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ℙ𝕒𝕣𝕥𝕖 21 - Empatico

La sera si stava avvicinando e con l'avanzare dell'oscurità i lampioni sulla strada si erano accesi, illuminando l'asfalto con una malinconica luce giallastra che si rifletteva nelle pozze d'acqua.
Smiley aveva riparato la porta d'ingresso del monolocale di Jane in modo improvvisato, così da essere sicuro di poterla chiudere a chiave dall'interno; per una sicurezza maggiore, prima di coricarsi, vi avrebbe sistemato contro anche qualche mobile. Non aveva idea di cosa Jeff stesse combinando, ma ciò che sapeva per certo era che si trovava all'esterno da molto più tempo del previsto e questo iniziava a preoccuparlo. Non poteva permettersi alcun errore, sapeva che le forze dell'ordine erano ancora sulle loro tracce e che qualsiasi minimo errore lo avrebbe pagato molto caro; dunque, se lui non fosse tornato, avrebbe semplicemente sbarrato l'ingresso e proseguito con il piano che si era prefissato anche in sua assenza.
-Allora Jane, pensi che possa fidarmi di te?-. L'uomo la osservava distrattamente, mentre sorseggiava l'ultima lattina di birra rimasta nel frigorifero. Era cosciente del fatto che avrebbe avuto il pieno controllo sulle azioni della ragazza solo fino a che lei non avrebbe abbandonato l'appartamento; una volta fuori, se avesse voluto farlo, per lei sarebbe stato estremamente facile dirigersi alla centrale della polizia piuttosto che al penitenziario come concordato.
La mora annuì brevemente, senza voltarsi in sua direzione. -Come ti ho detto, sono una persona di parola. Farò quello che mi hai chiesto, ma poi non voglio più sentire parlare di te-.
-Sarà fatto- rispose l'ex dottore, con un piccolo sorriso compiaciuto. Quella operazione comportava per lui un rischio immenso considerate le circostanze, ma niente in quel momento lo avrebbe scoraggiato dal tentare di aiutare Toby; glielo doveva, e lo sapeva bene.
Erano ormai passate le ventitré quando si udirono dei timidi rumori di passi provenire dal vialetto all'esterno. Immediatamente Smiley balzò in piedi, catturando anche l'attenzione di Jane che nel frattempo si era assopita sul divano.
-Shh- mormorò l'uomo, avvicinandosi alla porta d'ingresso ma solo per poter dare una sbirciata allo spioncino. Oltre il piccolo vetro di forma circolare potè riconoscere una figura zoppicante che si avvicinava strusciando le spalle contro alla parete, che identificò come quella di Jeff. Ma gli fu subito evidente che qualcosa non andava.
-Merda- esclamò, visibilmente irritato da quell'improvvisa apparizione. -Che cazzo ha combinato quell'idiota-.
Aprendo la porta lo lasciò entrare, per poi tornare a sbarrare immediatamente l'ingresso. Il moro, che teneva una mano premuta sulla pancia con forza, varcò la soglia senza dire una parola e si affrettò a raggiungere una superficie a cui aggrapparsi; i suoi vestiti erano sporchi di sangue, anche se dapprima non fu possibile comprendere se si trattasse del suo.
Una cosa era certa: sembrava piuttosto malconcio.
-Porca troia Jeff, che hai fatto?- esclamò l'uomo, mentre spingeva un mobile di legno contro all'uscio in modo da bloccarne l'apertura dall'estero.
Jane indietreggiò di qualche passo, osservando come il giovane killer se ne stava ricurvo su se stesso con la schiena appoggiata contro al bordo del tavolo; era ferito e piuttosto dolorante, poteva comprenderlo facilmente dall'espressione tesa che albergava sul suo volto. La sua attenzione fu però catturata da un dettaglio insolito, ovvero una sciarpa a righe di un discutibile colore verdastro che teneva avvolta attorno al suo collo.
