℘ąཞɬɛ 42 - Cenere
Il lieve fruscio delle foglie e il richiamo di qualche animale notturno accompagnavano il silenzio e la malinconia aleggianti tra le mura del rudere, attraversate fin troppo facilmente da continui spifferi d'aria gelida. Un cielo nero ricoperto di stelle sovrastava la montagna, come un enorme mantello.
Jeff restò fermo a fissare la fiamma del falò fino a che questa non ebbe consumato del tutto la legna della quale si nutriva, e lentamente la guardò spegnersi e privarlo del piacevole e confortante calore che aveva emanato; solo allora, a causa della forte stanchezza che lo assaliva, riuscì a cadere nel sonno. Non risposava da due giorni, ormai.
Jane restò per tutto quanto il tempo al suo fianco e continuò a tenerlo d'occhio finché non fu assolutamente sicura che si fosse addormentato: dopo quello che era successo, non poteva far altro che sentirsi apprensione nei suoi confronti e l'idea di lasciarlo solo non era proprio contemplabile. Fece un piccolo sorriso, notando il modo in cui lui aveva adagiato la testa a terra, rannicchiato su se stesso; poi, con un movimento lento, la ragazza rivolse la sua attenzione a Liu. Quest'ultimo se ne stava seduto dall'altro lato della piccola pila di pietre annerite dal fuoco ormai ricoperte di cenere fumante, e sembrava non aver alcuna intenzione di chiudere gli occhi. Al contrario di Jason, il quale allontanandosi di circa un metro dagli altri si era ricavato un po' di privacy ed era tornato a calare le palpebre nonostante il freddo penetrante.
Senza dire niente per paura di svegliare gli altri due, Jane si alzò lentamente in piedi e si avvicinò al giovane poliziotto, per poi picchiettare l'indice sulla sua spalla e fargli cenno di seguirla. Si allontanarono di pochi metri posizionandosi nei pressi di quella che un tempo fu una finestra, un foro nella parete attraverso il quale era possibile scrutare le fronde ondeggianti degli alberi inghiottite dall'oscurita della notte; e lui le sembrò piuttosto preoccupato, perché probabilmente già immaginava che cosa potesse volergli dire.
La assecondò mal volentieri, ma solo perché pensava in qualche modo di doverle quel favore. Dopotutto, a causa del suo comportamento aveva appena quasi causato in disastro irreparabile.
-Si può sapere come hai fatto a farti prendere la pistola?- ghignò la ragazza, assumendo un'espressione allibita. -Sei davvero un poliziotto o cosa?-.
Il castano sembrò irritarsi, e tentò fin da subito di difendere la sua posizione; d'altro canto non poteva fare niente altro. -È stato troppo veloce, non me lo aspettavo- mugolò, evitando il contatto visivo. La verità era che si sentiva davvero molto stupido per aver agito in quel modo, non gli era mai capitato in tutta la sua carriera di venir disarmato da qualcuno con quella facilità.
Jane scosse la testa con un ghigno sprezzante. -Troppo veloce?- ripeté.
-Senti Jane, mi ha colto di sorpresa ok?- continuò a spiegare lui, evidentemente innervosito dall'atteggiamento del suo interlocutore. -Non ho letteralmente avuto il tempo di fermarlo-.
Un breve silenzio ruppe la conversazione per alcuni interminabili secondi. Jane sospirò pesantemente, lanciando un'occhiata veloce a Jeff in modo da assicurarsi che stesse ancora dormendo. -A causa tua stava per accadere il peggio, non mi basta questa giustificazione- grugnì, sforzandosi di non alzare troppo il tono della voce.
Ed a quel punto Liu si voltò indietro come se avesse voluto andarsene, ma sentì la mano di lei afferrargli una spalla ed indurlo, seppur contro voglia, a voltarsi nuovamente in sua direzione. Pensò che proprio non riusciva a sopportarla, quando si comportava in quel modo.
-Senti sono stanco, non è proprio il momento- borbottò, sperando che si sarebbe arresa e lo avrebbe lasciato in pace, promettendosi magari di parlarne l'indomani. Ma solo un attimo dopo, con immenso stupore, la vide sollevare velocemente una mano ed assestare un sonoro schiaffo dritto sulla sua guancia, il cui suono rimbalzò sulle pareti spoglie della stanza. Sentì la pelle iniziare a bruciare in modo quasi immediato, e rimase immobile a guardarla chiedendosi per quale motivo lei lo avesse fatto; risposta che giunse un attimo dopo, pronunciata con parole amare e cariche di rabbia.
-Questo è da parte di Jeff. Adesso voglio che tu mi dica che cosa gli hai detto- ordinò Jane, e seppur stesse ancora parlando sottovoce fu evidente che quella frase avrebbe voluto gridarla a pieni polmoni. Era arrabbta, ma probabilmente non aveva ancora scaricato del tutto la tensione di cui l'evento di poco prima aveva causato un accumulo nel suo corpo.
Non poteva biasimarla.
Il giovane poliziotto spalancò le palpebre e con una mano si massaggiò la zona appena colpita, ove la pelle stava già assumendo una colorazione rossastra. Per una frazione di secondo ebbe l'impulso di ricambiare lo stesso gesto, ma si trattenne: non era da lui agire in quel modo, e di certo non intendeva picchiare una ragazza. -Sei impazzita per caso?- le disse soltanto, aggrottando la fronte. -Che diavolo fai?-.
-Una reazione di quel tipo...- continuò a dire lei, indicando Jeff con un dito. -Deve essere per forza stata causata da qualcosa-.
