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22.

Zachary Darling guardava sua sorella e ogni volta che lo faceva si chiedeva quando il tempo fosse passato e quando esattamente avesse trasformato sua sorella in una donna. Haylee era bellissima, lo era sempre stata, fin da piccola. Quando al posto di quei capelli lunghi e lisci a cascata aveva due piccole treccine che le circondavano il viso rotondo e mettevano in risalto le sue labbra a cuoricino.

Gli faceva male, quando pensava che si fosse perso i momenti più belli della sua vita: il suo diploma, la sua laurea... e lui non c'era stato. Ma si disse avrebbe fatto di tutto per rimanere nella vita di Haylee, ora che l'aveva ritrovata.

Adesso, la sua piccola sorellina si stava portando alla bocca una generosa cucchiaiata di latte coi cereali e lui sorrise guardandola: aveva quasi trent'anni e ancora mangiava i cereali al cioccolato col latte.

"Perciò..." cominciò lei, parlando con la bocca piena, "sei uscito con Daphne."

Haylee sollevò gli occhi in quelli di suo fratello, così simili ai suoi: Zach portava la barba abbastanza lunga ma la teneva curata e aveva sempre l'aria di un poliziotto anche quando indossava abiti civili. Era sempre serio e si guardava attorno come se dovesse saltare fuori un rapinatore da un momento all'altro e lui fosse l'unico in grado di fermarlo.

"Sono uscito con Daphne." Disse, bevendo un sorso del suo caffè nero e amaro.

"E..."

Zach non si sentiva a suo agio a parlare di donne con Haylee: nella sua testa sua sorella faceva ancora le torte di fango e guardava i cartoni animati. A pensarci bene, forse i cartoni animati li guardava ancora...

"Guardi ancora Spongebob?" Le chiese.

Lei corrugò la fronte "cosa ha a che fare questo con Daphne?"

Lui scrollò le spalle "niente."

"Non vuoi parlarne!" esclamò lei, sorridendo "AH! Sei arrossito."

Zach le lanciò un'occhiataccia "invece tu, che mi dici di Nate?"

"Si chiama Noah," lo corresse, "e poi, l'ho chiesto prima io!"

"Daphne è fantastica," disse, prendendo un respiro profondo, "ma non sono certo che vogliamo le stesse cose..."

Haylee arricciò le labbra, facendosi pensierosa "beh, siete usciti una sola volta!" Cercò di incoraggiarlo "che ne puoi sapere?"

"Sensazioni." Si limitò a dire.

"Ci uscirai ancora?"

Zach si guardò attorno nel piccolo bar senza mettere a fuoco nulla in particolare "certo." Rispose poi, quando tornò con gli occhi su sua sorella.

Ci fu un momento di silenzio in cui Zach poggiò gli avanbracci sul tavolo e si allungò un poco in direzione di Haylee.

"Ora tocca a te."

Lei finse di non capire.

"Cosa?"

"Nate."

"Noah!"

"E io che ho detto?"

Haylee alzò gli occhi al cielo. Che cosa poteva dire su Noah se non il fatto che sembrava uscito da un film?

"Noah è..." Cominciò, con occhi sognanti, mentre il suo viso si materializzava davanti ai suoi occhi.

"È appena entrato qui."

Haylee aggrottò la fronte e si voltò a seguire lo sguardo di suo fratello. In effetti, Noah era appena entrato nella loro stessa caffetteria vestito di tutto punto per andare a lavoro, in giacca, cravatta e cappotto. I capelli biondi erano come al solito scompigliati in un modo stranamente ordinato e un piccolo ciuffo color grano gli ricadeva appena a metà della fronte. Haylee doveva ammettere che tutte le volte che lo vedeva in quel modo le tremavano le gambe.

Noah si guardò attorno finché non incontrò una familiare chioma scura e si avvicinò al tavolo.

"Ehi." Disse lui in un sospiro, sedendosi accanto ad Haylee sulla panchetta che occupava.

Noah lasciò correre lo sguardo su Zach e sulla vetrata dietro di lui che gli fece notare solo in quel momento come il cielo fosse di un color bianco pallido quella mattina.

"Hai dietro un ombrello?" Chiese Noah ad Haylee.

"Hm?" Haylee stava guardando l'orologio: era ad un passo dall'essere ufficialmente in ritardo.

"Un ombrello," ripeté Noah, "penso che nevicherà."

