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capitolo 5 - Be Creative

Nella foto: Abel Blackburn


Yolefissava quel messaggio sul suo cellulare senza comprenderne realmenteil senso, proveniva da un numero sconosciuto e il testo era piuttostobreve. Diceva: 'Siatecreativi. Stupiteci. Se saprete attirare l'attenzione, sarete dentro.Avete tre giorni.'

Chediavolo voleva dire? Si era interrogato parecchio su quelle pocherighe, in che senso avrebbe dovuto stupirli? Cosa stavano cercando?Visto il tenore dell'ultima prova doveva sicuramente mettersi inmostra facendo qualcosa di dannoso, ma cosa? Quel club sembravagestito da gente fuori di testa e non sapeva cosa voleva dire esseredentro o fuori, qual era l'alternativa peggiore?

Intornoa lui molti studenti andavano e venivano nei corridoi, aveva notatoche i ragazzi del primo anno non aveva ancora avuto le divise, sivociferava su un possibile problema con le forniture, ma lasituazione non era ben chiara. Alcuni studenti avevano protestato perquesta mancanza, qualcuno voleva che venissero eliminate, ma erachiaro che ci fosse qualcosa di più losco sotto.

Quando Yole entrò nell'aula dichimica prese posto al secondo banco e osservò l'ingresso deglialtri ragazzi. Quanti di loro erano a conoscenza del club? Forse, inquella stessa aula, c'era un altro dei candidati che aveva visto nelbosco. L'albino si domandò se qualcuno fosse già consapevole dicome affrontare quell'ennesima prova.

"Ècominciata?" chiese un ragazzo seduto davanti a Yole, rivolto alcompagno di banco.

"Noncredo,altrimenti ce ne saremmo già accorti. Di sicuro non passainosservata" rispose l'altro.

Lacuriosità spinse l'albino a parlare "cosa deve cominciare?"

"Lasettimana degli incidenti" rispose il secondo, poi abbassòulteriormente la voce "mio cugino ha studiato qui e me ne haparlato. Succede sempre a inizio anno e si protrae per un paio digiorni. Pare che succeda di tutto! Incidenti, atti vandalici, a volteperfino incendi o fenomeni inspiegabili"

"Sì,anche mio fratello lo ha detto" concordò l'altro "dicono che siauna roba organizzata da certe matricole, una sorta di tradizionedell'istituto o un rito di iniziazione. Qui a scuola tendono aminimizzare tutto, ma c'è chi dice che si tratti di una vera eproprio lotta tra club rivali"

Yolesgranò gli occhi, era questo quello che volevano? Un attacco allascuola? Qualcosa che non avesse precedenti e che li stupisse? Non eraaffatto una missione semplice da portare a termine.

"Apriteil vostro libro e cominciamo" disse il professore, facendo il suoingresso in aula "parliamo di reazioni chimiche"

Inquel momento la mente di Yole fu illuminata da un'idea malsana.Osservò l'armadietto poco lontano dalla cattedra e poi ilprofessore, intento a mostrare gli attrezzi di laboratorioappropriati.

L'armadiettoera colmo di piccole provette con vari materiali all'interno, ogniflacone possedeva la propria targhetta adesiva che mostrava ladenominazione della sostanza all'interno.

Ilragazzo sorrise fra sé, sarebbe stato divertente vedere ilprofessore alle prese con un disastro chimico in piena regola, ma perun progetto del genere serviva un'attenta pianificazione.

Alla fine della lezione, Yole siritrovò in corridoio, perso fra i suoi pensieri. Dopo una lungaanalisi delle tempistiche, capì che doveva nascondersi inlaboratorio prima delle nove, quando tutte le porte delle aulevenivano chiuse a chiave. Doveva solo scambiare le targhette diriconoscimento dei composti e poi il disastro sarebbe statoassicurato. Dopo di che avrebbe usato la finestra che davadirettamente sulla scala antincendio e sarebbe svanito usandol'uscita secondaria.

Inpoco meno di dieci minuti sarebbe tornato al suo dormitorio. Si disseche il piano poteva funzionare, anche se il solo pensarlo e crederlopossibile gli provocava un'intensa palpitazione.

