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Capitolo 15

«Il signore e la signora DeBour!»
Quella frase suggellò l'inizio del ballo. Théodore incominciò ad annunciare tutte le famiglie di nobili che erano riportate sulla pergamena, la quale lunghezza doveva stare a significare che probabilmente l'elenco sarebbe durato per un po'. Avevo appreso che l'esser invitati a un ballo a corte era quanto di più desiderevole potesse esserci a Sommerseth dal momento in cui si trattava di evento più unico che raro.
Al contrario ero a conoscenza di alcune voci, ancora da confermare, che volevano che a Londra, passato il Natale, si era soliti iniziare la cosiddetta stagione Londinese, sinonimo di periodo per la ricerca del coniuge.
La maggior parte delle famiglie aristocratiche che avevano avuto la fortuna di poter crescere una prole e che desideravano a quel punto vedere i propri figli felicemente accasati, si preoccupavano fin da subito di procurarsi un invito a corte dalla regina per l'attesissimo ballo delle debuttanti.
Non tragga in errore però l'appellativo femminile: era costume infatti che si presentassero non solo le giovani donne che volevano fare il loro primo ingresso nella società ma anche ragazzi, scapoli e ammogliati. Chiunque avrebbe voluto presiedere il fantomatico ballo della regina.
Ovvio è che non tutti potevano prendervi parte, bisognava avere un nome riconosciuto e soprattutto una madame che garantisse per la famiglia. Una volta ricevuto il tanto agognato invito dalla regina era però necessario apprendere come comportarsi e soprattutto come vestirsi per l'occasione: il primo impatto sulla società sarebbe stato determinante. Ed ecco che veniva fuori un ginepraio di regole da seguire: bisognava saper ballare e non rischiare di pestare i piedi al primo giovanotto che richiedeva l'onore per il primo ballo, bisognava sapersi inchinare, era necessario inoltre saper camminare con grazia e seguire una lunga fila di regole di condotta che probabilmente nessuno avrebbe mai ricordato a memoria.
Più che un ballo era veramente una messa alla prova.
Eppure la società londinese non aspettava altro. Le madri nascevano pronte a mandare al macello le loro figlie poco più che bambine, assicurando il loro futuro al primo uomo che avesse avuto più zeri sul conto in banca. Gli uomini forse avevano sempre la meglio, soprattutto i vedovi: avrebbero avuto tra le braccia giovani fanciulle che forse non avrebbero mai amato ma che avrebbero di certo scaldato il loro letto.
Si aggiunga anche che questo evento era strettamente contemporaneo al periodo di apertura del Parlamento londinese. Alcuni ci vedevano una mossa politica da parte della famiglia reale: il tentativo di favorire una certa famiglia rispetto a un'altra, o meglio detto, il tentativo di invitare a corte una certa famiglia rispetto a un'altra, non sarebbe stato un tentativo plateale di appoggiare i Tories piuttosto che Wigh?
Per noia, o per fortuna, a Sommerseth non era mai stato contemplato un evento del genere. Il ballo in sé era considerato una circostanza di importanza tale paragonabile al Natale.

«L'ultima volta che il principe ha dato un ballo in onore del suo compleanno risale a tempi che ho difficoltà a rimembrare.» aveva detto la cuoca qualche giorno prima, mentre controllava di aver ordinato tutte le vivande che le sarebbero state necessarie per preparare il banchetto.
E di sicuro aveva dato il meglio di sé. Su una delle tavole imbandite primeggiava la zuppa di carne e porto, piatto preferito della principessa tanto da averne richieste ben tre ciotole.
Naturalmente che zuppa sarebbe stata se non fosse stata accompagnata da pane e focacce a volontà!
Si aggiungeva inoltre dell'ottimo maialino stufato, rigorosamente aromatizzato con erbette di produzione Kynaston e, inoltre, del discutibile bollito di vitello: non che la sottoscritta non apprezzasse la carne di vitello ma di certo avrei fatto a meno della testa! Fortunatamente mi trovavo lì solo per servire e non per prendere parte alla cerimonia, dunque il rischio di ingoiare qualche bulbo era praticamente inesistente.
Contrariamente a quanto avrei pensato era presente anche il toast di midollo. Si diceva che questo in realtà fosse un piatto di retaggio inglese, molto apprezzato dalla regina, e che Sommerseth avesse deciso di rendere locale.
Di verdure stufate ne era pieno il tavolo: peperoni, patate abbrustolite, zucchine e zucca, accompagnate da del riso in bianco.
Sull'altro tavolo invece era possibile gustare, con gli occhi e con l'olfatto, un tripudio di dolci che avrebbe fatto gola a qualsiasi essere vivente e che probabilmente avrebbe messo a serio rischio chiunque si fosse trovato a dover sperimentare - per propria volontà o per necessità - un regime alimentare più restrittivo.
Tartine alla frutta con crema pasticcera, torte di pan di spagna farcite con fragole e panna montata, panini imburrati con uvetta e noci, éclairs francesi glassate, pan di spagna alla vaniglia ricoperto da un sottile strato di marmellata e avvolto in un guscio di marzapane, frittelle caramellate allo zenzero...questo era solo un piccolo assaggio della gran festa che attendeva i tanto fortunati invitati. Il tutto ovviamente accompagnato da dell'ottimo té inglese, contenuto in teiere fumanti di porcellana al centro della tavola.
Tutto questo e molto altro era stato destinato ai così fortunati ospiti che, mano a mano, cominciavano a entrare. Come ci si poteva aspettare le donne avevano rispolverato dai loro armadi gli abiti più preziosi che non avevano modo di indossare da chissà quanto tempo. Quale occasione migliore di questa per apparire - o tentare di apparire - come la più bella della serata? Impossibile sarebbe comunque stato cercare di superare la principessa. Sarebbe stata lei quella sera il diamante della società.

«I signori Williams... Smith... Bell...Rogers... Bailey... Evans... Wright...» fu questa solo una parte dei cognomi della lunga lista che Sir Jacques si trovò, tra un respiro e l'altro, ad annunciare. Avevo l'impressione che anche lui fosse meravigliato della numerosità degli invitati che era stata chiamata per l'occasione.
Del resto, come farsi scappare un avvenimento del genere. Per il principe quell'evento era un tentativo di ingraziarsi ulteriormente le famiglie più illustri di Sommerseth, oltre a rendere loro grazia per il continuo appoggio che avevano ribadito alla corona.
«E infine i signori Patel!» terminò quasi con uno sbuffo, contento che quel lunghissimo elenco fosse finalmente terminato.
Patel... Patel?
Cosa centravano loro a corte? Perché erano stati invitati?
Con gli occhi, come fossero un richiamo magnetico, cercai di attirare l'attenzione di Sir Jacques. Dopo l'attesa di qualche minuto finalmente questi si girò verso di me. Avendo capito che richiedevo la sua presenza, il maggiordomo guardandosi tra la folla si avvicinò.
«Succede qualcosa?»
«Avevo una curiosità...»
«Quale?»
«Perché i Patel sono stati invitati?» avrei probabilmente potuto imbastire la domanda in maniera più indiretta, senza mostrare che nutrivo un qualche tipo di preoccupazione per la loro presenza.
«Uhm...li conoscete?»
«Si diciamo che sono...vecchi amici di famiglia.»
«I Patel hanno aiutato la famiglia reale quando questa si è trovata, diciamo, in ristrettezze economiche...ma sono cose che a voi non dovrebbero interessare.» Sir Jacques mi fece l'occhiolino e tornò al suo posto.
Se i Kynaston avevano accettato in passato aiuti finanziari dai Patel per quale motivo i Gleannes se ne sarebbero dovuti vergognare?
Appurato il perché della loro presenza speravo solo che fossero stati invitati unicamente i coniugi Patel, e non anche la prole.
Con grande dispiacere mi resi conto che la mia speranza era destinata a sfumare come vapore al cielo dal momento in cui a fianco di Sir Patel camminava quell'energumeno di Orville.
Sperai solo che non si accorgesse della mia presenza o che, se anche questo fosse accaduto, non ricordasse di avermi mai incontrata.
L'ultima visione, che non mi era piaciuta affatto, fu felicemente sostituita da una più paradisiaca. Accompagnato da Jocelyn, avanzava il principe Carlyle.
Tutte le dame presenti iniziarono a bisbigliare tra di loro per commentare la bellezza e lo sfarzo dell'abito della principessa. Chiunque tuttavia si sarebbe reso conto che quei sussurri non erano destinati a rimanere tali ma ognuna sperava che arrivassero alle orecchie della sovrana per guadagnarsi il suo favore.
Di Jocelyn non mi preoccupai, sebbene fosse diventata il centro dell'attenzione di tutta la sala tanto che anche Sir Jacques, per quanto conoscessi il suo orientamento, rimase sbigottito dalla sua bellezza.
Ciò che catturò la mia attenzione fu invece il principe. Sentii un forte caldo nel petto e i battiti del mio cuore aumentarono al solo pensiero che quell'uomo, poche ore prima, mi aveva fatta destinataria di un regalo che avrei dovuto mantenere nascosto alla conoscenza altrui.
Il principe aveva optato per l'occasione per un completo blu ciano ricamato con motivi floreali ambrati, la giacca era impreziosita da bottoni dorati e ricami dello stesso colore sui bordi delle maniche e del collo, al di sotto portava una casacca dello stesso motivo, accostata al torace, dalla quale fuoriusciva il volant della camicia.
Non appena entrò venne acclamato da tutti i presenti che si preoccuparono di aprirgli un varco e di riservargli proprio il centro della sala per il solito ballo di rito.
I Kynaston si guardavano sorridenti con gli occhi pieni di desiderio, dando l'impressione di essere davvero innamorati. Se le parole della signora Bell erano davvero veritiere, per Jocelyn si trattava di vero sentimento, per Carlyle invece doveva trattarsi solo di fare bella figura e di dare l'idea che nel suo matrimonio non ci fosse alcuna crepa.
Dopo essersi messi in posizione l'orchestra iniziò a intonare le prime note.

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