Zach guardò Noah per una manciata di secondi: stava guardando Haylee mentre trafficava nella borsa, probabilmente alla ricerca del suddetto ombrello, senza successo.

"Nevicherà" ripeté, per la milionesima volta "ti serve un ombrello."

"Non mi serve," disse lei casualmente, chiudendo definitivamente la sua borsa "devo andare."

Noah si alzò per farla passare: avrebbe voluto baciarla ed augurale buon lavoro ma sentiva lo sguardo di Zach bruciargli addosso da quando era entrato e non gli sembrava il caso. Si limitò quindi ad appuntarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, dicendole di chiamarlo in pausa pranzo e la guardò andare via, finché non sparì dal suo campo visivo.

Quella notte l'avevano passata insieme e dividere il letto con lei era stato complicato – lei si era presa tutte le coperte e metà materasso –, ma si disse che avrebbe voluto svegliarsi con lei accanto per tutte le mattine a venire.

"Vuoi un caffè?" Domandò Zach, che era rimasto seduto.

Noah annuì "perché no."

Zach fece cenno alla cameriera di riempire le loro tazze e lei arrivò qualche attimo dopo, tutta trafelata: Zach pensò che probabilmente lavorava lì da poco.

Noah si sedette e Zach continuò a guardarlo, indeciso. Era come se volesse chiedergli qualcosa ma senza trovare il modo di dirglielo.

"Haylee sa del caso dei King?"

Noah schiuse le labbra, stupito da quella domanda: che cosa sapeva Zach?

"Non sa niente di rilevante," si limitò a dire, serio "e tu invece che ne sai?"

Zach gli rivolse un'occhiata ironica, di scherno quasi.

"Che ne so di Michael King? Tutti sappiamo di Michael, Nate."

"Di Michael?" Chiese lui, perplesso "non di suo padre?"

Zach liquidò l'affermazione con un gesto della mano "suo padre? Non penserai davvero che sia suo padre la mente... vero Nate?"

Noah non lo corresse perché aveva capito che fosse solo un modo di farlo innervosire: sapeva il suo nome.

"Non capisco." Disse sinceramente.

"Fidati, Nate: tutte le piste portano a lui e se portano a lui non è necessariamente perché lo hanno incastrato... ma perché, per davvero, portano a lui." Zach guardò l'orologio e si alzò dalla poltroncina, poggiò un paio di banconote sul tavolo e rivolse un'ultima occhiata a Noah prima di andarsene "Io detesto gli avvocati ma ti darò un consiglio, visto che mia sorella sembra pazza di te..." Disse, continuando a chiedersi cosa ci trovasse, in lui "devi fare in modo che ci vada in prigione, non il contrario."

Noah schiuse le labbra, non sapendo esattamente cosa dire.

"Il padre di Michael è un pezzo di merda," continuò, abbassando il tono della voce, "ma non ha sicuramente la stessa furbizia di suo figlio, che ha preso per il culo tutti e continuerà a farlo se non vi date una svegliata..."

Noah inarcò un sopracciglio "perché allora non fai qualcosa tu?" Chiese, in un tono lievemente alterato.

"Perché non sono io il suo avvocato," rimbeccò, "io sarò solo felice di mettergli un bel paio di manette quando farete la cosa giusta."

Zachary Darling si mise le mani nelle tasche della giacca "ci vediamo."

Zach se ne andò senza aspettare una risposta e Noah lo guardò mentre sorrideva alla cassiera: aveva lo stesso sorriso delicato di sua sorella.

Era davvero così? Michael li aveva davvero presi in giro per tutto quel tempo?

*

Daphne Greene stava compilando moduli, stropicciando cartacce e trafficando al computer. Detestava Haylee perché avrebbe voluto che l'aiutasse con la burocrazia, cosa in cui la sua migliore amica era troppo brava. Peccato che continuava ad insistere nello stare con quei... moccolosi.

Lo sfondo del suo desktop raffigurava una spiaggia bianca, con la sabbia fine, le palme e il mare cristallino. La donna immaginò per un attimo come dovesse essere stare lì, in una spiaggia deserta a bere una bella piña colada al tramonto...

Un lieve tocco alla porta la fece sobbalzare "sono impegnata!" Esclamò, sperando che non fossero quegli avvoltoi dei suoi dipendenti che non facevano altro se non farle domande idiote.

Zachary Darling aprì la porta dell'ufficio e se la richiuse alle spalle.