Ilragazzo non stava prestando molta attenzione alla strada, mentrecamminava e rifletteva sulla sua strategia, infatti, senza renderseneconto, andò a sbattere contro qualcosa di duro e imponente e, inpoco meno di una manciata di secondi, si ritrovò a terra, circondatoda foglie e libri che non appartenevano soltanto a lui.

Sollevòlo sguardo, frastornato, e vide un tipo alto e ben piazzato fissarlodall'alto in basso con aria rabbiosa. Aveva delle spalle larghe, icapelli quasi rasati a zero e i pugni stretti in un gesto diirritazione.

"Checazzo fai, coglione?" ringhiò" perché non guardi dove cammini?Dio, sembri uscito da uno di quei film di serie B sui bambinistrambi"

Unafiammata d'ira incendiò il corpo di Yole che urlò a se stesso distare calmo e lasciare perdere, non era il caso di avere a che farecon quel grosso imbecille. Così si limitò a rimettersi in piedi,raccogliere la sua roba e levarsi di torno. Ma non gli fu possibile,il tipo mosse un passo verso di lui, afferrandolo per un braccio estrattonandolo verso di sé.

"Dovecredi di andare?" protestò "voglio delle scuse e voglio che turaccolga la roba che mi hai fatto cadere!"

Queltono, quanto lo detestava. Yole cercò di divincolarsi e andare via, ma losconosciuto continuava a trattenerlo.

"Seianche sordo oltre che stupido, Biancaneve? Raccogli la mia roba!"gli intimò, rinsaldando la sua presa, stavolta sul colletto delmaglione di Yole.

Ilragazzo non disse nulla, si sporse e addentò con ferocia il braccioche lo stava trattenendo.

L'altrourlò "figlio di puttana!" portò una delle sue mani a stringereil collo del più piccolo "fottuto animale"

Ilvolto di Yole si tinse di un pallore ancora più intenso, la mano diquel tipo gli bloccava la gola e ad un tratto respirare stavadiventando sempre più difficile, solo un filo d'aria passava neisuoi polmoni e non era sufficiente. Il respiro di Yole si fece semprepiù corto e sibilante, il battito cardiaco accelerò, il suo pettosi muoveva freneticamente mentre i suoi occhi sgranati misero inallarme anche altri studenti che stavano assistendo alla scena.

"Anderson!"urlò a un tratto una voce "lascialo immediatamente."

Lagola di Yole fu libera da quella stretta ma il suo respirò nonsi regolarizzò, continuava ad ansimare senza riuscire a riprenderefiato, il bruciore ai polmoni era intenso, stava per avere una crisiin piena regola. Si sbottonò un po' la camicia, ma quella sensazionidi oppressione non era dovuta a nulla di tangibile. Infilò la manoin tasca a raggiungere l'inalatore e tirò alcune boccate, imponendoa se stesso la calma, dicendosi che sarebbe passato, che non stavamorendo, non per mano di un idiota.

"Cosacazzo pensavi di fare? Ti prendi un cazzo di richiamo, Anderson"continuò il tipo che si era intromesso, un altro ragazzo addettoalla sicurezza "togliti di torno, ma aspettati l'intervento delconsiglio scolastico."

L'energumenosembrava ancora incazzato, fissò Yole con sfida "ci rivedremo, noncredere di passarla liscia, hai pestato i piedi al tipo sbagliato"

Poise ne andò, mentre l'altro si inginocchiava verso la matricola "staimale? Vuoi andare in infermeria?"

Ilragazzo scosse la testa con decisione "sta ... p-passando"sussurrò con voce rotta dai respiri.

"Dovremmocomunicarlo alla direzione, cos'è successo?"

"N-no,lascia perdere." Yole continuò a rassicurare il tipo per cinqueminuti buoni, soltanto quando capì che non c'era niente da fare siallontanò da lui

"Seti da qualche altro problema chiamami, ok?"

L'albinoannuì distrattamente, ma rimase seduto lì ancora qualche minuto,perché non era certo di riuscire a reggersi in piedi. Gli girava latesta, ma voleva arrivare in camera prima che altri lo vedessero,prima che l'intero istituto sapesse quanto fosse debole e bisognosodi aiuto. Quel tipo l'avrebbe pagata, di questo era certo, se credevadi fare di lui il suo bersaglio personale aveva sbagliato di grosso.La gente che cercava di schiacciarlo faceva sempre una brutta fine,lui era una dannata nemesi travestita da fiore innocente.


Fu grato di essere arrivato aldormitorio senza svenire e quando entrò nel salottino non vedeval'ora di gettarsi sul suo letto, ma dovette fermarsi bruscamente. Inuovi inquilini erano lì, o quantomeno, uno di loro se ne stavasdraiato sul divano con un libro fra le mani: Anatomia Umana.

Loosservò interdetto per qualche minuto, aveva assunto una posizionescomposta che lasciava le sue lunghe gambe penzolanti dal bracciolodel divano. La testa era appoggiata sul cuscino e le mani reggevanoil libro che stava leggendo. Aveva i capelli biondi, ma non dellostesso colore bianchiccio e slavato di Yole, la sua era una tonalitàricca di sfumature, li portava leggermente lunghi, poco sotto ilmento.

Poilo sconosciuto si mosse, lo aveva notato e, in un primo momento, Yolenon seppe cosa fare con esattezza. Spostò lo sguardo dal libro alvolto del ragazzo e rimasero incastrati in un'occhiata lunga epenetrante.

Losconosciuto aveva occhi grandi e azzurri, un colore troppo intenso,qualcosa che l'albino non era abituato a fissare con tale caparbietà.L'altro non sembrava intimidito, anzi, continuava a sostenere quelconfronto con tenacia, come se non gli stesse pesando invadere inquel modo lo spazio visivo di uno sconosciuto.

Perquanto gli costò una certa ferita all'orgoglio, fu Yole ainterrompere quel contatto che sarebbe potuto durare delle ore. Avevapassato una giornata abbastanza di merda per sfidare anche il nuovoinquilino, per quel giorno poteva bastare. Così abbassò gli occhi eproseguì con noncuranza lungo la sala, poi si chiuse dentro lacamera e si gettò sul letto.

Chegiornata assurdo, pensò, chiudendo gli occhi.



'Siate creativi. Stupiteci.'

"Equesto che diavolo vorrebbe dire? Che cazzo vogliono da me?"Abelaveva parlato tra sé e sé, i suoi occhi erano puntati su quellesemplice parole, un messaggio inviato da un numero sconosciuto,ovviamente. Erano loro, erano ovunque. Un brivido alla schiena locostrinse a guardarsi intorno, a chiedersi quanta di quella gente chelo circondava fosse implicata negli affari del club.

Lasala comune era stracolma di persone, non era possibile risalire aqualcuno in particolare, c'era soltanto da capire che cosa intendevafare. Non poteva essere così pazzo da voler davvero far parte diquel gruppo di folli.

Abelaveva sempre amato l'azione, ne aveva combinate parecchie nel corsodegli anni, ma far parte dei Void era qualcosa che andava oltre lesue possibilità e i suoi desideri. Gli serviva una motivazionevalida per spingerlo a rischiare tutto e, con i ricordi del pestaggioancora vividi nella mente, non si sentiva poi così propenso adaccettare la sfida. Perché rischiare l'espulsione per quel giocoidiota? Non ne valeva la pena, pensò. In realtà, era sempre piùconvinto che quella storia doveva finirà lì, prima che fosse troppotardi.

"Abel!L'uomo del momento!" fu la voce del suo amico Leroy a distrarlo daisuoi pensieri, il ragazzo gli stava andando incontro, circondato comesempre da un enorme corteo di altri studenti. Leroy rise, prima didargli una bella pacca possente sulle spalle "allora? Come va? Cisono sviluppi interessanti che vuoi condividere con noi?" chiese,ammiccante.

Abelci mise un po' per afferrare il senso di quelle parole, poi ricordòla dannata scommessa. Inutile dire che le attenzioni del club avevanoportato in secondo piano quel tipo di affare, anche se ovviamente nonpoteva dire nulla al suo amico, così si limitò a sorridere con unacerta malizia.

