Insieme per Natale
La neve sta scendendo copiosa da tre giorni.
Se continua così, a breve le mie ginocchia affonderanno nella coltre e io morirò definitivamente, ghiacciata nelle stradine medievali di Rothemburg. Ma per fortuna domani tornerò a casa per le vacanze di Natale.
Come mai sono finita dalla calda e accogliente Roma ad un paesino sperduto nella Baviera? È molto semplice: ho vinto una borsa di studio per il Ph.D all'università di Monaco ma nessuno mi aveva detto che il distaccamento della facoltà di ingegneria edile si trovasse a due ore e mezza dalla grande città, a Rothenburg che d'inverno si trasforma in un vero e proprio presepe. Devo ammettere che è tutto piuttosto pittoresco e si respira una magia che non cambierei con niente al mondo ma per fortuna tra un giorno me ne torno a casa.
Sì perché non c'è Natale senza il cenone in famiglia, con la zia Rosanna che obbliga tutti a mangiare una doppia porzione di primo che lei ha scrupolosamente iniziato a preparare dal giorno prima; la nonna Rosa che si addormenta sul divano subito dopo l'antipasto ma che appena provi a cambiare canale, apre magicamente gli occhi e dice: "Lasciate sul Papa, ci dà la benedizione!". E poi c'è la mia mamma che dopo aver distribuito tutti i regali mi dice che nel mio armadio c'è un pacchetto in più per me, perché sto troppo lontana da casa e merito una coccola speciale.
Il bello dell'essere una studentessa fuori sede è proprio questo: doppia dose di affetto da parte di parenti e genitori, per buona pace di mia sorella, che ormai non ci prova nemmeno più a reclamare attenzioni. D'altronde, lei le ha per tutto l'anno mentre io devo limitarmi alle poche settimane in cui riesco a sganciarmi dal progetto e prendere il primo volo per Roma, il che si riduce a Natale e ad Agosto. È ovvio che quando sono a casa, mi voglia godere il calore e le coccole, anche se poi quando arriva il momento di tornare in Baviera, mi si spezza il cuore in mille pezzi all'idea di doverli lasciare tutti di nuovo.
So che vivere lontana da casa è stata una mia scelta e so anche che avrei potuto provare la strada del dottorato in Italia ma l'opportunità a Monaco era molto ghiotta e ho dovuto mettere sul piatto della bilancia la carriera o la famiglia. Non crediate che sia facile prendere, mollare tutto e trasferirsi in un Paese completamente diverso dal tuo, in una città minuscola rispetto a quella dove sei nata e cresciuta, con delle condizioni climatiche che per i primi mesi mi avevano convinta che sarei morta assiderata. Non è facile tornare a casa la sera e non trovare nessun sorriso e piatto caldo, doversi rimboccare le maniche e dire, da un giorno all'altro, di essere diventata adulta.
Non è semplice ma è l'esperienza più esaltante che io abbia mai fatto nella mia vita.
La vita qui a Rothenburg è incredibilmente tranquilla e io sono stata fortunata a trovare dei coinquilini che hanno saputo ricreare l'atmosfera di famiglia anche se veniamo tutti da parti diverse dell'Europa. Quasi tutti, in realtà.
Io e Zeno siamo entrambi italiani e non so se è perché parliamo la stessa lingua o perché semplicemente abbiamo un feeling particolare, fatto sta che credo di essermi presa una bella cotta per lui da circa due anni, ovvero da quando viviamo sotto allo stesso tetto.
Sono approdata in questo appartamento dal tetto spiovente ben ventiquattro mesi fa, grazie all'Ufficio Accoglienza Studenti Stranieri che è stato in grado di trovarmi una stanza singola in un mono pieno di camere condivise. In realtà, io avevo espressamente detto che per me non avrebbe fatto differenza ma mia madre sarebbe morta di crepacuore a sapermi in una specie di camera da caserma. I primi coinquilini con cui ho fatto il colloquio di idoneità sono stati i gemelli Lars e Mette, due borsisti norvegesi della facoltà di architettura con la passione per i Lego, che hanno riprodotto il Titanic nella loro camera. Penso che sia stato amore a prima vista con loro: ci piacciono i Nirvana, adorano la pizza e Mette è la maga del make-up. È di una bellezza sconcertante e infatti ogni tanto si concede delle sessioni fotografiche come modella per arrotondare il rimborso della borsa di studio. D'altronde, se sei alta un metro e ottanta, sei bionda naturale e ai due pietre al posto degli occhi, perché non approfittarne? Il fratello ha gli stessi colori ma il suo viso è leggermente più spigoloso ma ha un incredibile senso dell'umorismo, cosa che non avrei mai detto riguardo ai nordeuropei.