A Daphne mancò il respiro: indossava la divisa della polizia che gli metteva in risalto il fisico ben disegnato, soprattutto la forma dei bicipiti...

"Sei impegnata?" Le domandò, inclinando la testa di lato.

Buttò un occhio sulla sua scrivania e poi tornò a guardarlo "sto facendo scartoffie..."

Zach le poggiò qualcosa sulla scrivania e lei aggrottò la fronte "non è quello che penso..."

"Se pensi che sia la tua borsa, cosa che io ho dedotto, allora è quello che pensi."

Lei strabuzzò gli occhi e schiuse le labbra in un'espressione sbalordita. Si alzò in piedi e fece il giro della scrivania per prendere in mano quella borsa: certo, era un po' sporca e si era lievemente scucito il manico ma niente che la sua sarta non avrebbe potuto sistemare...

Si voltò verso Zach e gli si lanciò letteralmente tra le braccia e lui ricambiò l'abbraccio, stringendola appena per i fianchi.

"Dove l'hai trovata?" Chiese, rimanendo stretta al suo collo.

"Mercato di cose rubate... capita di continuo." Rispose lui, in tono casuale.

Daphne si allontanò appena ma senza lasciare la stretta sull'uomo e si rese conto solo in quel momento di trovarsi pericolosamente vicina alle sue labbra.

"Ti meriti un bacio..." Sussurrò lei, accarezzando il disegno carnoso delle sue labbra con lo sguardo.

"Penso proprio di sì." Sorrise lui, bloccando le mani grandi all'altezza dei suoi fianchi sottili.

Daphne gli poggiò una mano sul viso, solleticandosi con la sua barba e lo strinse a sé, facendo incontrare le loro labbra. Zach saldò la presa attorno ai suoi fianchi e la spinse contro la scrivania, lasciando che lei si sedesse lì sopra.

Le sollevò la gonna del vestito che aveva addosso fino ai fianchi, pizzicandole lievemente la carne delle cosce e lei saldò la presa contro di lui, assecondando i suoi movimenti.

"Ho pensato a questo da quando sono venuta alla stazione di polizia..." mormorò lei, quando lui scese e baciarle il collo.

"Io da quando ti ho vista la prima volta..." sussurrò lui, continuando a lasciare una serie di baci confusi sul suo collo.

"Signorina Greene?" La vocetta di una delle nuove receptionist che aveva assunto le arrivò alle orecchie come un gallo che canta alle tre del mattino.

Una parte di lei avrebbe voluto urlare una serie di insulti non bene identificati ma si disse che non era il caso per una serie svariata di motivi. Il primo tra tutti: non voleva che Zach vedesse così presto quella parte dei lei.

Zach si staccò controvoglia da lei e le ricompose il vestito per poi spostarsi e voltarsi di spalle, improvvisamente interessato al contenuto del mini-frigo che stava nell'ufficio di Daphne.

Daphne lo guardò andare via – non prima di aver rivolto un'occhiata di odio puro alla giovane ventenne che si era permessa di interrompere quel momento – pensando a quanto fossero belle le sue spalle, i capelli cortissimi che gli accarezzavano il retro del collo...

"Beh? Sei imbalsamata?" Domandò, mettendosi le mani ai fianchi "spero davvero per te che sia questione di vita o di morte."

"Non... non sapevo dove trovare gli asciugamani puliti."

Daphne si limitò a guardarla per un lungo, lunghissimo, eterno istante, senza dire nemmeno una parola. Alla fine, la ragazza schizzò fuori dal suo ufficio senza aver trovato una risposta alla sua domanda.

*

Aaron Wells teneva entrambe le mani poggiate sul bordo freddo del lavandino e si stava guardando allo specchio nel bagno dello studio legale prima di rientrare a lavoro dopo la pausa pranzo. Nei suoi occhi scuri c'era tanta rabbia e tanto risentimento. La storia con Daphne era stata la ciliegina su una torta pronta a cadere sul casino che era la sua vita e non poteva fare niente per cambiare le cose.

Prese un respiro profondo e cercò di indossare la sua migliore espressione disinvolta mentre usciva dal bagno.

Gli avvocati erano tutti pieni di sé, non pensavano mai ad altro se non al loro lavoro e non avevano tempo per altro... se non il loro lavoro. Aveva sempre pensato che gli sarebbe stato bene, perché non era una persona che voleva mettere su famiglia o altre stronzate del genere. Eppure, cominciava a sentirsi come se stesse correndo per arrivare al traguardo e ogni volta che si avvicinava questo veniva spostato di un paio di metri e così via, facendolo correre all'infinito. Quello che faceva non era mai abbastanza e non andava mai bene.

