Capitolo 63
Mia cara Anthea,
Non ci crederai mai, ma è il primo novembre che Sommerseth viene completamente sommerso dalla neve.
Ho vaghi ricordi della mia infanzia in cui io e mio fratello ci divertivamo a ruzzolare in quel gelido, candido manto. Più nitide sono invece le immagini di mia madre che ci rimprovera con la minaccia che se non fossimo rientrati subito dentro casa ci avrebbe mandato a letto senza cena. Convengo con lei ora nel dire che sarebbe stato meglio darle ascolto ed evitarci la febbre che veniva a farci visita nei giorni a seguire.
Ma ora passiamo a quello che Lydia chiama il «legger chiacchiericcio». Mi hai chiesto di aggiornarti su cosa succede a Livingstone e dunque eccoti accontentata: il principe, alla fine, è dovuto scendere a compromessi con Jocelyn. Anche quest'anno verrà indetto un ballo in onore del suo compleanno... sai bene quanto lui detesti questo genere di cose e gradisca cerimonie più intime. Per sua sfortuna, tra le passioni della principessa rientrano la mondanità e l'acquisto dei più begli abiti dalle stoffe più pregiate con largo anticipo.
Lamento che non ci sarai, ma mi auguro che verrai a farmi visita in occasione del Natale.
Marfa
«Siete sicura che ce ne sia uno e basta?»
Roteai gli occhi all'udire quella frase. Hilde non aveva torto nell'ironizzare sulle mie dimensioni. Non ero molto alta di statura e quella mongolfiera che sembrava gonfiarsi sempre più ogni giorno che passava dava l'impressione che ci fossero più inquilini al suo interno e non solo uno. Per mia fortuna, sapevo che non era così.
Come consigliato da lei, spalmavo dell'olio di mandorla sul grembo ogni sera per elasticizzare la pelle che si era riempita di striature rosse. Hilde asseriva che fosse normale e che, con le sue innumerevoli gravidanze, la sua pancia non era più quella di una volta. Ci avrei fatto l'abitudine.
Mi occupai personalmente delle decorazioni natalizie quando anche dicembre fece il suo arrivo. La mia presenza nella residenza era diventata di poco aiuto e per rendermi utile e non annoiarmi, decisi di impiegare le mani nel confezionare ghirlande, intrecciare bacche e cucire palline imbottite da appendere lungo le scale. La dimora, poco a poco, assunse un nuovo aspetto grazie a quegli ornamenti che Gertrude definì «gingilli» ma che parvero piacere al resto della servitù. Potevo considerarmi soddisfatta del lavoro svolto.
Una mattina mi svegliai con la pancia molto dura. Non dovevano essere neanche le sette. Il gallo aveva già cantato da un po' ma il sonno aveva finito per catturarmi nuovamente.
Fui costretta ad alzarmi e a cercare Hilde, quando sentii dei piccoli dolori provenirmi dal basso ventre. Ne avevo già avuti nei mesi precedenti ma la governante aveva ribadito, anche in quel caso, che rientrava tutto nella norma. Quel giorno però erano diversi, più forti, e quella pancia dura come il marmo non preannunciava nulla di buono. Infilai le pantofole e stropicciai gli occhi solo dopo aver espirato, in seguito a un'altra fitta di dolore.
Hilde doveva essere nelle cucine, ma quando non la trovai fui colta dal panico. Mi tranquillizzai solo dopo aver udito la sua voce provenire dalla sala da pranzo. Stava parlando con qualcuno.
«Hilde, per favore, potete... »
Quando trovai Carlyle nella stanza, mi bloccai. Lo guardai meravigliata ma fatalmente contenta di averlo di fronte. Erano più di due mesi che non lo vedevo, né che avevo notizie di lui.
Si mosse dalla sedia e assaporò la gioia dell'avermi rivista. I suoi occhi sorrisero e anche la sua bocca carnosa si piegò in una sinuosa onda. Sentii un forte calore divamparmi nel petto e sulle guance e il respiro farsi affannoso. L'eccitazione che provavo non era assolutamente quantificabile.
«Mia cara, volevate dirmi qualcosa?» riprese Hilde.
Negai tremolante. Come per magia, quei dolori erano scomparsi. Con vergogna, mi ricordai solo allora di essere ancora in camicia da notte e completamente spettinata. Avrei voluto scomparire invece che farmi vedere in quelle condizioni.
Carlyle terminò di gustare la brioche alla panna e la tazza di orzo bollente. Una colazione magra, pensai, per il viaggio che aveva dovuto affrontare.
Lanciò un'occhiata a Hilde dall'altro capo della stanza, ma questa era impegnata a conversare con un domestico da poco arrivato che non sapeva ancora bene come comportarsi.
Mi avvicinai io per sparecchiare la tavola ma questi me lo impedì con un cenno della mano, allora si alzò, afferrò il colbacco e abbandonò la scena in un modo molto naturale. Nell'andarsene mi passò vicino. L'odore di biancospino mi diede le vertigini.
Corsi, per quel che potei, nella mia stanza. Feci un bagno al volo e indossai la divisa nera e bianca. Rovistai nei cassetti alla ricerca di un fermaglio, quello placcato in argento e con le perle, ma non lo trovai. Sbuffai in preda al nervosismo.
Mi fiondai sul letto per infilarmi le scarpe. Hilde mi aveva insegnato un trucco per riuscire a indossarle senza dover ogni volta dipendere dal suo aiuto. Dopo vari tentativi andati a vuoto e quando temevo che avrei perso la pazienza, finalmente ci riuscii e mi catapultai alla porta.
Quando la aprii vi trovai Carlyle ad aspettarmi. Sobbalzai per lo spavento. Fece un passo in avanti e io uno indietro. Mi guardò perso.
La sua figura, così imponente e delineata, mi destabilizzò.
Infilò una mano tra i miei capelli e se li fece scivolare tra le dita, con l'altra mi accarezzò una guancia, poi con uno scatto diede un colpo di piede alla porta facendola chiudere alle sue spalle.
Mi catturò la testa e la avvinghiò alla sua bocca. Un imperturbabile desiderio si trasferì dalle sue labbra alle mie, facendomi cadere schiava di quel piacevole mugolio.
D'improvviso il bacio si fece più intenso, come se stesse cercando di far provare qualcosa a entrambi. Mi fece retrocedere, respirandomi addosso. Mi scaraventò sul letto e si slacciò i pantaloni. Dalle gambe divampò un calore che mi pervase di desiderio.
Non avrei dovuto ma non c'era modo per resistervi.
Slacciai il grembiule con frenesia e lo gettai in terra. Alzai la veste fino al bacino e lo lasciai sfilarmi le scarpe e le calze.
Sbrigatevi, urlavo nella mia mente, non resisto più.
Allora il mondo venne confinato a me e lui, mentre al suo esterno si aggrovigliava tutto il vuoto fatto di dolore e oscurità.
Non avevo dimenticato il suono del suo respiro mozzato e del battito uscirgli dal petto. Era lì bramoso di farmi sua e io pronta ad accoglierlo, quando avvertii i passi pesanti di Gertrude rimbombare lungo il pavimento del corridoio.
«Anthea! Anthea! Dove siete? Razza di... »
Il principe balzò con l'agilità di una lince, afferrò la giubba e si nascose nell'angolo, dove qualche attimo dopo l'apertura della porta lo avrebbe nascosto dalla vista della donnona.
«Siete ancora qui?» mi scrutò da cima a fondo «e ancora non siete pronta? Muovetevi!» latrò e poi sbatté la porta, facendomi sussultare per il rumore.
Il principe uscì dal suo nascondiglio e, inspiegabilmente, scoppiò a ridere.
«Cosa ridete? Per poco non venivamo scoperti!»
Cercai di contenermi ma la sua risata era troppo contagiosa.
Dopo esserci ripresi un istante, si sedette di fianco a me, unì le mani e cominciò a studiare il mio ventre con un'espressione affettuosa e impaziente sul volto.
Presi la sua mano e la poggiai sul mio grembo. Carlyle lo accarezzò in su e in giù, come un indovino che sta per interrogare la sua sfera di cristallo, successivamente emise un piccolo suono dalla bocca.
«Manca davvero poco... »
Passato il mezzogiorno e prima del calare della notte, io e il principe ci demmo appuntamento alla panchina di pietra, punto di ritrovo che, con una certa discrezione, non aveva mai smesso di custodire il nostro segreto.
Quando vi arrivai, lui era già lì ad attendermi. Mi prese per la mano e mi invitò a seguirlo.
«Dove stiamo andando?» lo interrogai curiosa.
«Un posto che conoscete bene, ma non voglio rivelarvelo ancora.»
«Spero non troppo lontano poiché non ho il fiato né la forza per camminare a lungo.»
Rinvigorì la stretta e mi invitò a proseguire.
Arrivammo al lago e, una volta giunti a destinazione, mi fece una richiesta per la quale sbattei le palpebre più volte.
«Adesso toglietevi i vestiti.»
«Togliermi i vestiti? È per caso uno scherzo?»
Avevo sentito strane storie di abitanti dei paesi scandinavi che durante il picco dell'inverno usavano farsi il bagno nelle acque dei laghi, alcune sulfuree, altre invece non dotate di chissà quale proprietà alchemica. Non ci avevo mai creduto fino in fondo, ritenevo folle un'usanza del genere. Il fatto che mi avesse avanzato tale richiesta in pieno inverno mi sembrò del tutto fuori luogo.
Compresi che non stava scherzando quando lo vidi slacciarsi gli stivali e gettarli in un punto. «Carlyle, fa troppo freddo, se Hilde mi vedesse...»
«Oh, ma Hilde non può vedervi! E poi siete con me, non pensate a lei.» i suoi denti bianchissimi risaltarono nel paesaggio circostante.
Il principe proseguì con la sua opera. Sfilò la giacca e anche la casacca, poi fece scivolare via i pantaloni fino a quando non rimase in mutande. Da ultimo, tolse anche la canottiera.
La sua pelle cipria arrossì al contatto con il freddo e i suoi capezzoli si irrigidirono.
«Allora? Mi lascerete entrare da solo?» ironizzò, allargando le braccia.
Una soffice nuvola di vapore fuoriuscì dalla sua bocca e lo circondò, conferendogli un'aura fiabesca.
Ero senza parole, temevo mi sarei ammalata.
«Sto aspettando!» proseguì ridacchiando.
Alla fine mi convinsi.
«Se magari qualcuno mi aiutasse... !» roteai gli occhi in modo teatrale.
Il principe si morse un labbro e corse verso di me con i piedi nudi sul terriccio gelido. Appoggiò il mio cappotto al ramo di un albero e mi slacciò il grembiule, dopodiché lo gettò a terra. Cosa avrebbero pensato Hilde o Gertrude se lo avessero ritrovato sporco di fanghiglia!
Sbottonò l'abito nero e fece scivolare prima una e poi l'altra spallina, fino a quando non mi arrivò ai piedi. Allora si abbassò, prese i lembi della sottoveste bianca e la fece uscire dalla mia testa.
Mi spostò i capelli e stampò un bacio ardente sul mio collo. Per un momento mi dimenticai del gelo invernale che mi circondava. Anche le bretelline della mia canottiera scesero lungo le braccia seguendo la direzione imposta dalle sue mani.
Percepii un movimento alle mie spalle: era Carlyle che si stava, da ultimo, sfilando le braghe. Non ci volle molto prima che scese anche le mie.
La temperatura gelida bruciò la mia pelle. Non credevo avrei sentito così tanto freddo in vita mia.
Il principe si appoggiò con tutta la sua virilità e mi afferrò i seni da dietro che sussultarono al tocco delle sue mani ancora calde. Li strinse con bramosia e mi deliziò di altri baci selvaggi nell'incavo del collo. A quel punto dovevo trovarmi al centro di un vulcano per il calore che mi avvolse e mi uscì un gemito nel mentre continuava a provocarmi ogni angolo del corpo.
L'acqua era veramente ghiacciata tanto che per un attimo sentii la tentazione di rigirarmi. Alla fine mi feci coraggio e entrai fino a quando non raggiunse l'ombelico. Riuscii ad ambientarmi presto, contrariamente alle aspettative.
«Mi siete mancata molto, sapete?» sussurrò Carlyle alle orecchie.
Mi voltai per guardarlo. Per l'ennesima volta non mi capacitai di come madre natura avesse fatto a generare un essere così perfetto.
«A me continuate a mancare ancora adesso.»
Accoccolai la testa sul suo torace scolpito. A quel punto non avevo bisogno di nulla, né di una parola, né del rumore dell'acqua che sbatteva contro i nostri corpi nudi. Solo delle sue dita che si intrecciavano tra i miei capelli e della promessa che sarebbe rimasto per sempre.
Procedemmo ancora di più verso il centro, fino a che anche il mio petto non venne sommerso dall'acqua.
Sentii la sua eccitazione sbattermi addosso e le sue mani perlustrarmi nei punti più reconditi. Le fibre dei miei muscoli vibrarono.
«Muoio dalla voglia di concludere ciò che avevo appena iniziato.» sibilò ansimante.
La passione mi accese con vampate tremule e mi strozzò il fiato.
Non ci avrebbe visto nessuno ed eravamo già tanto eccitati da perdere ogni cautela.
Contrastando i nostri istinti, rimanemmo fermi nell'evitare qualsiasi movimento avrebbe potuto danneggiare la salute del bambino.
Mi accolse tra le sue braccia, caldo e sacrosanto rifugio.
«Tra poco è il vostro compleanno.»
«Lamento che dovrò festeggiarlo e, al tempo stesso, lamento di non aver festeggiato il vostro.»
Gli schioccai un bacio sulla punta del naso.
«Trentun anni non sono pochi.» sottolineai.
Carlyle colse la mia ironia e scoppiò a ridere.
«E voi, mia cara Anthea, siete solo una ragazzina.»
«Una ragazzina che avrà presto il vostro ragazzino.»
«Sarà un insigne cavaliere, un coraggiosissimo cacciatore e un abile arciere.» replicò con tono teatrale.
Le nostre bocche si incollarono di nuovo e rimasero attaccate per lungo tempo, quasi da rimanere saldate l'una con l'altra. Quando ci staccammo, il tempo per riprendere fiato, avvinghiai le gambe attorno al suo bacino.
Improvvisamente sentii un fiotto di acqua calda attorno alle cosce, decisamente in contrasto con la temperatura ghiacciata del lago.
«Mi avete urinato addosso?» scherzò Carlyle.
Divenni paonazza «Che cosa? Pensate che ne sarei capace? A dire il vero, credevo foste stato voi!»
«Non mi verrebbe mai in mente di fare una cosa del genere!» puntualizzò.
Ad un tratto ci fissammo.
Quando realizzammo, spalancammo gli occhi terrorizzati.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro