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17 - Lost Boys and Girls Club

Simon Burke era piombato lì senza avvisare, agitando l'ultimo libro che Gabriel aveva pubblicato e che, a suo dire, era stato abbozzato in meno di cinque giorni.

Per giunta, non aveva smesso di lamentarsi nemmeno di fronte alla fumante tazza di caffè che gli era stata offerta quando era stato invitato ad entrare nell'ufficio; un tentativo di calmarlo, di chiudergli la bocca, il classico ramoscello d'ulivo.

Le sopracciglia aggrottate e i muscoli del viso tesi, contratti, continuava a tamburellare sulla copertina blu senza la benché minima intenzione di farsi convincere a posporre la data della consegna dell'incipit e lo fissava torvo, desideroso di leggere qualcosa.

Dal canto suo, Gabriel teneva Logan in braccio e si massaggiava la sommità del naso per allentare la tensione. Non aveva granché voglia di giustificarsi, tuttavia sapeva di essere colpevole, di aver ignorato le sue mail per giorni; perfino quella con gli auguri di Natale.

Così, non appena accennò un sorriso, fu certo di aver mostrato una terribile smorfia. «A cosa devo questa visita?» chiese.

«Che domande» esordì Simon. Arricciò il naso e, pregno di nervosismo, aumentando il suo tamburellare sul libro. «Sono qui perché non hai risposto alle mie mail, è ovvio.» Lo sguardo sicuro, penetrante, sembrò quasi volerlo pugnalare. «Si può sapere a che gioco stai giocando, Gabriel?»

Lui face spallucce e disse: «Nessun gioco. È solo che non ho controllato la mia e-mail».

«Un uomo scrupoloso come te?» Abbassò di poco le palpebre e posò il libro sul tavolino. «Non prendermi in giro.» Si portò la tazza alle labbra, poi sorseggiò lentamente e attese una sua risposta per qualche secondo. Stufo di aspettare, continuò: «Hai cambiato idea? Non vuoi scrivere su quel ragazzo?».

Gabriel serrò i denti e indugiò, soppesando l'idea. Scrivere su Randy era il suo piano iniziale, il solo che avesse mai avuto da quando lo aveva incontrato, tuttavia non riusciva a farlo. Si sentì uno sciocco e scosse la testa.

«Certo che ho intenzione di farlo» disse, andando contro i suoi stessi pensieri. «Quel libro è una miniera d'oro, senza contare il fatto che sia molto importante per lui e per la gente che è assoggettata a Il Grande Drago Rosso.»

«Allora, cosa ti succede?» indagò. Abbassò la tazza, la sorresse con una mano e non smise di guardarlo negli occhi. «Io ti conosco da una vita, Gabriel, e so che c'è sotto qualcosa.» Prese una piccola pausa, poi si alzò in piedi. «Il blocco dello scrittore? Problemi con Darrell? Pensi ancora a Lucia?» prese a chiedere con fare logorroico. Quasi non riusciva a fermarsi mentre camminava avanti e indietro di fronte alla libreria. «Oppure è quel ragazzino il problema? È il fatto che sia qui in casa a preoccuparti? Avere un estraneo tra i piedi non aiuta di certo a maturare la concentrazione. Già, deve essere.» Si portò un'indice alle labbra con fare pensieroso, infine sollevò gli occhi su quelli azzurri di Gabriel e propose: «Posso portarlo da me. Verresti a trovarmi quando vuoi per intervistarlo e poi torneresti a casa per scrivere. Sarebbe perfetto, non trovi? Non dovresti neppure pagargli l'albergo».

«Non occorre, non è questo il problema.» Scosse la testa e sospirò, vedendo subito Simon battere le palpebre perplesso e poi storcere la bocca in una smorfia strana.

«Allora sai qual è il problema» mormorò torvo. «Perché non vuoi dirmelo?»

Gabriel deglutì. Sentì le manine di Logan posarsi sul suo viso e trattenne il respiro. Avrebbe voluto negare, dire a Simon che si trattava solo di un malinteso, di un'impressione, ma il suo sguardo indagatore era così pregnante da farlo sussultare. «È un blocco» mentì.

E lui non poté fare altro che sollevare un sopracciglio. «Oh, Gabriel, mi stai dicendo una bugia.» Posò un pugno sul fianco e lo guardò di sbieco. «Mi chiedo perché.»

«Non è affatto vero» schioccò. «Ogni volta che mi siedo di fronte al PC per scrivere qualcosa, devo subito cancellarla. Non è come vorrei che fosse, non ha un bell'impatto.»

Simon si passò le mani sul viso in un moto d'esasperazione. «Non sei tu a dover decidere se quello che scrivi ha o meno il giusto impatto» grugnì. «Quello è il mio lavoro.»

«No, il tuo lavoro è cercare un editore adatto al prodotto» lo rimbeccò crucciato. «Ma non ti presenterò mai un qualcosa che potrebbe essere scritto anche da un ragazzino delle scuole medie.»

«Sei sempre stato troppo autocritico. È per questo che il mio lavoro si estende anche all'opinione personale.»

Logan ridacchiò, poi avvicinò il viso a quello di Gabriel per dargli un leggero bacino sulla guancia.

E questi, sospirando, mormorò: «Va bene, Simon hai vinto. La prossima volta che scriverò qualcosa, tu sarai il primo a leggerla».

«Prima io del cestino» precisò.

«Prima tu del cestino» ripeté annuendo.

Sembrò quasi convinto da quelle parole e, con il sorriso, tornò a sorseggiare il caffè. «Domani voglio una bozza» disse. «Non m'importa quanto scriverai, Gabriel, mi va bene anche una sola pagina, ma voglio vederti di nuovo all'opera e senza quel bambino in braccio.» Indicò Logan con un cenno del capo, poi storse le labbra. «Non sei una bambinaia, ma uno scrittore. Dove Diavolo è quello scansafatiche di tuo fratello?»

Gabriel strinse appena la presa attorno al corpicino di Logan. «È uscito con Randy» mormorò. Sentirsi rimproverare su una cosa del genere, doveva ammetterlo, lo innervosiva.

«Con il ragazzo che devi intervistare? Seriamente?» sbuffò, prendendo a far ondeggiare il caffè nella tazza con fare assorto. «Non puoi restare a casa a badare a suo figlio, mentre lui va in giro a fare il turista con il tuo materiale.»

«Il mio materiale?» echeggiò. Sollevò entrambe le sopracciglia e batté le palpebre. «È terribile da dire, non trovi?» Lo guardò in viso, corrugando appena la fronte, e non riuscì a capire se fosse serio o se, invece, avesse borbottato una battuta di dubbio gusto tra sé e sé.

Questi accennò un sorriso tirato, di circostanza e fece spallucce. «Mi auguro che tu stia scherzando, Gabriel» disse. «Cosa mai potrebbe essere quel ragazzo, se non del materiale per il tuo libro?» Inclinò appena la testa da un lato e lo scrutò con fare indagatore. «Non ti sarai affezionato a lui, spero.»

«Certo che no» negò, mentì. «Perché mai avrei dovuto affezionarmi a lui?»

«Non lo so, dimmelo tu.» Lo additò con un indice inquisitorio e arricciò di poco le labbra. «Perché, vedi, questo spiegherebbe molte cose. La tua pigrizia improvvisa, il fatto che non risponda alle mail, il tergiversare, il continuo cercare scuse improbabili...»

«Non mi sono affezionato a Randy» ripetè in tono aspro, mentre Logan si sbilanciava all'indietro. Batté le palpebre allarmato e subito lo sorresse. Allora grugnì, si avvicinò alla porta dello studio e concluse con un: «Se devi insinuare certe cose, Simon, puoi anche andare. Non sei gradito».

Lo guardò confuso, distendendo le sopracciglia in un'espressione tirata, cercando di essere il più pacato possibile, e poi tornò a bere il caffè. Ignorò il suo invito a uscire, disse: «Te la prendi per così poco?». Le palpebre, socchiuse osservò la porta appena aperta, e deglutì mosse qualche passo nello studio con fare distratto e si sedette sul divano. «Cos'è che non mi racconti?» Gli vide serrare la mandibola e restringere lo sguardo in modo minaccioso. Infine si mise comodo, accavallò le gambe e decise di stanziarsi lì come per protesta. «Lavoriamo insieme da troppo tempo, non puoi mandare tutto all'aria per una sciocchezza del genere.» L'osservò attentamente e , studiando la sua l'espressione nei minimi particolari, si disse che doveva insistere, che sarebbe crollato. «Siamo amici, no?»

Gabriel tentennò. Aprì e chiuse la bocca, indeciso se confidarsi o meno. Poi, colpevole, abbassò gli occhi sulla copertina blu e si umettò le labbra, sentendo le parole solleticargli l'anima e grattargli la gola. «Mio fratello è coinvolto emotivamente, e io non riesco a smettere di pensarci» disse, vuotando il sacco tutto d'un fiato.

Simon lo guardò curioso, facendo ondeggiare il poco caffè rimasto nella tazza. «Tutto qui?» chiese. «È questo il problema che ti assilla? Tuo fratello che s'interessa al ragazzo su cui devi scrivere?»

Lui annuì e richiuse la porta. Lo sentì sospirare, poi gli vide tirare fuori il pacchetto di sigarette e lo fulminò. «Non adesso, c'è Logan.»

Questi sbuffò e lo ripose nella tasca interna della giacca. «Va bene, come non detto» borbottò. «Allora torniamo al discorso principale, ti va? Tuo fratello che s'interessa a un ragazzo, il ragazzo che porti in casa per scrivere un libro.» Prese una piccola pausa, infine se ne uscì con un: «Per me è una bugia».

«Come sarebbe a dire?»

«Sì, insomma: una bugia, un dispetto, qualcosa del genere.» Gesticolò e fece spallucce, convinto della sua tesi. «Ricordo ancora la storia di Lucia. E, diamine, un tipo come lui non può essere gay.»

«Sembrava serio quando me ne aveva parlato» mormorò Gabriel. «Non credo che sia un dispetto. Non avrebbe motivo di fare una cosa del genere.»

Simon fece una smorfia incerta. «Sarà, ma a me questa storia non convince. Tu ti blocchi, non scrivi, e lui se ne va in giro senza il marmocchio.» Indicò ancora Logan con un cenno del capo e disse: «È abbastanza, non credi?».

«Non avrebbe motivo di mentirmi» obiettò. Corrugò le sopracciglia e posò la schiena contro la porta, guardandolo.

«A meno che tu non abbia omesso qualcosa nel tuo racconto.»

«"Qualcosa" come?»

Fece spallucce e terminò di bere il caffè. «Non ne ho idea. Sei tu quello misterioso, non io. Anzi, sto cercando di capirti in tutti i modi possibili, e devo dire che c'è sempre qualcosa che mi sfugge.»

Gabriel si mordicchiò l'interno di una guancia, poi sospirò. «Non ho nulla da nascondere» disse piano. «E ti prometto che avrai qualcosa da leggere entro domani.»

«Sarà meglio che sia così, altrimenti andrò da Darrell a chiedere spiegazioni.» Vide Gabriel impallidire e si crucciò. «Immagino che tu non voglia che accada.»

«Darrell deve starne fuori. Ti ho detto cosa sta succedendo in questa casa solo perché siamo amici e perché hai insistito fino alla nausea, Simon.» Sospirò e si scostò dalla porta. «Ma questo non ti autorizza a incasinare tutto.»

«Figurati, la situazione sembra abbastanza incasinata di suo. Non voglio peggiorare le cose.» Si alzò in piedi e, dopo aver posato la tazza sul tavolino, riprese il libro dalla copertina blu per metterselo sottobraccio. Guardò Gabriel, infine disse: « Ti lascio lavorare, d'accordo?».

Lui annuì torvo, accompagnando Simon alla porta d'ingresso in un muto silenzio. Avrebbe voluto cacciarlo in malo modo per quanto detto in merito a Logan, tuttavia si limitò a sorridere con una mano posata sulla maniglia e a dire: «Ci sentiamo domani in serata».

«In mattinata» ribatté, sollevando un angolo della bocca per abbozzare un ghigno. E fu certo che Gabriel si stesse trattenendo dall'insultarlo quando, guardandolo, notò una vena gonfiarsi sul suo collo.

«In mattinata, d'accordo» assentì poco prima di aprire la porta.

«Perfetto.» Simon si allungò verso l'attaccapanni, prese il cappotto e se lo infilò alla svelta, salutandolo con un'amichevole stretta di mano.

Poi uscì e sentì la porta sbattere alle proprie spalle con un po' troppa foga. Si lasciò scappare un suono divertito e scosse la testa, incamminandosi verso il cancello con passo sostenuto. Una volta raggiunto, batté le palpebre un paio di volte, e ghignò, aprendolo.

«Buongiorno. Siete usciti presto, vedo» disse di fronte a Darrell e Randy.

«'Giorno, Stronzo» lo apostrofò il primo. Storse le labbra e lo superò senza fare troppi complimenti. «Vieni, Rondinella» aggiunse sottovoce, portando una mano dietro le sue spalle per spronarlo ad accelerare il passo.

E fu a quel punto che Simon lanciò a Randy un'occhiata, mormorando un: «Puoi aspettare un attimo? Dovrei parlarti».

Questi si voltò a guardarlo perplesso e sollevò un sopracciglio. «Parlare a me?» chiese. «Non sei l'agente letterario di Gabriel?» Lo vide annuire e subito aggiunse: «Quindi, cosa vuoi da me?».

«Non ascoltare lo Stronzo: è la provocazione fatta persona» intervenne Darrell. «Entra in casa.»

«Non lo mangio mica» ridacchiò Simon, rivolgendosi a lui con un'occhiata divertita. «Prometto che lo riavrai indietro tutto intero.»

Randy guardò Simon con fare interrogativo, chiedendosi ancora che cosa volesse da lui. Poi, automaticamente, tornò a puntare gli occhi su Darrell e fece spallucce. «Non credo sia pericoloso» borbottò. «È solo fastidioso come una piattola.»

«Ma che gentile» commentò Simon con una punta di sarcasmo. «È per questo che ti sei invaghito di lui?» ghignò all'indirizzo di Darrell.

Questi gelò sul posto, sgranando gli occhi, e non riuscì a dire una sola parola, mentre Randy, dal canto suo, arricciò il naso con disappunto. «Fatti i cazzi tuoi, stronzo» sputò.

«O forse è per la tua eleganza, chissà» mormorò ironico, rivolgendosi direttamente a Randy e piegandosi appena in avanti. Socchiuse gli occhi e si portò una mano di fronte la bocca per coprire la risata imminente.

Tuttavia la sentì morire in gola quando Randy, in uno scatto d'ira, lo afferrò per i revers del cappotto e lo strattonò a sé.

Gli ringhiò in faccia e disse: «Ti avevo avvisato, non ci sarebbe stato Gabriel a salvarti una seconda volta». Gli vide sgranare gli occhi e mostrò i denti come un animale rabbioso. Poi sentì una mano posarsi sulla spalla destra e s'immobilizzò.

«Fermati, non ne vale la pena» mormorò Darrell. «Parlare in questo modo è tipico di Simon, te lo avevo già detto: non bisogna dargli corda, è un provocatore.»

Allora digrignò i denti, lottando contro la voglia di dargli una testata sul naso. «Me ne sbatto» sibilò. «Mi ha stancato, cazzo.»

«Quindi non hai intenzione di parlare con me prima di decidere se devo o meno essere picchiato?» chiese Simon in un sussurro. Lo guardò attraverso le ciglia chiare, con le palpebre abbassate, e deglutì a vuoto.

«Hai ancora voglia di parlare? Pensavo che ti fosse passata, che ne avessi abbastanza!» scattò, vedendogli scuotere la testa e accennare un sorriso strafottente. Così lo spintonò lontano e, in un ringhio, fece: «Che devi dirmi di così importante?».

«In privato, se non ti dispiace.»

Sentendo quelle parole, Randy inspirò ed espirò profondamente. «Puoi andare, Darrell.» Continuò a fissare Simon con astio, poi aggiunse: «Non ho problemi a restare da solo con lui. E ti prometto che non lo toccherò più, se a preoccuparti è la sua salute».

«Non è della sua salute che mi preoccupo.» Si lasciò andare a uno sbuffo e poi si passò una mano tra i capelli. «È solo che non voglio che tu finisca nei guai con la legge. So che lo Stronzo sarebbe capace di denunciarti per aggressione.»

«Promesso» ripeté. «Puoi entrare in casa, Darrell.»

Lui annuì, poi guardò Simon con evidente antipatia e lo superò, entrando nel cancello. Un peso sullo stomaco e un groppo in gola. Schioccò la lingua sul palato e decise di non voltarsi, lasciando la situazione in mano a Randy.

Allora Simon sospirò e incrociò le braccia al petto. Sorrise soddisfatto e disse: «Finalmente siamo soli, quasi avevo perso le speranze».

«Sputa il rospo» lo spronò. «Non ho voglia di congelarmi qui fuori.» Si strinse nelle spalle e, dopo aver portato entrambe le mani di fronte al viso, vi alitò sopra per scaldarle.

«Quanta fretta. Se non facesse davvero così freddo, penserei che tu abbia voglia di tornare da lui.» Detto questo, Simon ottenne solo un'occhiataccia. Scosse la testa e si decise a vuotare il sacco, smettendo di provocarlo. «Vedi, ho parlato con Gabriel in merito al libro che dovrebbe scrivere» iniziò laconico. «Ma, per il momento, non ha buttato giù nemmeno una riga. Ci crederesti? Eppure so che avete parlato molto della setta cui facevi parte.» Prese una piccola pausa, cercando di studiare la sua espressione, che, purtroppo, gli parve impenetrabile. «Temo che il suo blocco sia dovuto a un problema di cui fatica a parlarmi, qualcosa che vorrei tu approfondisca nei giorni a venire.»

«Io?» echeggiò confuso, aggrottando maggiormente le sopracciglia. S'indicò, posando un indice sul proprio petto, e poi esplose: «Come diamine pensi che potrei fare una cosa del genere?».

«Ho notato che, parlando di te, Gabriel cambia espressione. Non so dirti esattamente il perché, ma credo che ci sia sotto qualcosa. Forse è per via dell'attaccamento di Darrell nei tuoi confronti o della tua somiglianza con Lucia, chissà.» Vide il suo sguardo divenire più cupo, così fece: «Non prendertela, non ho detto nulla di strano».

«Magari a te sembrerà una cosa normale, ma a me saltano i nervi ogni volta che qualcuno dice che assomiglio a quella donna» si lasciò sfuggire in un mormorio.

Simon accennò un sorriso e si strinse nelle spalle. «Ma è vero, non puoi negarlo. Hai mai visto una sua foto? Magari è proprio per questo che, quel giorno, Gabriel si è avvicinato a te.»

Randy trattenne il fiato, sentendosi schiacciato da un peso invisibile. Quelle parole davano un senso a tutto quanto, almeno così si disse deglutendo a vuoto. Serrò i denti, chiudendosi in un silenzio inquietante, mentre Simon disse:

«Se così fosse, Randy, devi scoprirlo, perché lui non riuscirà mai a scrivere un libro su qualcuno in grado di ricordargli davvero Lucia».

«Non m'interessa scoprirlo» sussurrò, quasi senza voce.

«Come?»

Il tono basso, roco, ripeté: «Ho detto che non m'interessa scoprirlo». Si umettò le labbra, poi disse: «Non voglio che Gabriel mi veda come Lucia, non lo sopporterei».

Simon aggrottò le sopracciglia. «Ti stai legando alle persone sbagliate.»

Randy non rispose, si morse semplicemente il labbro inferiore per non aggiungere altro. Aveva il timore che lui potesse avere ragione e che il fantasma di Lucia continuasse a perseguitarlo.

Fu in quel momento che, afferrandolo per le spalle, lo guardò negli occhi e mormorò: «Devi andare via da questa casa». Attese un istante, beandosi della sua perplessità e di quel respiro che sembrava essersi mozzato in un istante. Poi riprese: «Vieni da me. Continuerai a vedere Gabriel per le interviste e dividerai gl'introiti del libro proprio come vi siete accordati. Ma così facendo non dovrai vederli notte e giorno e non rischierai d'innamorarti di nessuno».

«Innamorarmi?» ripeté piano. «Non ho mai parlato di amore.» Si scrollò di dosso le mani di Simon e si allontanò di un passo. Aggrottò le sopracciglia, infine sputò: «Non fare supposizioni azzardate, non immischiarti in cose che non ti riguardano».

Lo guardò con sufficienza, sospirando, e tirò fuori dalla tasca del cappotto un biglietto da visita. Se lo rigirò tra le dita, poi lo avvicinò alle sue e glielo glielo lasciò in mano, dicendo: «Mi riguardano, eccome, se hanno a che vedere con il mio lavoro, perché è Gabriel che si sta innamorando di te. E di certo non verrà ricambiato».

Gli posò una mano sulla spalla, poi lo superò, lasciandolo lì sul vialetto con il cuore in gola e un'espressione sconvolta dipinta in viso.



Note:

Ciao, ragazzi!

Ho la terribile abitudine di scrivere capitoli che si aggirino attorno alle 3000 parole, perciò, quando le supero, mi sale un'ansia pazzesca. Questa volta, quando sono arrivata verso la fine di questo diciassettesimo, stavo già palpitando, perché mi è capitato un paio di volte di superare il limite che mi sono imposta ed ero stranamente irritata. Ma per non si sa quale assurda ragione mi sono fermata sul gong! Saltellerò felice per le prossime ore!

Ebbene, Simon è un tipo particolare - o, come lo chiama Darrell, "lo Stronzo" - che s'interessa esclusivamente al suo lavoro. Ha drizzato le antenne e capito che la situazione in casa Graham sta diventando difficile, perciò sta cercando di allontanare Randy.

Nessuno spoiler nelle mie note, ovviamente, ma se volete potete odiarlo tranquillamente: non vi fermerò!

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