"Tuttosotto controllo, ci sto lavorando al momento, datemi ancora qualchegiorno" disse con un tono che lasciava intendere molto di più.Leroy sghignazzò forte.

"Bene,è così che si fa. Mi raccomando, ricordati di portare le prove!"

Maquali prove, Abel non aveva ancora avuto modo di investigare a fondosu quel tipo, tanto che non aveva idea di chi fosse. Si disse che nondoveva disperare però, in fin dei conti aveva ancora un bel po' ditempo a disposizione: un intero mese bastava ed avanzava per uno comelui, avrebbe risolto quella questione in un paio di ore, forsequalche giorno al massimo.

"Staserasarai dei nostri?" fortunatamente l'oggetto del discorso cambiò,Abel si incamminò insieme agli altri ragazzi verso i dormitori,assicurando che avrebbe partecipato all'uscita di gruppo del sabatosera, uscita immancabile a quanto sembrava.

Soltantodopo qualche minuto fu di nuovo da solo e poté tornare in stanza.

Avevatrovato il modo per tirarsi fuori da quel club, doveva soltanto farpassare quei tre giorni senza fare assolutamente nulla, niente provacreativa, niente di niente, sarebbe stato molto più sempliceconcentrarsi soltanto su Aiko e su quella montagna di soldi piovutadal cielo.

Ilsalottino che dava sulle due stanze era vuoto come sempre, Abel nonera più così certo che ci fosse qualcuno dall'altra parte dellaporta, sembrava che Yole e lui fossero gli unici abitanti dellacamera, eccetto per quello strafigo biondo che aveva visto passare lamattina precedente.

Nonera stato frutto della sua mente perversa, perché altrimenti nonsarebbe scappato via come un razzo, ma avrebbero approfondito quellaconoscenza sul fantastico divano del soggiorno comune, dando vitaalla fantasia erotica più iconica che quelle stanche mura avesseromai visto.

C'erauna sorta di mistero intorno al suo coinquilino sconosciuto, perfinole targhette sulla porta non erano state aggiornate con i loro nomi,inoltre, non lo aveva più beccato da nessuna parte, nonostante siguardasse intorno tutto il giorno, tra una lezione e l'altra.

Abelsospirò forte ed entrò in stanza, dove trovò Yole intento aleggere un libro. Quello sollevò lo sguardo solo un istante, glilanciò un'occhiata priva di interesse e se ne tornò in fretta conil naso tra le pagine.

"Ehi!Allora? Qualche novità sul fronte coinquilini silenziosi?" chiesesubito Abel, liberandosi della sua cravatta.

L'albinotentennò un attimo prima di parlare, cosa alquanto insolita "sì,beh ne ho visto uno poco fa"

"Checosa? Era biondo e figo? E' scappato prima che tu potessi parlargli?"iniziò l'altro, con il fiato corto per l'emozione.

"Nonè scappato, è rimasto lì sulla poltrona" aveva commentatol'altro "perché?"

"Perchéquello che ho visto io si è volatilizzato dopo un secondo. SentiYole, dobbiamo andare in fondo alla questione. Questa storia non puòcontinuare a lungo, iodevosaperechi sono i nostri coinquilini!" disse il biondo con una strana lucenegli occhi "ne va della mia sanità mentale, siamo qui da cinquegiorni e non siamo ancora riusciti a incontrarli!"

"Econ questo?" chiese l'altro, lievemente scocciato "che tiimporta?"

"Sonouna persona curiosa! Che c'è di male? Dobbiamo andare apresentarci!"

"Maperché?" insistette Yole, stremato dall'insistenza del biondo.

"Perchésì! E poi chi ti dice che siano dei tipi a posto? Non sei curioso disapere chi sono? Porca puttana, non si sente neanche un fottutorumore provenire da quella porta! E se non ci fosse nessuno? E sefossero dei fantasmi? Ho i brividi!"

"Abel,seriamente ..." Yole era sconvolto, la paranoia di Abel era allestelle "come cazzo fai a credere a queste stronzate?"

"Hobisogno di rassicurazioni e anche tu vuoi sapere chi c'è lì dentro,te lo leggo negli occhi. Andiamo a presentarci e poniamo fine aquesto mistero."

Ancorauna volta l'altro si trovò a tentennare, ormai aveva capito quantoAbel fosse innocuo, seppure terribilmente irritante, ma chi avrebbepotuto dire come si sarebbero comportati dei ragazzi più grandi?Forse era meglio togliersi il dente subito e affrontarli.

CosìYole si sollevò sotto lo sguardo sempre più eccitato dell'altro,improvvisamente i suoi dubbi riguardo il club erano lontani anniluce, Abel voleva soltanto conoscere il ragazzo biondo e fighissimoche viveva di fronte.

"Chefai, non bussi?" Yole era titubante quando vide l'altro posare unamano sulla maniglia della porta dei ragazzi.

"Certoche busso" poi sfiorò il legno massiccio con le nocche, fu ungesto velocissimo e quasi impercettibile. Un attimo dopo avevaspalancato la porta e si era fatto avanti "con permesso!"

Yolemaledisse il suo compagno, era a bocca aperta, molto più sorpreso esconvolto dei due sconosciuti davanti a loro. Entrambi si voltaronoverso la porta nel momento stesso in cui le matricole erano entratein stanza.

Unodei due sedeva davanti al computer, l'altro era sdraiato sul letto.Ci fu un momento in cui nessuno disse niente, quattro paia di occhisi incrociarono e si studiarono per qualche attimo.

"Oh!Guarda, la loro porta si apre ..." fu Abel a interrompere quelsilenzio carico di imbarazzo. Continuava a fissare il voltobellissimo del biondo al computer, non aveva alcun dubbio, era ilragazzo che aveva incrociato due mattine fa. Notò che anche quelgiorno vestiva di scuro e sembrava totalmente incurante dellasituazione.

"Sì,è quello che fanno le porte ... tendonoad aprirsi"fuil ragazzo sdraiato sul letto a parlare, un altro biondo dal visoterribilmente sinistro, gli occhi chiari luccicavano in modoraggelante, mentre puntavano i due ragazzi che erano rimasti spiazzati.

"Ecco,la nostra non funzionava bene" aggiunse Abel con la sua solitafaccia tosta "ma la vostra è proprio una porta funzionante, lamaniglia è molto ben oliata, devo riconoscere" considerò,girandola un paio di volte sotto le occhiate sempre più cupe deglisconosciuti.

Poiil biondo al computer tornò a rivolgere tutta la sua attenzione alloschermo, dando le spalle ai due visitatori, mentre l'altro continuavaa fissarli senza aggiungere nulla.

"Emh"l'imbarazzo cominciò a crescere anche in Abel, diede una spallata alsuo coinquilino "Yole voleva fare la vostra conoscenza, lui ha deibisogni speciali, sapete, riguardo l'aria che condividiamo"

"Deltipo?" fu ancora il biondo sul letto a parlare, il suo tono eratagliente, non invitava molto alla conversazione.

"Èmolto sensibile alla luce, quindi è meglio che le tende del nostrosoggiorno comune siano tirate durante le ore più calde del giorno"spiegò Abel, con la speranza che il ragazzo al computer potessegirarsi ancora una volta, magari per ascoltare i problemi dell'altro,ma non successe.

Quellocontinuava a scrivere velocemente, strane formule chimiche apparverosulla schermata principale del computer, doveva essere come minimo ungenio.

"Siamoin Scozia e tra poco sarà autunno, qui non c'è mai veramente luce"fece notare l'altro, adesso con lo sguardo puntato su Yole che a suavolta lo fissava "è tutto? Hai qualche altro bisogno speciale?"

Abelaveva esaurito gli argomenti, sembrava quasi che tutto il suo charmefosse venuto meno in quegli ultimi giorni, inoltre, le occhiatacceinquietanti del tipo sul letto non aiutavano la conversazione.

"Iosono Yole" l'albino parlò improvvisamente, il suo tono era acidocome se gli stesse costando tutta la pazienza del mondo presentarsi aquei due.

"Eio Abel Blackburn, c'è già mio fratello Killian che frequenta laVan der Meer da un paio di anni, forse lo conoscete" l'altro colsesubito la palla al balzo "e voi? Siete più grandi, no? Assurdo,non ci siamo mai beccati qui in soggiorno."

Ilbiondo sul letto sospirò, alla fine cedette, forse nella speranzache quei due potessero levarsi dai piedi in fretta "Isaac Hughes,terzo anno e lui è Aiko Van der Meer, sempre terzo anno."

Aiko.

AikoVan der Meer. Era lui Aiko Van der Meer!

Abelrimase senza parole, mentre il suo cuore perdeva un battito. Nonpoteva essere così, per un attimo pensò di aver sentito male,quante probabilità c'erano che Aiko fosse il suo nuovo coinquilino?Era assurdo! Ce lo aveva sempre avuto lì, a pochi metri dal suoletto senza saperlo.

Ilpiù piccolo non riusciva a smettere di osservare quelle spallelarghe e immobili, i capelli biondi, di qualche tonalità più chiaridei suoi, sapeva che voltandosi avrebbe dimostrato di avere le labbrapiù belle che avesse mai visto.

"Oh,quindi s-sei il figlio del preside" biascicò Abel, stordito.

"Èfinlandese" continuò Isaac come se quella semplice frase avessepotuto spiegare perché l'altro fosse muto.

"Beh,tanto piacere!" Yole era stanco di parlare con quella schiena, noncredeva che quel tipo si sarebbe sollevato da lì per presentarsi,infatti, niente sembrava capace di distoglierlo dalle sue faccende.Poi toccò Abel sulla spalla per riscuoterlo, la sua espressione nonpoteva essere fraintesa, diceva "Togliamocidalle palle immediatamente".

"Oh,sì ... piacere di conoscervi" Abel si riscosse qualche attimodopo "ci si vede quindi! Se avete bisogno di qualcosa, diqualsiasi cosa,noi siamo dall'altra parte della stanza, sapete dove trovarci! Siamosempre svegli! Non preoccupatevi, non sarete fonte di disturbo"

Yoleavrebbe voluto portarsi una mano al volto, Abel era uscito di senno,continuava a parlare e smise soltanto quando l'altro ebbe chiuso laporta, mettendo fine a quel teatrino disarmante.

"Mache ti prende?"

"Chemi prende?" Abel stava sussurrando "Quello è Aiko! Il tipo dellascommessa! Quello che dovrei portarmi a letto!"

"Oh!"Yole sembrava sorpreso "allora punto tutto su di lui!"

"Checosa? Ma tu sei il mio compagno di stanza! Dovresti sostenermi!"esclamò il biondo, decisamente offeso.

"Telo sogni, quello non ti vede nemmeno, non puoi farcela e a me nonpiace perdere"

Abelsi gettò sul letto, era disperato, tutto era peggio di come pensava.Prima il club, poi Aiko che non se lo filava di striscio, come potevaessere passato talmente tanto inosservato? Lui faceva sempre colpo!

"C'èqualcosa che non va in me, è come se la mia buona stella stessetramontando. Deve essere l'atmosfera tetra di questo castello, non mifa bene! Non si è nemmeno girato! Non ha detto neanche una parola!Ma ti sembra normale?"

Yoleportò gli occhi al cielo, cominciava a conoscere fin troppo bene ideliri del suo coinquilino e già ne aveva abbastanza "comunque seicontento adesso? Abbiamo i loro nomi e non sembra che ci daranno deiproblemi"

"Noche non sono contento!" si lamentò ancora una volta Abel "non miha degnato di uno sguardo! Ha preferito la chimica a me! Chi diavolopreferisce la chimica ad uno come me? E non c'è bisogno cherispondi!" aggiunse subito il biondo, quando vide l'altro inprocinto di aprire la bocca, non voleva essere messo di fronte allarealtà dei fatti.

Luinon avrebbe ceduto così facilmente, doveva pensare positivo, quantomeno erano vicini di stanza e poi era figo da paura, il ragazzo piùbello che gli fosse mai toccato in una scommessa.

"Deveessere mio. C'è soltanto da studiare i suoi movimenti, quello chegli piace, quello che non gli piace, dove va di solito, chifrequenta"

"Direiche quello che non gli piace lo sai già" osservò Yole mellifluo,beccandosi un'occhiataccia da parte del compagno di stanza.

"Almenoadesso so che non è una preda facile, sai che noia altrimenti. Cosìsarà ancora più interessante averlo! Vedrai!"

"Sì,come no. Sogna, bello" poi Yole prese il suo giubbotto e si diressealla porta.

"Dovevai?"

"Inbiblioteca"

"Bene,io me ne starò qui ad aspettare che qualcuno esca da quella stanza.Ho un mucchio di soldi da vincere. "

Ei piani per quel pomeriggio erano proprio quelli. Se c'era una cosache Abel possedeva era la tenacia, un'incredibile propensione asfiancare la gente fino a quando non gli avrebbe dato ciò chevoleva. Sin da piccolo, quella era la sua tattica per ottenerequalsiasi cosa, da regali di Natale parecchio costosi, a favori piùgrossi. Abel Blackburn sapeva essere una fottuta tortura per leorecchie, un instancabile seccatore di prima categoria.



Aiko venne fuori dalla suastanza un'ora dopo. Nel frattempo, Abel aveva tirato fuori qualchelibro e si era messo a leggere con incredibile pazienza, assumendo lasua solita posa sexy, da calendario della playboy. Stavolta non provòa parlargli, doveva usare la tattica inversa, quella del silenzio.Sperava che avrebbe abboccato da sé, anche una semplice occhiata disfuggita gli sarebbe potuta bastare come inizio.

Mail finlandese sembrava del tutto perso nei suoi pensieri, tanto danon notarlo neanche; al contrario, Abel lo vide avvicinarsiall'appendi abiti accanto alla porta, per poi prendere il suocappotto, nero come tutto il resto. Con un gesto veloce lo indossò,ma nel portare le braccia in alto il suo maglione si sollevò appena,lasciando nudo un tratto di pelle in corrispondenza ai fianchi.

Eraviolaceo, una contusione in via di guarigione, esattamente sul renesinistro, il punto preciso in cui l'unico colpo di Abel era andato asegno, proprio tre notti prima. Il biondo raggelò di fronte a quellapossibilità che diventava attimo dopo attimo una certezza.

Eccoperché quei dannati occhi chiari gli erano sembrati tanto familiari,non era riuscito a spiegarsi cosa ci fosse di così particolare inlui, poi aveva compreso. Aiko faceva parte del club, ma non solo, erastato lui a tenerlo fermo la prima notte, lui a condurlo in quellaradura durante la seconda prova.

Avevadavanti Torquemada.

Quellanotte di tre giorni prima lui gli aveva parlato e quella sua vocebassa e profonda non avrebbe potuto confondersi con nessun'altra,ecco perché Aiko aveva taciuto per tutto quel tempo.

Abelrimase di nuovo solo, gli occhi ancora puntati sulla porta che si erachiusa davanti a lui, un nuovo moto di incertezza nel petto, ma nonc'era solo quella, poteva sentire l'eccitazione montargli nelle vene.

Entrarenel club era un affare serio e lui sentiva di non avere le giustemotivazioni per provarci.

Unascommessa non poteva valere tanto, eppure non voleva cedere,improvvisamente pensò che avrebbe dovuto trovare un modo persuperare la prova. Soltanto se fosse diventato uno di loro, Aikosarebbe tornato a rivolgergli la parola. La buona riuscita dellascommessa dipendeva dal suo successo al club. In caso di sconfitta,non avrebbe mai più potuto avvicinarsi al finlandese, perchésemplicemente Torquemada non avrebbe mai più potuto rivolgergli laparola senza rischiare di far saltare la sua copertura nel club.

Macosa diavolo poteva fare? Che cosa significava stupire il club?Avrebbe dovuto trovare un modo per farlo, perché quello era l'unicomodo per avere Aiko e vincere la scommessa.



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