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Capitolo 32

Nell'ora di viaggio che avevo già trascorso non avevo smesso di immaginare l'espressione che avrebbero fatto mia madre e mia sorella una volta arrivata a destinazione. Il dubbio che mi teneva sulle spine era infatti se si sarebbero meravigliate più per la mia visita inaspettata o per la carrozza che, al posto mio, una qualche dama di corte avrebbe usato per uscire durante una delle sue commissioni e che invece a me era stata concessa con grande stupore a sorpresa.
Raggiunsi casa mia nel giro di mezz'ora, tempi completamente differenti da quelli che invece avevo impiegato mesi prima con il calesse della signora Bell: qui infatti c'erano due giovani stalloni a trainarmi e non un vecchia bestia che, più che un cavallo, sembrava un mulo. Tuttavia sia la signora Bell che il principe, sebbene con comodità diverse, possedevano qualcosa che io non vantavo e che mi aveva permesso di spostarmi da un posto a l'altro con maggior facilità.

La carrozza si fermò repentinamente e non fu una sorpresa per me ritrovarmi in quel posto, essendo che avevo riconosciuto, affacciandomi dalla finestrella, la via alberata e le case dei vicini. Naturalmente avevo fatto attenzione a non farmi vedere da occhi curiosi. Speravo di mantenere il riserbo più assoluto e di evitare che il vicinato - e soprattutto i Patel - si insospettissero troppo. Sapevano tutti che la loro lingua era più veloce del loro pensiero.
Una volta scesa dalla carrozza sprofondai nello sconforto. Ebbi difficoltà a riconoscere il luogo in cui ero vissuta fino ad allora. Più che una casa sembrava una catapecchia, con i licheni alle pareti e un giardino completamente incolto e bruciato dal sole.
Il primo pensiero che balenò fu quello che avessi sbagliato strada, che quella non poteva essere casa mia. La conferma arrivò quando vidi Daisy uscire di corsa a braccia aperte.
«Anthea!» mia sorella mi venne incontro, gridando e asciugando le lacrime di meraviglia.
Sorrisi per la gioia e corsi verso di lei, ricambiando il suo abbraccio.
«Che sorpresa ci hai fatto! Non aspettavamo di certo il tuo ritorno» indicò poi la carrozza «e poi con quella sarebbe stato impossibile immaginare che fossi te!»
«Beh sì, diciamo che un tale trattamento non me lo sarei aspettato dai Kynaston.» indugiai una certa sorpresa.
«Devi farti voler bene allora!»
Avrei voluto raccontarle tutto ciò che mi era capitato fino ad allora ma riflettei sul fatto che forse era meglio evitare.
«Che bello rivederti!» aggiunsi per risoffermarmi sul momento presente, ancora incredula di rivedere quella piccola ragazza dopo mesi.
«Entriamo dai, mamma sarà di ritorno tra poco.»
Ne rimasi meravigliata «Non è in casa?»
«No, è uscita per fare delle compere. Questa sera abbiamo ospiti a cena.» avanzò verso la porta, tenendomi per mano con stretta salda, per persuadersi che fossi veramente lì.
«Davvero? E chi?»
Arricciò la bocca «Sarà una sorpresa!»
Anche se in cuor mio speravo di trascorrere del tempo in compagnia esclusivamente di mia madre e Daisy, accettai il fatto che avrei avuto forse sconosciuti dentro casa mia quella sera, o magari gente conosciuta con la quale però non eravamo soliti condividere un pasto. Non era mai stata nostra abitudine infatti invitare persone a casa, neanche per le occasioni importanti.
Una volta entrata nel focolare che mi aveva ospitata da quando ero in fasce, lo sconforto che mi aveva pervasa all'inizio si trasformò in afflizione e angoscia.
Sembrava una casa vissuta da più di cento anni, in cui avrebbe potuto vivere una coppia di anziani troppo avanti con l'età per prendersene affettivamente cura.
Daisy sembrò leggermi nella mente «Mamma, da quando papà non c'è più, sembra molto più assente e tutto si ripercuote sulla casa e sulle nostre... vite.» i suoi occhi persero la luce che avevano e divennero bui.
Estrassi gli scudi dalla bisaccia che avevo portato con me e glieli misi tra le mani, chiudendole le dita per farle capire che quelli ormai erano i loro e che io non avrei saputo che farmene.
Un velo di commozione dipinse il suo volto ma non proferì parola e il suo ringraziamento arrivò impercettibile per quanto risuonasse frastornate tra di noi.
Ci sedemmo a tavola e iniziammo a chiacchierare del più e del meno. Mi chiese come mi trovassi nella mia nuova sistemazione e se avessi mai avuto voglia di tornare definitivamente a casa, mi confidò inoltre che tante volte aveva desiderato venire a trovarmi ma non sapeva bene come e se avesse potuto farlo.
«Non tutti possono essere ricevuti a palazzo, soprattutto se non si dispone di un titolo da poter vantare.» era stata quella la mia risposta. Ci rimase un po' male ma le bastò sapere che sarei potuta tornare a casa una volta al mese e magari per più giorni, non appena fossero trascorse le feste natalizie. La principessa, in uno dei suoi rari momenti di tenerezza, aveva infatti esternato l'ipotesi che il domestico che lei avesse ritenuto più operativo ed efficiente avrebbe ricevuto giorni extra retribuiti all'inizio dell'anno nuovo. Mi stavo così impegnando al massimo per essere proprio io a ottenere quel riconoscimento.

La nostra interminabile conversazione, fatta di risatine innocenti e battibecchi innocui, fu interrotta inaspettatamente dal tonfo di una busta di mele cadere a terra. Mia madre era rientrata a casa e la sua meraviglia fu maggiore della mia nel rivederla.
Raggrinzì dapprima la bocca in una smorfia di sofferenza, poi la distese per indirizzarmi un sorriso e poi prese un lungo respiro per calmare i suoi nervi.
«Ben rivista!» sdrammatizzai io e mi alzai per condividere anche con lei un abbraccio nostalgico.
«Direi quasi che ti vedo più grande, più donna!» sibilò mia madre per l'emozione, dopo aver preso un pizzico di coraggio.
«Non è vero mamma, è sempre la stessa!» appuntò invece Daisy.
«Magari è solo il tempo ad aver offuscato la mia immagine nelle vostre menti, forse sono sempre la stessa.»
Daisy mi scrutò meglio con i suoi occhi nocciola «Però la mamma ha ragione, emani una luce diversa» si avvicinò e mi pizzicò il braccio «ti sei innamorata per caso?»
Sentii il viso scoppiare per il calore «I...Innamorata? Ma cosa dici!»
«Mamma guarda come è imbarazzata!» dopodiché sogghignò sotto i baffi.
«Daisy la vuoi smettere di dire queste corbellerie?» la vergogna mi assalì e provai a nasconderla come potei con il palmo delle mani.
Vidi mia madre in difficoltà ma non ne capii il motivo dato che ero io la persona a venir presa in giro; tuttavia cercò di cambiare discorso come poté.
Pulì le mani infarinate sul grembiule «Allora, chi mi aiuta a preparare lo stufato?» domandò quasi urlando.
Entrambe avanzammo un aiuto: Daisy andò a raccogliere il rosmarino e io mi occupai di spellare la carne e cuocerla sul fuoco. Per non far mancare il dolce a tavola mia madre si occupò di impastare la farina con il miele.