A quel punto Liu abbassò lo sguardo e strinse le mandibole: quanto avrebbe voluto sottrarsi a quella conversazione, adesso. -Ok Jane, senti, mi dispiace tanto- iniziò a balbettare, alzando la testa; ed in quel momento lei potè capire che era finalmente sincero, perché i suoi occhi erano diventati lucidi e la sua voce aveva iniziato a tremare lievemente. Era proprio questo che voleva ottenere: sentirlo parlare con franchezza, e vederlo liberarsi dalla compostezza che tanto teneva a mostrare in ogni situazione ma che lo rendeva, quasi sempre, fin troppo fasullo. -Mi rendo conto di essere stato meschino e mi dispiace davvero tanto- ammise, questa volta guardandola dritta in faccia.
Lei restò ferma a fissarla con il volto teso, come fosse pronta a schiaffeggiarlo ancora se avesse provato a dire un'altra cazzata.
-Non avevo idea che potesse accadere questo. Se non altro posso darti ragione, sembra davvero che lui... Sia diverso- borbottò, giocherellando nervosamente con le dita. -Non mi fraintendere, per me non è cambiato nulla. Solo che adesso... scusami, credo di sentirmi un po' confuso e sono molto stanco, quindi...-. Non terminò la frase, a causa del nodo che sentì formarsi improvvisamente nella gola. La verità è che lui stesso non avrebbe saputo spiegare che cosa provava davvero.
La mora annuì con un cenno del capo appena percettibile. -Sai che avrebbe sparato. Vero?- lo incalzò e questa volta fu la sua voce, quella che tremava.
Il castano annuì a sua volta, sospirando pesantemente. -Sì, e in quel momento ho capito che... Non volevo davvero che lo facesse. Quindi non vedermi come il cattivo della situazione, ti prego-.
Jane posò con delicatezza una mano sulla spalla, stringendo un lembo della sua giacca con un atteggiamento finalmente amichevole. -So come ti senti Liu, ci sono passata. Ma sono sicura che tutto cambierà nel momento in cui ti deciderai a guardare oltre-. Fece un piccolo sorriso, che lui ricambiò quasi subito. -Per il momento ti prego soltanto di cercare di capire che per Jeff sei davvero importante, anche più di me probabilmente, e considerata la sua eccessiva emotività in momenti come questo è bene che tu...-.
-Ho capito, ho capito- la interruppe lui, cercando di rassicurarla. Si mostrò deciso e collaborativo anche se la situazione lo aveva sconvolto davvero profondamente: quel Jeff così instabile e psicologicamente fragile non aveva niente a che vedere con il mostro dal quale era fuggito per anni, e questo faceva vacillare ogni sua più radicata convinzione. Allo stesso modo però sapeva che gli psicopatici sono molto bravi a simulare emozioni che in realtà non provano, e segretamente continuava anche a valutare l'ipotesi che tutto questo poteva essere forse soltanto un piano per manipolarlo.
-Grazie, Liu- si limitò a dire Jane, allargando un altro sorriso.
Stava per voltarsi e tornare al falò ormai spento, quando lui richiamò la sua attenzione.
-Ehi, aspetta un secondo- le disse, sussurrando. -La mia pistola, la hai tu?-. Ricordava di averla vista strapparla dalle mani di Jeff e gettarla a terra, nonostante il trambusto.
Con un'espressione sorpresa Jane lo guardò per poi abbassare la testa: aveva nascosto l'arma nella tasca dei pantaloni con molta cura, ma purtroppo per lei il rigonfiamento che portava sul fianco risultava fin troppo visibile. Sorrise, pensò di essere stata proprio stupida a sperare di poter nasconderla in quel modo.
-Sì, però... Non posso restituirtela, per ora- rispose, imbarazzata.
E Liu, sorpreso, spalancò gli occhi. -Eh? Come sarebbe a dire?-.
-Considerata la situazione temo di non potermi fidare di te, mi spiace- spiegò la mora. -Non si sa mai, nel caso in cui pensassi di tradirci... È solo un deterrente-.
Il ragazzo restò senza parole, non fu in grado di replicare in alcun modo e così si ritrovò a guardarla mentre a passo lento tornava a sedere accanto a Jeff che ancora dormiva apparentemente sereno. In quel momento si sentì fortemente destabilizzato, privato dell'elemento che gli aveva permesso fino ad allora di agire con una certa sicurezza; e non potè far altro che pensare alla telefonata che aveva fatto in centrale, qualche ora prima.
Su una cosa Jane aveva ragione, li avrebbe traditi; ma adesso non sarebbe stato più facile quanto prima.
E inoltre, nel profondo della sua mente, iniziava a sorgere timidamente una domanda: desiderava davvero farlo? Arrestare Jason e suo fratello, consegnando entrambi alla polizia?
Fece una smorfia, continuando a massaggiarsi la guancia ancora dolorante; quella era una questione che prescindeva le sue stesse emozioni, si disse. Che lui volesse o non volesse farlo, era suo preciso dovere inquanto uomo di legge, dunque non avrebbe dovuto lasciar spazio ad alcun tipo di dubbio.
Sarebbe stato certamente fiero di sé stesso, a missione compiuta.
Il castano si sistemò a terra nel medesimo punto in cui era seduto fino a poco prima, e notando che anche Jane aveva deciso di stendersi decise che avrebbe fatto lui il turno di guardia, almeno ancora per un po': non sarebbe comunque riuscito a prendere sonno, con la testa martellata da tutti quei pensieri che non riusciva in alcun modo a scacciare più.
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