Capitolo 9
Michelle
Michelle sentiva la porta sbattere per via dei pugni che il ragazzo all'esterno stava dando, singhiozzava con la mano davanti alla bocca, faceva di tutto purché lui non la sentisse.
Dovevano smettere di vedersi, smettere di comportarsi da amanti, non era sano, non lo era per Michelle, nè per Giovanni, nè tanto meno per quella povera creatura, venuta al mondo a causa di ormoni impazziti.
Michelle ci aveva riflettuto a lungo, come poteva crescere un bambino se lei ancora si riteneva tale?
Sarebbe cresciuto in mezzo al caos, in mezzo a due famiglie divise tra loro, sarebbe stato come un sacco di patate, trasportato da una parte all'altra, con una mamma e un papà che nemmeno si conoscevano.
No, non poteva permettere che succedesse, non voleva che succedesse, non voleva che per i suoi stupidi errori ci andasse di mezzo un povero e innocuo bambino.
Eppure lo sentiva già suo, era strano come si sentisse già madre, era convinta di poter dare il meglio di sé, di trattarlo come un principe o una principessa, sarebbe stata un'ottima madre.
Era talmente confusa, era come se una ballerina nella sua testa continuasse a cambiare melodia e di conseguenza i suoi passi, prima andava in avanti, poi si bloccava, rifletteva un attimo e ricominciava, questa volta indietro e così via.
Era una ballerina talmente grande che occupava tutto lo spazio, aveva la memoria piena, non ci entrava più nulla in quella scatoletta.
Non poteva averlo, ma non poteva abbandonarlo.
Sapeva che se lo avrebbe lasciato sarebbe rimasto sulla sua coscienza per tutta la vita e quando pensava di averlo superato lui o lei sarebbe venuto a bussare alla sua porta, e così lei si sarebbe seduta sul divano e sarebbe rimasta ferma a pensare, a pensare che cosa sarebbe potuto diventare quella creatura, si sarebbe vomitata addosso e il giorno dopo avrebbe fatto finta che nulla fosse mai successo.
Dall'altra parte Giovanni urlava, la pregava di aprire la porta, di parlare, ma parlare di cosa pensò Michelle, di quanto fossero bravi a letto?
Era quella l'unica cosa su cui potevano confrontarsi, nient'altro.
Michelle si sentiva terribilmente in colpa, era come immobile in un limbo, tutta la situazione le ricordava la trama di uno stupido libro, ma questa è la vita reale, pensò, questa è la vita reale e io ho appena commesso un gravissimo errore.
Qualche giorno fa era una normalissima ragazza che si era appena trasferita per vivere il suo sogno, ora era solo un sacco di immondizia pronto a vivere l'incubo degli incubi.
Quando il ragazzo si calmò lei fece lo stesso, continuando ad ignorare le sue parole si alzò, mise apposto la sua spesa mentre le lacrime scendevano ancora copiose dai suoi occhi, si sarebbe fatta una doccia, avrebbe mangiato qualcosa, avrebbe studiato un po e infine sarebbe andata a dormire.
Sotto la doccia iniziò a sentirsi meglio, era come se i suoi pensieri scivolassero via assieme all'acqua, appoggiò la schiena alle pareti fredde e lasciò che il suo corpo si rilassasse al tocco dolce e leggiadro dell'acqua.
Quando si sentì pulita uscì dalla doccia, avvolse il suo corpo con un asciugamano chiudendosi alle spalle la porta del bagno, la brezza leggera di novembre le accarezzava le gambe rassicurandola, la rassicurò su tutto, era come se le stesse dicendo che sarebbe andato tutto bene, che non doveva spaventarsi.
Camminò leggera fino alla porta di ingresso, curiosa di sapere se il suo spasimante la stesse ancora aspettando, appoggiò l'orecchio alla porta, non sentiva niente apparte il leggero venticello, aprì la porta e fu sollevata nel vedere il nulla totale, nessuno davanti a lei, nessuna macchina super lussuosa, finalmente era sola.
Inconsapevole del fatto che davanti alla sua proprietà una squadra la teneva monitorata, sciocca, povera, ingenua Michelle.
