Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 19

Si era alzato senza far rumore, lasciando sua moglie nel caldo tepore della lana grezza. Si era vestito e aveva osservato per un'ultima volta il suo riflesso sul vetro della finestra, sperando che quella sarebbe stata l'ultima volta della giornata, ma non della sua vita. La realtà era che questo timore aleggiava nella sua mente, ma cercava di non pensarci e di spostare l'attenzione su quanto sarebbe stato rigoglioso il suo campo una volta tornato.
Perché sì, Claire si sarebbe occupata di tutto e non avrebbe vanificato gli sforzi del marito.
La guardò con occhi dolci, ripensando alle ultime ore passate insieme. La baciò con delicatezza prima sulla fronte, poi sulla guancia e infine sulla bocca. Al contatto con le labbra fredde dell'uomo, Claire aggrinzì la bocca e mosse le palpebre con movimenti leggeri ma fortunatamente non si svegliò.
Una volta vestito prese la sua sacca e si diresse in camera di sua figlia, dove una volta avrebbe trovato anche la sua primogenita.
Aprì la porta e si fermò a pensare ad Anthea: non la vedeva da mesi e non gli era stato concesso il privilegio né di salutarla né di informarla della sua imminente partenza. L'angoscia lo pervase e la paura iniziò a concretizzarsi sempre di più. Sentiva un macigno nel suo petto che non gli consentiva di espandere a pieno i suoi polmoni. L'aria stessa era diventata pesante e faceva fatica a farla passare dalle narici.
L'avrebbe rivista? L'avrebbe riabbracciata? Perché non gli era stato concesso neanche il lusso di salutarla?
Erano queste le domande che il suo cuore molle gridava.
Aprì la porta e lasciò che i primi raggi dell'alba illuminassero la stanza. Fece attenzione a non far scricchiolare le assi del pavimento con il suo peso e si avvicinò in punta di piedi al letto di Daisy. Si chinò sul suo capo e rimase qualche secondo a respirare il suo odore.
Aveva ancora addosso quello di sua moglie ma avrebbe voluto imprimere sulla pelle anche quello di sua figlia. Si limitò invece al solo ricordo di quello di Anthea: rosa e mughetto, così lo rammentava.
Baciò anche lei e le bisbigliò alle orecchie qualche promessa che non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenere.
Terminato il suo rituale abbandonò il focolare e si incamminò verso il suo destino. Sua moglie e sua figlia si sarebbero svegliate, non lo avrebbero trovato e avrebbero sentito la loro casa un po' più vuota di come la percepivano già da tempo.
Per lui era stato più semplice così, avrebbe evitato di vedere Claire piangere e implorarlo di restare e il suo ultimo ricordo di lei non sarebbe stato quello di una donna afflitta ma il viso della stessa donna che dormiva serena avvolta dal tepore e dal ricordo dei momenti vissuti insieme.

Brighton era una citta scura e umida, identica a come se la ricordava da ragazzo quando aveva accompagnato suo padre a concludere affari di famiglia. Fu sollevato nello scoprire che invece Dieppe era una città prevalentemente soleggiata e che talvolta si trasformava nel bacino di una piacevole brezza marina. La traversata tra l'Inghilterra e la Francia era durata qualche giorno e di certo non avrebbe avuto piacere a ricordare che quel viaggio lo aveva sentito tutto. Il mare burrascoso e le scarse capacità del timoniere avevano messo in subbuglio le sue povere viscere e quelle dei suoi compagni. Mettere piede su terra ferma gli era sembrato dunque un miraggio, non sentiva più il suo corpo sballottolato in qua e in là e il suo stomaco altrettanto ne trasse giovamento. Rimase a Dieppe per qualche giorno, alloggiando in un ostello abbastanza periferico, tra Rue David Miffant e Rue de Thiepval. La sera prima della partenza alla volta di Rochefort chiese alla padrona dell'ostello, una donna grassoccia e dall'animo gentile, se potesse fornirgli un po' di carta e un calamaio. Quando la proprietaria bussò alla porta gli porse più carta di quella che avrebbe voluto ma meno inchiostro di quello che gli sarebbe servito. Per non sembrare troppo pretenzioso, ringraziò la donna e la congedò.
Posizionò il foglio sotto la lanterna e con movimenti lenti e attenti iniziò a scrivere.