Entrò poi in ufficiò interrompendo per fortuna il flusso dei suoi pensieri – li mise da canto per permettere loro di logorarlo una volta rientrato a casa – e trovò Noah e suo padre a parlottare di qualcosa. Probabilmente l'ennesimo caso.

Noah sì, che era tagliato per stare in quello studio legale. Faceva poco ma quel poco che faceva lo faceva alla perfezione; sapeva parlare coi clienti, con gli altri avvocati... era un ottimo amico e a quanto pareva adesso era anche un ottimo... fidanzato. Tutto di Noah era perfetto e lui lo detestava per quello. Iniziò a detestare con tutto sé stesso il fatto che fosse un avvocato migliore di lui e gli si stringeva lo stomaco di fronte alla consapevolezza che Christopher avrebbe scelto sempre e comunque suo figlio.

Quello che Aaron non sapeva era che Noah Washington dormiva si e no due ore a notte per poter stare al passo con tutto quello che aveva da fare. Non sapeva che leggeva i fascicoli dei casi prima di andare a lavoro perché voleva già sapere tutto prima degli altri; non sapeva che passava i finesettimana che aveva liberi a ripassare i suoi vecchi appunti dell'università...

"Aaron, eccoti" lo salutò Christopher "ci sono un paio di cose su cui dobbiamo discutere..."

Noah guardò prima suo padre e poi Aaron. Dopodiché si sedette alla sua piccola scrivania e ricominciò a lavorare.

Aaron si avvicinò alla scrivania, continuando a guardare Christopher: l'uomo era evidentemente a disagio per qualcosa, glielo leggeva negli occhi chiari e nel modo in cui leggeva e rileggeva le carte che avesse davanti... come se stesse sperando di sbagliarsi.

"Che devi dirmi?" Domandò allora, con urgenza.

"Hai confuso questi due casi," cominciò, indicando due carpette rosse, "probabilmente hai... confuso i dati e... abbiamo fatto inviare un mandato di arresto alla persona sbagliata."

Aaron si sentì sprofondare.

"Abbiamo risolto perché per fortuna Noah si è accorto dell'inghippo..."

"Avevano lo stesso nome," intervenne allora Noah, "avrebbe potuto succedere a chiunque..." gli disse, in tono apprensivo.

Aaron serrò la mascella "ma è successo a me." La sua voce era arida, priva di ogni emozione.

"Può succedere, Aaron..." rincarò Christopher.

"Come fai a sapere che sono stato io?" Chiese, facendo cadere le braccia lungo i fianchi.

Christopher alzò le mani, come a difendersi "era il tuo caso."

"Ma è Noah che si occupa sempre di sistemare i fascicoli."

Noah inarcò un sopracciglio: era assurdo pensare che stesse cercando di fare ricadere la colpa su di lui!

"Non pensavo che stessimo giocando a scarica barile..." rispose freddamente Christopher, guardandolo dritto negli occhi. "Pensavo invece che fossimo un gruppo di adulti che sanno assumersi le loro responsabilità."

Aaron sorrise amaramente "e chissà come mai Noah fa sempre tutto perfetto."

"Evidentemente mio figlio è un avvocato migliore di te."

"Papà." Lo ammonì Noah.

Aaron scosse la testa, furioso "allora per quanto mi riguarda potete andarvene tutti a fanculo."

Detto ciò, Aaron uscì fuori dall'ufficio a grandi passi e si sbatté dietro la porta, lasciando Noah e Christopher nel classico silenzio post-litigata.

"Potevi evitare di dire quella cosa..."

Christopher si voltò a guardare suo figlio e prese un respiro profondo "lascia che ti faccia riflettere su una cosa, Noah."

Noah lo guardò, un po' annoiato: ecco che arrivava l'ennesima paternale.

"Aaron è tuo amico e non ci ha pensato due volte a metterti in mezzo. Pensa cosa potrebbero fare le altre persone..." sospirò, "tua madre ed io ti abbiamo cresciuto troppo educato e troppo corretto, ma ricordati che quasi nessuno lo è... e sono davvero poche le persone di cui puoi fidarti."

