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8. Tears

La notte avvolgeva la spiaggia in un mantello di velluto nero, trapuntato da miriadi di stelle brillanti. Il vento soffiava dolcemente tra le onde, facendo increspare la superficie del mare e portando con sé l'odore salmastro dell'acqua.

Katsuki era seduto sugli scogli, le ginocchia piegate al petto, lo sguardo fisso verso l'orizzonte. Aveva aspettato già troppo a lungo e ogni minuto che passava senza vedere Izuku rendeva la sua impazienza più acuta, il suo cuore più pesante.

«Dove cazzo sei finito?», mormorò, la voce appena udibile sopra il fruscio delle onde. I suoi occhi si socchiusero mentre cercava di scorgere qualche segno della presenza della creatura marina, una scintilla di verde tra la schiuma bianca, un'ombra in movimento. Il mare era vasto e profondo e scuro, e ogni istante di attesa sembrava espandere quell'immensità, facendolo sentire solo e smarrito.

Però, nonostante la solitudine che lo avvolgeva, Katsuki si rifiutava di andarsene. Qualcosa dentro di lui, una voce sussurrante che non riusciva a ignorare, gli diceva che Izuku sarebbe arrivato. Così rimase lì, immobile e paziente, osservando l'oscurità e ascoltando il richiamo ritmico delle onde.

Finalmente, proprio quando stava per cedere alla frustrazione e alla delusione, vide qualcosa.

Una figura emerse lentamente dall'acqua, i capelli verdi illuminati dal riflesso della falce di luna.

Il cuore di Katsuki balzò nel petto e in un attimo la sua impazienza si trasformò in sollievo.

Si alzò in piedi di scatto, scendendo con cautela dagli scogli per avvicinarsi di più al mare.

«Izuku!», chiamò, la voce rotta dall'emozione. «Izuku sei tu?».

La figura si avvicinò, e mentre si faceva strada tra le onde, il viso di Izuku divenne visibile sotto la luce argentea della luna. Aveva un'espressione contrita, quasi triste.

«Dio... Ero così preoccupato! Pensavo che neppure stavolta saresti venuto.», aggiunse, con un magone in gola che gli arrochiva la voce mentre si sedeva su uno scoglio basso, per permettere alla creatura di issarsi accanto a lui e accomodarsi al suo fianco.

«Izuku...», mormorò ancora a capo chino, avvicinando la spalla a quella della creatura, un po' più vicino per non lasciare spazio al dubbio che fosse solo la sua immaginazione e nulla più. «Mi sei mancato davvero... Io... Non sapevo più cosa pensare quando sei sparito. Ero preoccupato che ti fosse davvero successo qualcosa di brutto.», e, mentre parlava, il suo cuore si scioglieva un po' di più con ogni parola, e ogni sentimento trattenuto per giorni iniziò a fluire liberamente.

Izuku lo guardò con i suoi grandi occhi verdi pieni di dolore e rimorso, ma anche di qualcosa di più luminescente, che pian piano gli rigava le guance.

Lacrime.

Le sue labbra si mossero, ma non uscì alcun suono. E il suo silenzio, in quel momento, era straziante, tanto che i denti si conficcarono nel suo labbro inferiore e le mani palmate si strinsero in pugni serrati e tremolanti.

Katsuki si chinò accanto a lui, lo sguardo pieno di preoccupazione e confusione, le mani ad afferrargli quelle spalle tremanti, per tentare di fermare con dolcezza i suoi singhiozzi silenziosi. «Ehi... No, non piangere. Sei qui... Siamo qui...».

Izuku non parlò, non emise alcun suono. Le sue lacrime continuavano a scorrere, scintillando come piccole stelle cadute dal cielo. Katsuki, colpito da quella vista, allungò una mano e raccolse delicatamente una delle lacrime sul dito, osservandola per un momento: brillava sul polpastrello, incantandolo con i riflessi tenui e freddi che emetteva. Sembrava quasi viva, pulsante con un'energia che non riusciva a comprendere appieno. Senza pensarci troppo, portò il dito alle labbra e baciò la lacrima, assaporando il sale e qualcosa di indefinibilmente dolce, come il ricordo del mare stesso.

Katsuki si chinò più vicino, le mani che si sollevarono per accarezzare le guance bagnate di Izuku, asciugandogli le guance fredde con i pollici, i polpastrelli che passavano lenti sulle scaglie sulle sue guance. Con un gesto lento e dolce, baciò le lacrime che scorrevano sul viso della creatura, assaporando la salinità e la morbidezza della sua pelle. Sentì un brivido attraversargli la schiena, un misto di emozione e intimità che non aveva mai sperimentato prima.

Quando tornó a distanza, fu Izuku che, con sguardo curioso, si sporse verso di lui, la testa inclinata come se stesse cercando di capire qualcosa, di trovare il coraggio di rispondere a quelle emozioni. E poi, senza pensarci, si avvicinò ancora di più e le loro labbra si incontrarono in un bacio tenero e delicato.

Il mondo sembrò fermarsi attorno a loro. Le onde, il vento, persino il tempo stesso cessarono di esistere mentre si perdevano l'uno nell'altro. Il bacio era inizialmente incerto, come se entrambi stessero cercando di trovare la giusta sintonia, ma lentamente divenne più profondo, più sicuro. Izuku si abbandonò al momento, lasciando che il suo cuore guidasse ogni movimento.

Con le labbra ancora unite, Katsuki sentì una sensazione strana, quasi elettrica, che si irradiava dal punto in cui si toccavano, percorrendo tutto il suo corpo. Fu allora che accadde: nella sua mente, come un sussurro portato dal vento, udì la voce di Izuku.

"Mi dispiace, Katsuki... Non volevo lasciarti così, ma la mia gente... Loro stavano per scoprirlo."

Katsuki si ritrasse appena, abbastanza per rompere il contatto tra le loro labbra ma mantenendo il viso vicino a quello di Izuku. «Cos'è stato? Ho appena sentito... la tua voce? Nella mia testa?».

Izuku annuì lentamente, la sua espressione seria e sincera. "Evidentemente funziona anche fuori dall'acqua... La cosa di condividere il fiato... E posso condividere i miei pensieri con te."

Katsuki rimase per un momento senza parole, elaborando ciò che stava accadendo. Era una sensazione incredibile, quasi irreale, ma allo stesso tempo tutto sembrava perfettamente naturale, come se fosse destinato ad accadere.
Katsuki riprese, la sua voce tremante di emozione, rauca per il vento e l'umidità: «Eri in pericolo?».

"Sì... In un certo senso sì." rispose Izuku, il suo sguardo che si abbassava verso l'acqua. "Mi hanno quasi scoperto. La maggior parte della mia gente non approverebbe mai il mio contatto con te. Non capiscono... Loro hanno paura degli umani."

«Cosa ti farebbero se scoprissero di me?» domandò Katsuki, sentendo una stretta al petto.

Izuku sospirò, un suono che si riversò nella mente di Katsuki come una brezza leggera. "Mi rinchiuderebbero... Probabilmente mi terrebbero lontano da te... per sempre."

L'idea fece rabbrividire Katsuki. La paura di perdere Izuku, di non poterlo vedere mai più, era insopportabile. Eppure, l'idea che stesse rischiando tutto per lui lo toccava profondamente, in un modo che non riusciva a spiegare.

«Siamo qui ora.», disse Katsuki, cercando di infondere sicurezza nella sua voce. «Adesso che lo so... Capirò meglio le tue lunghe assenze e non resterò così deluso nel non vederti. Non mi impedirà di preoccuparmi, certo... Ma almeno so che stai bene. Non voglio che la tua gente ci separi.».

Izuku lo guardò con occhi grandi, pieni di gratitudine e affetto. "Sì... Ma dobbiamo continuare ad essere cauti. Non abbiamo molto tempo prima che si accorgano che sono sparito di nuovo."

«Capisco. Credo di avere un po' lo stesso problema. Oggi... Oggi ti hanno quasi visto...» rispose Katsuki, cercando di mantenere la calma, per non far trasparire preoccupazione mentre gli accarezzava il viso pallido e i riccioli umidi con i polpastrelli. «Non ti voglio trattenere... Forse è meglio se vai. Non ti voglio mettere ancora in peri-».

"Ma io... Io voglio stare con te, Katsuki!"

«Allora, cosa possiamo fare? Dove possiamo andare per stare insieme, almeno per un po'?».

Izuku rifletté per un momento, poi il suo viso si illuminò con una luce di speranza: "Conosco un posto... una piccola grotta naturale. È un rifugio segreto, un luogo che solo poche creature del mare conoscono. Sarà sicuro lì, almeno per un po'..."

Katsuki annuì, il cuore che sembrava essere tornato a battergli forte nel petto. «Allora andiamo.».

"Non puoi arrivarci a nuoto! È troppo lontano!"

«Allora prendo la tavola.».

"Que-quella cosa che galleggia?"

Katsuki rise: «Sì. La cosa che galleggia si chiama tavola da surf.»

Izuku sorrise e fece un cenno di assenso. "Va bene. Fai presto. Ti aspetterò qui."

Katsuki scese rapidamente dagli scogli, scivolando con agilità sulla roccia bagnata, poi corse sulla sabbia fino al furgone, il cuore che batteva in sincronia con il suono delle onde. Aprì il retro del veicolo e afferrò la sua tavola da surf, lasció le scarpe e poi tornò di corsa verso l'acqua, gettandosi nel mare con un tuffo deciso.

Izuku lo aspettava, galleggiando leggermente fuori dal pelo dell'acqua, ondeggiando assieme alle onde. "Stenditi sulla tavola!" disse nella mente di Katsuki, con una nota di eccitazione nella voce telepatica. "Tieniti forte al bordo!".
Katsuki obbedì, salendo sulla tavola e sdraiandosi a pancia in giù. Sentì un brivido di adrenalina mentre Izuku si immergeva sotto di lui, spuntando poi di nuovo al suo fianco, le dita fredde che sfioravano le sue e si aggrappavano alla tavola.

Gli rivolse un sorriso caldo e gioioso, più nessuna traccia di lacrime o tristezza o preoccupazione. "Ci divertiamo un po', ti va?".

Quando Katsuki annuì con determinazione, Izuku mosse la coda, che diede poderose spinte nell'acqua. La tavola prese velocità, scivolando rapidamente attraverso le onde, come se fosse sospinta da un motore.

Il vento sferzava il viso di Katsuki mentre guardava il mare aprirsi davanti a lui, piccoli schizzi d'acqua gli bagnavano i capelli. Era incredibile quanto velocemente si muovessero, con Izuku che, sotto la superficie, li spingeva avanti con forza e grazia. Katsuki sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene, mescolata con una sensazione di profonda meraviglia e felicità.

Nonostante l'oscurità della notte, il percorso che stavano seguendo era chiaro. Izuku conosceva bene il mare, ogni roccia e ogni corrente, e guidava Katsuki con sicurezza verso la loro destinazione segreta. Dopo un po', il tritone rallentò e riemerse per bene accanto alla tavola, il viso che spuntava dall'acqua con un sorriso giocoso.

"Siamo quasi arrivati!" disse Izuku telepaticamente, gli occhi verdi che brillavano di eccitazione.

Katsuki annuì, il respiro corto per l'emozione. «Credimi... Non vedo l'ora di vedere questo posto. È davvero così speciale?».

"Molto di più..." rispose Izuku, la sua voce dolce come il suono delle onde. "È un luogo che sembra magico, lontano dal mondo degli umani... L'ho scoperto per caso nel mio girovagare. Vedrai... È un posto dove possiamo stare un po' tranquilli..."

Così proseguirono più piano, ancora per un breve tratto, la tavola che scivolava ora placidamente sopra l'acqua. Katsuki guardò al suo fianco come le piccole scaglie sul volto di Izuku rilucessero dello stesso riflesso della luna sull'acqua, lo stesso riflesso argenteo sulla punta delle sue orecchie, lasciate scoperte dai riccioli verdi, così diverse da quelle di un umano, appuntite, leggermente frastagliate e sottili verso l'esterno, chiuse da una membrana là dove doveva esserci la cavità che portava al timpano.

Voleva toccagliele, capire se erano come le pinne dei pesci, rigide e spinose, o se invece erano di cartilagine morbida come le proprie.
In realtà, ogni volta che lo osservava si chiedeva se davvero non fosse un sogno quello che stava vivendo.

Poi, lentamente, il paesaggio cominciò a cambiare. Gli scogli si fecero più alti e scuri, l'acqua più profonda e fredda. Un passaggio nascosto si aprì tra le rocce, una fessura stretta che sembrava condurre nel cuore della terra.

Izuku guidò attentamente Katsuki attraverso quella fessura, con la tavola che si infilava con precisione tra le pareti rocciose, appuntite e tetre.

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