Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

16.

Noah Washington arrivò in ufficio prima di suo padre. Lo faceva ogni giorno: preparava i documenti, accendeva i computer... in realtà non era una cosa che suo padre gli aveva espressamente chiesto ma lo faceva comunque, un po' anche perché gli piaceva.

Sistemò un paio di fogli volanti sotto l'orrendo uccello impagliato che fungeva da fermacarte e, dopo avergli rivolto la solita occhiata disgustata della giornata, si voltò a controllare se avesse dell'altro da fare.

Si trattenne dal cacciare un urlo quando si voltò e incontrò gli occhi neri di Michael, che gli sembrarono un grosso buco nero. Quel giorno avrebbero dovuto parlare a quattr'occhi della situazione: sarebbe stata una lunga giornata.

Michael King indossava una vecchia felpa piuttosto larga degli ACDC e un paio di anfibi scuri – Noah si chiese perché si vestisse ancora come quando andavano al liceo.

"Wash." Lo salutò lui, sedendosi alla sua solita sedia con i braccioli a forma di leone.

"Non dovevi essere qui tra un'ora?"

Lui scrollò le spalle, rubando il bicchiere di caffè che avrebbe dovuto essere di Noah per berne un paio di sorsi. Michael fece una smorfia disgustata: "Non è nero?" Chiese, con una smorfia.

"C'è il latte..."

Michael alzò gli occhi al cielo: "Non so se siano peggio le tue sneakers o il tuo caffè col latte, Wash. Cosa ti è successo?"

Noah non rispose, limitandosi a continuare a guardarlo, immerso nei suoi pensieri. Oltre al fatto che non riuscì a capire cosa ci fosse di male nel bere il caffè col latte.

Michael gli dava le spalle e fissava l'ufficio inquietantemente arredato con aria annoiata. Si voltò poi verso Noah quando riuscì a percepire i suoi occhi bruciargli dietro la schiena: lo stava fissando

"Che hai da guardare?"

"Come stai?" Si azzardò a chiedere.

Michael inarcò entrambe le sopracciglia, stupito da quella domanda. Da quando aveva chiesto a Christopher di difenderlo, Noah non si era mai rivolto a lui per chiedere qualcosa che non avesse a che fare con il caso e quelle poche volte che gli parlava aveva un tono freddo e distante.

"A meraviglia, Wash," rispose lui, sarcastico, "tu?"

"Ti ricordi quando i nostri genitori ci hanno mandato in quello stupido campeggio quando ci hanno trovato ubriachi?" Chiese.

Non seppe dire perché la sua mente lo aveva condotto verso quel particolare ricordo. Sapeva solo che era stato divertente. Lui, Daphne, Michael, ed altri compagni di scuola, avevano passato una delle settimane più belle delle loro vite.

Il principio di un sorriso nostalgico illuminò gli occhi bui di Michael.

"Mi hai fatto prendere la colpa per aver portato di nascosto quella vecchia bottiglia di whiskey di tuo padre."

Il sorriso di Noah si allargò.

"Mio padre ha minacciato di mandarmi in collegio..."

Michael sorrise di rimando ma il suo sorriso si spense piano piano assieme a quello di Noah quando si resero entrambi conto che non solo erano cresciuti, ma erano anche in una situazione piuttosto scomoda.

"Che mi dici di Daphne?" Domandò dopo un po', cercando di sondare il terreno, "la senti ancora?"

"Vagamente." Mentì Noah.

Noah voleva bene a Michael, e gli dispiaceva che fosse in quella situazione, ma non si fidava di lui e mettere in mezzo Daphne ed Haylee non sarebbe mai stata una buona idea.

"Lei era grande..." sorrise, ricordando i suoi capelli biondi e le lentiggini che le comparivano su tutto il viso quando prendeva troppo sole, "chissà cosa fa."

Noah rimase in silenzio e ringraziò l'arrivo di suo padre, così da non dover continuare a mentire.

Christopher entrò, seguito da Aaron. Noah alzò gli occhi al cielo: Aaron lo seguiva come uno stupido cagnolino e poi segretamente non faceva altro se non criticare il suo lavoro!

"Sei già qui. Bene." Disse dopo un po', come se si fosse accorto in quel momento della presenza di Michael.

"Fresco come una rosellina." Rispose lui, portando entrambe le mani ad intrecciarsi dietro la nuca per poi stiracchiarsi con calma sulla sedia.

Christopher si sedette dietro la sua scrivania e guardò Michael per un lunghissimo attimo, prima di iniziare a parlare. Noah conosceva quello sguardo: suo padre era pronto a fare domande.

"Non ci hai detto di essere laureato all'UCLA." Cominciò, con estrema calma.

"Dovevo scriverlo nel curriculum?" Rispose Michael, cercando consenso negli occhi di Aaron che stava in piedi a braccia conserte dietro le spalle di Christopher, poggiato contro la finestra.

"In chimica."

"Allora?" Domandò lui, distogliendo lo sguardo ed incontrando quello di un uccello impagliato: Michael lo distolse subito dopo, disgustato.

"Hai tutte le carte in regola per essere il fottuto Walter White della situazione, Michael!" Esclamò Aaron, alterato, "se l'accusa avesse tirato fuori questa cosa durante il processo avresti..."

"Lascia parlare me, Aaron." Lo interruppe Christopher.

Noah nascose un sorriso soddisfatto dietro la sua tazza di caffè. Fece una smorfia quando si ricordò che ci aveva bevuto Michael e poi sospirò: avevano condiviso di peggio che una tazza di caffè, in passato.

Michael si mosse imbarazzato sulla sedia. "Mentire e omettere sono due cose ben distinte."

"Non sei nella posizione di prenderti gioco di tre avvocati, Michael King," ringhiò il padre di Noah, sbattendo nervosamente un plico di fogli sul tavolo, "hai detto di essere stato incastrato e di essere innocente quando è evidente che qualcosa hai fatto."

"E avresti mentito all'intera corte." Intervenne ancora Aaron, guadagnandosi un'occhiata di ammonizione da parte di Christopher.

Michael liquidò la frase con un gesto della mano "Fanculo la corte."

Christopher rimase in silenzio; intrecciò le dita e poi poggiò i gomiti sulla superficie del tavolo, guardando Michael dritto negli occhi.

"Credo che sia arrivato il momento per noi di separarci, Michael," disse, "Non possiamo collaborare con chi ci mente."

Michael sentì una raffica di elettricità caricargli lo stomaco quando cominciò a mancargli il terreno sotto ai piedi.

"No! Voi volete arrestare mio padre, giusto? Tu lo stai inseguendo da anni, Chris..." Si interruppe, "Signor Washington. Io ti do la possibilità di arrestarlo, basta che ci finisca lui in prigione e non io."

"Hai ammesso con noi di aver collaborato con lui, Michael. E non si può mentire ad un giudice" disse freddo Aaron, "se anche riuscissimo a fare arrestare lui, tu sarai comunque colpevole."

"Non necessariamente," s'intromise Noah, "c'è l'aggravante di un padre che coinvolge il figlio giovane, irresponsabile, senza dirgli esattamente di che cosa si trattava quando ha cominciato... quando lo ha scoperto si è tirato indietro, ma era troppo tardi perché... così ha minacciato di dire tutto alla polizia e suo padre lo ha accusato per primo."

Aaron gli rivolse un'occhiata tetra "davvero dobbiamo continuare a difenderlo?"

Michael ignorò il commento di Aaron e sorrise trionfale guardando Noah.

"Grande Wash, sei sempre stato un genio. Dai tempi della scuola."

Christopher si fece pensieroso "potrebbe funzionare..."

"Non penso che reggerebbe come difesa davanti ad una corte," continuò Aaron, "finirebbe comunque in prigione visto che quelle ragazze sono morte."

"Si farebbe qualche anno sì, ma forse riusciremmo a ridurre la pena." Rispose Noah.

Christopher annuì orgoglioso guardando suo figlio "si potrebbe fare, sì."

"Quindi... cosa dovrei fare? Ammettere di aver fatto io quella droga?" Si bloccò immediatamente dopo averlo detto "questa però non vale come confessione, vero?"

Christopher alzò gli occhi al cielo. Guardò l'uccello impagliato che stava sulla sua scrivania: era stato un regalo di Edward King, quando ancora erano amici e quando ancora erano giovani. Adesso, lui stava tentando di difendere suo figlio con l'intento di fare finire in prigione suo padre. Ma c'era qualcosa. Si trattava di una sensazione, un prurito, un fastidio che gli diceva che difendere Michael non era la cosa giusta da fare, anche se non riusciva a caprine il motivo.

Christopher si alzò dalla poltrona "venite, andiamo a parlare di là." Disse, riferendosi ovviamente a Noah ed Aaron.

"Mi lasciate qua da solo? Che mi dite del piano per arrestare mio padre?!" Esclamò Michael, sporgendosi oltre la sedia.

I tre lo ignorarono lasciandolo solo nell'enorme ufficio. Solo con i suoi pensieri.

Michael King sapeva che non avrebbe dovuto mentire alle persone che stavano cercando in tutti i modi di aiutarlo ma era anche vero che, di fronte ad un eventuale pericolo, loro avrebbero potuto tirarsi indietro, lui no. Inoltre, fare incastrare suo padre al suo posto era l'unico modo per passarla liscia. Del resto, suo padre non era mai stato un santo e in fin dei conti una gita in prigione non gli avrebbe fatto poi così male. Per lui, d'altro canto, sarebbe stato un trauma... la prigione non era certo un posto adatto a lui, che viveva nel lusso da quando ne aveva memoria. Anche se allo stato attuale suo padre gli aveva tolto tutti i suoi soldi e stava vivendo del suo 'lavoro.'

Si guardò le punte logore del suo paio di anfibi scuri e sbuffò sonoramente: sperava solo che il suo piano avrebbe funzionato.

"C'è nessuno?"

Michael venne attirato da una voce bassa e calda, di quelle che ti fanno addormentare leggendoti una storia.

Alla voce seguì una ragazza, bassina, con una montagna di capelli scuri a circondare un viso rotondo i lineamenti delicati.

Haylee Darling entrò a passi incerti nell'ufficio e guardò la targhetta che stava sulla scrivania di Noah: era nel posto giusto.

Quando si voltò e incrociò un paio di occhi grandi e corvini, si dovette mettere una mano davanti alle labbra per soffocare un grido.

"Tu non sei Noah." Disse, ricomponendosi un poco.

Lui sorrise "meglio, molto meglio."

Haylee inarcò un sopracciglio e poggiò un incarto di cibo d'asporto sulla scrivania di Noah.

Michael si alzò e la raggiunse, guardandola con la stessa espressione di un lupo che fissa una preda: famelica.

Haylee sostenne il suo sguardo, per quanto il cuore cominciò a tuonarle furiosamente nel petto e ogni fibra del suo corpo le diceva che quel tizio non prometteva niente di buono.

Il giovane uomo la raggiunse, sovrastandola in altezza. Era più alto di Noah di almeno sei o sette centimetri.

Michael guardò la porta, assicurandosi di avere ancora campo libero "come ti chiami?"

Haylee fece un paio di passi indietro "non credo di volertelo dire."

Michael sorrise e inclinò la testa di lato per osservarla meglio: aveva un bel paio di labbra soffici e ben disegnate.

"Pensi che se me lo dirai verrò a perseguitarti nei tuoi sogni?"

"Nei miei incubi, forse." Rispose lei, indietreggiando fino a rimanere costretta tra lui e il bordo della scrivania.

Michael scoppiò a ridere. La sua era una risata arida, poco divertita.

"Sono stato... accusato ingiustamente."

"Non lo siete sempre tutti?" Lo sfidò lei.

La risata di Michael si fece più larga e si morse appena il labbro inferiore "non dirmi che fai anche tu l'avvocato, come Wash."

Haylee aggrottò la fronte: come sapeva che era lì per Noah?

Michael le rispose dando voce ai suoi pensieri.

"Non sei materiale da Aaron, fidati" continuò, squadrandola dalla testa ai piedi "Aaron non potrebbe... permettersi una come te," schiuse le labbra, "nemmeno Wash, in realtà. Ma già un po' di più di quel coglione del suo amico."

"Non dovresti parlare così della gente che ti difende."

Michael scoppiò a ridere: "Ah! Pensi davvero che mi difendano per... che ne so, affetto? Gli avvocati cercano solo un modo per accrescere il loro ego... è nella loro natura" indicò la targhetta di Noah con lo sguardo "anche in quella di Wash."

Haylee incrociò le braccia al petto, rivolgendogli un'occhiata di sufficienza "e nella tua, di natura, cosa c'è?"

Michael sollevò una mano verso di lei, sfiorandole delicatamente una ciocca di capelli e appuntandogliela dietro l'orecchio in un gesto che la fece rabbrividire.

"Io caccio."

"Haylee."

Noah la richiamò con una voce scura, che non gli apparteneva e che non aveva mai usato con lei.

"Ehi." Lo salutò lei, incontrando i suoi occhi azzurri.

Noah la raggiunse a grandi passi e l'afferrò per la mano, trascinandola, letteralmente, fuori dall'ufficio.

Haylee lo guardò: sembrava arrabbiato.

"Perché sei qui?" Le chiese, abbassando il tono della voce.

Lei si morse l'interno della guancia "ho... portato il pranzo?"

"Avresti dovuto avvisare." Le disse, in un tono che risultò più freddo di quello che voleva essere.

In realtà, Noah non era arrabbiato, era spaventato. L'ultima cosa che voleva era coinvolgere la sua Haylee in una storia come quella.

Per fortuna si era dimenticato dei documenti in ufficio e aveva fatto una corsa per prenderli.

Lei si passò nervosamente una mano tra i capelli: "Io ho... mi dispiace, io avrei- sarà meglio che vada..."

Noah sospirò, rendendosi conto che aveva esagerato; le sfiorò il braccio: "Haylee, non volevo..."

"No, hai... hai ragione Noah," rispose, sollevando le mani in segno di resa, "non sarei dovuta venire... ci vediamo dopo, hm..."

Haylee si voltò di scatto, scontrandosi contro il petto di Aaron ed intravide il papà di Noah nell'andarsene. Noah la guardò andare via per un secondo, poi rientrò in ufficio come una furia.

Michael aveva intanto aperto il sacchetto portato da Haylee e stava mangiando un cheeseburger.

"Ottimo questo" disse, con la bocca piena "la tua Haylee ha buon gusto, in fatto di cibo. In fatto di ragazzi... potrebbe puntare a qualcosina di più."

Noah si avvicinò a lui e Michael si ritrovò a dover fare un paio di passi indietro. Il solo fatto di averlo visto anche solo sfiorarla gli faceva venir voglia di staccargli le mani.

"Sta' lontano da lei."

Negli occhi di Noah non c'era più la comprensione e la nostalgia di qualche ora prima. Adesso, Noah Washington stava difendendo quello che era suo e non era per niente disposto a scherzarci sopra.

"Non l'ho mica chiamata io per dirle di venire, Wash," cantilenò lui, con un sorriso di scherno ad incorniciargli le labbra "se avessi voluto tenermela nascosta, sarebbe bastato non chiamarla, hm?"

Noah iniziò a sentire il suo respiro farsi via via più pesante: si stava prendendo gioco di lui. Era come se nella testa di Michael combattessero due persone completamente diverse o come se – e quello sarebbe stato ancora peggio –, fosse così astuto da averli presi in giro per tutto quel tempo.

"Ricordati che ti conosco meglio di loro, Michael" quella volta, fu Noah a sorridere amaramente "posso convincere mio padre a mandarti a quel paese in un..." Noah schioccò le dita della mano destra davanti al suo viso, facendolo sobbalzare, "secondo."

Michael si zittì, distogliendo lo sguardo.

"Sta' lontano da lei." Ripeté.

Michael non rispose nulla.

"Noah? Chi era quella ragazza?" Domandò Christopher, entrando in ufficio.

"Nessuno." Rispose immediatamente lui: l'ultima cosa che voleva era coinvolgerla in quella storia.

"Quella era la puttanella di tuo figlio, Chris." Disse Michael, con l'intento evidente di fare arrabbiare Noah, "puoi chiamarla nuora, se vuoi."

Il pugno che si infranse sulla mascella di Michael lo colse completamente di sorpresa, facendolo imprecare sottovoce. Michael si portò una mano a sfiorare la mascella indolenzita, riuscendo a percepire come stesse iniziando via via a bruciare sotto le dita della sua mano.

Michael guardò Noah con occhi sconvolti, in un'espressione speculare alla sua: nemmeno Noah si sarebbe aspettato una reazione del genere da sé stesso. Si era sempre vantato di essere una persona piuttosto calma.

A quanto pareva, però, non era così. Perlomeno, non quando si parlava di Haylee.

"Noah!" Lo ammonì suo padre "vieni immediatamente di là."

Noah uscì dall'ufficio seguito da suo padre, che lo scortò fino ad un altro ufficio a qualche metro da loro, spingendoglielo dentro e richiudendosi la porta alle spalle.

Christopher guardò le nocche di Noah che erano leggermente screpolate e prossime al sanguinamento. Probabilmente gli stava facendo molto male ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo.

Persino quando era piccolo e si faceva male, suo figlio non aveva mai pianto.

"Che diavolo ti è venuto in mente?" Disse, indicando la porta con un gesto della mano.

Noah distolse lo sguardo: sentiva il cuore pompargli fino a dentro le orecchie e stava morendo di caldo.

"Ci sta prendendo per il culo, vero?" Domandò, con un filo di voce. "Lo sta facendo da quando abbiamo preso in mano questo fottuto caso."

Christopher sospirò amaramente "penso proprio di sì."

"E allora? Lasci che ci prenda in giro in questo modo!" Esclamò.

Christopher sospirò ancora: suo figlio era giovane, c'erano tante cose che ancora non conosceva e tante cose che lui non poteva dirgli.

"Sei giovane, Noah..." cominciò lui.

Noah lo interruppe bruscamente: "Non cominciare con la paternale, papà."

"Voglio solo vedere a che gioco sta giocando, d'accordo?"

Noah sbuffò: a quel punto la mano cominciava a fargli davvero male.

Suo padre gli poggiò una mano sulla spalla "ma non è davvero per questo che sei arrabbiato, Noah."

Ancora una volta, Noah rimase in silenzio.

"È davvero bellissima." Gli disse, con un sorriso ad aprirgli le labbra. Suo padre non sorrideva spesso ma quando lo faceva voleva dire che era davvero felice.

"Lo è." Rispose lui, in un sussurro.

"Pensi che non abbia mai avuto paura per la mamma?" Gli chiese, in tono apprensivo.

"E che cosa hai fatto?" Domandò lui. Perché ancora non sapeva davvero che cosa avrebbe dovuto fare, con Haylee. Una parte di lui avrebbe voluto stare con lei ma l'altra era terrorizzata all'idea che qualcosa potesse accaderle per colpa sua e non se lo sarebbe mai perdonato.

"Tua madre ha accettato a fatica il mio lavoro, Noah," cominciò, incerto, "ma ha sempre saputo fino a che punto poteva spingersi."

"Lei non sa niente" ammise, senza guardarlo "se le nascondo le cose lei non viene coinvolta."

Christopher scosse la testa "non è così che funziona, Noah. Io e tua madre parliamo sempre dei miei casi e lei ha sempre una marcia in più."

Noah accennò un sorriso "anche Haylee ce l'ha."

"E allora parlale" gli disse, spiccio "e ora va' a fasciarti quella mano e poi torna in ufficio, abbiamo del lavoro da fare."

Ci fu un attimo di pausa.

"E, Noah?"

"Hm?" Chiese lui, prima di uscire dall'ufficio.

"Ricordati che sono fiero di te, hm? Ma fai un'altra cosa del genere e ti licenzio."

Noah accennò un sorriso "ricevuto."

🔶🔸🔶🔸🔶

Note Autrice:

Buonasera 🥰 e auguri di Buona Pasqua 🐣 a chi la festeggerà! Eccoci con un nuovo capitolo come ogni venerdì.

Noah si è arrabbiato un bel po' e... che mi dite del personaggio di Michael? Mente? Dice la verità? Sta tramando qualcosa? Chissà!

Insomma, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi auguro buona serata ❤

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro