Capitolo 6
Realizzai di aver incontrato il principe in persona da Margot's solo dopo qualche secondo. Fu più difficile capacitarmi che il giorno prima ero a qualche palmo di distanza dal suo petto.
Seguii con lo sguardo il suo avanzare nella stanza. Dall'abbigliamento che vestiva era evidente fosse appena tornato dalla caccia. Indossava un lungo mantello nero, una casacca rossa stretta in vita con una cinta, pantaloni neri e stivali in pelle ancora un po' sporchi di terra. Appoggiato al busto aveva l'elmo che si era da poco tolto e che aveva lasciato i suoi capelli scompigliati.
Si ritrovò presto al centro della sala, di spalle ad una delle finestre. Essendosi messo controluce non fu semplice per me capirne bene i lineamenti e le espressioni, ciò che invece mi fu semplice intendere fu la sua voce.
«Buongiorno a tutte, la vostra venuta mi trova alquanto impreparato. Contavo di ricevervi per il pomeriggio, se avessi saputo del vostro imminente arrivo mi sarei fatto trovare in condizioni migliori. Ora passiamo alle questioni serie e del perché vi siete recate qui questa mattina.»
Dicendo questo alzò il palmo della mano in direzione della porta dalla quale era entrato, quasi a preannunciare l'ingresso di una qualche altra figura nella stanza.
E infatti avevo ragione. Le porte si spalancarono al suon di «Sua Maestà la principessa Consorte di Sommerseth e della contea di Beaufort.»
Vidi anche qui per la prima volta la così tanto mitizzata e temuta Jocelyn Kynaston.
Il principe si avvicinò verso lei con passo lento come a volerla contemplare e a infondere maggior risalto ai nostri occhi. Da dietro le mie spalle comparve questa figura alta e snella.
Indubbiamente era una bella donna, degna - a primo impatto - del ruolo che ricopriva. Era alta quasi quanto il marito, aveva capelli biondo miele raccolti in un'acconciatura arrotolata sulla parte superiore della testa, tenuta ferma da fermagli d'oro e pietre preziose. Aveva occhi piccoli e chiari, naso fino e all'insù, bocca sottile e larga. Alle orecchie pendevano due orecchini di perla, incastonate in una struttura d'oro. Indossava un vestito in broccato verde con decorazioni barocche in rosso sul quale era ricamato lo stemma della famiglia reale. Dal corpetto aderente partiva una gonna lunga e larga, forse quasi come quella che indossavo io in quel momento.
Accompagnata per mano dal marito si posizionò di fronte a tutte noi. Dopodiché si avvicinò e ci camminò davanti a passo lento, per guardarci e analizzarci meglio. Quando passò davanti a me si fermò per un istante e, solo dopo aver abbassato la testa in segno di rispetto, proseguì la marcia verso le altre mie compagne. Mi sentii in quel momento come carne da macello.
Ebbi subito la sensazione che la principessa non doveva essere morbida di carattere come poteva sembrare suo marito, per lo meno all'apparenza.
«Lavorare a palazzo» esordì la principessa dopo aver terminato il suo giro di ricognizione «non sarà solo una scelta mia, di mio marito e del Consiglio d'Amministrazione, sarà anche una scelta vostra. Le condizioni che esigo vengano rispettate sono una discriminante per coloro che non sono veramente convinti di voler lavorare qui.» In quel momento mi aspettai che ci venisse richiesto di dare prova delle nostre capacità nel servire e nel pulire i pavimenti, le stoviglie...o cose simili. Niente di tutto questo arrivò.
«Si faccia da parte chi già sa di essere in ritardo con il pagamento del tributo di residenza.»
Eravamo circa una decina ad esserci presentate e quattro di loro fecero un passo indietro, deluse per l'esser state già scartate. Jocelyn guardò le ragazze che erano rimaste e annuì con soddisfazione beffarda.
«Immagino avrete premura di adempiere ai vostri doveri quanto prima.» sottolineò rivolgendosi a loro, alzò allora il mento verso l'alto per ribadire la sua supremazia e proseguì il discorso che aveva iniziato.
«Vi rivolgerete sempre a me e a mio marito con il Voi. Ogni volta che sarete interpellate abbasserete lo sguardo in segno di rispetto. Sarete sempre raggiungibili, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Vi sarà concesso di tornare a casa vostra due giorni al mese, non di più. Svolgerete questo lavoro con il massimo della diligenza e non sarà perdonato alcuno sbaglio o mancanza. Il ritardo dentro questa dimora non esiste e non esisterà mai e infine non vi sarà concesso stringere relazioni amorose con altri membri del personale. Sarete, in un'unica parola, perfette!»
Si alzò un vociare tra di noi, evidentemente non tutte accondiscendevano a non avere turni di lavoro ben stabiliti e soprattutto ad avere solo due giorni di riposo al mese.
Altre due ragazze si tirarono indietro.
Comparve una smorfia beffeggiatrice sul suo viso «Ve lo avevo detto. Lavorare per la famiglia Kynaston è una scelta che spetta in primis a voi!»
«Vi chiedo scusa Sua Maestà, ma non ci avete ancora detto quanto sarà la paga nel caso in cui accettassimo l'incarico.» puntualizzò una ragazza tra quelle poche che era ancora rimaste.
Che coraggio il tuo, pensai.
Jocelyn Kynaston fece un sorrisino derisore e si voltò verso la fanciulla che aveva avuto anche il solo coraggio di parlare.
«Mi sembra di aver capito che non siete davvero intenzionata a prendere seriamente questo lavoro se il primo pensiero che vi viene in mente sono i soldi. Immagino avrete piacere a tornare a casa vostra quest'oggi.»
La ragazza piombò in uno stato confusionale e poi abbandonò la Sala insieme a quelle che l'avevano fatto prima di lei.
«Per quale motivo dovreste ambire a prestare servizio presso Palazzo Livingstone se potreste ottenere una paga attraverso qualsiasi altro mestiere? Pensate che lavorare qui sia la stessa cosa che lavorare altrove?» stritolò i suoi muscoli facciali per la rabbia, poi aggiunse «la vostra ambizione maggiore dovrebbe essere il venir riconosciute degne di essere al cospetto della famiglia Kynaston, tutti i giorni. C'è chi pagherebbe oro al vostro posto.»
Dopo il suo sfogo, dunque, eravamo rimaste in tre.
«Mi pare di capire pertanto chi saranno le future domestiche a Corte. Sir Jacques presto, indirizzale verso le loro stanze. Le voglio pronte entro un'ora.»
E il principe? E il Consiglio? Non spetta anche a loro decidere?
In tutta questa scena il principe non aveva proferito parola.
So solo che non aveva smesso di fissarmi un secondo e che dal suo volto non era trapelata alcuna emozione.
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