Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 84

«Mamma orsa!»
Sebbene il suo viso riflettesse un'enorme stanchezza, non mi privò dell'accoglienza affettuosa che le era propria. Parve meravigliarsi quando vide il mio stato avanzato - anche se sulla lettera che aveva ricevuto era ben chiaro il perché fosse richiesta la sua presenza a Corte - e ancor di più si meravigliò quando spuntò Carlyle all'improvviso a cingermi un fianco.
Aveva i capelli bagnati ma in ordine e un leggero sorriso di gratitudine stampato sul volto.
Al contatto con la sua mano divampai in un incendio di imbarazzo e mi feci scudo volgendo la testa in basso. Sebbene la nostra relazione fosse plateale e non più solo custodita all'interno di quel palazzo, quei gesti così evidenti mi catapultavano ancora in una certa impreparazione. Eppure la servitù ormai pareva non farci più caso, passato un'iniziale sgomento. Solo qualche ragazza, giovane e ancora molto inesperta sul lavoro, mi sputava addosso invidia facendola passare per buonsenso.
C'era infine chi si manifestava addirittura contento che il principe si fosse sbarazzato, quantomeno all'apparenza, della moglie. Un esempio era Sir Jacques.
«Hilde, bentornata a palazzo!»
Carlyle accolse l'ospite con benevolenza in ricordo della fanciullezza trascorsa assieme e questa gli rispose con un elegante inchino.
«È un onore, Vostra Maestà. Questo palazzo è intriso di ricordi e tornarci è sempre un tuffo al cuore. Sapete, temevo che non l'avrei più rivisto dopo la morte di vostro padre.»
Un ragazzo sulla quindicina si avvicinò svelto e caricò come poté tutti i pesanti bagagli portati da Hilde. Dopo un gesto di riverenza imbevuto pressoché di goffaggine e timidezza, voló via sperando in cuor suo di aver fatto bella figura.
«Desidero avervi a cena questa sera. Agnello? Lo gradite?»
«Assolutamente Vostra Maestà, andrebbe bene anche della zuppa di cipolle per quanto mi riguarda. Non voglio ricevere più elogi di quanti me ne spettino.»
«Zuppa di cipolle? Hilde, siete mia ospite e come tale ho intenzione di trattarvi fino a quando sarete qui.»
Hilde abbozzò un sorriso e cinse le mani in segno di gratitudine. Da governante di Re Friederich si era ritrovata dopo anni a cena con il figlio.
«Vada per l'agnello allora.»
«...con salsa di ginepro e pepe.»
«...con salsa di ginepro e pepe! Vostra Maestà, ricordate proprio tutto!»
Il principe annuì quasi divertito e aggiunse che la memoria di ferro era sempre stata una sua caratteristica.
«Ovviamente attendo anche voi per la cena!» disse rivolgendosi a me.
Detto questo poggiò una mano sulla mia pancia come a carezzarla e mi stampò un dolce bacio sulla bocca. Hilde avvampò e io feci peggio. Dovette chiedersi da quando il ragazzo tutto di un pezzo era diventato così avvezzo alle carinerie.
Dopo lo scambio di altre due o tre battute, Carlyle si congedò alla volta degli accampamenti e io colsi l'occasione per far vedere a Hilde quanto era cresciuta in quasi due anni quella bambina che era stata accolta per la prima volta dalle sue braccia.

L'indomani la donna volle perlustrarmi. Acconsentii un poco riluttante. Per quanto non rimembrassi neanche una goccia del dolore che avevo patito con Amaranta, le sue mani frondose che mi rovistavano nelle viscere le ricordavo benissimo. Non potei tuttavia che lasciarla fare e farmi visitare da colei che faceva nascere le persone quasi per professione.
«Mia cara, credo che dovrete aspettare ancora per molto. Questo bambino non ha affatto intenzione di uscire!» sentenziò pulendosi le mani con un asciugamano in lino.
Mi aveva fatta distendere sul letto, mi aveva intimato di levare calze e braghe e infine si era tuffata tra le balze della mia gonna. D'istinto chiusi le gambe ma questa mi riprese picchiettandomi le ginocchia.
«Come pensate che possa visitarvi così?» allora fece forza e mi costrinse ad abbandonarmi alla sua volontà.
Si intrufolò dentro di me e cercò di farsi spazio nel mentre storceva la bocca in smorfie poco rassicuranti.
Alla fine il responso certo e a prova di stolto fu che sarei rimasta incinta ancora a lungo.
Da quando Hilde era giunta a Livingstone era diventata la mia migliore amica e più intima confidente. Per questo motivo non mi opposi al suo desiderio di ispezionarmi come se fossi una sua paziente. La sua presenza fu una benedizione: trascorrevo tutto il tempo con lei e nel mentre mi insegnava a ricamare, a cucire e a confezionare corredini e copertine.
Contrariamente all'atmosfera che si era instaurata con Hilde, dentro palazzo purtroppo, a parte qualche persona che potevo contare sulle dita di una mano, tra cui Sir Jacques e Lydia, mi ero fatta terra bruciata attorno. Non avevo amiche e l'unica persona a tenermi compagnia con una certa frequenza era Daisy tramite una corrispondenza epistolare che avevamo messo in piedi da quando ero tornata a inizio estate.
Deambulavo pertanto nel mezzo del polverone dell'accusa e della gelosia ma Hilde mi diceva di non farci caso, che se le cose dovevano andare così allora niente avrebbe potuto cambiare il destino. Dovetti convincermi dunque di avere molta forza custodita da qualche parte e che non tutti avrebbero sopportato un clima ostile come quello.

Una mattina di inizio settembre mi alzai di buon'ora.
«Hilde!» chiamai. Di solito accorreva con la sua camminata rapida ma quella volta non lo fece.
Solo più tardi scoprii che si era recata alle prime luci dell'alba in città per acquistare noci, farina e miele. Misi il broncio quando appurai che non avrei avuto la sua compagnia a colazione e tantomeno qualcuno che mi dicesse che non dovessi fare la timida con il cibo perché le energie presto mi sarebbero servite. Per quanto sapesse che non fosse necessario e che bastava chiedere per inviare qualcuno in città a svolgere le commissioni, aveva insistito affinché fosse lei a occuparsi di tutto.
Da quando era giunta a Livingstone infatti mi aveva ripetuto più volte che avrebbe assolutamente dovuto farmi assaggiare la torta dolce che preparava ai suoi figli prima che questi abbandonassero il focolare alla scoperta del futuro. Una ricetta antica, tramandata da sua nonna a sua madre per la quale c'era da leccarsi i baffi.
Diedi una sistemata al letto e mi apprestai a fare un bagno caldo.
La camera in cui alloggiavo era rimasta la stessa dall'epoca della mia prigionia. Distava qualche manciata di metri da quelle che erano allora le stanze della principessa e per quanto quel posto mi avesse terrorizzato all'epoca, a quel punto, nel calore dell'acqua bollente, appurai che non mi facesse più paura.
Mi immersi nei vapori fino alla testa. Chiusi gli occhi in riflessione e poi presi una decisione azzardata.
Quelle stanze erano serrate dal giorno della partenza di Jocelyn Hannover e nessuno si era azzardato a rimetterci piede, chi per rispetto alla principessa ancora in carica, chi per timore di qualche maledizione.
Spinta dalla curiosità e dal senso di onnipotenza di poter essere padrona del mondo in quel momento di perfetta solitudine, mi vestii in fretta e furia e uscii alla volta di quell'abitacolo che solo qualche anno prima mi aveva fatto tremare le gambe e scuotere le viscere.
Al contatto con la porta fredda e di abbandono rabbrividii. Una scarica di adrenalina defluì dalla testa ai piedi e per un attimo vacillai al pensiero che potessi venir scoperta. Era pur sempre la stanza di una reale. Piegai la maniglia e incredibilmente questa non oppose resistenza. Non mi spaventai nemmeno al rumore di ferro stridulo. Entrai in punta di piedi e richiusi la porta alle mie spalle. Improvvisamente udii un parlottare lungo il corridoio. D'istinto trattenni il respiro fino a quando quelle voci non si confusero con i rumori di sottofondo.
Quel luogo si manifestò come un dipinto di solitudine. Sembrava esserci passata la carestia e poi esser seguite le intemperie del più gelido inverno. Una coltre spessa di polvere si era poggiata in ogni angolo di quello spazio, non avendo riguardo di chi era stato solito abitarci. Tutto era fermo e inspiegabilmente triste. Quasi per magia si materializzarono le immagini di Jocelyn e Godwin a giocare a scacchi quando ritenevano che fosse opportuno prendersi una pausa dalle loro angherie; di Amaranta sulla poltrona che avevo proprio lì davanti, tra le braccia di quella donna che per un frangente si era considerata sua madre e la dolorosa scena di quando Carlyle si era arreso a lei con l'intento di farle credere che fosse veramente suo.
Feci dei passi timidi e mi guardai attorno. Era forse la seconda volta che vi entravo in tutta la mia vita. Passai la mano sullo schienale della poltrona, poi proseguii su un comodino e infine sul baldacchino del letto, come se stessi seguendo un percorso. Davanti all'armadio ne aprii le ante e dentro vi trovai appesi i vestiti di Jocelyn ancora perfettamente in ordine. Tanta di quella ricchezza destinata a marcire nella muffa.
Feci per guardare ancora ma l'aria stantia di quella stanza cominciava a darmi alla testa.
Stavo per andarmene ma nella fretta di sbrigarmi e abbandonare quel luogo il prima possibile un orecchino si sganciò dal lobo e rotolò sotto il letto.
Con non poca fatica mi appoggiai alla lettiera e mi abbassai. Lo vidi che rifletteva. Allungai la mano e con qualche sforzo riuscii ad afferrarlo. Purtroppo però nel muovermi per avvicinare il gioiello a me smossi una mattonella che si alzò dal pavimento. In un primo momento mi convinsi di averla rotta e me ne rammaricai. Mi adoperai dunque per riposizionare il tutto e per non lasciare traccia dell'inconveniente. Facendo forza su braccia e gambe spostai il letto appena per sistemare il danno ma quando mi accovacciai di nuovo la mia attenzione fu colta da altro.
Esattamente nascosti sotto quella mattonella vi ritrovai pezzi di pergamena anneriti e consunti dalla calce. Ne afferrai un brandello e ci soffiai sopra per osservarlo in controluce. Un brivido mi assalì. Li presi tutti senza un ordine preciso e li stesi a terra. Intuii che combaciassero tra di loro e che se fossi stata fortunata non ne sarebbe avanzato neanche uno.
Su un pezzo riconobbi il nome di Jocelyn dalla scrittura sinuosa e lo posizionai al centro. Su un altro vidi quello di Godwin e proprio su quello accanto il titolo che gli apparteneva. Su un ritaglio lessi il nome di una chiesa e su un altro una data che risaliva a un giorno di circa quindici anni prima. Procedetti ancora per un po' in quell'opera di ricomposizione fino a quando ogni pezzo prese il suo posto.
Mi drizzai sufficientemente per leggere quanto avevo prodotto ricongiungendo i pezzi di quel puzzle.
Lessi una volta e intravidi anche la firma di un prelato.
Lessi una seconda ma confusa. Mi stropicciai gli occhi e sbattei le palpebre con angoscia. Mi sentivo frastornata, smarrita. Lessi una terza e si mozzó il fiato. Il respiro divenne spaventosamente corto.
Urlai dallo sgomento e mi gettai indietro come se un mostro fosse uscito dal pavimento. Non poteva essere vero quello che avevo appena letto. Il terrore di aver scoperto quel segreto di cui anni fa avevo origliato parlare i due quando credevano di essere soli aumentò i battiti del petto tanto da renderli dolorosi. Anche il bambino percepì qualcosa, tanto che lo sentii muoversi spaventato. All'improvviso dei dolori alla pancia mi lacerarono in due. Urlai dallo strazio come se delle spade mi avessero trapassato da parte a parte. Mi toccai il ventre ma era diventato duro come il marmo. Mi contorsi ed espirai rumorosamente. Un brodo caldo precipitò lungo le gambe come una cascata e bagnó il pavimento.
Guardai a terra incredula e mi toccai tra le gambe. Sulle mani un liquido vischioso e verdastro. Non poteva essere, era ancora troppo presto. «Hilde! Hilde!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola ma nessuno venne in mio soccorso.
«Hilde! Lydia! Théodore!» ma nonostante le grida nessuno comparve.
Mi trascinai da un lato, quanto più vicina a un sostegno che mi aiutasse a rialzarmi. Feci forza su un braccio ma le fitte che provai all'altezza del ventre mi fecero cadere più di una volta. Da terra mi diressi allora quasi strisciando verso quei frammenti di confessione che avrebbero fatto tremare un regno intero. Li raccolsi assieme e li sistemai tra le pieghe del vestito.
Finalmente riuscii ad alzarmi con il briciolo di forza che mi era rimasto. Mi poggiai a un lato del letto, curva e dolorante. Feci leva sulle ginocchia e riuscii a ottenere una posizione eretta. Un'altra scossa mi trapassò da cima a fondo. Digrignai i denti e voltai indietro la testa come una civetta.
Piccole gocce di sangue brillante puntinarono il pavimento alla stregua di una debole pioggia.
Gridai dallo spavento. Perché quel sangue? Cosa mi stava succedendo?
«Hilde! Qualcuno mi aiuti! Ve ne prego!»
Una porta sbatté violenta contro il muro e ne entrò finalmente la donna tutta trafelata.
«Buon Dio, eravate voi che urlavate all'impazzata! Cosa ci fate qui dentro e cosa vi succede?»
Corse da me per darmi sostegno vedendomi in quello stato e mi afferrò per un braccio.
«Portatemi in camera mia, vi supplico!» esalai debolmente.
Vide quella scena e parve svenire.
«Non era previsto, é ancora troppo presto!» Hilde boccheggiò impreparata e si guardò attorno per sincerarsi che davvero non stesse vivendo un incubo.
«Così é! Il bambino sta per arrivare e io sto perdendo sangue!» detto ciò un'altra fitta mi tolse il respiro.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro