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Capitolo 41

Quella notte non riuscii a prendere sonno.
L'unica sicurezza che avevo era che finalmente la giornata era volta al termine e che la contentezza che ne scaturiva sarebbe presto sfumata nell'agitazione del giorno successivo.
Ormai ero promessa.
Questa era un'altra certezza, che si aggiungeva a quella precedente.
Promessa a un uomo che mi aveva sempre trattata bene, che mi aveva ricoperta di attenzioni dal primo giorno e che aveva rinunciato al proprio tempo per concederlo esclusivamente a me.
Promessa a un uomo che, a discapito di tutto, non amavo.

Perché non hai rifiutato? Perché non hai rifiutato?

Questa domanda non faceva altro che darmi la caccia sotto le coperte tanto che a ogni suo richiamo voltavo la testa dall'altra parte del cuscino, come a volerle fuggire.
La notte continuò a diventare ancora più cupa fino a quando anche la luce della luna venne risucchiata dalle figure imponenti degli abeti e il richiamo dei corvi si tramutò in un lontano canto nostalgico.

A seguito di quella proposta così inaspettata e sgradita al contempo, Lydia e Marfa, insieme a un esitante Sir Jacques e a un gruppetto di domestici che si unirono a noi per continuare i festeggiamenti, ci fecero strada nei seminterrati per decretare finalmente la nascita di una nuova coppia di fronte a un buon bicchiere di brandy, offerto dalla principessa stessa per l'occasione.
Di quella bevanda pungente non assaporai neanche l'odore poiché, con la scusa di un mal di stomaco causato dal carico emotivo della giornata, mi rintanai nella mia stanza dove continuavo a trovarmi da allora.
Ethelwulf, quando se ne accorse, non apprezzò il mio allontanamento ma lo giustificò a modo suo e mi fece promettere che il giorno dopo ci saremmo visti per discutere della nuova vita che ci stava aspettando.
Annuii a testa bassa, mimando un crampo improvviso e abbandonando il gruppo alla sua baldoria.
Credevo che una proposta del genere non sarebbe mai potuta arrivare tra due domestici al servizio della principessa poiché così ci era stato detto il giorno dell'assunzione, eppure in quel caso era successo il contrario e per giunta quell'unione era stata benedetta dalla sovrana in persona.
Avanzando pertanto il dubbio, Sir Jacques mi spiegò che Ethelwulf non era considerato parte della servitù, poiché il vincolo che lo legava ai Kynaston non era lo stesso che legava me a loro, semplicemente Ethelwulf veniva remunerato a servizio: se non procurava legna non veniva pagato.

Spostai le coperte con violenza e rimasi a guardare il soffitto a lungo, sotto il russare di una Marfa dormiente.
Si aggiunse quindi un'ulteriore certezza: quella notte non avrei dormito. Decisi a quel punto di alzarmi e dirigermi nelle cucine per degustare qualcosa di caldo.
Afferrai una mantella in lana e accesi la candela per farmi luce tra i corridoi.
Una volta arrivata di fronte le cucine, notai che la porta era stata lasciata semi aperta e che da dentro proveniva il debole pallore di una candela ancora in combustione. Doveva essere stata per forza Violet ad averla dimenticata accesa! Decisi di entrare e di spegnerla, per evitare inutili sprechi di cera.

Quando varcai la soglia ebbi un sussulto.
Il principe si trovava di fronte a me, rivolto verso il muro con le spalle inarcate e il capo spiovente verso il basso, poggiava una mano sul bancone in pietra e l'altra l'aveva impegnata con un bicchiere di whisky.
A giudicare dal vestito, una camicia in seta e l'ennesimo pantalone che aveva cambiato durante il giorno, non doveva neanche aver provato a mettersi a letto ma si era limitato per lo meno ad alleggerirsi negli abiti, se non poteva farlo nei pensieri.
Bevve il contenuto del bicchiere in un solo sorso e poi lo sbatté sulla pietra. Infine si girò di lato.
La luce fioca della fiammella illuminò il suo profilo perfetto, la spiovenza del naso appuntito, le curve morbide delle sue labbra e le ciglia folte che facevano da tetto a quegli zaffiri incastonati.
Rimasi sull'uscio in silenzio, non avendo capito se si fosse accorto della mia presenza.

«Vostra Maestà, non pensavo di trovarvi qui e a quest'ora della notte.» insicura, ruppi il ghiaccio.
Il principe si girò e addossò le mani all'indietro, accavallando una gamba sull'altra.
La camicia mezza aperta sul petto da cui si intravedeva qualche pelo bruno.
«Potrei dire la stessa cosa di voi.»
Roteai gli occhi per l'imbarazzo e mi avventai sul fuoco per scaldare l'acqua da cui ne avrei ricavato una tisana al tiglio.
Rimase a guardarmi e a studiare i miei movimenti, dal versare l'acqua in una pentolino al ravvivare i carboni ardenti, fino allo sporzionare le foglie di tiglio buone da quelle da buttare.

«Dunque vi sposate.» affermò repentinamente.
Sobbalzai.
«A quanto pare è così.» risposi, ma dal mio tono si capiva che non fossi entusiasta come ci si poteva aspettare da una futura sposa.
Si girò per versarsi dell'altro whisky che poi mandò giù nell'arco di qualche secondo.
«Ed è questo che desiderate?»
Tolsi il pentolino dal fuoco e ne versai l'acqua nella coppa con il tiglio.
Sospirai «Ethelwulf è un bravo ragazzo.»
Cercai di convincermi che quello fosse sufficiente per suggellare un matrimonio.
Rimasi a guardare le foglie roteare nell'acqua bollente fino a quando non si accumularono al centro.
Il principe respirò a fondo, abbassando la testa verso il pavimento.
«Tuttavia, non è questa la riposta che mi aspettavo.»
«Vostra Maestà, non credo io abbia alternative.»
Carlyle si mosse finalmente dalla sua posizione e mi osservò con sguardo perplesso.
«Avete fretta di trovare marito?»
«Oh no affatto! È che solo in questo modo posso evitarmi pretendenti poco graditi...»
«Credo di non capirvi.»
«Orville Patel.»
Comprese a chi mi stavo riferendo e attese che continuassi la mia spiegazione.
«È da circa un anno che il signor Patel mi molesta con le sue proposte e che ho naturalmente sempre rifiuto. Temo che questa sia l'unica strada per evitare che egli continui in futuro.»
«Perché non me lo avete detto?» domandò allarmato.
Lo guardai tremante.
«Cosa avrei dovuto dirvi?»
«Del signor Patel, avrei messo fine alle sue angherie.»
«E in che modo?»
Si rese conto che non sarebbe stato così facile porre rimedio a quell'inconveniente ma lui era in fin dei conti un sovrano e un modo lo avrebbe trovato.

Seguì un periodo di attesa, lo scoppiettare del fuoco ancora acceso e il rumore del vento alle finestre.

«Voi non potete sposarvi.» sentenziò.
Mi alzai e mi bloccai incredula.
«Non capisco...»
«Non potete sposarvi.»
«Perché mi state dicendo questo?»
«Perché se voi lo faceste ne impazzirei.»
Si avvicinò pericolosamente a me.
Due corpi, un uomo e una donna, separati da poco più di un metro.
Lo guardai in volto. Soffriva per un dolore interno che non gli avrebbe dato pace per molto tempo e che lo stringeva forte in una morsa.
«Non dovete sposarvi.» ripeté, con più convinzione.
Cercai la risposta nei suoi occhi e ve ne trovai una che confermava la sua presa di posizione. Era forse quello il mio destino?
Poi si avvicinò ancora di più e il mio cuore prese a battere con la forza di un cavallo in corsa.
Era così vicino da sfiorarmi.
Avrei dovuto forse indietreggiare ma l'attrazione magnetica che scaturiva dalla sua figura era così intensa che non sarei stata in grado di muovere un solo passo.
Improvvisamente sembrò tornare l'uomo che ero sempre abituata a vedere, autorevole e signorile.
«Si è fatto tardi e credo sia ora di rientrare nelle mie stanze. Vi auguro la buonanotte, signorina Gleannes.» proferì sommessamente, poi sorrise.
«Buonanotte, Vostra Maestà.»
Fece per andarsene. Superò il tavolo e mise la mano sulla maniglia della porta, poi si fermò e voltò il capo a metà.
Improvvisamente cambiò direzione e corse come una furia verso il punto in cui mi trovavo.
Si scaraventò su di me, mi afferrò la testa con entrambe le mani e poggiò le sue labbra sulle mie con desiderio e con affanno. Le mantenne ferme per qualche momento, respirandomi addosso, poi cominciò a muoverle e avvicinò ancora di più il mio capo al suo.
Il tempo sembrò fermarsi improvvisamente. Ero impreparata a tutto quello ma fu la sorpresa più improvvisa e disperata che avrei potuto chiedere.
Mi sentii scoppiare di felicità come mai prima di allora.
La sua lingua penetrò nella mia bocca e insieme cominciarono a ballare una danza.
Accalorata e attraversata da una forza nuova, ne chiesi ancora di più.
Mi sciolse i capelli e il manto miele cosparse la mia schiena. Si staccò a guardarmi e fece volteggiare gli occhi da un lato all'altro della mia figura, poi mi abbracciò di nuovo e sentii la sua virilità pulsante addosso al mio corpo.
Un'iniezione di adrenalina pervase le mie membra.
Dopo tanto tempo, trattenuta da costrizioni e dal giudizio, finalmente mi sentii libera di assaporarlo a modo mio e, a conferma di ciò, avvolsi le braccia attorno al suo collo.
Spinsi la mia lingua nella sua bocca e la lasciai muovere come meglio desiderava, spostandola da un punto all'altro e preoccupandomi di memorizzare tutti gli angoli di quella cavità che mi ero sempre limitata a immaginare.
Si staccò dalla bocca con nostalgia, poi mi avvicinò a sé catturando la schiena e mi baciò il collo in più punti e a ogni bacio che lasciava sembrava che mi avesse marchiato con un ferro ardente.
Chiusi gli occhi e lo lasciai fare, ansimando e desiderando che scoprisse ogni parte di me.
Afferrò i miei glutei con desiderio e riprese a baciarmi la bocca. Bevvi la sua saliva e il sapore di whisky in un misto di eccitazione e tormento.
Senza staccarsi mai da me, mi fece camminare di qualche passo all'indietro fino a spingermi sul muro. Agguantò il mio collo e nuovamente lo baciò, poi si abbassò e cinse una mia gamba attorno alla sua vita. Afferrò la mia natica nuda e strofinò direttamente il suo pube sul mio, non risparmiandosi di emettere gemiti rimasti sopiti da chissà quanto tempo.
«Non fermatevi, per favore!» ansimai e lo baciai, poi misi una mano sulla sua e gli feci segno di stringere ancora di più quel punto così erogeno.
Sentendo l'eccitazione aumentare sempre di più, prese i lembi della mia camicia da notte e non riuscendo ad attendere il tempo necessario per sciogliere i nodi uno a uno, decise di strapparla direttamente.
«Ve ne farò acquistare un'altra!» mormorò, successivamente emise un gridolino.
I miei seni vergini si mostrarono per la prima volta, gonfi e pesanti.
Carlyle spostò quei pezzi di stoffa che gli impedivano ancora una completa visione e poi ne prese in mano uno e infine anche l'altro.
Mi bacio di nuovo per dirmi addio e poi si tuffò su quelle montagne, per baciarle e testarne il sapore.
Mi sentii impazzire, incredula che stavo dando sfogo ai miei desideri e che anche lui si era finalmente dimostrato contraccambiare.
Le sue mani continuarono a muoversi frenetiche e insaziabili.
Uno strappo, due tiri e infine un'ultima lacerazione ridussero quell'indumento a terra.
Mai avevo desiderato fondermi con un uomo così tanto, come oro e argento, come acqua e sale.
Completamente nuda, vulnerabile e scoperta mi mostravo davanti a lui, come mi ero vista solo io fino ad allora. Non provai vergogna, anzi, avrei desiderato sentirmi ancora più indifesa di fronte ai suoi occhi.
Fece un passo indietro per guardarmi meglio e per imprimere nella mente quelle curve che fino a quel momento si era limitato a concepire solo con la fantasia, sotto strati di vestiti.
Il suo viso cambiò espressione. Lo vidi perso, gli occhi scurissimi e la bocca socchiusa, agognante di porre fine a quella fame insaziabile.
Ispezionò i miei seni sostenuti e tonici, il mio ventre piatto e il mio inguine completamente illibato.
Poi mi fissò in volto e senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi, estrasse i lembi della camicia dai pantaloni, in seguito la fece scivolare dal capo e la gettò in terra.
Guardai quell'uomo a petto nudo e una pioggia vischiosa uscii con più energia dal sud del mio bacino. Senza ostacoli, mi avvicinai e sfiorai i suoi pettorali e il suo ventre con la punta delle mie dita, disegnando un percorso confuso e causando in lui respiri concitati.
Eliminando qualsiasi barriera, non riuscendo più a trattenere la sua eccitazione, sbottonò i suoi pantaloni.
Mi chiese con gli occhi se fossi consapevole di ciò che stava per succedere e se fossi convinta di volerlo fare e io gli lasciai intendere che non c'era altro che desiderassi di più.
A discapito di tutte le credenze e di tutte le convinzioni sociali, avrei consegnato la mia purezza a lui e gliel'avrei lasciata custodire per sempre. Non avrei desiderato altro uomo, non avrei potuto avere altro uomo e se fossi stata condannata a macchiare il mio onore e la mia dignità per sempre per ottenere in cambio quel momento di passione, non ci avrei pensato due volte a concludere quel baratto.
Tolse i pantaloni e poi sfilò le braghe.
Istintivamente fui portata a distogliere lo sguardo ma poi Carlyle si avvicinò a me e lo poggiò dolcemente sull'ombelico. Abbassai gli occhi per prenderne conoscenza e infine lo vidi, per la prima volta. Misi una mano sul suo ventre e poi la lasciai scivolare in fondo, sempre più giù. Carlyle gemette, sempre più forte.
Continuai a scendere, ancora e ancora, fino a quando non misi una mano sul suo membro. Lo accarezzai e passai le dita sulle vene pulsanti e su quella pelle morbida e setosa. Non era mostruoso come me lo ero immaginato, ma inflessibile come il ferro e piacevole come l'equinozio d'estate.
Desideravo farlo mio e non avevo più pazienza.
Incapace di attendere un altro secondo, mi prese in braccio e mi fece distendere a terra, poi aprì la cortina del mio essere, guardando il centro del suo piacere con bramosia.
Il mio meridione in tempesta.
La mia bocca annegata nella saliva.
A cosa serviva più respirare se il mio ossigeno era lui in quel momento.
Si fece spazio tra le mie gambe, poi afferrò la sua virilità e la avvicinò dolcemente al mio centro. Con l'altra mano mi accarezzò la guancia e infine lo spinse dentro con delicatezza.
Mi contorsi per il dolore.
Nella serratura piccola di una cantina era stata inserita la chiave dei cancelli della città, codesta cominciava poi a dimenarsi in preda allo struggimento per scendere sempre più a fondo fino a quando non trovò il suo spazio.
Il fastidio che sentii all'inizio venne prontamente offuscato da suoi baci ardenti e dalla sua bocca che era partita alla scoperta delle vene del mio corpo e delle spigolosità turgide che si protraevano verso di lui.
I suoi movimenti regolari scuotevano la mia anima, come il vento su di un monte che irrompe tra gli alberi e scuote le membra e le agita.

