Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 13

Sir Jacques era davvero venuto a comunicarmi che quel giorno sarei stata di servizio per il ballo di compleanno. La notizia sorprese tanto me quanto lui.
Non pensavo il principe dicesse veramente quando me lo aveva confidato, ma a quanto pare mi sbagliavo. Quella sera avrei assistito al primo ballo della mia vita; chi lo avrebbe mai immaginato un mese prima.
Era circa ora di pranzo ma a noi domestici non fu concesso di fermarci. Fummo infatti chiamati ad allestire il locale per la sera, locale che si trovava all'ultimo piano del palazzo. Eravamo una manciata di domestiche a doverci occupare dell'allestimento e speravo davvero che in così poche saremmo riuscite. L'ingresso nella sala Afrodite - questo era il suo nome - non mi sorprese più di quanto non avrei pensato. I miei occhi si stavano quasi abituando a tutta la magnificenza della corte e quella ne era solo un esempio.
L'ambiente aveva un pavimento in marmo bianco con motivi geometrici equidistanti e un rombo grigio al centro.
Aveva forma circolare e, come ci si poteva aspettare, il colore predominante oltre a essere il bianco, era l'oro. Alle pareti si ergevano due file sovrastanti di finestre ad arco, tale che da fuori dessero l'illusione ottica che la sala fosse divisa su due piani. Tra una finestra e l'altra, per ogni fila, c'erano delle finte colonne bianche che terminavano all'estremità con un grazioso capitello dorato. Il soffitto era a cupola ed era decorato da un bellissimo affresco rappresentante una scena biblica.
La porta d'ingresso nella sala non era nient'altro che una finestra di quelle già presenti. Credetti che l'intenzione fosse quella di ingenerare l'idea che il locale fosse separato dal resto del palazzo, come a far pensare ci si trovasse in un'altra dimensione.
Era da poco passato il mezzogiorno e il sole si stava dirigendo a ovest. Dalla fila delle finestre superiori entravano diretti i raggi caldi che si riflettevano sul pavimento e che davano l'impressione di navigare su di un pianale di luce liquida. Ogni finestra della fila inferiore era invece addobbata da tendaggi a cascata tenuti a un palo, ciascuno della lunghezza di circa un metro. Le tende in organza, con rifiniture a nappa bianche alle estremità, permettevano solo in parte la vista del paesaggio esterno.
Ognuna di noi, dal preciso momento in cui era entrata nella sala, volteggiava in qua e in là come un pesce appena trasferito in un acquario, in perlustrazione del nuovo ambiente.
«Ragazze, un attimo di attenzione!» esclamò Sir Jacques all'improvviso, frammentando l'illusione in cui ognuna di noi si era immersa. Aveva assunto la sua consueta espressione seria che era solito accennare quando doveva impartire ordini che gli erano stati a sua volta assegnati, con il naso appuntito rivolto all'insù e le braccia conserte dietro la schiena.
«Voglio che passiate lo straccio per terra come prima cosa, dopodiché...»
«Sir Jacques, ma il marmo è già lucente di suo, se lo laviamo di certo non si trasformerà in vetro!» ammiccò la signorina Grenn, interrompendo sir Jacques e provocando una dilagante risata tra tutte noi.
«Signorina Grenn, fate poco la spiritosa. Come da voi stessa consigliato pretendo che il marmo rifletta la luce e addirittura pretendo che rifletta la mia stessa immagine!» Sir Jacques l'aveva messa a tacere e la signorina Grenn sbuffò, non capendo se si trattasse di un vero ordine o solo di una risposta sarcastica.
«Procedendo» riprese il discorso «voglio che puliate le finestre, anche esse dovranno riflettere come il marmo. Poi desidero che posizioniate due tavoli sul lato della stanza che dà sul giardino. Li coprirete con questa tovaglie bianche.» prese le due stoffe di raso e iniziò a sbandierarle in aria con un solo braccio. Movimento che durò pochi secondi, considerando il peso di entrambe.
«Sir Jacques, ve ne prego non affannatevi troppo, il vostro fisico potrebbe risentirne!» dopo aver lanciato la sua battutina, la signorina Grenn si mise a grugnire dal ridere, come un maialino che scappa per non essere acchiappato dalle mani dell'allevatore.
«Noto che siete molto frizzante questa mattina, Lydia. A cosa dobbiamo questo vostro buonumore?»
«Al compleanno del principe Carlyle, Sir Jacques. A cos'altro altrimenti?» Lydia si chinò a segno di riverenza, come se il principe fosse stato davvero lì.
«Ma è meraviglioso che vi sentiate così coinvolta! Bisogna preparare i vasi e i bouquet con le rose, e quale migliore spirito se non il vostro? Suvvia andate alla serra e comunicate ai giardinieri che è ora di iniziare a preparare i fasci di fiori. Mi raccomodando: i più belli e profumati!» Sir Jacques aveva usato quel poco di astuzia necessaria per liberarsi dall'ironia di Lydia e per continuare a impartire ordini a noi altre che eravamo rimaste a sentirlo.
Mi piaceva il carattere di Théodore, sapeva stare al gioco e sapeva rispondere con la giusta furbizia alle piccole provocazioni. Del resto, se non forse scorso buon sangue tra costui e Lydia probabilmente nessuno dei due si sarebbe permesso di utilizzare quel tono con l'altro.
Appurato questo, iniziò a piacermi anche il temperamento di Lydia, che fino ad allora non avevo avuto modo di conoscere ma che da quel momento in poi avrebbe suscitato in me grande interesse. E chissà, magari saremmo diventate amiche un giorno.