Quel discorso gli fece venire uno strano nodo allo stomaco, come se non fosse pronto ad accettare una cosa del genere. Anche se in fondo sapeva che – specialmente nel suo mondo – difficilmente avrebbe trovato delle persone pronte a giocare pulito.

"Ricordati quello che ti dico, hm?" Christopher guardò suo figlio e fu quasi tentato ad alzarsi per dargli uno schiaffetto sul viso, come faceva quando era piccolo.

Alla fine, non lo fece.

"Finisci il tuo lavoro in fretta e ti faccio andare a casa prima, che è venerdì."

"Non è un problema, posso..."

Christopher lo interruppe "devi trovare sempre il tempo per le persone che ami, Noah. Anche se sarà difficile, cerca di trovarlo..."

*

Haylee Darling starnutì per la terza volta uscita dal bagno e si strinse nella felpa pesante che aveva addosso.

"Stai per morire?" Domandò Daphne, uscendo dalla cucina.

"Non lo escluderei..." borbottò, tirando su col naso.

Noah aveva avuto ragione: aveva nevicato tutto il giorno e le sue sneakers non erano state una scelta azzeccata al meteo e le era entrata neve da tutte le parti. Così, alla fine, si era presa un bel raffreddore.

"Vuoi cenare?" Le chiese poi Daphne, preoccupata.

Haylee scosse la testa "vorrei buttarmi nella stufa per avere un po' di caldo."

Haylee si trascinò fino all'enorme stufa che troneggiava in soggiorno e, dopo aver trascinato una delle due poltrone imbottite accanto ad essa, si avvolse in una coperta e si sedette là davanti. Daphne pensò che il fantasma della piccola fiammiferaia si fosse impossessato di lei e si decise ad entrare in cucina per prepararle qualcosa di caldo.

Noah entrò in soggiorno qualche minuto dopo. I suoi occhi cercarono subito Haylee e sospirò rassegnato: adorava avere ragione ma non quando era la sua Haylee a pagarne le conseguenze. Si tolse il cappotto e lo poggiò con poco interesse sull'appendiabiti. Poi, si avvicinò a lei e si sedette sul bracciolo della poltrona, sistemandole meglio la coperta sulle spalle.

"Non sei nemmeno passato a cambiarti..." disse lei, con la voce rauca.

"Non preoccuparti per me."

"Mi preoccupo invece," tirò su col naso, "va' a cambiarti... io ti aspetto qua."

Daphne tornò in soggiorno e le porse una tazza di tè fumante che Haylee prese tra le mani, nel tentativo di rubarne il calore.

Noah le schioccò un bacio sulla tempia "torno tra poco." Le disse.

Dopodiché, si alzò e si decise a scendere al piano di sotto per cambiarsi e darsi una ripulita prima di passare la notte con Haylee.

In più, aveva bisogno di rimanere da solo con i suoi pensieri: Aaron era sempre stato uno dei suoi più cari amici e non riusciva a tollerare l'idea che sarebbe stato disposto a buttarlo nel fuoco al suo posto pur di uscirne pulito. Noah Washington non era mai stato un tipo particolarmente espansivo né tantomeno uno che adorava parlare di sentimenti. Eppure, in quel momento, pensò che forse Aaron non aveva proprio in mente cosa significasse essere amici.

Quando Noah rientrò in casa, Haylee era al piano di sopra e in cucina stava Daphne, a mettere i piatti in lavastoviglie.

Quando Daphne si voltò a guardarlo lui sobbalzò nel vederla con una maschera bianca in tessuto sul viso.

Noah fece finta di guardarsi in giro "penso di essere caduto dentro un film dell'orrore..."

"Credi che il mio viso sia così bello naturalmente, Wash?" Domandò lei, sistemandosi meglio la maschera sul viso, facendo attenzione a non muovere troppo le labbra mentre parlava.

Lui si mise le mani nelle tasche del pantalone della tuta "non mi sono mai posto questa domanda."

"Male." Ringhiò lei.

Noah si guardò attorno: il camino alle sue spalle era acceso e scoppiettante in soggiorno e la televisione stava mandando in onda dei film di Walt Disney.

"Per caso è passato Aaron?"

"Sarebbe dovuto passare?"

Noah scosse appena la testa "immagino di no..."

"Tutto ok, Wash?"

"Oggi è successo un guaio a lavoro e non l'ha presa benissimo..." cominciò, incerto, "ho provato a chiamarlo ma non risponde."

