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17.

Noah toccò lievemente la porta d'ingresso e attese con impazienza che qualcuno andasse ad aprirgli. Daphne comparve davanti ai suoi occhi come un fantasma: indossava un pigiama rosa e delle ciabatte con le orecchie da coniglio. Teneva poi in mano un grosso pacchetto di carta da cui continuava a tirare fuori una serie di bastoncini di caramelle gommose, che masticava insistentemente – a Noah ricordò una mucca che ruminava.

Noah la squadrò dalla testa ai piedi "e tu dai consigli di stile?"

Lei sorrise, ignorando il tentativo di Noah di schernirla, rivolgendogli invece uno dei suoi migliori sorrisi "lo hai notato vero?

"Che cosa?" Chiese, perplesso.

"Che indosso con stile persino il pigiama, Wash!"

Noah alzò gli occhi al cielo e Daphne rise.

"Haylee è di sopra. Ma è molto arrabbiata."

Lui gonfiò le guance, guardando la cima delle scale "immaginavo," si limitò a dire.

Daphne continuò a masticare con calma, ignorando i problemi del suo amico. Poi, inarcò un sopracciglio di fronte alla fasciatura che aveva improvvisato alla mano.

"Che hai fatto alla mano?"

"Niente," disse, con poco interesse "tu, come stai?" Le chiese, togliendosi il cappotto. Non si era nemmeno cambiato, decidendo di andare da Haylee non appena aveva rimesso piede nel palazzo. I sensi di colpa lo stavano logorando per come si era comportato con lei.

"A meraviglia." Rispose lei, pulendosi l'eccesso di zucchero dalle dita sul suo stilosissimo pigiama rosa.

"Hai parlato con Aaron?" Le domandò, dopo aver appeso il cappotto sull'appendiabiti.

"Intendi dopo che qualche giorno fa abbiamo fatto sesso ed è sgattaiolato via?" Disse, con amarezza, "no. Non ho parlato con Aaron."

Noah le rubò una caramella e lei lo ammonì con lo sguardo.

Le rivolse un'occhiata apprensiva "Sai che... sei la mia migliore amica, no?"

Noah stesso si stupì per come quella frase gli fosse uscita in modo naturale, senza nemmeno pensarci.

Daphne ridusse gli occhi a due fessure. "Che cosa vuoi?" Domandò, in tono sospettoso.

"Voglio che lo lasci perdere. Mettiti con il portiere del palazzo, con un ricercato, con chi ti pare... ma lascialo perdere."

Noah sapeva che non avrebbe dovuto intromettersi. Ma quella storia stava facendo male sia ad Aaron che a Daphne. In più, se doveva essere sincero, da quando era tornato dal college e aveva incontrato di nuovo Aaron, si rese conto che non era più la stessa persona che ricordava. E non era una persona che avrebbe voluto accanto a Daphne.

Lei rimase un attimo in silenzio.

"Ha un'altra?"

"Non ha un'altra, Duff. Ma se ce l'avesse farebbe meno male di quello che sto per dirti, hm?"

Daphne annuì.

"Quello che avete... qualsiasi cosa sia... è tossico. Vi state facendo del male," sospirò, "sai che ho ragione."

Mentre Noah diceva quelle parole, sperò soltanto che un giorno qualcuno non gli dicesse la stessa cosa su lui ed Haylee.

Daphne annuì ancora, sentendo il labbro inferiore cominciare a tremare.

Noah la strinse in un abbraccio e lei si lasciò abbracciare.

"Lo dico solo perché sono in debito con te."

"Non perché mi vuoi bene, hm?"

Noah la strinse un po' più forte.

"Non essere sciocca... solo perché sono in debito."

"Non sei in debito. Quello che sta succedendo con Haylee sta succedendo perché lo stai facendo tu." Disse e la sua voce proveniva ovattata a causa della sua posizione che la vedeva schiacciata contro il suo petto.

"Sono io ad essere in debito," continuò lei, "se non fosse stato per quella volta che l'hai vista alla Columbia non saremmo mai stati amiche. E mi sarebbe mancata."

Noah accennò un sorriso.

"Vado di sopra, hm?"

Daphne annuì, guardandolo andare via.

"Notte Wash."

"Notte Duff." Le disse, salutandola con un cenno quando arrivò in cima alle scale.

Noah toccò lievemente la porta della camera di Haylee e non ricevette alcuna risposta.

La suddetta uscì invece dal bagno qualche secondo dopo, con i capelli bagnati a caderle sulle spalle nude e con addosso una maglietta e... nient'altro.

Sobbalzò quando lo vide.

"Che hai fatto alla mano?" Fu la prima cosa che lei gli chiese.

"Hm?" Mormorò lui. L'aveva sentita parlare ma il suo sguardo era rimasto troppo bloccato a fissare le sue gambe lunghe e lisce e il disegno delle sue mutande chiare per capire cosa stesse dicendo.

Lei gli afferrò la mano e lo trascinò in bagno, dove recuperò qualche garza e un po' di disinfettante.

Lo fece sedere sul bordo della vasca e gli tolse quella fasciatura improvvisata con fazzolettini di carta e nastro adesivo. Gli tirò appena la pelle facendogli male ma lui non disse nulla, limitandosi ad una lievissima contrazione della mascella.

"Non è niente."

Haylee prese la mano di Noah tra le sue – mano che peraltro era almeno il doppio della sua – e tamponò la ferita con un po' di acqua ossigenata che gli bruciò la pelle esposta, facendogli fare una smorfia.

"Si infetta se non la disinfetti." Disse lei, in tono quasi materno.

"Mi hai preso per uno dei tuoi bambini?"

Haylee fissò i suoi occhi chiari.

"Vuoi che sia sincera?"

Noah scosse la testa, accennando un sorriso.

"Però se l'è meritato, il pugno." Disse lei, continuando a tamponare la ferita con un batuffolo di cotone.

"Si?" Mormorò in un soffio contro le sue labbra. Con la mano libera le appuntò una ciocca di capelli bagnati dietro l'orecchio – la sua era una scusa per toccarla, come sempre.

"Che ti ha detto?"

Haylee si strinse nelle spalle: adesso gli stava fasciando la mano con estrema delicatezza. Esitò: non voleva farlo innervosire né tantomeno dirgli che aveva avuto paura.

"Niente che valga la pena di essere ripetuto..." si inumidì le labbra ammorbidite dal burro cacao che aveva messo poco prima, "e a te cosa ha detto per meritarsi un pugno? Sempre che gli abbia fatto male..."

"Credimi, gli ha fatto male."

Haylee terminò la fasciatura ma non lo lasciò andare, limitandosi invece a comparare le dimensioni delle loro mani e disegnando il contorno di quella di Noah con la punta dei polpastrelli.

"Mi dispiace per oggi." Ammise poi lui, dopo qualche secondo di silenzio.

"Anche a me," disse lei, "non sei stato carino."

"Non lo sono stato," Noah le sfiorò il labbro inferiore con il pollice, "ma ho paura." Le sussurrò. E ammettere ad alta voce quella consapevolezza lo fece stare ancora più male: adesso Michael sapeva chi era lei e aveva paura.

"Di cosa?" Sussurrò a sua volta lei, facendosi più vicina.

Noah poggiò la fronte contro quella di Haylee.

"Non è la migliore persona su questa terra..." Si limitò a dire.

"Nessuno lo è."

Noah disegnò il contorno dell'indice di Haylee e poi dell'anulare, esitando appena su quest'ultimo e perdendosi nei suoi pensieri.

"Lui non lo è... particolarmente. E quello che ha fatto, se lo ha fatto... e quello che potrebbe farti..." Distolse lo sguardo, "ti voglio solo il più lontano possibile da dov'è lui, tutto qua."

Lei lo guardò dritto negli occhi: lei e Noah ancora non si conosceva bene ma lo conosceva abbastanza da leggere quelle piccole sfaccettature d'azzurro che la pregarono, con lo sguardo, di dargli retta.

"Ok?"

Haylee annuì "Lo farò, ma non ho bisogno di un cavaliere senza macchia, Noah, posso difendermi da sola."

Noah cercò le sue labbra, circondandole la guancia con la mano fasciata e solleticandole un poco la pelle con la ruvidezza della fasciatura.

"Lo so che puoi farlo, Hay, ma non devi."


Spazio autrice

Buonasera e buon venerdì! 🥰🥰Eccoci con un nuovo capitolo!

Diciamo che è un capitolo un po' di passaggio e forse vi sembrerà che le cose stiano andando un poco a rilento ma prometto che questo sarà l'ultimo prima di una serie di capitoli... intensi,  se vogliamo! 😈

 Grazie a chi continua a leggermi ve ne sono molto grata ❤

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