23.
Haylee si rigirò nel letto quando sentì una serie di rumori indistinti provenire dal piano di sotto. Borbottò qualcosa di sconnesso e infilò la testa sotto al cuscino. Noah si mosse a sua volta accanto a lei, quando sentì un rumore simile a quello di un vetro rotto.
"Che cavolo è?" Biascicò la giovane donna sollevandosi sull'avanbraccio.
Buttò poi un'occhiata sulla sveglia rossa sistemata sul suo comodino e sbuffò sonoramente: avrebbe potuto dormire un'altra ora! In più, era ancora mezza influenzata, aveva il naso e le orecchie tappate e un costante e fastidioso mal di testa.
"Lascia perdere." Biascicò lui, con la voce impastata dal sonno e lasciando correre il braccio sul materasso finché non le circondò il fianco e l'attirò a sé, schiacciandola contro il suo petto. Cercò poi la carne tenera del seno sotto la maglietta e ne catturò uno con il suo palmo mentre lei si rilassò meglio contro di lui. Noah le scostò i capelli dal collo e glielo sfiorò con un bacio.
Haylee cercò frizione contro il cavallo dei suoi pantaloni e lo sentì emettere un gemito di gola quando lo fece.
La voce squillante e frustrata di Daphne li fece saltare in aria ed Haylee scattò a metà del letto mentre Noah imprecò sottovoce.
"Devo andare a vedere." Disse, scardinando le coperte e tirando appena su col naso.
"Hay... lascia stare..."
Ovviamente Haylee non gli diede retta ed uscì di corsa dalla stanza. Quando arrivò in cima alle scale riconobbe la figura di Aaron in piedi davanti alla porta: c'erano cocci di vetro spazi ovunque e Daphne era di fronte a lui: stava piangendo e aveva le guance rigate dalle lacrime.
"Per favore, smettila..." lo implorò.
"Smetterla? Davvero? Dopo tutto quello che..." Aaron distolse lo sguardo, ferito "hai mandato tutto a puttane quando hai conosciuto lui..."
"Non c'era niente da mandare al diavolo, Aaron..." rispose lei in un singhiozzo, "tra noi era solo..." lasciò cadere la frase.
Aaron sorrise amaramente "solo sesso, giusto?"
Aaron abbandonò le braccia lungo il corpo e guardò Daphne per un lungo istante prima di spostare gli occhi altrove: detestava vederla piangere ma era arrabbiato, ferito, deluso...
La sua attenzione venne poi attirata da Haylee, che se ne stava in piedi in cima alle scale ad osservare la scena senza sapere esattamente cosa dire o cosa fare.
"Tu" cominciò Aaron, puntandole il dito contro "è tutta colpa tua."
Haylee strabuzzò gli occhi e se li strofinò un paio di volte prima di mettere a fuoco ciò che stava dicendo e soprattutto, se lo stava dicendo veramente a lei. Colpa sua? In che modo doveva essere colpa sua?
"Da quando sei entrata nelle nostre vite hai portato solo casini!" Esclamò.
Per chiunque conoscesse Haylee Darling sapeva che era una persona estremamente sensibile e già passava la vita a sentirsi in colpa da sola senza bisogno di avere a che fare con qualcuno che glielo facesse presente.
"Aaron..." s'intromise Daphne.
"Pensaci, Daphne: si tratta della tua migliore amica e di suo fratello e di te e Noah che non fate altro se non nominarla continuamente."
Haylee boccheggiò alla ricerca di aria "non credo di capire..." disse, con un filo di voce e lasciando la frase a metà, senza sapere come continuarla.
Aaron fece un paio di passi verso le scale e lei rimase ferma immobile a guardarlo, continuando a chiedersi se tutto ciò stesse succedendo davvero.
"Non capisci? Come te la posso mettere per fare in modo che tu capisca?" Si fece fintamente pensieroso, mettendosi poeticamente l'indice sotto il mento "vediamo... le cose vanno male a causa tua, Haylee Darling."
"Penso che basti così, hm, Aaron?"
Noah comparve alle spalle di Haylee e lei si allontanò a grandi passi, chiudendosi in bagno.
"Mi chiedevo come mai non fosse ancora arrivato il cavaliere senza macchia." Disse Aaron, con estrema amarezza.
Noah si mise le mani nelle tasche del pantalone del pigiama a motivo scozzese rosso e nero che aveva addosso e lo guardò, senza dire nemmeno una parola. Era evidente che Aaron fosse fuori di sé per la storia di Daphne e stava cercando un capro espiatorio. Quello che non gli andava a genio era che usasse la sua ragazza, come capro espiatorio. Senza contare che allo stesso tempo aveva lasciato Daphne in lacrime e detestava vederla stare male.
"Forse dovresti andare a farti un giro."
Aaron schioccò la lingua e, senza aggiungere altro, uscì di casa e si sbatté la porta alle spalle, facendo riecheggiare il suono in tutto il palazzo e probabilmente in tutta Manhattan.
Noah bussò lievemente alla porta del bagno.
"Sto bene, Noah" sentì dire dall'altro lato "non preoccuparti."
... che nella lingua di Haylee voleva dire 'sto male' e 'preoccupati', ovviamente. Decise di occuparsene dopo che Haylee fosse uscita dal bagno e scese le scale, andando incontro a Daphne che si stava soffiando il naso e asciugando le lacrime, rendendo i suoi occhi chiari ancora più rossi e paffuti.
"Duff."
Daphne tirò su col naso, asciugandosi una lacrima col dorso della mano "me lo sono meritato" si limitò a dire "sono stata una stronza."
Zachary Darling entrò in casa qualche minuto dopo e ridusse le labbra ad una linea sottile quando notò che Daphne stava piangendo. Le afferrò delicatamente il viso con entrambe le mani e le asciugò ancora un paio di lacrime sfuggite al suo controllo.
"È colpa di Nate?" Le sussurrò.
Noah alzò gli occhi al cielo.
"Chi è Nate?" Chiese confusa.
"Sono io, Nate," disse Noah, alzando gli occhi al cielo, annoiato, "il fratello di Haylee fa finta di non sapere come mi chiamo."
Zach lo ignorò e le sistemò qualche ciocca bionda dietro l'orecchi "che cosa è successo?"
Mentre Daphne raccontava cos'era successo a Zach – includendo ovviamente ciò che Aaron aveva detto ad Haylee, cosa che lo fece infuriare –, Noah tornò al piano di sopra.
Haylee era in camera sua, già vestita e pronta per andare a lavoro. Legò i capelli in una coda alta e buttò un paio di oggetti non bene identificati nella sua borsa.
"Hay..." cominciò lui, "Aaron era-"
Haylee si voltò verso di lui, con un'espressione del tutto neutra "come ti ho detto: sto bene." Gli disse, guardando distrattamente l'orologio "devo andare a lavoro."
Haylee si sistemò la borsa sulla spalla e scese le scale senza nemmeno salutare Daphne e Zach che stavano parlottando in cucina.
Noah raggiunse i due in cucina e si versò una tazza di caffè per poi mettersi a sorseggiarla appoggiato contro il lavello.
"Lee non ne vuole?" Domandò Daphne, indicando la tazza con lo sguardo.
Noah si strinse nelle spalle "è già uscita."
Daphne schiuse le labbra "ci è rimasta male, vero?"
Noah annuì, senza aggiungere altro.
"Non ti ha detto niente?"
Noah scosse la testa "no" sospirò rassegnato, "sarà meglio che vada anche io... devo andare a lavoro."
Daphne annuì: non aveva per nulla voglia di fare conversazione, quindi fu quasi sollevata dalla cosa.
"Ci vediamo stasera Wash."
Noah la salutò con un cenno "ciao Duff, ciao Zach."
"Ciao Noah." Disse Zach oltre la sua spalla.
Noah non si voltò né disse nulla: tra di loro si erano tacitamente detti che avrebbero provato a tollerarsi.
*
Quando Noah arrivò in ufficio da suo padre lui era seduto in silenzio a contemplare il nulla cosmico: Michael non c'era e a quanto pareva, nemmeno Aaron.
"Papà?"
Christopher si passò una mano a sfiorare il petto prima di mettere a fuoco l'immagine di suo figlio che lo stava guardando da una manciata di minuti e a cui non aveva ancora detto nemmeno mezza parola.
"Hm?"
"Ti ho chiesto dove sono tutti..." ripeté, continuando a guardarlo, perplesso.
Fece un paio di passi e si sedette sulla poltrona coi braccioli a leone che di solito occupava Michael e si prese qualche secondo per osservare suo padre: aveva l'aria stanca ed estremamente pensierosa... quel caso – e con lui tutti i casi degli ultimi trent'anni –, gli stava davvero togliendo la salute.
"Ho detto a Michael di non venire..." fissò un punto indefinito di fronte a sé, "ho delle cose a cui pensare."
Noah annuì, facendo una smorfia perplessa anche se non aggiunse altro.
"Che mi dici di Aaron?"
Quella volta, fu Christopher a fare una smorfia "non credo che Aaron verrà più qui."
"Che vuoi dire?"
Christopher finalmente spostò gli occhi su suo figlio e lo guardò: Noah assomigliava così tanto a lui, anche se la forma degli occhi e il sorriso gli ricordavano quelli di sua moglie Katherine quando aveva l'età di suo figlio.
"Mi sono... preso il diritto di dirgli che la carriera da penalista non era la sua. Non so se ho fatto bene o no ma l'ho fatto" si grattò pensieroso la mascella "la scenata dell'altro giorno ha solo confermato le mie teorie."
Noah si passò una mano a scompigliare i capelli chiari "tranquillo: odia anche me."
"Che è successo?"
Noah soffiò una nuvoletta di aria davanti a lui, pensieroso "ti spiace se non ne parliamo?"
"Affatto" rispose, sollevato "abbiamo un po' di lavoro da fare, oggi."
"Tipo?"
"Chiudi la porta, Noah."
Noah obbedì e chiuse la porta dell'ufficio prima di raggiungere di nuovo la sua enorme scrivania di legno e sistemarsi davanti a lui.
"Quello che sto per dirti lo sappiamo solo tu ed io..." esitò, "e la polizia, ovviamente."
Noah si disse che con ogni probabilità il fratello di Haylee sapeva sicuramente quello che suo padre stava per dirgli.
"E ci terrei che non lo sapesse nessuno. D'accordo?"
Noah annuì, in attesa.
"Ricordi la storia di Jennifer? Pensavamo si trattasse di uno spaccio di droga, cose del genere..."
Noah annuì ancora: "Non lo è?"
"Non credo, no," si sistemò meglio sulla sedia, "il mio contatto alla polizia dice che Jennifer lavorava per il giornale della NYU... stava cercando uno scoop... e a quanto pare ha scoperto qualcosa su qualcuno che la polizia pensava essere morto o che comunque era fuori dalla circolazione."
Noah aggrottò la fronte, stranito.
"King?" Azzardò, anche se ciò che aveva sentito non rispecchiava il profilo di Michael o suo padre.
Christopher scosse la testa "qualcuno di peggio, molto peggio..." abbassò il tono della voce "lo chiamano El Rey..."
"El che cosa?"
"Dimenticavo che hai rifatto spagnolo due volte, al liceo..."
Noah alzò gli occhi al cielo.
"Vuol dire il re. Latitante da un mare di tempo, un bel pezzo grosso..." tamburellò nervosamente le dita sulla superficie della scrivania "e Jennifer Moreau è riuscita a trovarlo. Dopo anni, trovato da una studentessa del college."
Noah inarcò un sopracciglio, perplesso.
"E come fanno a saperlo, che lo ha trovato?"
"Hanno perquisito la sua stanza e hanno trovato fotografie, articoli... tutto su di lui. Quindi sicuramente la sua morte ha a che fare con lui."
Christopher prese rigirarsi una penna tra le dita, pensieroso.
"E noi che dobbiamo fare?"
Christopher rivolse un'occhiata seria e preoccupata a suo figlio "niente. Questa cosa non ci riguarda e spero che non ci riguardi mai. Te l'ho detto per mettere un punto alla storia di Jennifer, nient'altro. Questa conversazione non è mai avvenuta."
Noah annuì, sempre più stranito dall'atteggiamento di suo padre: non era da lui, tirarsi indietro.
"Mi hai capito Noah?" Insistette "Stiamo parlando di gente davvero, davvero pericolosa..."
Noah sbuffò "non so nulla, ok?"
Non lo stava facendo per suo padre, ma per Haylee: non avrebbe mai e poi mai voluto che Haylee venisse coinvolta in qualcosa che potesse metterla in pericolo in qualsiasi modo.
"Bene." Schioccò la lingua. "Ora va' a farmi delle fotocopie."
Noah alzò gli occhi al cielo e prese svogliato i fogli. Quando però era sulla porta, suo padre parlò ancora: "Tu sarai un grande avvocato, Noah. Non grande come me, ma grande."
Ancora una volta, senza aggiungere altro, Noah lasciò l'ufficio.
*
Haylee rientrò a casa con un grande mal di testa e con il bisogno fisico di farsi una doccia e rintanarsi sotto le coperte: quella giornata era iniziata male e finita peggio.
Abbandonò la borsa con poco interesse accanto alla porta d'ingresso e si trascinò fino alla cucina, dove Daphne stava svogliatamente rigirando il cucchiaino dentro un vasetto di yogurt senza però mangiarne nemmeno un boccone.
"Sono a pezzi." Esordì Haylee, trovando appena la forza per sedersi su uno degli sgabelli in cucina.
"Sei tornata tardi." Rispose Daphne, quando si rese conto che erano passate le sei.
"Avevamo quella stupida riunione con le mamme. Chi cavolo fa una riunione all'asilo?" Domandò retorica, massaggiandosi le tempie.
"Le donne che non vogliono andare a lavorare in hotel con le loro migliori amiche." Rispose Daphne, piccata.
"Come se in hotel non esistono giornate dure."
"Certo che esistono! Ma almeno nessuno ti vomita addosso..." fece una smorfia disgustata, "o peggio..."
Haylee rubò il vasetto di yogurt dalle mani di Daphne e se ne portò una cucchiaiata alla bocca "come stai?"
"Tu?"
Haylee mandò giù lo yogurt alla vaniglia che le rinfrescò la gola secca "all'inizio ci sono rimasta male, sai? Mi sono detta: 'sei una stronza, Haylee, guarda che casino che hai combinato'..." si pulì il labbro inferiore con la lingua, "poi mi sono resa conto che a: non ho fatto nulla e b: non conosco così bene Aaron da dare peso alle sue parole." Asserì, orgogliosa.
Ovviamente Daphne non sapeva che Haylee era arrivata a quella consapevolezza un pianto, una crisi e una giornata intera più tardi.
...ma l'importante era che ci era arrivata, giusto?
"Quanto tempo hai pianto prima di arrivare a questa conclusione?"
Haylee distolse lo sguardo: forse Daphne la conosceva fin troppo bene...
"Non so con esattezza..." mentì.
In realtà aveva pianto assieme ai bambini tutta la mattina fino a quando non li aveva messi a letto dopo pranzo.
"Hai pianto assieme ai bambini, vero?" Domandò lei, in tono ovvio.
Haylee incrociò le braccia al petto "hai forse una telecamera?"
"No. Ti conosco solo molto bene" fece una breve pausa "era con me che ce l'aveva..."
"Io credo che ce l'avesse più con sé stesso..."
Daphne la guardò pizzicandosi lievemente il labbro inferiore "lo penso anche io."
Il rumore della porta d'ingresso che si aprì attirò la loro attenzione: Noah era tornato.
"Non dovreste stare con la porta aperta." Disse, entrando in cucina.
"Mi devi dare seicento dollari." Fu la prima cosa che disse Daphne non appena lo vide entrare con ancora il cappotto addosso.
Noah si sistemò alle spalle di Haylee, poggiandole poi il mento sulla nuca e lei si beò del suo profumo che l'accarezzò delicata come le onde del mare.
"Per che cosa?" Domandò, con tutta calma.
"L'affitto."
In realtà, a Daphne dell'affitto di Noah non poteva importargliene di meno visto che non ne aveva bisogno. Aveva solo voglia di prendersi gioco di lui.
Noah annuì, pensieroso "è giusto."
Daphne gli rivolse un'occhiata sospettosa "lo è?"
"Sì."
Haylee buttò la testa all'indietro e lo guardò a testa in giù, strappandogli un sorriso intenerito.
Noah le lasciò una carezza delicata sul viso e poi tornò a guardare Daphne "Ricordi quel conto che hai aperto qualche mese fa al ristorante in fondo alla strada quando sono tornato? Come si chiama..." Si finse pensieroso.
Daphne si schiarì la gola "Macy's?"
Noah mosse appena la punta dell'indice, assecondando quella risposta "lui. Ho pagato il conto giusto un paio di giorni fa. Vuoi sapere quanto ho pagato?"
Daphne si schiarì di nuovo la gola, imbarazzata, mentre Haylee accennò un sorriso.
"Anche la tua ragazza ci mangia, lo sai?" Disse, inacidita.
Noah sorrise. Fece in giro del tavolo e schioccò un bacio sulla nuca di Daphne, facendole emettere un suono fintamente disgustato.
Haylee sorrise intenerita guardandoli: quei due avevano un'amicizia che Haylee adorava.
"Vado a farmi una doccia," disse poi, "ho ancora l'odore di vomito di bambino addosso."
"Dio, Lee! Ma perché caspita me lo hai detto?! Ho appena ordinato la pizza!"
Haylee la ignorò e sparì in bagno.
Quando finalmente i tre ebbero consumato rapidamente e senza appetito una fetta di pizza ciascuno, Haylee e Noah salutarono Daphne prima di richiudersi la porta di camera di Haylee alle spalle.
Noah la sovrastò in altezza e le poggiò una mano sul viso, cercando le sue labbra e facendo scontrare subito le loro lingue. La spinse poi verso il letto e lei sorrise quando cadde sul materasso.
Noah le sfilò rapidamente i pantaloni del pigiama e si inginocchiò tra le sue gambe.
"Che fai?" Chiese lei, in un sospiro.
Noah le morse piano l'interno tenero della coscia "a te che sembra?"
"Ma sono ancora tutta raffreddata..." sospirò lei, nello stupido tentativo di dissuaderlo. Ma la verità era che quando sentiva le sue labbra addosso, non ci capiva più niente.
Noah immerse la testa tra le sue gambe, facendole buttare la testa all'indietro, totalmente in estasi. Haylee cercò le ciocche bionde dei suoi capelli e ci intrecciò le dita, assecondando il ritmo delicato e lento dei suoi movimenti. Adesso, l'unico rumore a riempire la stanza in penombra erano i lievi sospiri alternati a delicati lamenti di Haylee – musica per le orecchie di Noah.