Comunque, loro sono stati i primi a trasferirsi nella nostra casetta. Due mesi dopo sono arrivata io e poi Lottie. Lei è austriaca ed è diventata a tutti gli effetti la mia migliore amica qui in Baviera. È di una simpatia dirompente, soprattutto quando beve troppo. Credo sia l'unica austriaca a non reggere l'alcol.
Zeno Baldessari è arrivato dal Trentino un mese esatto dopo di me e ci siamo trovati da subito. C'è una complicità strana tra me e quel ragazzo dai folti capelli biondi che Lottie definisce in modo molto più crudo come pure tensione sessuale che aspetta di esplodere. Potrebbe anche essere vero, peccato che lui sia impegnato con Corinna e anche se il loro rapporto sta vivendo di alti e bassi, so che ha comunque prenotato due biglietti per le Maldive per trascorrere assieme a lei il Capodanno al caldo. Non mi pare ci sia aria di crisi, no?
Così io tengo il mio cuore nel cassetto, anche se ad ogni passeggiata che facciamo, ad ogni sera che ci addormentiamo abbracciati sul divano davanti a Netflix e ad ogni sguardo d'intesa senza bisogno di parole, il mio stomaco fa le capriole e cerca di ribellarsi e tirar fuori il compagno cuore dal comodino. Non ci è mai riuscito finora.
Riesco ad arrivare a casa sana e salva nonostante le buste stracolme di cibo mi stiano per far cadere le braccia. Sono passata al supermercato subito dopo la biblioteca perché, nonostante parta fra due giorni, nel mio ripiano del frigo c'era l'eco e se non voglio morire di fame fino al 24 dicembre, dovevo necessariamente fare la spesa.
Quando riesco ad aprire la porta, c'è uno sbalzo di temperatura di almeno dieci gradi; il riscaldamento in casa stride con il ghiaccio che c'è fuori e fa appannare immediatamente i miei occhiali.
"Porca vacca! Servirebbero i tergicristalli!" Brontolo, chiudendo la porta con un calcio e cercando di arrivare sana e salva alla piccola penisola che separa la cucina dal salotto.
In casa c'è uno strano silenzio e l'unica luce accesa viene dalla lampada posta fra i due divani; sicuramente Mette non c'è, altrimenti a quest'ora si sentirebbe il violino suonare perché lei deve esercitarsi.
"Mica male come idea, ingegnere!"
La voce di Zeno mi fa sobbalzare. Mi volto e abbozzo un sorriso.
"Che?"
"I tergicristalli per gli occhiali." Risponde ovvio.
Ha addosso la felpa verde scuro dell'università di Monaco dove ha terminato anche la magistrale e i pantaloni comodi di una tuta grigia. L'aria trasandata di chi non ha niente da fare e può godersi un giorno di vacanza in attesa della partenza, lo rende ancora più affascinante.
"Ci penserò su. Gli altri non ci sono?"
"Lars è in palestra, Mette in giro per i mercatini di Natale per gli ultimi regali prima della partenza e Lottie...Non ho idea di dove sia andata ma ha detto che dovrai accompagnarla in aeroporto oggi pomeriggio."
"Ecco, lo sapevo io."
"Sei troppo buona tu. Dovresti ribellarti, di tanto in tanto."
Faccio spallucce; in realtà sono contenta di passare con Lottie le ultime ore prima della partenza. Spettegoleremo un po' e lei mi dirà di non mollare e di combattere per Zeno. Come se fosse un trofeo da vincere poi!
"Anche tu parti domani?" Mi chiede ancora, poggiandosi coi gomiti sulla penisola e senza smettere di guardare me che sistemo la spesa nel frigo.
"Domani, alle due di pomeriggio. So che è un po' rischioso partire il giorno della Vigilia ma spero almeno che smetta di nevicare e non ci siano intoppi. Tu a che ora hai il volo?"
"Alle undici. Arrivo a Bolzano e poi mi vengono a prendere per arrivare fino al mio paesino."
Ovviamente, mi chiedo subito se il passaggio sarà Corinna a darglielo e lui sembra intercettare il mio pensiero perché continua:
"Corinna non arriverà prima del 25 a Milano, sono riuscito a corrompere mio fratello a fare da taxi."
"Non passerete insieme il Natale? Tu e Corinna intendo."
"Assolutamente no. Non lo abbiamo mai fatto."