La preparazione della cena seguitò al ritmo di qualche canzoncina che io e Daisy eravamo solite canticchiare da bambine per farci compagnia prima di addormentarci. Salì subito un nodo alla gola appena percepibile, che scomparì nondimeno quando qualcuno bussò alla porta.
«È arrivato!» squittì Daisy per l'emozione.
Rallentai i movimenti e concentrai la mia attenzione sulla porta che piano piano si apriva. Ne uscì un uomo di media statura, vestito di nero e con il volto coperto da un grande cappello circolare.
Quando vidi Daisy gettarsi tra le sue braccia e questi risponderle con un sorriso a trentadue denti, capii di chi dovesse trattarsi.
Il fatto che la frequentazione - se così poteva chiamarsi - tra mia sorella e Thomas Forks fosse continuata durante tutta la mia assenza, instillò una profonda sensazione di tranquillità e soddisfazione dentro di me. Quell'uomo, che avevo tanto temuto all'inizio, non doveva in fin dei conti nutrire cattive intenzioni nei confronti di mia sorella se questa quando lo vedeva pareva scoppiare dalla felicità.
La differenza d'età tra i due futuri sposi era evidente: alla pelle liscia e ai capelli corvini e lucenti di Daisy si contrapponeva la cute aggrinzita e il manto brizzolato dell'uomo.
Ciò nonostante Forks sembrava nutrire un affetto sincero verso la sposa ventura mentre quest'ultima pareva proprio pendergli dalle labbra.
«Niente baci prima del matrimonio!» bofonchiò mia madre, una donna più giovane del suo futuro genero.
«Sapete già che non mi permetterei mai, signora Gleannes.» ascoltai per la prima volta la sua voce, un tono rauco ma sicuro.
«Lo so, ma ripeterlo non fa mai male.» gli strizzò l'occhio dopodiché tornò a concentrarsi sulla torta di mele.
Ero rimasta a studiare colui che sarebbe diventato presto mio cognato e mi sentii in un primo momento anche imbarazzata per il non saper come presentarmi. Fortunatamente fu Daisy a rompere il ghiaccio.
«Thomas venite, voglio presentarvi a mia sorella. Sapete che presta servizio presso Palazzo Livingstone?»
Il gentiluomo parve veramente sorpreso «Dovete sentirvi onorata di questo. So che la principessa è molto scrupolosa nel selezionare la sua servitù e che se vi ha scelto è perché nutre molta fiducia in voi.»
Sorvolai sul fatto che invece, per quanto mi riguardava, mi ero ritrovata lì dentro nel giro di qualche minuto.
Feci cenno di sì con la testa e poi gli chiesi di affidarmi il cappotto così da posizionarlo sull'appendiabiti. Quando tornai, Forks era seduto vicino al camino a dare di tanto in tanto un giro di mestolo alla carne e vicino a lui c'era Daisy che gli era rimasta vicino come una ventosa, fissandolo con il suo sguardo rapito.
Presi posto anche io lì vicino e pensai fosse cosa buona cercare di conoscere meglio la persona che avrebbe accompagnato mia sorella per il resto della sua vita.
«Ditemi Forks» sorseggiai un bicchiere di vino, cosa più unica che rara «di cosa vi occupate?»
Daisy mi pietrificò con lo sguardo.
«Possiedo la fonderia che la mia famiglia si tramanda di generazione in generazione.»
Rimasi abbastanza sbalordita, una fonderia gli avrebbe garantito una rendita a vita e di certo mia sorella avrebbe proseguito senza preoccupazioni per il resto dei suoi giorni.
Mia madre interruppe quella conversazione che a stento era appena cominciata.
«Anthea la cena è quasi pronta, apparecchia la tavola per favore.» poi estrasse lo stufato dal suo coccio.
Presi la tovaglia bianca con i ricami floreali che era nostra abitudine usare per le feste e la spiegai sul tavolo, successivamente sistemai le stoviglie.
«Manca un piatto.» osservò mia madre quasi soffocando.
Ero sicura tuttavia di aver messo quattro piatti e nel girarmi ebbi la conferma.
«Sono esattamente quattro piatti come lo siamo noi.» risposi.
«E invece a cena siamo cinque, quindi manca un piatto.»
Lessi un po' di difficoltà nei suoi occhi ma non feci in tempo a chiedere chi sarebbe stato l'altro commensale che questi bussò alla porta e non attese neanche di essere invitato a entrare, che subito fece capolino dall'uscio.
Non so cosa prevalse in quel momento, se lo sgomento, la rabbia o la paura.

Il rivedere quella faccia grossa e bitorzoluta mi fece partire un brivido ghiacciato su per la schiena e quasi non mi voltai per vomitare.
Non appena Orville mi vide, spalancò il suo sorriso forzato con espressione maligna e si prostrò con un inchino più finto dell'oro che indossava. Quando fece un ulteriore passo dentro casa mia, un conato partì spontaneo e con difficoltà lo rimandai nello stomaco.
Guardai mia madre incredula ma da lei non provenne alcuna risposta, poi mi rivolsi a Daisy per capire se lei fosse a conoscenza della presenza del Patel, ma questa era troppo intenta a lasciarsi accarezzare il dorso delle mani dal suo moroso. Probabilmente neanche si era accorta dell'arrivo del tanto sgradito ospite.
Quando prendemmo posto a tavola feci attenzione a mettermi nel punto più lontano rispetto a Orville, che nel frattempo si era seduto proprio vicino a Thomas.
Mia madre servì la carne e la ratatouille, poi il vino gentilmente offerto dal futuro genero e infine del passato di ceci e zucchine con il quale inaugurammo il pasto.
«Molto appetitoso, signora Gleannes.» Forks ruppe il velo di imbarazzo che si era poggiato su di noi e lo ringraziai dal profondo.
Mia madre arrossì e porse un'altra porzione di passato a Thomas, che la accettò ben volentieri.
Il gracidare aspro di Orville non si fece attendere per molto, come neanche il canto della civetta ad anticipare l'arrivo della notte.
«Signora Gleannes, per quanto la mia presenza fosse destinata ai fini che noi conosciamo, ho piacere che la vostra primogenita sia qui insieme a noi. Presenza del tutto... gradita.» lo sguardo languido che mi diresse preannunciò quello che sarebbe venuto dopo.
L'ultimo cucchiaio mi andò di traverso.
«È stata anche per noi una piacevole sorpresa.» rispose mia madre civettando.
Orville trangugiò il terzo bicchiere di vino della serata «Mia cara Claire, credo sia il vostro giorno fortunato oggi.» sbatté dunque la coppa sul tavolo con violenza e per poco non la ruppe.
Mia madre lo guardò incuriosito e con altrettanto sbigottimento, perché non sapeva che aspettarsi dopo quella affermazione.
Divorò un altro boccone di carne, poi aggiunse fermo «Vi offro la cancellazione del vostro debito in cambio della mano di vostra figlia.»
Sentii il sangue pulsarmi nelle vene del collo e dilatai le narici per il livore.
Mi alzai di scatto e gettai la sedia a terra «Ubriacone e stupratore!»
Orville rimase esterrefatto poi digrignò i denti, pronto a sferrare una risposta parimenti offensiva, mentre mia madre cercava invano di riportare la situazione nella calma.
«Signor Patel, non ci saremmo mai aspettate una proposta del genere quest'oggi. Perdonate la reazione di mia figlia, sono sicura non intendesse dire quello che ha appena affermato.» nel parlare roteava gli occhi per la difficoltà.
La guardai incredula, dopodiché lo fulminai «E invece intendevo dire proprio quello che ho detto. Ho già rifiutato una volta la vostra molesta proposta, state certo che non la accetterò oggi e ogni qualvolta me lo chiederete! Piuttosto meglio morire soli!»
Orville esplose «Brutta sgualdrina insolente! Non vi dimenticherete di me così presto!»
«E fareste bene invece perché d'ora in poi cambierò strada alla vostra vista!» dopodiché urlai con tutto il fiato «Energumeno stupratore!»
Stavo per abbandonare la tavola, quando aggiunse con tono sarcastico «Voglio vedere come pagherete la dote di vostra sorella! Peccato, fino a poco tempo fa questo problema non si sarebbe posto.»
Si stava riferendo indubbiamente a mio padre.
Mia madre eruppe in un pianto disperato.
La collera mi annebbiò, presi un bicchiere di vetro per sferrarglielo direttamente sul volto ma per fortuna Forks mi bloccò.
«Signor Patel, non ho mai preteso alcuna dote se è questo che intendete. Non ne ho bisogno.»
Capii in quel momento che Thomas era veramente una brava persona e mi pentii dell'aver dubitato di lui mesi prima.
«Con permesso.» lasciai la tavola senza aspettare di ricevere il congedo, tra le lacrime di mia madre e gli occhi sgranati di Daisy. Salii per le scale e sprofondai nel mio letto, dove un sonno offuscatore mi avvolse.

Mi trovavo nel bel mezzo di un lago, distesa su di una barca alla luce della prima mattina mentre mi lasciavo cullare dalle morbide onde, quando improvvisamente sentii il nitrire di un cavallo. Mi alzai di scatto da dove ero e non vidi nessun animale intorno a me, ma il nitrito si presentò nuovamente.

Mi svegliai di soprassalto. La notte era scesa già da un pezzo, mia sorella dormiva vicino a me e la casa era piombata nel silenzio.
La bestia nitrì nuovamente e lì capii che non dovesse far parte del mio sogno.
Mi precipitai dunque alla finestra.
Il mio cuore esplose nel vedere quell'uomo imponente a cavallo, con l'armatura lucente al riflesso della luna e i ricci al vento. Poggiai la mano al vetro della finestra e l'animale avanzò di un passo sotto il suo ordine. Rimanemmo a guardarci per un tempo sufficiente, poi Carlyle prese un profondo respiro e si infilò l'elmo.
Afferrò le redini del cavallo e, dopo aver atteso qualche altro secondo, prese la corsa nel bosco e scomparve. Rimasi ancora alla finestra per ascoltare il rumore degli zoccoli in lontananza, fino a quando non furono offuscati dal richiamo degli animali notturni.
Il cielo entrò nella mia stanza e la illuminò con la sua luce puntinata.

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