Capitolo 14
Ero da poco uscita dalla sala Afrodite.
Nel tragitto verso la mia stanza avevo avuto modo di scambiare due chiacchiere con Lydia che era di ritorno dalla serra.
«Avete colto tutti i fiori più belli della serra, mia cara signorina Grenn?»
«Oh certo, mia dolce Gleannes, come potrei tradire le aspettative del nostro povero Théodore?» disse lei con tono altezzoso, ondeggiando in qua e in là il suo bacino e picchiettando ripetutamente il tacco della scarpa sul pavimento.
«Chi vorrebbe del resto che lui si innervosisse?»
«Di certo non abbiamo intenzione di provocargli uno sbalzo di pressione, convenite con me?»
«Ma certo che no!»
Scoppiammo a ridere. Le feci l'occhiolino e lei ricambiò. Da quel momento capii che forse quello sarebbe stato l'inizio di una lunga intesa.
Dopo esserci date appuntamento a qualche ora dopo, ci salutammo e ripresi il mio percorso.
Arrivai di fronte la porta della mia camera. Rovistai nella tasca del grembiule per trovare la chiave. La estrassi e la infilai nella serratura. Non fu necessario che girassi i perni poiché Marfa, accortasi della mia presenza, venne ad aprirmi.
«Qualcuno qui ha un ammiratore, eh?» esordì lei non appena mi vide. Si presentò a me dinanzi l'ingresso, con il braccio destro alla vita e le sopracciglia che facevano in su e in giù. Inizialmente non capii a cosa si riferisse, il suo sguardo ammiccante non tradiva la sua emozione.
«Scusami?»
«Mi rattrista alquanto scoprire che sei impegnata con qualcuno e che non me lo hai detto!» rispose imbronciata, corrucciando gli occhi.
«Marfa, non so di cosa stai parlando.»
«Pensi di potermi prendere per sciocca?»
«Hai detto ammiratore?» domandai perplessa, ripensando alla sua frase di esordio.
«Sì, hai sentito bene!»
«Non capisco a cosa ti riferisci, sono sincera.»
«Tu mi stai nascondendo qualcosa!» strinse gli occhi a mo' di fessura e arricciò le labbra.
«Se magari mi lasciassi entrare capirei a quale segreto ti stai riferendo, così da divenirne consapevole anche io.»
Ero ancora sull'uscio della porta. Quando Marfa se ne rese finalmente conto, si spostò e mi lasciò entrare.
Una volta dentro vidi un sacchetto in tessuto sul mio letto con attaccato un foglietto ripiegato e incollato con della cera lacca rossa.
Mi avvicinai e lo studiai per bene. Non c'era incisa alcuna scritta o disegno.
La cera lacca, che di norma avrebbe avuto impresso un simbolo distintivo, era stata lasciata asciugare all'aria così come era stata versata.
Infilai il dito nell'arricciatura e allargai la fessura del sacchetto. All'interno vi trovai un pezzetto di organza piegato su se stesso, contenente qualcosa di solido e piccolo.
«Aspetta, non aprire! Voglio vedere anche io!»
La mia compagna si mise carponi sul mio letto e allungò il collo per avvicinarsi il più possibile per scoprirne il contenuto.
Estrassi il fagottino e lo aprii.
All'interno vi trovai due orecchini di una rarità che non si era mai rivelata ai miei occhi.
In realtà non avevo mai avuto un paio di orecchini e non avevo neanche i buchi alle orecchie se per questo.
Erano due perle incastonate in una montatura d'oro, prive di ago ma provviste di un meccanismo a clip. Mi avvicinai allo specchio, me le provai e diedero subito una luce diversa al mio volto.
Ma da chi poteva provenire un gesto cotanto gentile?
Presi il foglietto e spaccai la cera lacca. All'interno solo due iniziali, niente di più. Iniziali che avevo riconosciuto.
«C.K.»
Per accertarmi che non stessi sognando, rilessi più volte quelle singole lettere, addirittura vi passai un dito sopra per capire se fossero reali.
La mia vista non mi stava tradendo.
Non potevo crederci.
Stavo forse fantasticando?