Noah saldò la presa attorno alle sue cosce e continuò la sua dolce tortura finché non la sentì tremare appena sotto il suo corpo e non venne, mordicchiandosi la nocca dell'indice per non fare troppo rumore.
Noah tornò alla sua altezza e la guardò innamorato: aveva gli occhi lucidi e le labbra schiuse lievemente arrossate dai piccoli morsi che si era evidentemente data.
Cercò le sue labbra e lei gliele fece trovare, aprendo maggiormente le gambe per farlo sistemare sopra di le. Senza chiederle il permesso – non che ce ne fosse poi così tanto bisogno – entrò dentro di lei, strappandole un gemito di gola che soffocò nella sua stessa bocca.
Noah poggiò poi il naso sul suo collo mentre si spingeva piano dentro di lei. Le poggiò una mano sul viso e lei ci appoggiò sopra la sua, stingendola forte.
"Dio, Hay..." Sussurrò contro il suo orecchio, facendole venire le farfalle allo stomaco. Lo diceva ogni volta e ogni volta le faceva lo stesso effetto: si scioglieva.
Lei gli baciò piano la spalla nuda, lasciandoci poi sopra un morso delicato che lo fece gemere ancora di più.
Noah si spingeva dentro di lei con estrema calma, godendosi ogni secondo e gemendo roco contro il suo orecchio mentre lei lo strinse per le spalle.
"Ci sono quasi..." le disse, in un sussurro.
Haylee sollevò le gambe per assecondare le sue spinte e le avvolse attorno ai suoi fianchi per dargli più profondità.
Noah si lasciò andare dentro di lei in un gemito liberatorio e poi crollò con tutto il suo peso sul suo corpo, sentendo il suo cuore battere furiosamente contro il seno di Haylee, che prese a sfiorargli delicatamente la schiena leggermente sudata.
Dopo aver ripreso un po' di fiato, Noah si puntellò poi sui gomiti per guardarla in viso "ciao." Le sorrise, guardandola innamorato mentre le appuntava una ciocca di capelli scomposti dietro l'orecchio.
"Ciao a te" sorrise anche lei, sollevando la mano libera per accarezzargli il viso "qualcuna ti ha mai detto quanto sei bello?"
Il sorriso di Noah si aprì, illuminandogli gli occhi azzurri e mostrandole una fila di denti bianchi "qualcuna, sì."
"In tante?"
"Ho perso il conto..." rise lui, strofinando la sua fronte contro il collo di Haylee, come un bambino. In risposta, si guadagnò un'occhiataccia e uno schiaffetto sul braccio nudo.
Le schioccò poi un bacio fior di labbra e scivolò al suo fianco, coprendola e coprendosi con il piumone.
"Hai parlato con Aaron?" Chiese lei dopo qualche minuto di silenzio, sfiorandogli quello stesso braccio che poco prima aveva giocosamente schiaffeggiato.
"Non credo che abbiamo niente da dirci" rispose, in tono arido "ha fatto stare male te e Daphne."
Haylee accennò un sorriso intenerito, continuando a sfiorargli il braccio "è chiaro che qualcosa non va."
Haylee sapeva che Aaron non si era comportato bene e lei non ci avrebbe più voluto avere nulla a che fare ma le dispiaceva per Noah.
"Non è una scusa per comportarsi da stronzo."
"Noah..."
Noah cercò per l'ennesima volta le sue labbra e le rubò un bacio mentre parlava "non preoccuparti."
"Ma Noah..."
Noah le strinse il fianco e l'attirò ancora di più a sé, lasciando che lei poggiasse la testa contro il suo petto.
"Dormiamo, Haylee?"
Haylee sospirò e, dopo avergli lasciato un dolcissimo bacio all'altezza del cuore, chiuse gli occhi, facendosi cullare tra sue braccia.
Spazio autrice
Buonaseraaaa eccoci con un nuovo capitolo. É un po' un capitolo di transizione però ci serve perché il prossimo capitolo sarà 💥💥💥
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