Come un albero in primavera viene inondato di una linfa nuova, così mi sentii io con Carlyle dentro di me.
Due corpi uniti che ne creavano un terzo o forse due che ne diventavano uno solo.
A ogni spinta, l'eccitazione aumentava sempre di più. Lo avvolsi con le mie gambe per invitarlo a entrare ancora più a fondo, poi mi abbeverai dei suoi baci e infine succhiai la pelle del suo collo.
Cosa era il piacere, se non quello.
Più mi cibavo di lui, dei suoi movimenti e del contatto con la sua pelle, più ne avevo fame.
Avevo gola della sua bocca, dei suoi capelli, del suo sapore di whisky, dei suoi gemiti e del suo calore.
Come avevo fatto fino ad allora a non nutrirmene?
Carlyle aumentò il ritmo delle spinte, poi persi quasi i sensi. Una manifestazione improvvisa di calore si impadronì del mio pube e più egli ci andava a fondo più questa percezione sembrava aumentare.
L'eccitamento mi fece presto perdere gli ultimi legami che mi mantenevano salda alla realtà così che cercai qualsiasi cosa per far incrementare fino alla fine quel piacere che mi arrivava direttamente dal basso.
Lo baciai con vigore, gli afferrai le natiche e affondai le mie unghie nella sua carne.
Lui parve goderne.
Mi chiusi attorno a lui e gli sussurrai di fare ancora più forte perché non potevo averne abbastanza.
Poi il climax arrivò e palpitazioni vibranti mi fecero abbandonare a un vorticoso ritmico gemito.
Anche Carlyle era in procinto di arrivare al culmine, fino a quando non sentii un'esplosione di lava infuocata eruttarmi dentro e scendere dalle pareti interne del mio scrigno.

Tornò la calma. Fuoriuscì da me e si distese sul mio corpo rinato.
Nascose il suo capo nella cavità del mio collo, poi riprendemmo a respirare a un ritmo normale.
Mi guardò e il suo volto si illuminò di un sorriso appagato, poi mi catturò le labbra e quel bacio fu la dimostrazione che non si era pentito come la prima volta.
Mi feci spazio con le dita tra i suoi ricci scuri e poi introdussi la mia lingua nella sua bocca. Egli la accolse con bramosia e la accarezzò con la sua.
Dopo qualche minuto si alzò e si distese vicino a me.
«Che questa cosa rimanga tra di noi.»
«Tra di noi.»
E non potevo desiderare di meglio.

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