Si vestì in fretta e mangiò qualcosa velocemente, il suo stomaco rifiutava qualsiasi alimento.
Si mise fuori in veranda con una coperta e iniziò a studiare, talmente concentrata che era come se ci fossero solo lei e il suo libro.
Continuò a scrivere, leggere e scarabocchiare fino al punto in cui si addormentò su quella sedia a dondolo, cullata dal soave suono della città.
Era Lunedì e finalmente quel giorno sarebbero usciti i risultati.
"Ho bisogno di un lavoro, anche part-time, non ho intenzione di essere ancora mantenuta dai miei, nonostante loro non siano contrari" - Michelle camminava accanto ad Angelica in attesa dei risultati dell'esame, era passata una settimana da quel giorno, una settimana in assoluto silenzio, la perfetta armonia per Michelle.
Giovanni non l'aveva cercata, aveva troppo lavoro da fare per fare da babysitter a Michelle, se lei avesse voluto l'avrebbe cercato, ma non fu così, Michelle lo evitava come la morte.
Aveva incontrato Angelica, si erano conosciute e avevano iniziato a legare, aveva segnalato la sua gravidanza alla dottoressa che divenne il suo medico di base e al compiere del primo mese avrebbero fatto il primo controllo ufficiale.
Non sapeva se dirlo a Giovanni oppure no, era un suo diritto, no?
"Ce l'avrei un'idea, quel pallone gonfiato di mio cugino sta cercando una segretaria, potrei organizzarvi un pranzo" - Michelle sgranò gli occhi - "Lo faresti?" - le chiese con occhi dolci, Angelica sorrise - "E perché no? Insomma, non vedo mio cugino da un po, lui è nato e cresciuto qui, io no, ma posso fare un tentativo, è una brava persona, vedrai" - le fece l'occhiolino ghignando, Michelle si coprì la faccia con il quaderno.
Erano in ansia per l'esame, ma stranamente i risultati sarebbero usciti un'oretta dopo averlo finito; avrebbe dovuto parlare della sua situazione e cercare un modo per partecipare ai corsi lo stesso, non sapeva nemmeno se lo avrebbero accettato, forse non era onesto fare l'esame senza aver prima avvisato della sua gravidanza.
Perché si, aveva deciso di tenerlo e nonostante sarebbe stato un compito alquanto arduo ce l'avrebbe fatta, da sola o in compagnia.
Non lo aveva detto ancora a nessuno, non si era sentita di farlo, il weekend sarebbe dovuta andare da Margot, per il lancio della sua linea, e l'idea di doverle mentire le attanagliava lo stomaco, ci sarebbero stati anche i suoi genitori, il che era ancora peggio.
"A cosa pensi?" - Angelica si infilò nei suoi pensieri cercando di riportarla nel mondo reale - "Oh nulla, ho un lancio a Parigi a cui andare" - era emozionata e felice per l'amica, aveva già intravisto qualche bozzetto, ma vederli finiti sarebbe stato incredibile - "Sapevo che la tua era una famiglia imponente, ma a tal punto" - Angelica lasciò la frase a metà ridacchiando.
"Oh no, no, lei è una mia amica, ha la nostra età" - sarebbe stato complicato spiegare tutto il processo e tutto il tempo che l'amica aveva dedicato a questo progetto, solo a pensare a quanti sponsor l'avevano rifiutata si infuriò, eppure era arrivato quello giusto, ed ora finalmente aveva cominciato la sua carriera da stilista.
"Oh davvero?" - rimase quasi sorpresa - "Se ci tieni possiamo partire insieme, non le darà fastidio" - sorrise alla ragazza che la guardò con occhi sognanti, prima che potesse rispondere la voce di un ragazzo catturò la loro attenzione, erano usciti i risultati - "Guarda tu per me, io chiamerò il pallone gonfiato" - Michelle ridacchiò.
Camminava estremamente piano, se non lo avesse superato? Avrebbe fatto tutto per niente, tutto mandato all'aria, no, non poteva essere, si era preparata senza distrazione, doveva essere passata, doveva.
Non appena la carcassa di studenti le permise di dare un'occhiata al registro la paura le bloccò il respiro, Casanova, ecco lo aveva trovato, spostò lo sguardò un attimo più in là, aveva passato l'esame con un fantastico 95, il cognome di Angelica venne dopo, Di Carmine, la conosceva da poco, eppure quel 100 e lode non le suscitò nient'altro che felicità.
Quando tornò indietro Angelica stava ancora parlando al telefono, era radiosa, rideva in continuazione - "D'accordo - Angelica sorrise all'amica - domani a mezzogiorno può andare? - le chiese, lei annuì - perfetto cugino, hai un appuntamento con una bella signora, ordinerò a nome Di Carmine" - non appena si salutarono Angelica guardò Michelle ansiosa.
Era indecisa se farle una finta o dirle la verità - "Sei dentro con la lode" - rise calorosamente accettando l'abbraccio - "E sono dentro anch'io" - Angelica la strinse più forte cantagiata dalla risata di Michelle, decisero insieme di fare una passeggiata e di cercare qualche vestito per sabato.
"Questo?" - Angelica teneva in mano un vestito rosso a fiori - "Assolutamente no, ascoltami - Michelle la prese per le spalle - non ti devi stressare, va benissimo un abito semplice, neutro è meglio" - le spiegò sorridendo - "Tu non prendi niente?" - le chiese disperata - "No, Margot ha preparato il mio abito, poi ne metterò un altro" - ridacchiò alla faccia sconvolta della ragazza - "Un altro?" - le domandò quasi scioccata, Michelle tirò la testa all'indietro ridendo di gusto.
La condusse verso un altro reparto iniziando a guardare tra i vestiti, ne tirò fuori due, il primo nero, con la scollatura a cuore, aperto ai fianchi e con uno scollo che partiva dalla coscia, il secondo un vestito di seta bianco, le spalline ricamate con i brillanti, sarebbe ricaduto morbido sulle curve dell'amica - "Questi sono perfetti, forza provali" - incitò l'amica sorridendo, non appena Angelica ne lesse il prezzo rifiutò - "Non posso farlo, no, rinuncio" - alzò le braccia al cielo girandosi dall'altra parte.
Michelle la spinse dentro con forza, era sicura che le sarebbero stati perfetti - "Ora tu li provi" - le chiuse la bocca cercando nel mentre un vestito per lei, ne addocchiò uno spettacolare, aveva le maniche a palloncino che partivano all'altezza della scollatura a v, era un semplice vestito color panna lungo, allo stesso tempo perfetto.
Non appena l'amica uscì col primo vestito Michelle si coprì la bocca, le fasciava il seno perfettamente, le curve messe perfettamente in evidenzia, e la sua gamba snella in assoluta armonia con tutto - "Prova anche l'altro forza" - battè le mani tra di loro sorridendo - "Io non ho diritto di parola?" - Michelle scosse la testa spingendola dentro.
Mentre l'amica si cambiava lei venne catturata da una coppia, camminavano l'uno stretto all'altro ridendo di gusto a ogni parola che dicevano, emanavano un'energia talmente positiva che si ritrovò a sorridere come una bambina.
"D'accordo, sono fantastici - sentì Angelica lamentarsi aprendo la tenda del camerino - ma sono davvero troppo per me" - ora che glieli aveva visti addosso non poteva starsene con le mani in mano - "Considerali come un regalo" - esordì alzando le spalle - "No, non puoi farlo" - le ordinò puntandole un dito contro - "Ma io lo farò, tanto comunque io non prenderò niente" - non era un gesto forzato voleva farlo e lo avrebbe fatto.
Una volte uscite dal negozio le ragazze si divisero, avevano trascorso quasi tutta la giornata insieme, ed era arrivato il momento per Michelle di comprare qualche prodotto per la pulizia della casa, doveva pur mantenere in ordine una tenuta di quel tipo.
Si diresse verso l'unico supermercato che conosceva, sarebbe stato più facile ambientarsi, aveva una gran voglia di tornare a casa, mettersi in veranda e aspettare che il sonno prendesse possesso di lei.