Mi chiedo che razza di rapporto abbiano questi due. Da quel che so, stanno insieme da circa sette anni; lei è la classica figlia di papà e so che studia a Oxford mentre Zeno è la quintessenza della semplicità. Ama lo snowboard, tifa Juve ed è praticamente un genio. Dividono il loro tempo tra l'Italia, Londra e, ovviamente, Rothenburgh ma vi posso assicurare che sono veramente rare le occasioni in cui tali incontri avvengono. La maggior parte delle volte, ognuno vive la propria vita, e se per Pasqua Lottie ci invita tutti a sciare sui monti austrici di casa sua, lui non si fa scrupolo e la lascia a Londra o a Milano, a casa sua. Lo stesso vale per Corinna: so di viaggi in Florida con le amiche, intere settimane a Milano senza passare a salutare il fidanzato e via dicendo. Lottie dice che il loro è uno stare insieme solo per abitudine ormai ma io non voglio alimentare false speranze.
"E tu? C'è qualcuno che ti aspetta, nella capitale?"
Sto finendo di sistemare le uova nel frigo e rischio sul serio di fare una frittata. Sento le guance avvampare e prego Dio di non essere diventata color peperone; non è il momento di fare la ritrosa, quindi raccolgo quel poco di coraggio che mi è rimasto e mi faccio forza.
"Nessuno in particolare, se non considero Nonno Domenico."
"Oh, non scherziamo! Non puoi non considerare Nonno Domenico!"
"Lo penso anche io, anche perché lui per Natale organizza un torneo di ping-pong al quale nessun membro della famiglia può sottrarsi."
"No, giura?"
"Non ti mentirei mai su una cosa del genere."
"E magari avete anche una racchetta personale per ognuno di voi."
"Ovviamente. A noi nipoti le ha regalate non appena abbiamo iniziato ad essere abbastanza grandi da superare il tavolo."
"Ti prego, di' a tuo nonno di farne una anche per me!"
"D'accordo, certo. Sono sicura che sarà felice di mandartene una tutta per te."
"Lo adoro già!"
Ci ritroviamo a sorridere di Nonno Domenico e a guardarci negli occhi per attimi che sembrano interminabili. Le sue iridi chiare, a metà fra il grigio e il verde sembrano analizzare ogni singolo punto del mio viso. Mi sento terribilmente in imbarazzo e il cuore mi batte come un tamburo nel petto.
Il telefono squilla interrompendo l'idillio.
Lottie dall'altro capo del cellulare mi chiede di raggiungerla alla caffetteria nella piazza centrale e da lì poi prenderemo il pullman per Monaco. Devo farmi due ore di viaggio solo per accompagnarla in aeroporto, se non è amicizia questa, non saprei davvero come definirla.
"Devo andare." Sussurro quasi, chiudendo la chiamata e tornando a concentrarmi su Zeno.
La barba che si sta allungando gli sta incredibilmente bene e Corinna è una donna maledettamente fortunata.
"D'accordo ingegnere. Chiamami quando stai tornando da Monaco, ti preparo la cena."
Mi lascia un bacio umido sulla punta del naso e io resto imbambolata a guardarlo finché non sparisce nella sua stanza.
Sono in ritardo!
L'aeroporto di Monaco brulica di persone; il viaggio in pullman è stata la solita scocciatura ma sono contenta di aver accompagnato Lottie. Abbiamo parlato un sacco durante il tragitto, per lo più di Peter, il ragazzo con cui è cresciuta e con cui ha qualche mese ha intrecciato una relazione. Spera di riuscire a strappargli un impegno un po' più serio durante le vacanze di Natale anche se ammette di non puntare al fidanzamento. Lottie è una ragazza troppo intelligente per sperare soltanto nel matrimonio; è indipendente, libera e con una grande voglia di raggiungere grandi successi, l'uomo che le starà accanto dovrà essere un completamento della sua vita, non il fulcro.
Sto aspettando che le diano la carta d'imbarco, poi per almeno venti giorni le nostre strade si divideranno. Certo, solo fisicamente perché ci sentiremo su Skype tutti i giorni ma sarà comunque difficile non averla intorno per un periodo così lungo.
"Mi raccomando, saluta i tuoi genitori e fa loro gli auguri da parte mia."
"Certo Lottie e tu dà un bacio a tua madre e di' a Peter che se non fa il bravo vengo a pestarlo con gli sci!"
"Tranquilla, ci penso io a lui. E, Matilde, ti prego: cerca di approfittare del fatto che domattina sarai da sola in casa con Zeno e fate sesso selvaggio!"
"Lottie! Coraggio, dopo questa te ne devi andare immediatamente!"