Lei incrociò le braccia al petto, facendosi pensierosa "non è più l'Aaron che ricordiamo noi, hm?"

Noah scosse la testa, fissando un punto indefinito di fronte a sé "non lo è, no..."

"Gli passerà."

Noah fece spallucce, senza smettere di pensare a quello che era successo quel giorno.

"Haylee è sopra?"

"Yup" Daphne guardò l'orologio, "vado a togliermi questa cosa, inizia a prudermi..." gli poggio una mano sulla spalla e lui le rivolse un sorriso un po' forzato, ancora totalmente immerso nei suoi pensieri "a domani, Wash."

"Notte, Duff." Le disse poi, iniziando a salire le scale per il piano di sopra.

Haylee era sotto le coperte e stava guardando la tv quando Noah entrò in camera sua.

"Fammi posto" le disse, mettendosi accanto a lei sotto le coperte "che guardi?"

"Spongebob."

Noah accennò un sorriso e la circondò con il braccio, attirandola a sé.

"Sicuro di voler stare con me, Noah?"

Noah la strinse ancora di più a sé "ormai sono qui."

Haylee gli diede una gomitata e lui scoppiò a ridere, schioccandole un bacio sulla fronte "non fare domande stupide se non vuoi risposte stupide, Hay."

Haylee sollevò una mano per poggiarla sulla sua guancia e lui sospirò rilassato sotto il suo tocco familiare che ormai gli sapeva di casa.

"Stai bene?" Domandò poi la giovane donna, quando notò che nei suoi occhi chiari c'era un velo di tristezza.

Noah si mise nella stessa posizione di Haylee, a pancia in su e a fissare il soffitto bianco.

"Si tratta di Aaron."

Noah le raccontò ciò che era successo e lei lo ascoltò con estrema attenzione, come faceva lui con lei quando le parlava – ameno che certo non parlasse dei vari gossip che riguardavano le mamme dei bambini dell'asilo.

"Quello che ha fatto non è stato carino." Disse lei, dopo averci riflettuto sopra.

"Non lo è stato, no."

Haylee cercò la mano di Noah e la intrecciò alla sua, comparandone le dimensioni e disegnando la linea delle sue vene con la punta dei polpastrelli.

"Sicuramente ha un po' di cose per la testa, per questo ha reagito così..." parlò ancora Haylee "la storia di Daphne lo ha messo un po' a terra..."

In realtà, ce ne sarebbero state di cose da dire ma Haylee Darling cercava sempre di mettere una buona parola per tutti, mai il contrario.

Noah si portò la mano di Haylee alle labbra, baciandola in un gesto talmente dolce che le fece scoppiare le farfalle allo stomaco. Si mise poi su un fianco e le sfiorò la guancia con la mano libera.

"Tu hai sempre una buona parola per tutti."

Haylee si accoccolò meglio contro il suo petto "so che gli vuoi bene."

Noah le sfiorò la fronte accaldata con la guancia "dormi, Hay...hai la febbre." Le disse con dolcezza, lasciando che lei si sistemasse meglio contro il suo corpo fino ad addormentarsi.

Noah tirò fuori uno dei suoi libri che aveva lasciato sul comodino di Haylee e si mise a sfogliarlo mentre la guardava dormire. Lui, dal canto suo, nemmeno pensava a provarci, ad andare a dormire: quella giornata era stata talmente piena di merda che non sarebbe riuscito a dormire nemmeno se si fosse preso un sonnifero.

Non aveva nemmeno avuto modo di parlare con suo padre della storia di Michael e si disse che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto l'indomani mattina.

Si voltò poi a guardare Haylee che dormiva pacificamente accanto a lui: le labbra erano appena schiuse e le foltissime ciglia scure nascondevano i suoi occhi grandi.

Haylee Darling era l'unica certezza che aveva in quel momento.

Spazio autrice

Buonasera e buon weekend! Questa settimana aggiornamento in ritardo 🙈🙈

 Duunque, non ho fatto il conteggio parole ma credo che sia risultato un capitolo piuttosto lungo e un po' denso di avvenimenti, ma ci serve perché stiamo iniziando a tirare le somme! 

Spero che il capitolo non sia risultato troppo lungo da leggere e come sempre vi ringrazio e fatemi sapere che ne pensate 💕

PS: è in arrivo una nuova storia 😏

Vi lascio con Zach e devo dirvi che a me non dispiace 😈

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