Possibile che l'avesse già vista da qualche parte?
-Sono stato braccato- rispose lui annaspando, mentre con la mano destra stritolava un lembo della sua felpa come volesse strapparsela di dosso; il tessuto bianco era imbrattato in più punti da ampie macchie rosse, che si stavano tutt'ora espandendo a vista d'occhio.
Smiley lo raggiunse con un atteggiamento minaccioso, iniziando a gesticolare. -Braccato? La polizia ti ha seguito?- esclamò, impaziente di ricevere una risposta.
Jeff scosse la testa. -No, ovviamente no, non sono così stupido-.
Ma l'altro, che già stava pensando al peggio, non sembrò affatto rassicurato da quelle parole. -Te lo auguro, perché non esiterei un secondo a farti fuori se diventassi un ostacolo al mio pi...-.
-Ti ho detto che non sono stato seguito- lo interruppe bruscamente il moro, trascinando il suo stesso corpo fino a mettersi seduto sul tavolo con un gemito soffocato. Era evidentemente in agonia, anche se al momento non era possibile valutare l'entità delle sue ferite; nonostante lui fosse di certo avvezzo al dolore fisico, tanto da riuscire spesso ad ignorarlo del tutto, in quella occasione appariva piuttosto scosso.
Jane lo osservò in silenzio. Anche se adesso si trovava a qualche metro di distanza potè riconoscere senza fatica l'odore di alcool che il suo fiato emanava, anche se non sembrava essere sbronzo: aveva di certo bevuto qualcosa, ma sembrava essersi risparmiato la sbornia almeno per questa volta.
Non che le importasse davvero in quali condizioni lui versasse, voleva solo valutare se al momento rappresentasse o meno una minaccia alla sua incolumità, più di quanto non lo fosse stato fino a poco prima.
-Dove sei stato?- continuò a domandargli Smiley, che posizionatosi davanti a Jeff aveva afferrato la sua felpa e stava cercando di sfilargliela via, esponendo alcune ferite da taglio che si allungavano parte superiore del suo petto. -Queste vanno medicate- aggiunse freddamente.
Il giovane killer lasciò che l'indumento venisse rimosso, continuando a mantenere lo sguardo basso. Era evidente che non gradisse per niente quelle attenzioni, ma lui stesso doveva aver realizzato che fossero necessarie; gli squarci sulla sua pelle stavano ancora sanguinano e avrebbero continuato a farlo se non vi fosse stata applicata una fasciatura.
-Una coppia di sbirri mi ha visto, sono fuggito scavalcando alcune recinzioni- spiegò, a voce bassa. -In alcune di queste c'era del filo spinato-.
Smiley annuì brevemente e si voltò indietro con impazienza. -Jane, hai del disinfettante? Delle garze?- domandò, con uno strano sorriso dipinto sulle labbra. -Finalmente posso mostrarti quanto sono bravo ad aggiustare le persone-.
La ragazza strinse le mandibole e distolse lo sguardo. -Non che mi interessi- sentenziò. -Ma dovrei avere qualcosa nel bagno- si limitò a dire. L'ultima cosa che avrebbe voluto fare era aiutare quel bastardo, ma al momento non aveva altra scelta.
Consegnò all'uomo la sua personale valigetta di pronto soccorso, una di quelle in formato tascabile che conteneva soltanto il minimo indispensabile in casi di emergenza: una formice, alcune garze, due fasce elastiche, una decina di cerotti, una pinzetta e infine del liquido disinfettante cutaneo. L'aveva acquistata mesi addietro e mai aperta, di certo non si sarebbe aspettata di trovarsi a doverla utilizzare in una situazione così assurda.
-Nah- borbottò l'ex dottore, frugando tra i pochi strumenti a sua disposizione con un ghigno di delusione. -Mi serve dello spago, questa qui va cucita- esclamò poi, indicando una grossa ferita frastagliata che si estendeva lungo la scapola destra di Jeff; doveva essere rimasto impigliato alla rete, che durante la caduta gli si era aggrappata alla pelle aprendo un solco piuttosto profondo. La maggior parte del sangue che aveva imbrattato i suoi vestiti proveniva proprio da lì.
Jane scosse il capo. -Non ho niente del genere-.
-Oh, andiamo...-.
Dimostrando un'incredibile praticità Smiley utilizzò ciò che riuscì a reperire in casa per improvvisare una sutura, che poi coprì accuratamente con alcune garze sterili. Non potè dirsi soddisfatto del risultato, ma con il materiale a sua disposizione non avrebbe di certo potuto fare miracoli; e Jeff, per tutto quanto il tempo, era rimasto immobile seduto sul tavolo con la schiena ricurva e lo sguardo perso nel vuoto. Di tanto in tanto contraeva i muscoli per una frazione di secondo in risposta al dolore, per poi tornare a immobilizzarsi completamente.
Sembrava essersi disconnesso da ciò che stava accadendo attorno a lui.
-A questo punto temo che ci convenga attendere qui fino al mattino- esclamò Smiley, ripulendosi nel mani dal sangue. Spinse giù dal divano tutte le cianfrusaglie che vi aveva accumulato lasciandole semplicemente cadere a terra, poi si distese con una naturalezza fuori luogo nello spazio appena ricavato, con le gambe a penzoloni giù dal bracciolo.
Jane lo guardò con disprezzo, senza riuscire a nascondere la sua esasperazione; dentro di se aveva sperato per tutto il tempo che se ne sarebbe andato via da lì a poco. Neanche per un secondo valutò l'ipotesi di mettersi a letto con quei due psicopatici in casa; d'altro canto, se anche avesse voluto, non sarebbe di certo riuscita a chiudere occhio. Strinse i pugni, facendo qualche passo avanti e indietro fino a sistemarsi su una delle sedie che circondavano il piccolo tavolo della cucina, trascinandola sul pavimento fino alla parete dal lato opposto in modo da posizionarsi più lontana possibile.
Voleva avere una buona visuale su entrambi, in modo da poterli tenere d'occhio.
Aprí un libro che finse di leggere; pensò che se quei due si fossero assopiti entrambi avrebbe avuto una chance di uscire dall'appartamento senza farsi notare, o magari di agguantare la pistola che Smiley aveva infilato nella cintura dei pantaloni. Non era sicura che ci sarebbe riuscita, ma di certo avrebbe potuto tentare.
Passarono alcuni minuti, prima che Jeff scendesse giù dal tavolo in silenzio e la raggiungesse. Lei sollevò lo sguardo con preoccupazione, pronta a difendersi da un eventuale suo attacco, ma lo vide invece porgerle semplicemente il mazzo di chiavi che le aveva sottratto quella mattina.
Dapprima esitò.
Poi, con un movimento lento, allungò la mano e le afferrò senza dire niente; non aveva idea del motivo per cui avesse deciso di restituirgliele, ma di certo era felice di aver riavuto indietro le sue chiavi. La stessa cosa non poteva dirla del cellulare, che doveva essere ancora in possesso del killer.
Non disse nulla.
Quella sera Jane trascorse ore intere a fissare il vuoto seduta sulla sedia di legno con le gambe intrecciate; mentre Smiley si era assopito sul divano, Jeff al contrario non sembrava affatto intenzionato a dormire: se ne stava seduto a terra proprio accanto alla porta d'uscita, probabilmente per assicurarsi che lei non tentasse la fuga. Verso l'una di notte, però, la stanchezza lo indusse ad abbassare la guardia.
Lentamente la nuca del killer si appoggiò sulla parete e le sue palpebre si chiusero, appesantite dallo stress accumulato nelle ultime ore.
Ed a Jane, quello, parve il momento perfetto.

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