Mi sentii avvampare le guance e il respiro si fece corto. Le mie gambe iniziarono a tremare e sentii l'aria venirmi meno.
«Ti senti bene?» Marfa, che non aveva smesso di osservarmi fino a quel momento, notò il cambiamento repentino del mio stato.
Mi girai e le alzai il pollice per risponderle in maniera affermativa.
«Allora? Chi te lo ha mandato?»
Mi sedetti sul letto e misi la testa tra le mani, reggendo sempre con una di quelle il biglietto.
«Anthea? Non mi rispondi? Sei sicura di sentirti bene? Vuoi che chiami un medico?»
«Mia madre...mia madre.» provai a risponderle con tono più pacato possibile, cercando di nascondere l'affanno.
«Tua madre?»
«Sì, proprio lei.»
«Non ti credo!» aggiunse.
«Per quale motivo pensi che dovrei mentirti?»
Oh, eccome se ne avevo di motivi.
«Ti agiti in questo modo per un regalo da parte di tua madre?»
«Ovvio che sì! Mia sorella tra non molto dovrà sposarsi e ritengo che sarebbe più opportuno da parte loro accantonare la dote necessaria per la futura sposa piuttosto che spendere del denaro nel farmi regali così costosi!»
Quella fu l'unica giustificazione dotata di senso che seppe venirmi alla mente.
«Se te li ha regalati, vuol dire che i tuoi genitori se la stanno passando bene per potersi permettere tali gioie.»
«Sì, credo proprio che se la stiano passando bene.» affermai. In realtà non sentivo i miei genitori da quando ero andata via l'ultima volta e non sapevo in che condizioni economiche versassero.
«Li indosserai questa sera, vero?»
«Dici sia opportuno?»
«Perché non dovrebbe? Un regalo così gradevole non dovrebbe rimanere chiuso nella sua custodia.»
«Non credi che potrei attirare troppa attenzione? Non rischierei di apparire troppo? E se alla principessa questa cosa non andasse bene?»
«La principessa sarà cosi inghirlandata di gioie che lei al tuo cospetto sarà un sole e tu una misera fiammella. Quanti problemi che ti fai, mia cara. Ricordati che questa sera ci sarà pur sempre una festa!»
«Mi hai convinta. Seguitò il tuo consiglio. Vado a prepararmi, manca davvero poco!»
«Sei fortunata a esser stata chiamata per il ballo, dopo così poco tempo che sei di servizio. Chissà quando capiterà a me, se mai capiterà...»
Non sapevo se la mia si potesse chiamare fortuna, non era stato di certo il caso a volere la mia presenza.
«Hai ragione, chissà grazie a quale forza divina mi ritrovo a essere di turno questa sera! Non che non avrei gradito coricarmi a un'ora decente...»
Avrei voluto spiegare a Marfa tante cose, ma non sapevo se sarebbe stata la scelta più giusta. Potevo fidarmi a confidarle un segreto così tanto grande? Orbene, non era successo nulla tra me e lui, probabilmente stavo fagocitando eccessivamente le mie speranze con illusioni che non sarebbero mai diventate realtà. Quel regalo sarebbe potuto essere solo un semplice omaggio da parte del principe, forse per sdebitarsi dell'episodio con la principessa.
Ma quale principe regalava un paio di orecchini a una sua domestica, piuttosto che a sua moglie?
Quella sera li avrei indossati. Mi ero convinta anche perché Jocelyn non avrebbe potuto scoprire che gli orecchini erano un presente di suo marito per me. L'emozione del regalo si mischiò però a un forte senso di colpa. Perché invece che smettere di pensare al principe, fantasticavo su di lui con timidi sospiri?
Aprii il primo cassetto del mio piccolo guardaroba e vi estrassi il completo che avrei usato quel giorno. Andai in bagno, mi tolsi i vestiti sporchi e li avvolsi tutti insieme a forma di palla per inserirli nel sacco di iuta che avrei poi spedito in lavanderia.
Indossai quindi le calze bianche e le tirai fin sopra al reggicalze attaccato al corpetto. Infilai in seguito l'abito nero dal capo: era un vestito molto semplice, con scollo a barca sul petto e maniche a tre quarti, decorate da un banale motivo a righe bianche verticali. Aggiustai poi il grembiule sulla vita, infine incrociai i due lembi di tessuto sul petto e li legai dietro la schiena con un nodo ben stretto.
Uscita dal bagno mi infilai le scarpe che erano rimaste sotto il letto e cercai di dare una sistemata ai capelli, che sarebbero dovuti rimanere fermi e impeccabili sotto la cuffietta per tutta la serata.
«Marfa, puoi pettinarmi, per favore?»
«Si, certo. Dove hai messo il pettine?»
«Credo lo hai usato te l'ultima volta, quando ti sei lavata i capelli forse?»
Controllò dentro il cassetto del suo comodino e lo trovò.
Si posizionò dietro di me, che ero seduta sul letto, e iniziò a pettinarmi con lentezza.
«Ti ho mai detto che hai davvero un bel colore di capelli? Sembra un castano miele o forse un biondo dorato. Non saprei dire con certezza!»
«No, non me lo hai mai detto, e ti ringrazio per il complimento.»
«E ne hai davvero tanti, immagino non avrai mai a che fare con il problema della calvizie durante la vecchiaia.»
«Speriamo sia davvero così!» dissi ridacchiando.
«Vuoi che te li acconci anche?»
Annuii.
Passò entrambe le mani sulla mia chioma e la raccolse in una coda. Arrotolò i capelli su se stessi come fossero una corda e li avvolse sopra la nuca, li fermò con un fermaglio e poi li coprì con la cuffietta abbinata al vestito, che nel frattempo le avevo passato.
Mi alzai e mi avvicinai allo specchio. Presi gli orecchini e con cura li fissai a ogni lobo. Mi guardai e mi piacqui, per quanto fossi ancora poco più che un'adolescente iniziavo a sentirmi una vera donna. Mi chiesi come avevo fatto fino ad allora a non aver sentito il desiderio di indossare gioielli. Quel piccolo accessorio era riuscito infatti a stravolgere il mio aspetto.
E anche la mia mente.
Sperai davvero che quella sera il principe si sarebbe accorto che avevo indossato il suo presente e che magari me lo avrebbe fatto notare, con uno sguardo fuggente ma profondo, con un sorriso ammiccato ma innocente.
«Io vado, sono già in ritardo e non vorrei che Sir Jacques gettasse su di me tutte le sue preoccupazioni sul ritardo, sulla mancanza di professionalità, su quanto bisogni fare bella figura con i principi, e tutte le altre cose che tu conoscerai sicuramente più di me.»
«Sì sì, ho capito a cosa ti riferisci. Vai, vai!» mi fece l'occhiolino. Ci abbracciammo e poi uscii dalla camera, diretta di nuovo verso la sala Afrodite.
Divorai il corridoio e le due rampe di scale per arrivare al secondo piano. Rischiai anche di sbattere contro alcuni dei miei colleghi che venivano in direzione contraria alla mia e per quanto provai a scusarmi con loro, non parvero molto soddisfatti delle mie scuse piuttosto, dopo aver borbottato qualcosa tra i denti, si allontanarono senza rivolgermi neanche uno sguardo.
Avevano ragione: se non avessi perso tempo fino a quel momento di certo sarei arrivata alla mia destinazione con più calma e con maggiore anticipo.
La sala era ancora vuota ma gli ospiti sarebbero arrivati a momenti. Sir Jacques era immobile davanti l'ingresso, forse non era mai andato via da lì per assicurarsi che anche i piccoli particolari fossero al loro posto.
«Anthea, stavamo aspettando proprio voi, le vostre colleghe sono già entrate!» mi rimproverò seccato.
«Lo so Sir Jacques, avete ragione, ma ho avuto...degli imprevisti. Cose da donne sapete...»
Ma cosa stai blaterando, pensai.
«Va bene, lasciate perdere e conservate le vostre cose da donne per voi. Entrate ora e posizionatevi al centro della parete, lì, sulla sinistra.»
Entrai e feci come Sir Jacques mi aveva detto. Era tutto pronto, i tavoli imbanditi e le postazioni per i musicisti allestite.
Mancavano solo gli ospiti.
I primi passi iniziarono a sentirsi quasi subito.
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