Camminava tra le corsie quando ebbe l'impressione che qualcuno la stesse osservando, era da un po veramente che ne aveva l'idea, eppure non le era successo niente fino ad ora - "Bene bene, chi abbiamo qua? Miss faccio cadere cose e lasciò nei guai un povero ragazzo" - Michelle si girò all'istante riconoscendo il ragazzo dietro di lei.
"Edoardo, non è così?" - domandò avvicinandosi - "Non ci credo, lei, sua maestà Casanova, si ricorda di me?" - mise una mano sul petto fingendosi sorpreso, Michelle abbassò lo sguardo- "Oh cielo, come fai a saperlo?" - tornò a guardarlo imbarazzata, la sua vita precedente era presente come un falco - "Le persone parlano, è stato un piacere rivederti, ma non ho intenzione di essere qui quando farai un altro pasticcio" - le fece un dolce occhiolino lasciandola in mezzo alla corsia interdetta.
Acquistò un paio di prodotti il più veloce possibile e poi uscì, per strada era come se tutti gli occhi fossero su di lei, in un attimo fu come se tutti i bisbigli della gente fossero diretti a lei, erano una sensazione talmente straziante che stringendosi nel suo cappotto raggiunse casa sua il più in fretta possibile.
Si sentiva talmente inerme, talmente tenuta costantemente sotto controllo, che fece cadere le chiavi più volte mentre cercava di infilarle nella toppa, era come se qualcuno fosse in agguato nei cespugli e aspettasse il momento più adatto per pugnalarla alle spalle, una situazione talmente irreale quanto reale, insomma, era appena arrivata, chi avrebbe voluto farle del male?
La prima cosa che fece appena entrò in casa fu lavarsi la faccia con acqua gelida, si guardò allo specchio, aveva un aspetto orribile, respirava ancora in modo affannoso, le occhiaie erano la prima cosa che si notavano sul suo viso candido, non sapeva nemmeno lei cosa le stesse succedendo, era come se molto lentamente si stesse lasciando andare.
Il suo arrivo a Napoli la stava segnando profondamente, cambiare aria, anche solo per il weekend le avrebbe fatto più che bene, si, si disse, devo solo aspettare qualche altro giorno.
Annuì al suo riflesso cercando di sorridere meglio che poteva, la prima regola era convincere se stessa che tutto sarebbe andato per il verso giusto, il resto sarebbe venuto da sè.
Si sistemò sulla sedia a dondolo in veranda, proprio come aveva tanto voluto, usò una coperta di seta e si immerse nella lettura, era così che preferiva passare le sue serate, estraniandosi da tutto ciò che le faceva male e non solo, anche da quello che le faceva bene, in quei momenti c'erano solo lei e le sue storie, niente di più e niente di meno.
Passò la sua serata così, fino a che le lettere iniziarono a sdoppiarsi davanti a lei, ridacchiò, poi infilò le sue pantofole, impostò la sveglia per il giorno dopo e infine si sdraiò sul suo comodissimo letto, lasciando che le vicende che aveva appena letto diventassero reali nella sua mente.
Quando la mattina dopo suonò la sveglia lei sorrise compiaciuta, la luce filtrava dal balcone e gli uccelli che cantavano diventarono la colonna sonora di quel giorno, si stiracchiò con gli occhi ancora chiusi, le sembrò di essersi svegliata in una fiaba.
Si alzò dal letto dolcemente incamminandosi verso il balcone, si appoggiò con le mani alla ringhiera e chiuse gli occhi, lasciando che le onde del mare le dettassero il ritmo della giornata, respirò l'aria a pieni polmoni per una decina di minuti, fino a quando non si impose di abbandonare quel sogno e dedicarsi all'impegni della giornata.
Aveva un importante appuntamento lavorativo quella mattina e lei era alquanto eccitata, finalmente il primo colloquio di lavoro, a 24 anni non voleva più essere la mantenuta di mamma e papà, stava per diventare mamma diamine, doveva iniziare da qualcosa, no?
