aveva gelosamente custodito sotto il tappeto per anni e anni. La fortuna aveva voluto che si trovasse nel posto giusto al momento giusto e che fosse riuscito ad ucciderla senza lasciare troppe tracce.

Quelle poche che aveva lasciato, però, avevano portato alcuni poliziotti a riaccendere il desiderio di cercare un fantasma e dio solo sapeva cosa sarebbe successo se si fosse messa in mezzo l'FBI. Per quella ragione, una volta uccisa l'unica fonte di disturbo che avrebbe potuto essere un piccolo neo nella copertura che ormai manteneva da anni, Markus Reyna poté finalmente tornare a casa.

Certo, avrebbe dovuto tenere sotto controllo quelle stramaledette teste calde di Washington e il resto della compagnia ma era sicuro che per quel momento avevano già fin troppe gatte da pelare per preoccuparsi di Markus Reyna, El Rey: criminale internazionale ricercato e sparito nel nulla, con così tanti capi di accusa da far tremare ogni singolo ospite del braccio della morte.

Markus Reyna si passò una mano tra i capelli decolorati e sorrise: non avevano ancora imparato che per nascondere una cosa basta tenerla giusto sotto al loro naso e non l'avrebbero mai trovata.

La suoneria del suo cellulare disturbò il silenzio spettrale che riempiva quel luogo angusto.

"Ehi, Maddie!" Salutò cordiale, in un tono che non apparteneva di certo ad un criminale latitante nascosto in un parcheggio.

Magdalena Cordova borbottò qualcosa con la bocca piena e lui attese pazientemente che finisse di masticare prima di parlare ancora.

"Quando torni?"

"Se tutto va bene..." Markus Reyna si guardò attorno, "domattina."

"Assurdo," lui se la immaginò mentre si passava una mano tra i ricci scuri, "queste convention durano sempre di più..."

Markus salì in macchina, sperando che il riscaldamento funzionasse quel poco che bastava per non farlo morire di freddo.

"Sai quanti appassionati di videogiochi ci sono, no?"

"Intendi quanti nerd?" Rise lei, "troppi!"

Markus fece partire la macchina e con lei si accese anche la radio.

"Devo andare... sta per cominciare un nuovo panel."

Non si era mai sentito in colpa per avere una doppia identità; non gliene era mai importato niente. Eppure, dopo aver conosciuto Magdalena, ogni cosa perse improvvisamente importanza e la cosa peggiore era che per quanto l'amasse, non poteva stare con lei.

"Bene, d'accordo..." si lamentò, "ci sentiamo domattina."

"A domani."

Markus chiuse la chiamata ed uscì dal parcheggio, piantando gli occhi sullo spicchio di luna bianco e brillante che si intravedeva dietro le nuvole scure.

"Si torna a casa." Disse, quando finalmente imboccò l'autostrada in direzione Boston. 

Spazio autrice

Eccoci come promesso! ALLORA: qualcuno di curioso c'è o no? 🤣🤣🤣

El Rey è una sorta di spin off  di Invisible String. E' ambientato come avrete potuto intuire a Boston ma ci saranno nuovi personaggi (e nuovi amori 😏) che spero abbiate voglia di conoscere! Noah ed Haylee, comunque, torneranno; quindi, per chi se lo stesse chiedendo: non è l'ultima volta che avrete a che fare con loro.

Insomma, vi ringrazio ancora se siete arrivati fino a qui e spero che mi seguirete anche con la nuova storia 

Ancora un grandissimo G R A Z I E 💙

velouu ❤

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