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02

Billy

Mi sto dissanguando... Non voglio morire da solo...

Sei di nuovo seduto su quella sedia sentendoti piccolo e spaventato mentre Arthur si gonfia vomitando su di te le sue grida e quando allunga la sua mano verso di te le sue dita si allungano come artigli, lacerandoti il petto.

Qualunque cosa ti sia accaduta non è colpa mia...

Vorresti urlargli contro ma sei paralizzato, piccolo e spaventato. Inutile aggrapparsi alle tue deboli certezze. Che importa cosa sei stato, adesso non sei d nuovo niente, ti hanno portato via ogni cosa, persino la vita.

Vero?

Ma qualcosa ti punge, malgrado non ti sorprenda, sarebbe un aldilà fin troppo doloroso.
Che sia il tuo personale inferno?
Hai la bocca secca e la superficie rigida su cui sei sdraiato ti sta torturando la schiena.

Ci sono fin troppe sensazioni in quell'oltretomba.
Lentamente apri gli occhi mentre l'incubo sgattaiola nuovamente nel profondo della tua mente. Sai che quei mostri non allenteranno mai la presa dalla tua anima, nemmeno quando ti avranno consumato finno all'osso.
Degli occhialini per l'ossigeno, una flebo e il bip di un monitor con su una linea singhiozzante.
Ti guardi attorno confuso e detesti quel terrore che sai germogliare dentro di te.

Non tornerò indietro... Non mi richiuderanno ancora, dovranno uccidermi prima!

Ma la verità è che quando ci sei andato vicino ti sei sentito di nuovo un bambino solo e smarrito, forse per quello ti sei ritrovato di nuovo assieme ad Arthur, il tuo personale carnefice.
Non importa quante volte nella tua mente lo potrai uccidere, quello che ti ha strappato non ti verrà mai più restituito.

Ti guardi attorno guardingo, non ti ricorda nessuna stanza della tua ultima prigionia, è tutto troppo asettico e pulito per essere un antro quell'orrendo ospedale, la tua casa prigione per mesi.
Ti guardi i polsi e non vi trovi nessun bracciale identificativo. Indosso hai solo l'intimo e quel tavolo di acciaio sembra più adatto ad un obitorio che a quello di un reparto ospedaliero.
Ma le tue ferite solo state meticolosamente medicate e i farmaci che ti stanno infondendo ti lasciano uno stordente senso di benessere che odi e ami allo stesso tempo.
Hai la bocca impastata e fatichi a mettere a fuoco ogni dettaglio in quella gelida penombra ma sai di non essere solo.
Un uomo ti sta osservando, vorresti chiedergli molte cose.

Sei stato tu ad aprirmi quel varco? Dove diavolo sono finito? Perché mi hai curato? Sei un pazzo che cattura e sevizia degli estranei per divertimento? Che vuoi da me? Mi conosci?

Cerchi di alzarti e la schiena dolente ti obbliga a bloccarti così riesci sono a farfugliare un rigurgitante "Sto per vomitare..."





Julian


Se solo fossi fatto di pura coscienza...

Hai vegliato quel corpo addormentato per ore, nonostante i farmaci infusi lo hai visto contrarsi come in uno spasmo di dolore. Ti siedi accanto a lui e per la prima volta dopo anni hai deciso di usare il tuo dono, una delle motivazioni per cui hai scelto di vivere recluso, il tuo dono empatico.
A quello servono le mura spesse e senza finestre che ti sei eretto attorno, creare una barriera tra te e quella matassa di emozioni e pensieri che sono gli altri esseri viventi.
La scelta più consona rispetto al farsene schiacciare, annichilendosi davanti a quelle pressanti voci urlanti.
Ma la voce di quell'anima era talmente forte da averti svegliato, superando tutte le tue barriere, ti ha indotto a violare il tuo stesso santuario, devi comprendere, ti senti obbligato.
Solo guardare quelle cicatrici ti da un inusuale senso di angoscia.
Credevi di aver provato talmente tanto da esserti anestetizzato al dolore degli altri eppure anche solo la superficie di quell'anima è come una pugnalata dritta al cuore.

Gli sfiori le tempie, poggi la tua fronte sulla sua e lasci che le vostre coscienze si mescolino.
Ti trattieni a stento dallo scattare in piedi urlando.
Urla, esplosioni, soldati tra le ombre.
Bambini che corrono, una mazza...
Ma alla fine rimangono solamente delle ombre che si sbriciolano lasciando solamente un bambino piangente che corre con le ginocchia insanguinate.

"Ti prego... Non mi lasciare da solo..."
Sussulti, apri gli occhi e ti accorgi solo in quel momento che stai piangendo.
"Se solo tu... Se solo avessi voluto me..." geme quell'uomo steso su quel tavolo.
Lo osservi dilaniato. Vuoi fuggire, scacciarlo dal tuo animo ma anche sgusciare di nuovo della sua mente e stringerlo e dirgli che è al sicuro.
Non puoi, non servirebbe a nulla perché il passato non può essere cambiato. Per quanto tu lo abbia desiderato non ne hai mai avuto il potere. Il tuo dono non si è mai esteso tanto.

Indietreggi e ti appoggi alla parete impossibilitato a lasciare la stanza.
L'effetto dell'anestesia si sta affievolendo, il tuo cuore accelera. Non sei avvezzo a relazionarti con persone in carne e ossa. Hai eretto la tua tana invalicabile proprio per evitarlo eppure eccolo là che dischiude gli occhi al giorno, due pozze di tenebra, confuse e smarrite.
Ed eccolo piegarsi di lato per vomitare ricordandoti perché preferisci avere a che fare con delle immagini digitali e non con persone vere.

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