«Anthea?» Sir Jacques richiamò la mia attenzione.
«Sì?»
«Voi, che mi sembrate la più sveglia qui in mezzo, preoccupatevi di imbandire le tavole e di lasciare uno spazio bello ampio al centro, in modo tale da permettere agli invitati di danzare. In questa parte della stanza invece» indicò con il dito l'area che sarebbe risultata speculare a quella dove avremmo posizionato i tavoli «ci sarà l'orchestra, ma non preoccupatevi, nulla di serio: solo un pianoforte, un violino, una viola e due flauti traversi. Se non sbaglio dovrebbero esserci anche due cantanti di lirica. Il principe non ha voluto strafare.»
«Per fortuna che non ha volto strafare, immaginatevi se...»
«Perbacco, Lydia, ma siete ancora qui? Che cosa state aspettando, sento già che le rose stanno appassendo! Di corsa, andate!» Il maggiordomo, nel mentre proferiva quelle parole, agitava le mani come quando si deve scacciare un cagnolino impertinente, ma senza peccare in stile.
La signorina Grenn si voltò e uscì finalmente dalla stanza, prendendo due lembi del suo abito tra le mani e alzandolo per facilitarsi la camminata.
«Avete ragione, Lydia! Mancava il contrabbasso! Che sbadato che sono...» le urlò lui da lontano, come se lei potesse ancora sentirlo.
Ebbi l'impressione così che Théodore fosse una di quelle persone che amavano avere sempre l'ultima parola.
«Voi quattro, ora ascoltatemi, andate nelle cucine e prendete le stoviglie di porcellana che ho fatto appositamente lavare alle inservienti, posizionate i piattini al centro di ciascun tavolo e i calici a mo' di piramide sopra i vassoi d'argento che troverete nella credenza...»
Sir Jacques iniziò il suo sproloquio su tutte le mansioni che avremmo dovuto fare, a cui onestamente non prestai eccessiva attenzione, consapevole del fatto che sarebbe rimasto durante tutto il momento dell'allestimento e che si sarebbe assicurato che ognuna di noi adempiesse esattamente agli ordini che le erano stati impartiti. Magari ripetendo la cosa più volte se necessario.
Le mie supposizioni si erano concretizzate, per quanto fosse poco più di qualche mese che avevo l'onore di lavorare a palazzo.
Sir Jacques rimase lì a controllarci come un gendarme: a ogni passo compiuto ci ricordava quale sarebbe stato quello successivo, e a ogni suo promemoria la risposta era sempre la stessa: «Sì, Sir Jacques.»
Udite queste parole, l'ammirevole maggiordomo rispondeva con un sorrisetto compiaciuto, come se avesse avuto davanti una bella tazza di cioccolata calda e cannella pronta da essere gustata.
Chissà come doveva sentirsi responsabile!
Secondo i dettami di Sir Jacques io avrei dovuto occuparmi delle porcellane. Una delle mie colleghe era da poco giunta dalle cucine con una pila alta di piattini di porcellana, poggiati su di un vassoio di legno. Compito che al posto suo io avrei evitato senza esitazione, timorosa di far rovesciare a terra quel piccolo tesoro che doveva valere più del raccolto che i miei genitori avrebbero mietuto in un anno.
La domestica poggiò le porcellane su uno dei tavoli e io mi appropinquai. Erano indubbiamente dei piattini graziosi, di un bianco lucido, bordati con una verniciatura gialla. Ogni piatto riportava le stesse lettere.
«C.K.»
Le iniziali del principe.
Presi il primo piatto e lo lucidai con un panno, dopodiché lo posizionai al centro della tavola. Feci la stessa cosa con ogni piatto della pila fino a creare tre pile diverse, una al centro del tavolo e le altre due alle estremità. Avevo quasi finito quando notai che un piattino era diverso dagli altri poiché, anziché riportare la stessa sigla, riportava «F.K.»
Mi girai, alla ricerca del mio responsabile «Sir Jacques, potete venire un secondo? Ho una curiosità.»
Il maggiordomo con la sua solita andatura molleggiante si avvicinò a me.
«Questo piatto immagino appartenga alla vecchia collezione, giusto?»
Théodore mutò la sua espressione disinteressata in una di sgomento.
«Dove lo avete trovato!» la sua piuttosto che una domanda fu quasi un rimprovero.
«Qui, in mezzo agli altri ovviamente.»
Era evidente del resto.
«Datemelo subito!» lo afferrò dalle mie mani e lo nascose in mezzo al suo panciotto, noncurante che avrebbe potuto rompersi «Mi ero assicurato fossero spariti tutti.» aggiunse sottovoce, quasi avesse paura di venir ascoltato.
«Non capisco, qual è il problema? Immagino quelle lettere appartengano a qualche antenato della famiglia Kynaston.»
«È proprio questo il problema, e ora smettetela di vestire i panni dell'investigatore e tornate ai vostri doveri. Animo! Vi mancano ancora da sistemare le posate, i calici, i tovaglioli...»
Alzai la testa e roteai i miei bulbi.
«Animo! Animo, ho detto!»
Mi immersi così ulteriormente nei miei compiti, sperando che il tempo passasse velocemente.
Dopo essersi accertato del mio rinnovato impegno e del mio disinteressamento nella questione, si allontanò.
«Ehi, voi! non così centrali le sedie, volete che Sua Maestà cada davanti a tutti proprio il giorno del suo compleanno? Santo cielo, ragazze, se non ci fossi io qui con voi!»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro