26.
La casa era silenziosa. Silenziosa come quando tutti dormono di notte, con l'unica differenza che era un silenzio tetro, cupo. Il sole si era a malapena fatto vedere ma nonostante questo l'aria era estremamente pesante per essere inverno.
Fu la voce di Haylee a rompere il silenzio. Una voce stanca, rassegnata.
"Non credi che abbia già sopportato troppo, per oggi?" Sussurrò, con la voce piccola piccola, ricordando a Noah quella di una bambina indifesa.
Lui le poggiò una mano sul ginocchio nudo, facendosi guardare. Era assurdo come volesse sempre i suoi occhi addosso. La voleva sempre vicina, voleva tutte le sue attenzioni.
"La prima volta che ti ho vista non è stata nella cucina di Daphne... ti avevo già vista, tempo fa... non te l'ho mai detto."
Cercò di leggere la sua reazione nei lineamenti delicati del suo viso, sul quale passarono una serie di emozioni anche se la confusione era quella a fare da padrona.
"Avevi addosso una camicia a righe sottili..." continuò, ripercorrendo quel ricordo come se lo stesse vivendo in quel momento.
"Bianca e blu..." concluse lei al suo posto. Se lo ricordava perché il primo giorno di lezioni avrebbe voluto fare una bella impressione. Aveva cambiato le combinazioni di vestiti circa un milione di volte. Alla fine, aveva optato per una camicia oversize a righe bianche e blu che non aveva più indossato da quel momento.
Noah annuì, sfiorandole delicatamente il viso con il dorso delle dita: non riusciva a crederci che fosse davvero sua.
"Non ho avuto il coraggio di venire a parlarti, così... ho... chiesto a Daphne."
Haylee inarcò le sopracciglia, sconvolta: lei e Daphne erano diventate amiche a causa di Noah?
"Ti ha invitata ad una festa..." Proseguì. Adesso stava guardando la foto di Daphne ed Haylee appesa sulla parete color crema: era di qualche anno prima.
"Lo ha fatto."
"Quella sera però non sono venuto," disse ancora, fissando un punto indefinito davanti a sé, "avevo il colloqui per Harvard... però Daphne ci è venuta e..."
"Ed è diventata la mia migliore amica."
Noah annuì ancora, prendendosi poi qualche istante per riflettere su cosa avrebbe detto "sai qual è la cosa strana?"
Haylee scosse la testa.
"Che tutte le volte in cui sono tornato a New York, tu non c'eri: eri in Florida da tua madre, poi sei andata..."
"A lavorare nei campi estivi, per due anni di seguito." Lo interruppe lei.
Noah poggiò la fronte contro la sua "non ho smesso di pensarti, sai? Eri sempre in un angolino della mia testa... mi sono sempre chiesto come sarebbe stato, se fossi venuto lì quel giorno."
Haylee si strinse ancora di più a lui e lui avvolse le braccia attorno al suo corpo: era così stanca da non avere nemmeno la forza di formulare un pensiero concreto. Voleva solo che lui la stringesse a lei, e così fece, senza dire niente.
*
Ad Haylee era salita la febbre. Sicuramente stava già male ma quella giornata non era stata particolarmente clemente con lei. Adesso stava tremando come una foglia sotto le coperte. Accanto a lei, Noah era poggiato contro la testiera del letto e la guardava dormire, sfiorandole di tanto le gote arrossate. Prese un'altra coperta dal comò e gliela poggiò sulle spalle, nel tentativo di darle un po' di calore. Sospirò frustrato, passandosi una mano tra i capelli: detestava vederla stare male.
La sua mente corse poi ad Aaron: non riusciva a credere che avesse fatto loro una cosa del genere. Per quanto i due non fossero stati in ottimi rapporti nelle ultime settimane mai e poi mai avrebbe pensato che potesse dare la sua fidanzata in pasto a Michael. Se quest'ultimo non fosse tornato sui suoi passi... Noah scosse la testa: non voleva pensare a cosa sarebbe successo.
