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ℙ𝕒𝕣𝕥𝕖 2 - Folle

Passi svelti che si allungavano sul marciapiede nel tentativo di schivare le pozzanghere lasciate a terra dalla recente pioggia.
Una pila di libri scolastici legati tra loro da un elastico, tenuti stretti con una mano contro al petto.
Qualche sguardo vigile diretto qua e la, prima di attraversare di corsa le strisce pedonali.
Quella mattina Jane si stava dirigendo in università come di consueto, ma si sentiva molto più nervosa del solito; il cielo sopra alla sua testa era grigio e minacciava di piovere a breve, nonostante un violento temporale si fosse sfogato sulla città quella stessa notte. Era leggermente in ritardo, evento raro per lei, e così tentava di recuperare qualche minuto lungo il tragitto camminando a passo svelto, mentre evitava categoricamente di incrociare gli sguardi degli altri passanti.
Ma sentiva un'ansia crescente farsi spazio dentro di lei.
Frequentava un corso universitario di criminologia, un argomento che le stava molto a cuore per motivi strettamente legati al suo vissuto personale; aveva scelto di seguire proprio quel ramo di studi poiché interessata alla psicologia criminale, ma anche perché era sicura di poter avere un qualche tipo di futuro in quell'ambito anche se non aveva ancora idea di quale fosse il lavoro a cui aspirava davvero.
Jane era un'ottima studentessa, sì, ma con alcuni limiti, e uno di questi si sarebbe palesato proprio quella stessa mattina: non si stava infatti recando a una lezione qualunque, ma a un particolare evento organizzato dall'università che avrebbe permesso agli studenti di effettuare un test pratico.
Giunta dinnanzi all'università poggiò la mano sinistra sulla testa per assicurarsi che la parrucca fosse posizionata in modo corretto, poi iniziò a salire la gradinata mentre tentava di reprimere la sua angoscia inspirando abbondati boccate d'aria fredda ogni tre passi. A renderla così nervosa quel giorno era proprio il test al quale avrebbe dovuto prendere parte, poiché sapeva che avrebbe dovuto avere a che fare con dei veri criminali.
"Stupida" pensò, ripensando a quando qualche giorno prima il professore le aveva chiesto se se la sentisse di partecipare, proposta che lei aveva orgogliosamente declinato.
Un po' tutti all'interno dell'ambiente universitario (e non solo) conoscevano la terribile storia della strage della famiglia Arkensaw e tutti sapevano che lei era l'unica sopravvissuta a quel terribile evento; per questo motivo, quando possibile, i docenti cercavano di renderle le cose più facili. Ma se Jane aveva un difetto quello era l'orgoglio, una cosa alla quale non avrebbe mai rinunciato.
Detestava i favoritismi.
Si fingeva forte, nascondeva i suoi traumi irrisolti sotto a una folta parrucca nera ed a una buona dose di fondo tinta, nel tentativo di cancellare i segni del tremendo passato che si portava sulle spalle; e allo stesso modo anche il suo carattere era stato plasmato dal dolore, motivo per cui era definita da molti una tipa scontrosa, fredda e decisamente poco propensa alla conversazione.
Così anche quella mattina, come tutte le altre, la mora si sistemò al suo banco in solitudine e attese l'inizio della prima lezione sbirciando qualche notizia sul telefono come era abituata a fare.
Solo la sera precedente i criminali scelti per il test erano stati condotti presso una delle sale congresso dell'Università da una squadra di polizia, tuttora presente all'interno dell'istituto per assicurare l'incolumità del personale scolastico e degli alunni stessi; vi avevano trascorso la notte, ed ora erano pronti a ricondurre gli ergastolani nelle loro celle non appena l'evento formativo fosse giunto al termine.
Non si trattava di una cosa eccezionale, molte scuole e università di psicologia e di criminologia avevano in passato ospitato detenuti per quello stesso scopo; ma in questo caso il livello di rischio era più alto del solito, poiché alcuni tra gli individui condotti sul posto risultavano essere potenzialmente molto pericolosi. Ecco perché il numero degli agenti armati superava di netto quello degli "ospiti".
Dopo due ore di lezione che ascoltò con scarsa attenzione, la mora assieme ai suoi compagni di corso fu condotta al piano terra, ove il professore che aveva supervisionato con cura il progetto li attendeva impaziente.
-Silenzio per favore, vi rubo solo qualche minuto per ricordarvi il regolamento che dovreste già aver letto- esclamò il docente, facendo cenno ai suoi alunni di raggrupparsi sul fondo del corridoio in modo che ognuno di loro avrebbe potuto udire il suo discorso. -È mio dovere ricordarvi che questa esercitazione pratica sarà incisiva sul vostro rendimento e che durante tutta la sua durata saranno presenti forze dell'ordine e supervisori. È però importante che ognuno di voi segua alla lettera il protocollo di sicurezza-.
-Parteciperai anche tu?-.
Jane si voltò di scatto, non si era accorta che una delle sue compagne di corso si fosse posizionata affianco a lei guardandola con una certa insistenza. Ma più che preoccupazione il suo sembrava compiacimento, come se già sapesse che avrebbe eseguito la prova pratica molto meglio di lei; e questo non poté che infastidirla.
-Certo, perché no?- le rispose.
-Ricordo quindi a tutti le regole basilari di sicurezza- continuava il docente. -Mai, per nessuna ragione varcare la linea di sicurezza che è stata tracciata a terra: serve a garantire la vostra incolumità. Prima di accedere alla sala vi ricordo di deporre negli armadietti qualsiasi oggetto contundente incluse sciarpe, lacci e spille per capelli. Vi chiedo inoltre di prestare massima attenzione alle disposizioni degli agenti di polizia che saranno presenti. Qualcuno ha delle domande?-.
Stringendo tra le mani l'agenda bianca che solitamente utilizzava per prendere qualche appunto, Jane osservò silenziosa il docente mentre si apprestava ad aprire il portone della sala destinata all'evento; non seppe comprendere come si sentiva davvero in quel momento, ma di certo non era serena. E avere addosso tutti quegli sguardi che sembravano già pregustarsi il suo fallimento, non la aiutava di certo.
Quando l'ingresso venne spalancato e fu riuscita a varcarlo evitando qualche spintone, ciò che si palesò davanti agli occhi della ragazza la lasciò senza fiato, tanto che neanche si accorse di essersi fermata proprio al centro del corridoio ostruendo il passaggio: sul fondo del salone, che era stato riempito di alcune file di sedie in plastica, erano posizionate una serie di piccole celle simili a delle gabbie per animali da circo, ognuna delle quali stava ospitando un detenuto sistemato a sedere su una piccola sedia. Le celle erano così strette che a parevano a malapena in grado di ospitare un corpo umano, di fatti alcuni di loro avevano le ginocchia premute contro le sbarre; erano inoltre state dotate di una copertura frontale e laterale, in modo che gli ospiti non potessero vedersi tra loro.
Jane strinse le mandibole, osservando come erano stati sistemati dei piccoli banchi pieghevoli davanti ad ognuna delle celle, a loro volta affiancati da un agente di polizia fermo in posizione eretta; notò che tutti gli uomini di legge presenti sul posto erano armati di taser, manganelli e pistole, dettaglio che la rassicurò quanto bastava per continuare ad avanzare.
-Benvenuti a tutti. Prego, prendete posto- disse uno degli uomini in divisa, indicando la lunga fila di posti a sedere precedentemente sistemati al centro del salone.
La ragazza si adagiò nervosamente nel primo posto libero che riuscì a trovare, per poi lanciare uno sguardo pensieroso alle gabbie; pensò che se voleva davvero dimostrare a sé stessa di aver superato i suoi traumi, quella sarebbe stata l'occasione perfetta.
Il docente di psicologia criminale nell'avvicinarsi le fece un brevissimo occhiolino per poi schiarirsi la voce e rivolgersi a tutto il resto della classe, mentre i ritardatari finivano di prendere posto a sedere.
-Come spiegato nella lezione di ieri, in questa prova pratica andrete a simulare un interrogatorio con uno dei dieci criminali qui presenti, raccogliendo le dichiarazioni, paragonandole con i dati in nostro possesso e infine stilando una breve perizia di vostro pugno- iniziò a spiegare, passeggiando avanti e indietro tra le sedie. -Vi verrà consegnata una scheda riportante solo alcuni dati, il vostro compito sarà ottenere le informazioni mancanti al fine di compilare il documento nella sua interezza. Ovviamente si tratta di informazioni che sono già in possesso delle forze dell'ordine, ma questa simulazione potrà offrirvi una prima esperienza di approccio che sarà preziosa per il vostro percorso formativo-.
Gli studenti, che in totale erano 19, vennero chiamati a partecipare alla prova singolarmente e in ordine sparso; Jane fu felice non essere stata nominata per prima, poiché in quel modo avrebbe potuto osservare da lontano lo svolgimento del test prima di doverne prendere parte. Non che riuscisse a sbirciare granché: le celle erano a circa quindici metri di distanza, e da quella posizione a causa delle barriere di sicurezza non era neanche in grado di scrutare i volti dei criminali. Se non altro ebbe occasione di constatare che gli interrogatori non sembravano durare molto, o almeno il primo era stato molto breve e coinciso.
-Jane Arkensaw-.
Quando fu annunciato il suo nome la ragazza balzò in piedi e si incamminò a passo svelto con il fiato sospeso, procedendo a testa bassa tra gli sguardi curiosi ed i sussurri degli altri studenti.
-Prego, vieni avanti-.

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