Prima di tornare a casa, decido di concedermi un giro per il centro della città.
So che mia sorella adora un profumatore per ambienti alla cannella e arancia che vendono solo qui e allora gliene prendo due confezioni; le ho già fatto il regalo ma mi piace viziarla un po'. La piccola di casa rimane lei anche se io sono la figlia che vive lontano, quindi è giusto che sia io a prendermi cura di lei con qualche attenzione in più.
Compro anche una sciarpa di lana d'angora per la nonna e un berretto proteggi-neve per Nonno Domenico, su cui faccio ricamare le sue iniziali. Non vedo l'ora di rivederli tutti, non so perché ma questa volta mi mancano terribilmente.
Il sole è già sceso da qualche ora quando riprendo il pullman che mi riportera a Rothenburg; non mi sono accorta che si è fatto così tardi e non riuscirò ad arrivare prima delle dieci.
Proprio mentre prendo posto su quello scomodo automezzo che mi riporterà a casa, ricevo un messaggio sulla chat istantanea:
ZenoBiWanKenobi: Ho obbligato Lars e Mette a non toccare la mia polenta al ragù fino a mezz'ora fa. L'avevo cucinata per te ma non sei arrivata per cena così alla fine l'hanno assaltata. Dove sei? Stai bene?
Non puoi fare così, Zeno. Non puoi sperare che io resti indifferente, se continui a darmi tutte queste attenzioni.
Matile_6Mitica: Sciacalli! Pagheranno per aver depredato la mia cena! Comunque, sono sul pullman, è partito dieci minuti fa. Scusami, ho fatto tardi girando per negozi.
ZenoBiWanKenobi: L'importante è che tu stia bene. In forno c'è comunque del polpettone di riserva. Scusami se non ti aspetto sveglio ma domattina ho allenamento presto e poi corro in aeroporto. Buon rientro. Un bacio, C.
Non rispondo.
Mi limito ad ascoltare il valzer che il mio cuore ha preso a fare e lascio che sia quella la colonna sonora per tutto il viaggio. Il polpettone era il Piano B, quindi vuol dire che ha preparato per me in ogni caso. Nessuno mai si è dedicato a me in questo modo.
Chiudo gli occhi e mentre una bomba di neve sembra cadere sulla città, io mi lascio cullare dal dondolio del pullman, sperando di arrivare presto a casa.
Il giorno seguente, quello della partenza, sono in fibrillazione. Mi sono svegliata perché qualcuno ha sbattuto la porta un po' troppo forte e mi ha fatto sobbalzare. In cucina ci sono Lars e Mette che stanno discutendo nella loro lingua. Non ci capisco niente ma credo che l'oggetto incriminato sia uno di quegli enormi zaini da trekking che, evidentemente, è troppo pesante per entrambi.
"Buongiorno!" dico in inglese.
Entrambi mi lanciano un'occhiata rabbiosa, così capisco che per loro non è affatto una bella giornata e passo oltre. Rovescio mezza scatola di fiocchi di mais nella mia tazza gigante e la inondo di latte, mentre mentalmente mi preparo una lista delle cose da fare prima di prendere nuovamente il pullman per Monaco.
Sono le otto e mezza, il che significa che ho tempo ancora un'ora per lavarmi e mettere in piega questa frangetta che non ama affatto l'umidità della neve, finire di fare le valigie e correre alla fermata per non rischiare di perdere il passaggio.
Molto bene, posso farcela.
Saluto rapidamente i gemelli norvegesi, promettendo loro che non tornerò a Rothenburg senza almeno un panettone ciascuno ma che glielo consegnerò solo se smettono di litigare.
"Lui vuole far portare a me questo sarcofago!" Mi spiega indignata Mette.
"Oh, andiamo! E' pieno della tua roba per il make-up!"
"Ok, ragazzi io dovrei andare a prepararmi, quindi spero che non facciate come Caino e Abele e troviate una soluzione prima di Natale. Intanto vi auguro buone feste!"
Bacio entrambi, anche se loro non amano molto il contatto fisico. Io sono italiana e, proprio come da stereotipi, mi piace abbracciare i miei amici, quando li saluto.
Un'ora e mezza più tardi, con soli trenta minuti di ritardo sulla tabella di marcia, sono imbacuccata come uno pneumatico radiale, sul pullman che per la seconda volta mi condurrà in aeroporto.
Fuori c'è un tempo da lupi: la neve cade fitta, fitta, in piccoli fiocchi che si posano ovunque, trasportati da forti raffiche di vento. Una bufera di neve a due ore dalla partenza non è affatto quello che ci voleva e io inizio ad essere preoccupata. È la Vigilia di Natale e voglio andare a casa; voglio sentire l'odore dei tortellini in brodo e giocare a tombola con le mie cuginette.
Non ho fatto in tempo a salutare Zeno e quando ho provato a chiamarlo per dirgli di non abbronzarsi troppo alle Maldive ma il cellulare era staccato. Così ho rinunciato anche alla possibilità di mandargli un messaggio: è inutile che gli scriva di fare buon viaggio, se poi lo leggerà quando sarà già arrivato a destinazione.
Quando approdo all'ingresso del terminal dove posso ritirare la mia carta d'imbarco, c'è più ressa del solito. Alcune persone hanno la faccia sbigottita, altre sbuffano, altre ancora brontolano in lingue diverse. Ho un cattivo presentimento e il vento che fischia alle mie spalle, non fa che dargli credito.
I cartelloni che indicano i voli confermano quello che penso: secondo quanto c'è scritto tutti i voli sono stati cancellati causa mal tempo. Non posso crederci, secondo quei dannati aggeggi io dovrei passare Natale qui?
Imbufalita, mi avvicino al desk, dove una gentile signorina che parla perfettamente italiano mi sorride, col suo rossetto rosso.
"Posso aiutarla?"
"Sì, ho il volo tra un'ora, devo andare a Roma."
"Spiacente signorina. Le piste sono piene di neve e non riusciamo a pulirle fino a che la bufera non smetterà."
"Questo significa che non c'è alcuna garanzia di partire neppure domani?"
"Temo di no, signorina. Le previsioni non sono affatto buone per i giorni a venire, purtroppo."
"Ma è Natale e io devo andare a casa!"
"Sono mortificata. La compagnia può rimborsarle il biglietto, oppure offrirle una notte in hotel."
"Non potete prenotarmi un treno?"
"Purtroppo anche le linee ferroviarie sono fuori servizio. Questa tempesta di neve ci ha isolati."
Non riesco a crederci.
Una tristezza infinita mi pervade il petto; non posso fare niente, se non rassegnarmi al fatto che la tempesta di neve mi impedisce di passare il Natale con tutte le persone a cui tengo e che mi stanno aspettando. Non so come dirlo, a mia madre, che quest'anno non ci sarà nessuno scambio dei regali per la sottoscritta.
"Pensa che le strade verso Rothenburg siano sgombere?"
"Credo di sì. Gli spazzaneve lì sono in funzione da ieri sera."
Annuisco, poi la ringrazio e me ne torno alla corriera. Se devo passare il Natale lontana dalla mia famiglia, almeno voglio andare a casa.
Rifaccio in pullman tutto il tragitto, carica di bagagli, col cappello di lana calato e l'umore ancora più in basso. Non posso credere che non vedrò i miei genitori, avevo persino comprato i regali ai mercatini e ero intenzionata a trascorrere un intero pomeriggio con mia sorella in giro per le vie del centro, come da tradizione.
In più, come se non bastasse, i miei coinquilini sono partiti tutti quindi il nostro mini appartamento sarà completamente vuoto e con il solo micro-albero di Natale poggiato sul davanzale a farmi compagnia. Non posso credere di essere costretta a passare il Natale da sola, sarà il più triste della mia vita!
Senza sapere bene cosa dire, scorro rapidamente i numeri della rubrica e poi premo il tasto verde.
Questa è la chiamata più difficile che farò per i prossimi vent'anni ma è bene che avvisi subito mia madre, non voglio che si preoccupi o che pensi che non mi interessa di loro. So che cercherà in tutti i modi di trovare una soluzione, perché mia madre è cocciuta come i muli ma cercherò di contenerla.
"Pronto?"
"Mami, sono io."
"Mati! Allora, dove sei? Sei già a Fiumicino?"
"No ma'. C'è un piccolo problemino..."
"Problemino? Stai male?"
"No ma non riesco ad essere a Roma per Natale."
"E perché? Non mi dire che quelli dell'università non ti fanno scendere!"
Mia madre continuerà a chiamarli 'quelli dell'università' anche solo per il semplice motivo che le hanno portato via la sua 'bambina'.
"Ma', l'università è chiusa fino all'8 gennaio. Il problema è che qua c'è una bufera di neve pazzesca, non si vede ad un palmo dal naso e i voli sono tutti cancellati fino a data da destinarsi."
"E quindi noi come facciamo?"
"Eh, facciamo che voi vi godete la famiglia e io sto qua e vi penso tanto."
"Ma scusa, prendi il treno!"
"Mamma, hai capito o no che c'è una bufera di neve? Secondo te le ferrovie sono sgombere?"
"Oh ma non dicono sempre che 'sti tedeschi sono efficientissimi e organizzatissimi? Non sono sempre puntuali?"
"Quelli sono gli svizzeri, mamma."
"Vabbè, è uguale. Tu devi essere qui con noi stasera, Mati!"
"Lo so mamma e credimi, lo vorrei tanto ma non è possibile, purtroppo."
Silenzio. Forse si sta rassegnando all'idea, o magari è morta di crepacuore per il dolore provocato dalla notizia.
"Ma'?"
"Quindi non ci sarai..."
"Già."
"E io avevo convinto zia Rosanna a fare le penne al salmone che ti piacciono tanto."
"Mi dispiace. Mangiatene tante anche per me, ok?"
"Ok."
"Ci sentiamo domani, buona Vigilia mamma."
"Ti voglio bene. E copriti, se fa tutto questo freddo."
La mia meravigliosa mamma. Quando chiudo la chiamata, non riesco a trattenere una lacrima, che scivola calda lungo la mia guancia.
Non mi sono mai sentita tanto sola come oggi.
Quando giro la toppa nella serratura, so già che non ci sarà nessuno ad accogliermi. Nessun suono del violino, nessun mattoncino Lego sparpagliato sul pavimento in attesa di essere incastrato agli altri, nessuna canzone dei Queen dalla camera di Zeno, perché i miei coinquilini sono partiti tutti.
Non ho nulla di natalizio neppure da mangiare e per me, fare Natale senza panettone è un sacrilegio.
Butto le valigie accanto ai due divani, mi tolgo il giubbotto, il cappello e i guanti e gli faccio fare la stessa fine dei bagagli, poi senza neanche pensarci mi trascino in camera, mi ficco il pigiamone di pile e mi lego i capelli.
Se devo passare il Natale da sola, almeno voglio farlo in tenuta da casa, comoda e con i calzini antiscivolo.
Torno in salotto, prendo il dvd de "L'amore non va in Vacanza" e decido che seppellirò la mia nostalgia con la tristezza di non avere uno straccio di ragazzo da chiamare mentre Cameron Diaz e Kate Winslet si innamorano proprio durante le feste.
Mentre fuori imperversa la bufera e il sole ci abbandona definitivamente per accogliere la sera e soprattutto, mentre tutte le tavole italiane si stanno imbandendo di cibi e leccornie, io riempio una tazza gigante di cereali al cioccolato, li affogo con il latte e aspetto che si ammollino. Intanto mi accoccolo sul divano e mi godo le prime scene del film.
Proprio mentre Jack Black irrompe nella vita di Kate Winslet, sento la chiave girare nella toppa della porta di casa e io scatto in piedi per la paura. Si sa che i ladri agiscono proprio durante le feste di Natale, quando gli appartamenti si svuotano approfittando del fatto che gli inquilini sono lontani per fare razzie. Agguanto un ombrello di Lars con il manico di legno e decido che quello sarà il mio oggetto contundente che mi difenderà dai male intenzionati.
Per fortuna, mi fermo in tempo perché di fronte a me non c'è proprio nessuno scassinatore. Zeno appare sulla soglia, pieno di fiocchi di neve e con la faccia arrossata dal freddo. Cosa ci fa lui qui davvero non riesco a spiegarmelo.
"Matilde, hai deciso di giocare a baseball con un ombrello?"
"Che ci fai tu qui?"
Zeno mi sorride, abbassa il viso e poi mi guarda da sotto in su, con uno sguardo tenerissimo.
"Temo per lo stesso motivo per cui tu sei qui."
"Volo cancellato?"
"Già e senza possibilità di raggiungere casa in alcun modo. Pare che gli ultimi a partire siano stati Lars e Mette." Dice, entrando definitivamente in casa e togliendosi il giubbotto.
"Sapevo che dovevo partire ieri!"
"Oh Matilde, d'accordo che sei triste ma film romantico, pigiamone e tazza di cereali la sera della Vigilia è davvero deprimente!"
Faccio spallucce, anche se vorrei sotterrarmi: non volevo farmi vedere conciata in questo modo ma chi avrebbe mai immaginato che sarebbe spuntato Zeno così all'improvviso?
"Che dovevo fare? Ero qui tutta sola..."
"Beh, adesso ci sono io con te. Vatti a cambiare, io mi sistemo al volo e preparo la cena. Avremo la nostra Vigilia di Natale, io e te."
"Dici sul serio?"
"La tradizione è tradizione. Su, coraggio, va'!"
Gli sorrido e lo ringrazio, lasciandogli un rapido bacio sulla guancia. Tutto sommato, forse, non sarà un Natale poi così brutto.
In camera, mi butto sotto la doccia e rapidamente faccio anche lo shamppo. Una volta assicurata l'igiene personale, apro rapidamente la valigia che mi sono portata dietro dal salotto. Non ho dubbi su cosa indossare perché poco prima di partire avevo comprato un delizioso vestito di lana nero, con degli inserti molto carini sulle maniche e lo scollo omerale. Lotto con i collant per cercare di non romperli, infilo un paio di scarpe che non siano eccessivamente scomode ma neppure da tutti i giorni e poi mi dedico ai capelli. La frangia sembra arrendersi con facilità alla potenza del phon, quindi avvolgo il resto dei capelli in uno chignon e passo appena un po' di mascara sugli occhi. Con gli occhiali che mi ingrandiscono lo sguardo di almeno due misure, non ho mai osato troppo con il trucco perché rischio di sembrare Moira Orfei.
Mi guardo allo specchio e tutto sommato, sono felice di quello che mi restituisce l'immagine: ho perso un po' l'aspetto da secchiona e sembro una ragazza normale.
Quando torno in salotto, Zeno ha creato un'atmosfera magica. Non ci sono luci accese se non la solita piantana tra i due divani e tre candele sul tavolino del salotto. Al centro di questo, una magnifica ghirlanda – che non so da dove ha tirato fuori! - guarnisce la tovaglia bianca. I piatti sono perfettamente sistemati e due calici gli stanno davanti. È perfetto e, anche se non dovrei notarlo, sembra tanto una cena romantica.
"Mati..Wow! Sei...sei davvero bellissima."
Non arrossire, Matilde. Non arrossire!
Sono arrossita.
"Grazie."
"Il menù non offre molto visto che ho avuto poco tempo, ma ecco qui l'avanzo del polpettone di ieri sera perfettamente riscaldato e con patate al forno, un po' di insalata russa che ho rubato dal ripiano di Lars e, attenzione...Bollicine!"
Fa stappare una bottiglia di prosecco e poi mi prende la mano e mi fa accomodare. Io, come una cretina, non smetto di sorridere.
Sono contenta come una bambina ma emozionata come una ragazza che sta passando una serata magica con il ragazzo che le piace. Mi sento come quando alle medie Francesco mi aveva invitata al centro commerciale e io per l'emozione ho rovesciato tutto il gelato di McDonald's per terra.
Cercherò di non combinare guai però con la cena stasera, lo prometto.
"Ha un aspetto delizioso."
"Proprio come te." Sorride Zeno e io perdo ancora lucidità.
"Facciamo un brindisi!" Propongo. "Alla Vigilia di Natale e ai voli cancellati!"
"E ad una serata speciale con una coinquilina disperata e molto, molto carina!"
Sorrido, avvampo e faccio tintinnare il mio bicchiere col suo. Il tavolo è veramente minuscolo, quindi le nostre ginocchia si sfiorano e non so se è solo una mia impressione ma ad ogni tocco sento una scossa elettrica.
Mentre mangiamo parliamo tantissimo; mi racconta che probabilmente a quest'ora a casa sua staranno mangiando il tacchino e che sua madre avrà già pronti i bagagli per andare a sciare a Cortina d'Ampezzo. Io racconto delle verdure pastellate, del pesce e della quantità di antipasti che staranno consumando a Roma e di come la mia famiglia è in grado di spostarsi da una casa all'altra nei tre giorni tra la Vigilia e Santo Stefano e a mangiare ininterrottamente, per interrompersi soltanto nel pomeriggio per dar spazio alla tombola e al torneo di ping-pong di Nonno Domenico.
"Chissà quanto sarà dispiaciuto che non ci sei, quest'anno!"
"Non farmici pensare. È terribile, sarà devastato!"
"Ti prometto che ci andremo. A Capodanno magari, se smette di nevicare."
"E le Maldive?"
Zeno fa spallucce e sembra rabbuiarsi. "Non mi piace passare le vacanze invernali al caldo. Ha prenotato Corinna ma potrei darle buca se l'alternativa è Roma."
Mi fermo a guardarlo. Sta dicendo che preferirebbe trascorrere Capodanno con me piuttosto che con la sua fidanza in un posto da urlo, il che significa che decisamente le cose tra loro non vanno a gonfie vele.
"Ovviamente, sempre che a te vada di passare insieme a me la fine dell'anno."
"Certo, sarebbe bello. Ma..."
"Non dire altro. Mi basta questo."
Sorrido e butto giù dell'altro prosecco per tentare di placare le emozioni che mi si stanno contorcendo nello stomaco. Parecchie cose ancora non mi sono chiare, prima fra tutte il rapporto tra Zeno e la sua fidanza ma, complici le bollicine nel mio bicchiere, in questo momento non ho voglia di pensare alle complicazioni. Voglio solo godermi la serata, bearmi delle cose carine che mi dice e delle attenzioni che mi regala, senza farmi troppe domande che finirebbero per spezzare l'atmosfera. Non è affar mio come intende condurre il rapporto con la sua ragazza.
"Ascolta, ti ho preso una cosa. Non è niente di che e contavo di dartelo dopo le vacanze ma visto che non siamo partiti e sei qui...Beh, tanto vale farti scartare un regalo." Mi alzo e vado a prendere il piccolo pacchetto che mi sono fatta confezionare con cura dalla commessa del negozio a Monaco, qualche giorno fa.
Zeno sorride, sorpreso. Si alza e mi viene incontro; sembra un bambino a cui è stato appena comunicato che è arrivato Babbo Natale.
"Un regalo per me?"
"E' una sciocchezza, davvero."
Gli porgo il pacchetto e lui, curioso come al solito, lo scarta subito.
Il braccialetto di caucciù con due piccole mani in argento intrecciate, simbolo di amicizia, spunta dalla scatolina e non so perché, mi sento una stupida mentre penso che magari può non piacergli. Ho pensato a noi due appena l'ho visto dalla vetrina e non ho resistito alla tentazione di comprarlo per Zeno. Non sono una abituata a grandi slanci ma quando si tratta di lui, non so che diavolo mi prende.
"E' bellissimo."
"Sul serio?"
"Mi piace tantissimo, davvero."
"E' un simbolo di amicizia, ho pensato che noi siamo amici e poi..."
Non riesco a finire la frase. Zeno prende il mio viso tra le mani e ancor prima che io me ne accorga, le nostre labbra si toccano. È un bacio che parte lento, perché entrambi abbiamo paura di ciò che sta succedendo. Io non riesco a crederci e lui probabilmente, sta aspettando di capire se ha il mio permesso per approfondire il bacio. Non mi faccio trovare impreparata, è uno di quei momenti che si devono cogliere al volo nella vita; sento le gambe molli, sicuramente per il mix di emozione e prosecco, così per evitare di sciogliermi sulla moquette, allaccio le mie mani al suo collo. Zeno deve interpretare questo mio gesto come un incoraggiamento perché mi bacia con più decisione, spingendomi verso il divano, dove cadiamo come due scemi.
Non posso fare a meno di ridere e anche Zeno si concede un sorriso.
"Che stiamo facendo?" Gli chiedo, senza smettere di sorridere.
"Morivo dalla voglia di farlo da secoli!"
"Sì ma...Tu...E io..."
"Sshh. Godiamoci il Natale, ti va?"
"Sì ma..."
"Ci penseremo dopo. Te lo prometto, ci penseremo e troveremo una risposta a tutti i nostri dubbi. Ora ho soltanto voglia di passare con te questo Natale, di baciarti se me lo permetterai ancora e di stare su questo stramaledetto divano tutta la sera, abbracciati e al caldo. È tutto quello che posso regalarti visto che non ho pacchetti per te."
Non ci riesco a dirgli di no.
Non voglio dirgli di no; voglio godermi il mio regalo e voglio stare abbracciata con lui senza preoccuparmi di cosa succederà domani, quando mi sveglierò in preda ai sensi di colpa e disperata perché mi sto innamorando di un ragazzo meraviglioso che però è già occupato.
Mi sporgo col viso verso il suo e stavolta sono io a baciarlo. Ci sistemiamo meglio sul divano, Zeno rimedia una copertina di pile e fa ripartire il dvd de "L'amore non va in Vacanza" che avevo iniziato a vedere nel pomeriggio.
Tra un bacio e una risata, arriviamo a mezzanotte senza neanche accorgercene.
"Ehi, buon Natale!" Gli dico stampandogli un bacio sulla guancia.
"Buon Natale, nanerottola." Ricambia il bacio ma lui sceglie le labbra. "Dimmi che non finirà tutto domani."
"Lo vorrei tanto."
"Troveremo un modo. Te l'ho promesso."
Sorrido e mi schiaccio ancora di più contro di lui, che mi accoglie.
Ci addormentiamo poco dopo, con il film che va avanti da solo, abbracciati e stretti.
È il Natale migliore della mia vita e la neve non ha ancora smesso di scendere.
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