Dopo essersi fatta una doccia si guardò allo specchio, la pancia non c'era ancora e sicuramente l'embrione non aveva ancora la forma di un bambino, eppure le piaceva parlare a quella creatura, si accarezzò la pancia dolcemente - "Buongiorno raggio di sole" - sussurrò allo specchio, una lacrima salata le bagnò il viso mentre il suo sorriso si faceva via via più ampio.
La prossima sfida era trovare un outfit presentabile, il più possibile formale, il posto dell'incontro era molto elegante, elegante e semplice allo stesso momento considerando che era un colloquio diurno.
Optò per una camicia di lino bianca e un pantalone elegante beige, sotto la camicia un reggiseno dell'ennesimo colore, sopra un cappotto bianco lungo.
Non indossava tanti accessori e sicuramente non si sarebbe riempita di gioielli per quell'occasione, chiuse i capelli in uno chignon ordinato, mise ai piedi un paio di stivali, prese la sua borsa ed uscì di casa di corsa.
Il ristorante distava circa venti minuti da casa sua e naturalmente lei voleva arrivare con un po di anticipo.
L'ordinazione era a nome Di Carmine, quindi avrebbe dovuto solo fare il nome dell'amica e loro l'avrebbero accompagnata ad un tavolo, non c'era nulla di difficile, no?
Sperava solo di trovarsi davanti una persona professionale, una persona che sapeva ascoltare, che le lasciasse spazio per parlare liberamente e che non la guardasse con gli occhi di chi non avrebbe esitato a sbranarti.
Quando finalmente arrivarono Michelle quasi tremava, non fece nemmeno caso a quanto fosse bella la struttura, semplicemente ci entrò.
"Salve signora, ha per caso un ordinazione?" - una cameriera la accolse al portone sorridendo calorosamente - "Oh, si certo, a nome Di Carmine" - era agitata, non riusciva nemmeno a sorridere - "D'accordo, signorina è tutto ok?" - notando il suo nervosismo la camera iniziò quasi a preoccuparsi.
"Oh si, è solo un colloquio di lavoro" - rispose cordiale, la condusse verso un tavolo per due, iniziava a sentirsi ancora peggio - "Non si preoccupi, conosco il signor Giovanni, è un ottimo datore di lavoro" - lo stomaco di Michelle si contorse su se stesso, se fosse stato davvero lui?
No, doveva essere una coincidenza, non poteva essere lui, non ci poteva essere un solo Giovanni.
Al tavolo era già seduta una persona, aveva lo sguardo rivolto verso il basso, era di schiena, il completo blu notte risaltava la sua muscolatura, doveva essere giovane, ma questo la conduceva a una sola persona.
"Prego" - quando fece per sedersi il suo telefono squillò, ringraziò velocemente la cameriera cercando di raggiungere il suo telefono nella borsa, si sedette in maniera distratta continuando a frugare nella borsa, quando lo prese tra le mani lo sollevò velocemente facendo cadere un bicchiere sul tavolo, si scusò in maniera impacciata cercando di chiudere la telefonata.
"Non immaginavo fossi così impacciata" - il suo cuore iniziò a battere velocemente, le sue mani iniziarono a tremare e il suo corpo a sudare, alzò gli occhi molto lentamente, era come se il tempo si prendesse gioco di lei facendo durare quel momento più del dovuto, incontrò quegli occhi ghiaccio in cui si era persa quella notte e quel ghigno tanto sfacciato quanto irresistibile.
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Ed eccoci qua, è un capitolo leggero, una cosa tranquilla.
Vorrei ricordare a tutti che questa è la storia di Giovanni e Michelle, io sono solo un tramite, le scelte che faranno e che hanno fatto sono solo loro, loro bussano alla mia testa, raccontano e io trascrivo. Loro hanno deciso di prendersi in questo modo, così presto e posso essere d'accordo con voi sul fatto che sia immaturo, ma le storie sono fatte per sognare, ed è proprio ciò che loro voglio farvi fare!
P.s. vi ricordo che ho aperto uno scambio di lettura, vi aspetto!
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