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Capitolo 37 - seconda parte

Quelle parole arrivarono bene assestate sulla bocca del mio stomaco. Un inspiegabile grigiore si impadronì del mio petto. Lo sentii improvvisamente più massiccio e anche il mio respiro parve scomparire poco a poco. Mi sentii improvvisamente più pesante, sempre più stanca e a tratti ebbi voglia di sedermi in terra.
Quelle parole mi avevano fatto male e non riuscii a far finta di nulla quantunque ci provassi, tuttavia era sua moglie... perché non avrebbe dovuto aprirsi con lei?
Riflettei a quante altre volte, negli anni passati, addirittura quando io ero ancora una bambina, il principe si fosse aperto così con lei e le avesse rivolto parole e gesti di apprezzamento e affetto.
Era sua moglie, la donna che aveva scelto di avere vicino per il resto della sua vita, che diritto avevo io di soffrirne? Cosa centravo io in quel quadretto già perfetto di suo?
Ebbene, era questa la gelosia? Credetti si potesse definire piuttosto senso di abbandono o assenza di esclusiva.
Non sapevo ancora però che di lì a poco avrei sperimentato quella vera e indistinguibile.

Rinvigorita da una forza nuova, la principessa, forse persuasa che suo marito fosse l'unica spalla di cui aveva bisogno, si alzò di scatto davanti a Carlyle che non smise di seguirla con il volto, confuso dal cambiamento di umore di sua moglie.
Avrà pensato però che, qualsiasi cosa avesse in mente, dovesse essere migliore di quelle che l'avevano incupita nei giorni precedenti.
Jocelyn si mise di fronte a suo marito e lo guardò intensamente, poi si sciolse i capelli biondi che le caddero a cascata sulle spalle e tirò via la nappa che teneva legati i nastri dell'abito, fino a slegarli completamente.
Una volta che il suo vestito risultò ancora meno accostato al suo corpo, se lo fece passare prima da una spalla e poi dall'altra fino a farlo cadere in terra. Sganciò in seguito la sua crinolina insieme ai cuscini e la gettò in un angolo della stanza, incurante che una delle asticelle avrebbe potuto rompersi nell'impatto.
Rimase in intimo con un corpetto accostato alla camicia intima che impiegò ben poco tempo a spazzare via.
Carlyle si allungò di poco sul letto poggiandosi con le mani indietro. Voleva gustarsi la scena.
Jocelyn gli allungò una mano e questi la prese, rimettendosi in posizione eretta. Si abbassò per afferrare i lembi della camicia che erano ancora infilati nei pantaloni e li tirò fuori fino a sfilargli completamente l'indumento.
Il principe rimase a schiena nuda con i dorsali in bella vista e le scapole che si aprirono come ali, successivamente si alzò e nascose le mani dietro il corpo di sua moglie, le mosse un poco fino a quando non sciolse anche i nastri che facevano stare su la camicia bianca, si abbassò e poi con lentezza la fece procedere in alto fino a sfilargliela completamente.
Jocelyn rimase solo con le braghesse e a seno scoperto, un seno piccolo, che non aveva mai prodotto latte e che aveva evidentemente perso ulteriore forma negli ultimi tempi.
Suo marito le sciolse allora i cordini rossi delle mutande fino a quando non rimase completamente nuda di fronte a lui, nelle sue sembianze perlacee e spigolose.
Jocelyn diede una piccola spinta sul petto dell'uomo fino a farlo stendere sul letto e ciò mise in maggiore evidenza il suo petto definito e marmoreo, successivamente si posizionò sopra di lui a gambe aperte e gli slacciò i pantaloni.
Carlyle si sedette e aiutò sua moglie ad abbassarli completamente.

Con un istinto involontario distolsi lo sguardo perché non avrei voluto vedere qualcosa di così proibito e, soprattutto, qualcosa a cui non avevo assistito neanche nelle mie più remote fantasie. Come un richiamo proveniente dall'interno al quale si aggiunse quello che proveniva dalla camera, mi girai di nuovo per completare la scena di cui ero stata spettatrice fino a quel momento.
Jocelyn era sopra di lui che si muoveva a ritmo regolare e ansimante. Carlyle la reggeva con le mani sul fondoschiena e poi sulle anche. Lei si fece forza sulle sue spalle e cominciò a muoversi più velocemente provocando in entrambi gemiti di piacere.
Vidi Carlyle sprofondare ancora di più la testa nelle coperte e chiudere gli occhi e aprire la bocca per il godimento che ciò gli causava, successivamente strinse ancora di più i fianchi della moglie e fece forza su questi per entrare ancora più in profondità nelle cavità della donna.
Jocelyn cominciò a emettere gridolini di piacere, sempre più forti man mano che l'apice sopraggiungeva, a cui si aggiunse anche il rantolo del principe, a segno che anche lui stesse per concludere.

Avevo visto abbastanza, forse anche troppo.
Mi sentii lacerata dentro, derubata e nuovamente persa.
Avevo costruito dei castelli immaginari che erano crollati in quel preciso momento per colpa di una tormenta che mi aveva trovata impreparata e successivamente travolta.
Capii allora come ci si sentisse in preda ai deliri della gelosia: avrei voluto fare irruzione in quella stanza, mettere fine al loro amplesso vomitevole e indirizzare un colpo assestato su quella faccia che mi aveva abbindolata per troppe volte. Poi avrei voluto schiaffeggiare anche sua moglie, colpirne il pube che aveva contribuito a far verificare un evento che per me era stato più doloroso di una spada infilata nel petto e infine sarei uscita da quel covo di lascivia, sbattendo la porta così forte che anche nei seminterrati lo avrebbero udito.
Cominciai a piangere per la rabbia e rievocai le parole che Marfa aveva rivolto a Maximilian qualche giorno prima.

Mi avete annientata come donna.

Anche io mi sentivo annientata, polverizzata, inesistente.
Si era preso gioco dei miei sentimenti e di questo speravo ne fosse consapevole... pensava che avrebbe potuto approfittarsene solo per il fatto che io fossi molto più giovane di lui? Mi vedeva forse come un divertimento?

Forzai il mio corpo a calmarsi. Cercai di acquietare i miei pensieri forastici con la consapevolezza che erano marito e moglie e che era normale accadessero quelle cose, piuttosto mi ricordai che era sbagliato provare quelle sensazioni proprio perché non avrei dovuto minimamente assistere a quella scena.

Purtroppo quel tentativo di ricondurre le mie emozioni sotto controllo fu reso vano dall'ultimo grido di soddisfazione di entrambi, a segno che avessero raggiunto entrambi il climax e che dunque l'amplesso fosse terminato.
Mi iniziò a girare violentemente la testa fino a quando non sentii bruciare l'esofago, lasciai allora quel vassoio dove l'avevo messo e mi scaraventai alla finestra, la aprii e mi affacciai per vomitare.
Rigettai la colazione della mattina e anche il pasto della sera precedente e, anche quando appurai di non aver più nulla da rimettere, continuai a sforzarmi per far uscire qualcosa.  L'unica cosa che ne venne fuori fu un misto di saliva e catarro.
Mi pulii con la manica della divisa che da nera divenne a metà via tra l'arancione e il giallo, poi decisa a evadere da quella situazione, bussai alla porta annunciando la colazione.

Mi aveva riempito di false speranze e poi mi aveva fatta impazzire di gelosia, questo era quanto.
Decisi che di lì in avanti lo avrei ripagato con la stessa moneta.

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