Only miss the sun when it starts to snow.
Si strinse di più nel giubbotto, affondando il viso nella sciarpa di lana e soffiandoci contro nella vana speranza che il suo fiato la riscaldasse. Quel freddo era incredibile, nonostante fosse dicembre.
Guardò gli alberi, e le foglie sotto le sue scarpe. Quanta tristezza leggeva in quello scenario.
Si trovava in una via deserta, alle sei del mattino, con i soli pensieri a tenerle compagnia. Probabilmente chiunque avrebbe giudicato folle uscire a quell'ora di domenica, ma doveva andarsene dal suo appartamento e dai ricordi di una persona che non doveva occuparle la mente... Aveva bisogno di stare da sola.
Quando aveva ricevuto quel messaggio, il giorno prima, il cuore le era caduto di nuovo nella fossa che si era scavata da sola, con grande aiuto della sua ingenuità.
Essere una persona riflessiva poteva essere un vero fardello, l'aveva imparato.
Per questo ora si ritrovava a camminare, pensare e osservare le nuvolette bianche che si creavano dal suo respiro, per le vie della Città Eterna. Roma era bellissima, prima di svegliarsi. Lo era sempre, era vero, ma adesso che i lampioni erano ancora accessi e pian piano il cielo andava schiarendosi sopra di lei, la sentiva pregna di una magia che spesso nessuno notava.
L'inverno, al contrario, era decisamente brutto. Quel freddo sembrava congelare le cose, lasciare tutto in stand-by. Ma invece il mondo andava avanti, e solo quand'era troppo tardi tu ti accorgevi che eri rimasto ad osservare un secondo di troppo. Se ne era resa conto una settimana prima, quando era venuta a sapere che il suo ormai ex ragazzo l'aveva tradita. Erano stati dei mesi meravigliosi, quelli, era riuscita finalmente a dimenticarsi di tutto il male che aveva ricevuto in passato. E proprio quella sera, si era fermata a guardarlo e osservarlo, si era fermata e si era resa conto che la sua vita stava andando bene. Ed ecco che era crollato tutto.
Le uscì una risata, colma di un amaro sarcasmo.
In effetti sempre nella sua vita le era capitato che le cose peggiori avvenissero proprio quando la sua vita sembrava baciata dal sole. Avrebbe dovuto imparare, si disse, avrebbe dovuto davvero imparare a non fermarsi ad osservare con stupito interesse la propria felicità. Perché la verità era che non appena il sole arrivava a scaldarti il cuore, cominciava a nevicare, e il freddo ti congelava nuovamente.
C'era una frase che sua madre ripeteva sempre, ma lei ne aveva compreso tardi il significato.
Ci manca il sole solo quando inizia a nevicare. Aveva sempre pensato che si riferisse appunto alla nostalgia della felicità passata, ma la realtà era che intendeva tutt'altro, o almeno lei adesso la vedeva così.
Non ci rendiamo conto di essere felici, se non quando la felicità non ci viene portata via. Questa era la verità.
Chiuse gli occhi, e toccò il telefono nella tasca della sua giacca. Le immagini le si accavallarono in mente, e di colpo si ritrovò nel salotto del suo appartamento, della cioccolata in mano e lo sguardo rivolto verso il divano dove tante volte si era addormentata insieme a lui. Rilesse nella mente il messaggio che aveva ricevuto da parte sua, e le due parole alla fine. Ti amo.
Riaprì gli occhi. Lo amava anche lei, era quello il punto. Un messaggio di scuse e le era di nuovo sussultato il cuore. Lui era incredibile, sarebbe diventato un medico di successo, era sicuro, nonostante frequentasse ancora l'università e stesse cercando un lavoro. Era intelligente, bellissimo, la faceva sentire viva... Aveva illuminato la sua vita, e semplicemente ad un certo punto la luce era stata coperta. Ma era sempre lì. E lei aveva una paura folle di lasciarsi di nuovo illuminare.
Dio sapeva quanto era stata male... Sì, era così. Era stata male. E proprio quando aveva deciso che non doveva piangersi addosso, quell'odioso e meraviglioso ragazzo si era evidentemente reso conto che lei era il suo sole almeno quanto lui era il suo. Ma la differenza tra loro era che lei era stata capace di vedere la propria felicità, lui l'aveva cercata altrove... Quando poi non l'aveva trovata, si era reso conto di averla lasciata dietro di sé, in un cumulo di spazzatura. E lì stava lei.
Senza rendersene conto si ritrovò nella piazza dove si erano conosciuti. Il Pantheon si stagliava imponente, la colpiva non appena usciva da uno dei tanti vicoletti. E, appoggiato ad una delle colonne all'entrata, c'era qualcuno.
-
Diamine, che freddo.
Era la vigilia di Natale e lui si ritrovava nella piazza dove aveva conosciuto la donna che amava, alle sei del mattino. Perché era andato lì? Ah, giusto. Non era riuscito a dormire per due giorni, dopo averle inviato quel messaggio. L'aveva aspettata sotto casa sua, ma lei non era uscita. Quindi aveva deciso di camminare.
Aveva fatto una cazzata, ne era consapevole, ma non era stata colpa sua, non era stato lui ad aver baciato quella ragazzina... Ma sapeva benissimo cosa stesse frullando nella testa di lei.
Sicuramente pensava al detto che tanto sua madre predicava. Ci manca il sole solo quando inizia a nevicare. Che idiozia. Lui aveva saputo benissimo di avere il sole accanto, e l'unica cosa che aveva sentito era tanto freddo, senza di lei.
Le mancava come l'aria, e voleva meritarsi il suo perdono, doveva riaverla.
Immaginò quegli occhi grigi persi chissà dove, le sue sopracciglia aggrottate e la mente che galoppava. Adorava la sua espressione quand'era pensierosa, ma sapere che il suo futuro dipendeva dall'esito di quei pensieri lo rendeva nervoso. Molto nervoso. Molto più che nervoso, lo rendeva pazzo.
Si ricordò di quella sera, dello stress che aveva accumulato all'università. Lei era lì, quando era rientrato, stava lavorando ai suoi schizzi. Sarebbe diventata una grande disegnatrice, e lo stage prestigioso che aveva ottenuto era solo l'inizio, lo sapeva. Lui credeva in lei. Era brillante, bellissima, dolce... Era una persona incredibile, e ogni volta si chiedeva come diamine avesse fatto a meritarsela. Non era solo il sole, per lui, era tutto l'universo.
Sbuffò, e il suo respiro si disperse nell'aria gelida di dicembre. Il sole non era ancora sorto del tutto, ma man mano il cielo andava schiarendosi... Guardò la fontana al centro di quella piazza, e davanti a lui fu come se si trovasse ancora quella ragazza bionda seduta a gambe incrociate, con un blocco schizzi e una matita in mano e lo sguardo perso ad osservare i dettagli dell'antica bellezza che era ogni cosa in quella città. Prima di parlarle c'erano voluti tre giorni, ma lei era sempre tornata. E finalmente il terzo giorno le era andato a parlare, lì aveva visto quanto fosse piena di talento e piena di idee.
Aveva voluto conoscerla, ne aveva avuto il bisogno. E l'aveva conosciuta, e l'aveva amata, e amandola l'aveva conosciuta ancora meglio, solo per poi innamorarsene di più. E poi un paio di minuti di incoscienza avevano rovinato tutto.
Pensò di avere le allucinazioni, quando scorse una chioma bionda familiare, un corpo in carne che conosceva a memoria, un volto d'angelo che nascondeva un passato. Ma non era ancora così pazzo, lei era lì. E il suo cuore sembrò fermarsi. Era bellissima, il naso rosso per il freddo e le labbra semi-aperte per la sorpresa. Fece un passo, e lei uno a sua volta. Si ritrovarono faccia a faccia, e lui si sentì morire quando vide una stilla salata scorrere sulla sua gota arrossata. Istintivamente portò la mano sul suo volto, il pollice ad eliminare le prove del suo dolore, e quando lei strinse la mascella ritirò la mano. Sperò con tutto il cuore che sul suo viso si leggesse quello che provava, perché era davvero senza parole.
Non si accorse della lacrima che solcò anche la sua, di guancia, fino a che non sentì le piccola dita fredde di lei asciugargli lo zigomo. Anche lei ritirò la mano, e restò lì a guardarlo.
Il freddo sembrava essersi quasi attenuato e, nel momento in cui per caso alzò lo sguardo verso il cielo, vide che il sole era sorto ed aveva illuminato tutto.
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