Una cosa era certa: Aaron avrebbe fatto bene a star loro la larga se voleva tenersi la sua vita.
Noah guardò fuori dalla finestra: stava piovendo. Grosse gocce di pioggia facevano a gara sulle ampie vetrate della camera da letto di Haylee fino ad essere inghiottite dall'infisso color mogano.
Noah rimase immerso nei suoi più oscuri pensieri fino a quando – grazie a Dio – la porta d'ingresso che si aprì lo fece alzare con estrema cautela dal letto per andare a salutare Daphne sperando di non essere preceduto dalle sue urla.
Daphne Greene si era letteralmente bloccata sui suoi passi: si era sempre presa gioco delle persone nei film, che per la paura non riescono a fare un passo. Quel venerdì, quando vide schizzi di sangue sulla sua parete bianca ed una serie di oggetti non bene identificati rotti sul pavimento, Daphne portò una mano davanti alla bocca per soffocare un urlo che, era certa, non sarebbe mai uscito dalla sua bocca.
Noah scese di corsa le scale e lei lo guardò: aveva gli occhi impauriti e smarriti e non era riuscita nemmeno a togliersi il cappotto.
"Duff..."
La giovane donna trovò il coraggio di togliersi la mano da davanti alla bocca e invitò Noah a parlare, visto che lei era, a quanto pareva, incapace di farlo.
"Michael è stato qui. Ha tentato di..." Noah esitò su quelle parole, "...fare del male ad Haylee..."
"E..." Lasciò cadere la frase.
"Haylee è di sopra che dorme," la rassicurò lui, "ha la febbre ed è distrutta..." Disse, con la voce colma di tristezza e preoccupazione.
Dopodiché, Noah dovette prendere un respiro profondo per trovare le parole giuste da dirle anche se non c'era modo che potesse addolcire la pillola.
"Michael non sapeva dove abitiamo..." Cominciò, incerto, "perciò... qualcuno glielo ha detto."
Daphne boccheggiò alla ricerca di aria "non penserai che... Michael ed io non..."
"È stato Aaron. Aaron ha detto a Michael dove trovarvi..."
Daphne fece un paio di passi indietro e si sentì rassicurata dall'aver trovato sostegno contro pesante porta d'ingresso, perché non era più così tanto sicura che le gambe le avrebbero retto.
"E dov'è adesso, il bastardo?" Domandò, con la voce dura e la mascella stretta.
"Non lo so" rispose lui sinceramente "non credo che si farà più vivo."
Daphne guardò Noah dritto negli occhi "sarà meglio che non lo faccia..."
"Fa male anche a me, Duff."
Daphne annuì: si rese conto che stava piangendo nel momento in cui le lacrime calde le sfiorarono le guance fino ad arrivare alle labbra.
"Vado a prendere un po' d'aria," disse, dopo qualche secondo di silenzio, "tu va' di sopra da Haylee."
Daphne abbandonò con poco interesse giacca e borsa accanto alla portafinestra che dava sulla terrazza e si poggiò contro una delle due colonne di pietra che reggevano il sottotetto a braccia conserte, osservando la pioggia che cadeva copiosa davanti ai suoi occhi. Non riusciva a pensare, la sua mente era completamente bianca e incapace di formulare pensieri concreti. Avrebbe solo voluto urlare e fuggire da quella realtà ma per andare dove? A fare cosa?
Si sciolse i capelli dalla coda alta che glieli teneva stretti e se li ravvivò sulle spalle, lasciando che si inumidissero un poco.
Sobbalzò quando sentì una giacca posarsi sulle sue spalle e istintivamente si strinse in essa senza però voltarsi a vedere chi fosse – forse perché in cuor suo già lo immaginava.