Mia cara Claire,
Ti scrivo da Dieppe in cui sono giunto dopo tre giorni di viaggio. Quest'ultimo non è stato facile, avrei bisogno in questo momento di un brodo di gallina caldo, come solo tu lo sai fare, per dare ristoro alle mie interiora. Il comandante Ferguson ci ha comunicato che domani saremo di nuovo in partenza, questa volta diretti a Rochefort. Secondo i miei calcoli dovrebbero volerci tra i tre e i cinque giorni. Spero che la destinazione sia più vicina di quello che mi hanno detto in realtà. Purtroppo devo già abbandonarti, la cera della candela si sta esaurendo e così anche l'inchiostro. Ti scriverò di nuovo appena mi sarà possibile. Nel frattempo vi mando un forte abbraccio, certo che in questo momento mi starete pensando.
Con affetto,
Hector.

Il giorno seguente lasciò una moneta in più alla proprietaria dell'ostello affinché spedisse la lettera, dopodiché si rimise in marcia insieme al resto del gruppo. I marinai avevano impiegato due giorni totali dall'arrivo a Dieppe per scaricare tutta l'armeria, i bauli e l'occorrente che sarebbe servito all'armata una volta a Rochefort.
Come si sarebbe aspettato, il viaggio verso la sua meta sarebbe durato diversi giorni ma non fu così spiacevole come si era preannunciato. Fecero tre soste lungo la via, una a Orbec, una a La Chapelle-Saint-Aubin e l'ultima a Cholet. Questo permise a Hector di perlustrare la Francia continentale per la prima volta: suo padre gliel'aveva sempre raccontata come un posto brullo e non alfabetizzato, si rese conto tuttavia che non rispecchiava affatto le sue credenze e che forse suo padre su suolo gallico non aveva mai messo piede.
Arrivato a Cholet lui e il manipolo di uomini a cui era stato assegnato dimorarono in un casale abbandonato, incontrato lungo la via. Non era una delle sistemazioni migliori in cui aveva alloggiato ma poteva andare bene per una sola notte.
Un debole fuocherello scoppiettava già nell'oscurità della notte che cominciava a scendere e lui ne approfittò per scrivere un'altra lettera a sua moglie. Le aveva promesso che le avrebbe scritto quotidianamente ma i giorni precedenti non aveva trovato modo, essendo sempre sballottolato da una meta a un'altra. Gli erano rimasti solo due fogli da Dieppe ma non aveva più inchiostro.
Si alzò per andare in perlustrazione di qualcosa che avrebbe lasciato un segno su carta e trovò proprio vicino al suo accampamento una piccola catasta ordinata di ramoscelli secchi. Pensò allora che il casale non doveva essere abbandonato ma che era solo tenuto malamente.
Scaldò un ramoscello sul fuoco fino a quando non divenne rovente. Ci soffiò un poco sopra per evitare che questo lasciasse buchi sul foglio e poi iniziò a scrivere.

Mia cara Claire,

La Francia è più piacevole di quello che mi sarei mai immaginato. Mi trovo a Cholet ma non credo avrò modo di visitare la città, infatti domani saremo di partenza per Rochefort a cui pensiamo di arrivare in serata. Mi chiedevo se Anthea riuscirà mai a raggiungere questi posti, il principe sembra essere sovrano anche di Beaufort e, se non erro, dovrebbe trovarsi proprio qui intorno.
Ricordate quando dopo esserci sposati ci lamentavamo del fatto che non eravamo andati in viaggio di nozze? Beh, se potessi tornare indietro vi porterei qui e sono sicuro che non ne rimarreste delusa.
Ora mia cara vi saluto, domani mi aspetta una giornata dura sia per il corpo che per i nervi. Vi invierò un'altra lettera non appena sarò arrivato a destinazione. Nel frattempo ricordatemi nelle vostre preghiere.
Hector.

Impiegò più di un'ora per buttare giù quelle parole, i legnetti smettevano subito di lasciare sul foglio il segno nero e di conseguenza dovette più volte ripetere la procedura di carbonizzarli sul fuoco. L'esito fu una lettera sporca di fumo e di carbone, ma l'importante era che si capisse il messaggio che voleva arrivasse alla sua famiglia. La mise al sicuro dentro la sua casacca e poi si accovacciò vicino al fuoco, aspettando che scendesse il sonno.
Il giorno seguente, verso le cinque del mattino, era già in marcia. Il sole non era ancora sorto e non aveva neanche avuto il tempo di sgranchirsi le gambe. Il comandante Ferguson insisteva affinché il manipolo si sbrigasse perché, secondo lui, in quel momento avrebbero dovuto già trovarsi sul campo di battaglia.
La Francia continentale a settembre vantava ancora temperature molto miti. Sommerseth, pensò Hector, in quel momento aveva costretto già i suoi cittadini ad accendere il fuoco nel camino.
Si accoccolò su un lato libero del calesse su cui viaggiava, cercando di non essere da intralcio per i suoi colleghi e lasciando che il sole mite francese riscaldasse le sue ossa.
Venne risvegliato qualche ora dopo dalle urla di alcuni uomini. Staccò le palpebre con difficoltà, cercando prima di capire se stesse sognando o se il baccano fosse effettivamente reale.
Vide di fronte a sé due uomini che dal loro tono e dalla posizione che avevo assunto i loro corpi sembravano voler trovare un qualsiasi appiglio per azzuffarsi.
«Maledetto, l'ho sempre saputo!» gridò uno di loro.
«Se lo hai sempre saputo perché non sei venuto a cercarmi?» rispose l'altro con tono di sfida, sollevando un sopracciglio.
«Perché quella puttana non mi ha voluto dire chi eri!» i suoi occhi erano insanguinati per la rabbia.
«E tu non sai ancora quante altre volte si è divertita con me sotto le lenzuola!» in quel momento lo stesso Hector si sentì raggelare.
«Come ti permetti, figlio di cagna!» l'uomo si avventò sul suo compagno, brandendo un braccio in aria e prendendo la rincorsa per stampare un pugno stretto sul viso dell'altro. Questi ricevette il colpo e barcollò qualche passo indietro, rischiando di cadere dal calesse in movimento.
«Pezzo di sterco! A quanto pare non vali molto per spingere tua moglie tra le braccia di un altro.» questi così si gettò con tutto il peso del corpo sull'altro, facendogli sbattere la testa su una trave rialzata.
«Ohi! Ohi! Voi qui dietro!» per quanto il cocchiere provò a imporsi per racquetare la situazione nessuno parve dargli ascolto.
L'uomo, dopo aver ripreso conoscenza, si rialzò da terra prendendo il suo nemico per un orecchio e trascinandolo con forza verso il basso. Questi cercò di divincolarsi e iniziò a muovere le braccia alla cieca, con il vano intento di colpire l'uomo tradito diritto sul ventre. Ciò che invece ricevette fu solo una ginocchiata assestata alla bocca dello stomaco che gli provocò il rigurgito della brodaglia che aveva bevuto la mattina prima di partire. Si mise carponi a terra, intenzionato a svuotare completamente lo stomaco per riprendere subito la zuffa. Si rialzò, dopo aver ricevuto altri tre calci, due sulla gambe e uno sulla testa. Armatosi di tutta la forza che aveva si scagliò contro il suo nemico, impedendo a questi di prepararsi per una controbattuta. Il traditore afferrò il collo dell'uomo tradito e iniziò a stringere forte con le mani intorno a questo. L'altro provò a divincolarsi ma non ci riuscì con facilità, anzi il suo volto si arrossò e i suoi occhi divennero di un bianco morte.
«È questa la morte che meritano i figli di cagna come te!» dopodiché strinse ancora di più le mani, incurante dei rantoli del suo compagno.
Hector, preso dal panico, si alzò di scatto, con l'intento di dividere i due e per riportare il quasi-morto a respirare.
I suoi sforzi furono pressoché vani. Ricevette sul petto un pugno ben saldo, tanto forte da fargli perdere l'equilibrio e farlo cadere in terra. Quella questione riguardava solo i due uomini, e lui, per quanto le sue intenzioni fossero lodevoli, si stava immischiando in una questione che non lo riguardava.
Cadde dal calesse in movimento.
Sentii un crack.
Urlò per il dolore.
Il calesse si fermò e nessuno dei suoi compagni mosse un dito per prestargli soccorso, rimasero piuttosto a guardarlo dall'alto, in attesa che qualcuno facesse qualcosa. Solo il cocchiere scese, borbottando, e si diresse verso Hector.
«Su alzati! Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia!» protestò questi allungandogli la mano.
Hector mise la mano sulla coscia e provò a piegare il ginocchio con tutte le sue forze ma non ci riuscì. Quello che sentì fu solo ulteriore dolore. Strinse gli occhi e digrignò i denti.
«Muoviti! Non possiamo mica aspettare una giornata intera!» il cocchiere si era spazientito. Voleva arrivare subito a destinazione per tornare dalla sua famiglia il prima possibile.
Hector si girò sul fianco destro e fissò entrambe le mani sulla fanghiglia per darsi stabilità.
Puntò la gamba sinistra per darsi la spinta e lasciò molle la destra, poi riuscì a sollevarsi un minimo da terra. Purtroppo, per istinto, poggiò anche il piede destro a terra e vi scaricò tutto il peso.
Sentì un altro crack, accompagnato da altro dolore.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro