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Capitolo 16

"Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Elsah unì le sopracciglia al centro per la preoccupazione, chiudendo lentamente il portone, dopo che Harry era scappato via.

Zayn le si avvicinò, scuotendo la testa. "No, certo che no, El. Tu non hai fatto nulla. Lui è molto misterioso e tu devi fare attenzione. Non mi fido molto di lui." Si accigliò.

"Ma. . . ma sembrava così turbato," disse Elsah, sedendosi sul divano e massaggiandosi le tempie, preoccupata.

"Ora non ci pensare," la rassicurò Zayn, "devi venire a fare colazione. C'è ancora del succo d'arancia e devi anche mangiare le uova per mantenerti in forza. Devi ritornare a stare bene, El."

Lei sospirò, alzandosi in modo riluttante. "D'accordo."

Non appena si alzò, i suoi occhi notarono un piccolo dispositivo nero - il telefono di Harry. Lo prese tra le sue mani, accendendo lo schermo, sul quale c'era scritto: 10:56 AM.

"Si è dimenticato il telefono," si accigliò, rimettendolo di nuovo sul mobile.

"Non preoccuparti, verrà a prenderlo più tardi. Ora vieni a mangiare, El." Ordinò Zayn, e come sempre Elsah acconsentì e lo seguì in cucina.



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Non appena Harry uscì dall'appartamento si accorse di aver dimenticato il telefono. Non se ne sarebbe nemmeno accorto se non avesse dovuto chiamare Louis.

Quindi, quando realizzò di non avere il telefono, imprecò, prendendo in considerazione l'idea di ritornare nell'appartamento. Ma scacciò via questo pensiero - non voleva ritornare in quell'appartamento, non ora, non quando si doveva ancora calmare.

Così, invece di ritornare in quell'appartamento, per prendere il telefono e chiamare Louis, indossò il cappuccio della giacca per nascondere il suo viso, ed iniziò a camminare.



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Gli occhi di Harry divennero sempre più prudenti mentre si avvicinava al bar Daemonium, sapendo che fosse rischioso per lui entrare in un bar conosciuto per servire rigorosamente i Demoni. Era sempre pieno, ma a quest'ora del giorno un po' meno, ecco perché era ancora più rischioso andarci. Sarebbe stato più facile riconoscerlo, ora che il bar era poco affollato.

Ma doveva correre il rischio - Louis si trovava probabilmente lì dentro, ed Harry aveva bisogno di un posto in cui stare.

Abbassò il cappuccio ancora di più, per coprirsi meglio, preoccupato del fatto che qualcuno potesse capire che lui non apparteneva a quel posto.

Tenne il suo sguardo fisso a terra mentre apriva la porta del bar, sorprendendosi del fatto che ci fossero molti più demoni di quanto pensasse. Era quasi mezzogiorno, ma c'era già un bel gruppo di Demoni, che bevevano cocktail e cicchetti. Il fumo di sigarette offuscava l'aria, riscaldando immediatamente i polmoni di Harry in un modo familiare.

Notò subito Louis - le sue ali nere erano enormi e magnifiche mentre sedeva su uno degli sgabelli del bar. Era circondato da altri demoni, assieme ad un frastuono di risate e di chiacchiere.

"Un altro bourbon!" Urlò Louis al barista, e poi rivolse la sua attenzione alla ragazza demone accanto a lui, la scollatura di lei in piena vista.

Harry alzò gli occhi al cielo mentre si avvicinava a Louis, sapendo che si sarebbe sicuramente portato questa ragazza a casa, come faceva regolarmente con altre centinaia di ragazze demoni.

"Louis," Harry parlò a bassa voce, mentre si avvicinava al ragazzo, dentro al quale scorreva sangue demoniaco.

Quando Louis non lo sentì, Harry si avvicinò ulteriormente, la sua voce venne fuori più sicura rispetto a prima, ed afferrò il polso di Louis. "Louis."

Louis si girò sul suo posto, dello stupore sui suoi tratti non appena realizzò chi lo aveva chiamato.

"Harry?" Sibilò Louis, stringendo gli occhi. La sua voce era bassa, non volendo che qualcuno lo sentisse. "Che cazzo ci fai qui?"

"Volevo -" Iniziò a dire Harry, ma Louis lo interruppe.

"Non capisci quanto sia pericoloso per te venire qui?" Sibilò Louis, alzandosi velocemente dallo sgabello. La sua attenzione si spostò su Harry, domandandosi cosa diavolo gli fosse successo per farlo venire in questo posto. Se Harry fosse stato catturato, chi lo sa cosa diavolo sarebbe potuto succedere. "Vuoi farti uccidere?"

"No," sbottò Harry, "devo chiederti una cosa."

Louis alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Si girò a guardare la ragazza demone, che sembrava incazzata che Louis la stava ignorando, ma lui le promise che sarebbe tornato, e poi fece cenno ad Harry di seguirlo fuori dal bar.

"Che succede?" Domandò Louis, chiudendo la porta e ritrovandosi in un piccolo vicolo. "Perché sei qui?" Tirò fuori un pacco di sigarette dalla sua tasca, mettendone una tra le sue labbra, e prendendo un piccolo accendino rosso.

Lanciò il pacchetto ad Harry, che lo prese, tirando fuori una sigaretta. Dopo aver accesso la sua, Louis passò l'accendino ad Harry, e poi incrociò le braccia al petto, aspettando la risposta di Harry.

Harry si guardò alle spalle per assicurarsi che non ci fosse nessuno lì intorno, prima di ritornare a guardare il suo migliore amico. Si morse l'interno della guancia, esitando a parlare. "Pensi. . .pensi che andrebbe bene se stanotte restassi a casa tua?"

La suo voce venne fuori bassa, piena di vergogna. Era molto imbarazzato a chiedere una cosa del genere a Louis,  poiché era un grande colpo al suo orgoglio. Solo una settimana prima, gli aveva giurato che avrebbe trovato un luogo in cui stare, e aveva promesso a Louis che non avrebbe continuato ad infastidirlo con la sua presenza, nonostante Louis gli avesse assicurato che per lui non fosse un problema.

"Sì, certo che puoi," Louis rispose immediatamente, con della comprensione nei suoi occhi. "Mia madre ritornerà in periferia, quindi la stanza è tua se ne hai bisogno. Non stavi a casa di quella ragazza. . .Elsah?" Disse, circondato da fumo.

"No," Harry abbassò lo sguardo, scalciando un sassolino con la punta del suo stivale e facendo un altro tiro di sigaretta.

"Oh," Louis tossì in modo strano," pensavo stessi pianificando di -"

"Mi dispiace così tanto -" Harry iniziò a scusarsi, ma Louis lo interruppe.

"Non scusarti, Harry. Davvero, non mi importa. Vuoi le chiavi?"

Lentamente, Harry annuì, infilando vergognosamente le mani nelle sue tasche. Si ricordò di come aveva lanciato maleducatamente le chiavi a Louis dopo che si era arrabbiato, giurando che non sarebbe mai più tornato, e dicendo che Louis fosse un amico di merda, il tutto prima di andarsene da casa di lui. Ora Harry si pentiva di aver detto quelle cose, ma non lo avrebbe mai ammesso.

Ma Louis, conoscendo la natura di Harry, sapeva che questa fosse una sorta di scusa per il suo precedente comportamento; scavò nelle sue tasche per prendere le chiavi. Le sue ali nere si mossero quando fece spallucce, guardando Harry con compassione.

"Tieni," le lanciò ad Harry, il quale le prese senza alcuno sforzo, la sua mano si alzò con una velocità disumana nonostante l'altra mano stesse mantenendo una sigaretta. "Mia madre potrebbe essere in casa, è venuta a farmi visita - dovrebbe andare via oggi, ma non ne sono sicuro, quindi fai attenzione."

"Grazie, Louis," Harry si morse il labbro, infilando le chiavi in tasca. "Tu non vieni?"

"Cazzo, no," rise Louis, una mano si sollevò per spettinarsi i capelli. Mentre ridacchiava, le sue grandi ali tremarono a causa della vibrazione delle sue risate, ed Harry le guardò con uno sguardo quasi nostalgico. "C'è ancora del bourbon che mi sta aspettando, e anche quella ragazza. Cazzo, è una di quelle facili, mi farà sicuramente un pompino in bagno senza che io glielo chieda."

Harry rise divertito, scuotendo scherzosamente il capo. "Beh, buon divertimento. Grazie per tutto." L'angolo delle sue labbra si alzò in un sorrisetto, il lato della sua guancia fu scolpito da una fossetta. Portò la sigaretta tra le sue labbra, scuotendo la testa.

"Nessun problema, Harry. Ci vediamo dopo, allora."

"Sì," Harry annuì tranquillamente, e poi si aggiustò di nuovo il cappuccio. "Ci vediamo."

E poi Harry schiacciò il resto della sigaretta sotto ai suoi piedi ed iniziò a camminare - il che era una cosa anormale per lui - era sempre frettoloso e rapido nel fare le cose. Ma voleva prendersi del tempo per pensare - per schiarirsi la mente.

Louis aspettò che Harry sparisse dalla vista, prima di chiudere la porta ed entrare di nuovo nel bar pieno di fumo.



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Per sua fortuna, non c'era nessuno in casa quando Harry infilò le chiavi nella serratura ed aprì la porta. Era completamente vuota e silenziosa - proprio come aveva sperato lui. Voleva rilassarsi e pensare, e forse anche permettere a se stesso di odiarsi.

I suoi sensi acuti notarono immediatamente il profumo di cibo, appena cucinato, così ipotizzò che la mamma di Louis fosse andata via solo poco tempo fa.

Non appena entrò nella piccola cucina dell'appartamento di Louis, andò ad aprire il frigo, realizzando che lei avesse preparato un vassoio intero di fajitas, mettendole nel frigo per farle mangiare dopo a Louis.

Erano ancora calde - probabilmente erano state messe da poco nel frigo.  Così Harry afferrò un piatto di plastica da una credenza, prese un pezzo dal vassoio con la sua forchetta, e lo mise nel piatto, andando poi nella stanza che Louis gli aveva promesso.

La cosa divertente era che la stanza fosse arredata proprio come se fosse stata fatta appositamente per Harry. Lui aveva scelto i colori monocromatici per la stanza - le pareti arricchite con grafite, le lenzuola nere, ed il soffitto bianco. Non c'era nessun quadro o roba simile; in poche parole, 'semplice' era l'aggettivo più adatto per descrivere questa stanza. Non c'era nessun colore vivo nella camera - ricoperta solo da tonalità scure e grigie.

Il letto grande era fatto ordinatamente, ed Harry sprofondò sul materasso, sentendosi esausto ed emotivamente vuoto. Poggiò attentamente il piatto accanto a lui, sospirando profondamente. Aveva un terribile mal di testa, un'altra cosa che si andava ad aggiungere al dolore, con il quale doveva convivere.

Dopo aver preso un morso del cibo che la mamma di Louis aveva preparato, non riuscì più a mangiare - il suo appetito era sparito ed aveva di nuovo la nausea.

Harry si alzò per andare a buttare nella spazzatura il contenuto del suo piatto, per poi ritornare a letto e collassare sul materasso imbottito.

Sospirò mentre poggiava la sua testa su uno dei cuscini di piume di cigno, e poi chiuse gli occhi, cercando di bloccare il dolore.



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Elsah faceva su e giù per il suo - per l'appartamento di Zayn, agitandosi sempre di più mentre continuava a camminare freneticamente.

Zayn era seduto su uno dei divani, cercando di concentrarsi sul lavoro assegnatoli, ma non riusciva a fare a meno di alzare lo sguardo dai libri per guardare Elsah inquietarsi ad ogni minuto che passava. Alla fine, parlò, "Ellie, siediti. Perché stai facendo su e giù?"

Lei gli fece una smorfia, e poi scosse la testa. Era preoccupata per Harry - poiché il suo malore lo attaccava ogni notte - e non sapeva se anche stanotte sarebbe successa la stessa cosa. Sapeva che doveva riposarsi - aveva cercato di farlo da tutto il giorno, con Zayn che cercava di prendersi prepotentemente cura di lei.

Non proprio prepotentemente, ma la spingeva costantemente a bere dell'altro succo, a continuare a bere altri fluidi o acqua, e a mangiare il brodo che le aveva preparato dopo che Harry se n'era andato.

Ma lei si era riposata abbastanza, e voleva solo sapere dov'era e come stava Harry. Non voleva che gli succedesse qualcosa, e sapeva che in tal caso, sarebbe stata disposta a dargli ancora il suo sangue per farlo sentire meglio, anche se non era esattamente una buona idea.

Dopo un po', siccome Elsah non gli stava prestando attenzione, Zayn si alzò dal divano e si diresse verso di lei, afferrandole il polso e fermando i suoi movimenti.

"Ascolta, Elsah," disse lentamente Zayn, fissandola. "Devi rilassarti. Preoccuparti per lui non ti farà bene."

"Non mi sto preoccupando per lui," mentì, ma Zayn non ci cascò.

Lui alzò un sopracciglio, come per dire 'oh sì, certo' in modo sarcastico, ma poi si addolcì quando vide l'espressione abbattuta della sua migliore amica.

"Va tutto bene, Elsah. Lui starà bene, fidati di me. Per favore, vieniti a sedere un po', e se domani non torna ancora, vedremo cosa fare, okay?"

"Zayn," lo supplicò Elsah, prendendo i suoi capelli e legandoli in una coda, "e se gli succedesse di nuovo la stessa cosa stanotte? Potrebbe perdere i sensi all'improvviso -  potrebbe farsi male! Come farà a chiedere aiuto?"

Zayn si bloccò, mordendosi il labbro, sperando che Elsah fosse un pochino più razionale. "Elsah, anche se lui ritornasse qui stanotte ed avesse bisogno del tuo sangue, io non te lo lascerei dare. Ne ha già avuto abbastanza, questa cosa sta diventando ridicola! Ti farai del male! Devi concederti del tempo per riprenderti, e dargli altro tuo sangue non ti aiuterà di certo!"

Elsah indietreggiò, sussultando per la voce alta di Zayn. Zayn non alzava quasi mai la sua voce con Elsah, ed il fatto che proprio adesso lo stesse facendo, fece venire voglia ad Elsah di vomitare e scoppiare in lacrime.

"Ora mi dici tutto, Elsah!" Proseguì Zayn, avvicinandosi all'Half. Zayn era arrabbiato, arrabbiato con questo uomo spuntato dal nulla che si stava approfittando della sua migliore amica e del suo sangue. "Sono guarite le tue ferite?"

"Zayn," lo implorò Elsah, volendo che lui cambiasse argomento. Detestava il modo in cui continuava a sollevare questo argomento. "Smettila, ti prego. . ."

Lui ignorò le suppliche di lei, disperato nel farle capire il suo ragionamento - e cioè che si stava facendo del male, per qualcuno che lei neanche conosceva. Non poteva lasciarglielo fare  - un migliore amico non avrebbe mai lasciato accadere una cosa del genere. Ma Zayn abbassò la voce, solo un po', quando ritornò a parlare. "Dimmelo, Elsah. Le tue ferite non stanno impiegando un po' troppo tempo per guarire? O no?"

Lei si morse il suo labbro tremante, respingendo l'umidità dei suoi occhi. "Zayn. . ."

"Ho ragione, non è così?" Disse più dolcemente, abbassando ancora di più la sua voce. "Non è così?"

Elsah distolse lo sguardo, cercando di allontanarsi da Zayn, così che lui non potesse vederla scoppiare a piangere.

Ma Zayn strinse la sua presa su di lei, avvicinandola ancora di più non appena realizzò quanto le sue parole l'avessero toccata, ed avvolgendo le sue braccia attorno al corpo di lei in un abbraccio. Lei singhiozzò e Zayn la strinse forte al suo petto, abbracciandola calorosamente. "Elsah. . ." La sua voce quasi un sussurro, quasi colpevole. Voleva far capire ad Elsah che non poteva continuare a dare il suo sangue, ma si sentiva orribile per averla fatta piangere.

"Lasciami andare," domandò, ma la sua voce venne fuori debole. Voleve essere arrabbiata con Zayn per averla infastidita, ma non ci riusciva - non era nella sua natura essere arrabbiata.

"No," si rifiutò Zayn, approfondendo l'abbraccio e poggiando il suo mento sulla testa di Elsah. "Voglio che tu sia al sicuro."

"Zayn," ordinò di nuovo, "lasciami anda -"

"Stai bene?" Le chiese preoccupato, "non piangere. Non volevo farti piangere."

"S-sto bene," singhiozzò, arrendendosi e rilassandosi tra le sue braccia. Poggiò la testa contro il petto di lui, ascoltando il suo battito cardiaco.

Le sue mani continuarono ad accarezzarle la schiena, fermandosi su un punto preciso. "Elsah. . . posso. . . posso vedere le tue ferite?" Le sue dita toccarono leggermente quel punto, troppo spaventato di farle accidentalmente del male.

Elsah si irrigidì, scuotendo la testa, "non ci sono delle ferite. . . non ancora."

Confuso, Zayn si allontanò, guardandola negli occhi. "In che senso, non ci sono ancora delle ferite?"

Lei scosse la testa e fece dei passi indietro, allontanandosi dall'abbraccio di Zayn. Elsah colse l'occasione per cambiare argomento, e poi parlò. "Zayn, vuoi venire a trovare Niall insieme a me? È da molto che programmo di fargli una visita, ma ho troppa paura di andare da sola. . ." Gli chiese, asciugandosi le ultime lacrime rimaste sulle sue guance.

Zayn strinse gli occhi, scuotendo la testa quando realizzò che Elsah fosse riuscita a cambiare argomento, ma sospirò e lasciò perdere. "Certo."

Sapeva che avrebbe dovuto risollevare la questione un'altra volta, ma per ora avrebbe aspettato, per il bene di Elsah. Era più che felice di accompagnarla a casa di Niall, poiché non approvava il fatto che Elsah uscisse da sola.

Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso, e poi si avvicinò per lasciare un bacio sulla guancia di Zayn.

"Grazie mille. Possiamo andarci tipo. . .tra qualche ora?" E anche se tutto quello che Elsah voleva fare era starsene a letto a preoccuparsi se Harry stesse bene, sapeva che, se fosse rimasta ancora a casa, Zayn l'avrebbe convinta a mostrargli le sue ferite, e lei non voleva farlo. Quindi, l'unica soluzione era andare via dall'appartamento, e tornare di sera, giusto in tempo per andare a dormire.

"Sì, certo," Zayn annuì, colto alla sprovvista dal bacio, ma ricordando di nuovo a se stesso che lei non pensava a nulla del genere, e che non fosse nient'altro che un bacio amichevole. "Fammi almeno prende il mio portafogli e il telefono, okay?"

"Grazie," gli sorrise Elsah, "vado a vestirmi."

Zayn annuì, poi guardò Elsah sparire nella stanza e chiudere la porta dietro di lei, prima di dirigersi verso il tavolino per prendere le sue cose.

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