Zach le poggiò addosso la sua giacca a vento della polizia e la guardò per un lunghissimo istante prima di dirle qualcosa: il suo profilo era come sempre delicato e color porcellana anche se era estremamente teso e marcato dalle righe rossastre delle lacrime che di tanto in tanto le sfioravano ancora il viso.
"Inutile che ti chieda come stai, vero?"
Daphne gli rivolse un'occhiata e quasi le venne da ridere.
"Come pensavo."
Gli occhi di Zach alla luce erano di un color verde smeraldo e circondati da folte ciglia scure.
"Come staresti al mio posto?"
Lui le poggiò incerto una mano all'altezza del fianco e la attirò a sé, sperando che lei non si ritraesse e non lo fece.
"Felice perché tu e mia sorella state bene... furioso per tutto il resto."
Daphne si accoccolò meglio al suo petto e Zach le sfiorò delicatamente i capelli con un bacio.
"Sono felice che tu sia qui." Confessò lei, facendolo sorridere consapevole che per una persona come Daphne, quell'affermazione significava molto.
Noah Washington non riuscì a chiudere occhio tutta la notte, tanto era l'adrenalina che aveva in corpo. Rimase seduto tutta la notte con la schiena contro la testiera in legno del letto a guardare Haylee dormire.
Haylee Darling dormiva raggomitolata sul fianco e circondata da quella montagna di capelli scuri che le ricaddero sul viso più e più volte; Noah glieli tolse davanti al viso ogni volta che le solleticavano il naso o la bocca schiusa.
Noah lasciò vagare la punta delle dita sulla sua tempia e la guardò. Ogni volta che la guardava il cuore gli si stringeva in una morsa dolorosa.
Haylee si mosse più e più volte e Noah le toccò la fronte ancora accaldata. Le accarezzò piano i capelli nel tentativo di calmarla ma stava dormendo troppo profondamente per poterlo sentire.
Haylee Darling si svegliò di soprassalto soffocando un urlo e si sedette a metà del letto: aveva la schiena sudata e il fiato corto. Noah le strinse il braccio con estrema delicatezza e lei saltò in aria per poi rilassarsi subito dopo quando incontrò le sue iridi blu che riuscì a distinguere anche al buio.
Senza dire nulla, Haylee si accoccolò a lui, poggiando l'orecchio contro il suo torace: il cuore di Noah batteva all'impazzata anche se all'apparenza era calmo.
"Ti ho svegliato?" Chiese, con un pizzico di imbarazzo.
Noah scosse la testa e le baciò piano la nuca "non ti preoccupare per me."
"Ho avuto così tanta paura." Bisbigliò e la sua voce si dissolse nel buio di quella stanza, dove persino una maglietta su una sedia assumeva forme spaventose.
"Anche io" confessò lui, stringendola più forte "mi dispiace, Hay..."
Lei sollevò gli occhi per guardarlo e lui le accarezzò dolcemente il viso "per cosa?"
"Quello che è successo è colpa mia."
"Quello che è successo è colpa di Michael" rispose, con la voce ancora un po' raffreddata "tu non c'entri niente."
Noah sospirò e scosse la testa "dormi" le sussurrò, baciandole la punta del naso.
Haylee gli appoggiò una mano sul viso e gli accarezzò la guancia con la punta del pollice "non è colpa tua" ripeté, in tono più risoluto "non devi pensarlo, d'accordo?"
Noah annuì incerto contro la sua carezza.
Haylee lo tirò per le braccia e lo invitò a sdraiarsi sotto le coperte assieme a lei, lasciando che lui appoggiasse la fronte nell'incavo del suo collo "andrà tutto bene" gli disse, cercando di credere anche lei a quello che stava dicendo.
Spazio autrice
buonaseraaa 🥰🥰 eccoci con un nuovo capitolo. Allora: stiamo finalmente tirando le fila della storia. Mancano giusto un paio di eventi 😈
Vi auguro una buona domenica e grazie come sempre a chi mi legge ❤
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