Lacrime e polvere.
Apro gli occhi. È buio.
La tapparella è chiusa e non ho idea di che ore possano essere.
Afferro la sveglia dal mio comodino e guardo l'orario. 11:30. È tardi, non posso andare a scuola. Mh, oggi salto.
A fatica alzo la schiena e mi siedo sul letto, con gli occhi ancora socchiusi. Mi sento completamente confuso. Che è successo ieri? Ora ricordo. Ieri era un'altra giornata di merda in una vita di merda.
Mi sento strano. Ecco, è una sensazione assurda che mi capita spesso di provare.
Non è tristezza. È solo... vuoto. Come se fosse passato un carro armato che ha lasciato soltanto una desolazione dentro di me. Come se mancasse tutto nella mia vita.
E io cerco di riempire questo vuoto distruggendomi, come sempre.
Apro il solito cassetto.
La mia mano si muove istericamente alla ricerca della mia "roba".
Non trovo nulla.
Oggi andró da Corey, bene.
Corey non si può definire esattamente un mio amico. È il mio "spacciatore personale", ecco. In ogni caso resta una delle poche persone che mi considerano un essere umano, penso di provare una specie di legame nei suoi confronti.
Mi lavo velocemente, mi metto addosso la maglietta dei Cannibal Corpse e dei pantaloni strappati neri ed esco di casa.
Tengo il volume della musica a un livello eccessivamente superiore a quello di sicurezza e cammino per strada, diretto al soprannominato "Bosco dei Drogati".
A un certo punto non sento più il controllo del mio corpo. La musica si è ormai trasformata in un insieme caotico di suoni e parole incomprensibili. Muovo le gambe, la sensazione è quella di essere immerso nella gelatina. Sento un ronzio, poi una voce inizia a parlare. Non ha tono, come se fosse un pensierio, ma è totalmente incontrollata da me. Capisco ciò che dice nonostante parli in una lingua che non conosco e non ho mai sentito. In realtà dice solo singole parole, raccapriccianti. Le immagini continuano a passarmi davanti agli occhi: brevi scene e immagini statiche che si alternano senza una logica. Vedo un bambino che piange, poi una donna senza pupille né iridi negli occhi, una mano che cerca di afferrarmi, un uomo che grida, una suora che mi guarda dritto negli occhi e piange lacrime nere, e altre cose orribili. Poi la sequenza di immagini si stabilisce su un parco di notte. È buio, l'unica misera fonte di luce è la falce di luna. C'è solo un prato e un albero. Come in un sogno, mi sembra di camminare attraverso quel parco. Mi avvicino al grosso albero e mi accorgo che c'è una sagoma in fianco. Mi avvicino sempre di più. Cazzo, è un uomo, i suoi piedi sono staccati da terra, la testa è inclinata all'ingiú, è impiccato. Mi avvicino sempre più piano, posso vedere gli abiti dell'uomo. Assomigliano ai miei. Sono terrorizzato, riesco solo a ansimare e strisciare lentamente i piedi per terra, ma ciò non ferma la mia curiosità. Con grande coraggio, focalizzo lo sguardo sulla testa dell'uomo. È girato. I suoi capelli sono lunghi, scuri, mossi. Come i miei. Respirare è diventata un'impresa. Ora sono esattamente davanti a lui. Chiudo gli occhi, inspiro e appoggio la mano sulla sua spalla. Lentamente, giro il corpo. Usando tutto il coraggio che ho in corpo, apro gli occhi. Un grido esce dalla mia bocca senza che io potessi controllarlo. Sono io. Sulla faccia dell"io" che ho davanti c'è un grosso sorriso innaturale e inquietante. Gli occhi sono vitrei e spalancati, delle lacrime scendono sulle guance. Poi, il nero.
"Hey, ragazzo?"
Apro debolmente gli occhi e cerco di mettere a fuoco ciò che ho davanti.
Una ragazza sui venti anni mi sta scuotendo e mi guarda negli occhi.
Le ginocchia mi fanno male e mi accorgo di essere sdraiato per terra. Cerco di alzarmi, ma sono troppo dolorante per riuscirci.
"Uh, finalmente ti sei svegliato... Iniziavo ad avere paura. Sai, eri per terra e ti contorcevi, avevi gli occhi ribaltati e parlavi in una strana lingua, sembravi posseduto, ma io non credo a queste cose. Penso che dovresti andare subito da un medico".
Cerco di ricollegare il cervello. Non riesco a credere a ciò che è appena successo. Mh, io ho una vita difficile, dev'essere effetto dell'ansia, oppure di qualche droga... Nah, le droghe non possono avere effetti simili, dai. O almeno non penso. Si, dev'essere l'ansia.
Oppure sto diventando pazzo?
Mi metto a sedere.
"Oh, non è grave, mi capita spesso, io... sono schizofrenico" mento.
"Umh, okay. Però posso darti l'indirizzo di una clinica, se ti va..."
"Grazie, ma non importa. Mi dispiace di averti fatto spendere tempo, grazie per il tuo sostegno in ogni caso. Ciao" le dico di fretta.
"Di nulla... Riprenditi in fretta, ciao" risponde, incerta.
Si sistema i capelli e inizia ad andare.
Mi strofino un po' le palpebre e mi alzo. Corey mi aspetta.
Scavalco la staccionata per entrare nella villa disabitata e attraverso il giardino. Nella parte in fondo di esso si trova il bosco dalla così pessima reputazione. La zona è così tetra che nessun sano di mente vorrebbe mai andarci. Ma fidatevi, non c'è un posto migliore per le attività illegali o segrete.
Le suole delle mie Creepers scricchiolano a contatto con il terreno.
L'atmosfera qui nel bosco è pacifica, malinconica ma pacifica.
Corey è appoggiato a un'antico sempreverde. I suoi capelli verdi sono raccolti in un'altissima e solida cresta, vari piercing brillano sulla sua faccia. Indossa una giacca di pelle piena di borchie, con toppe e spille attaccate. Ha una catenella attaccata alla cintura, che forma un'iperbole. I pantaloni sono larghi e scuri, con toppe di varie band punk rock di cui conosco solo qualche canzone. Essi sono infilati in un paio di Doctor Martens enormi e lucide.
Secondo me, Corey è un bel ragazzo. Ha un bel viso pallido, scavato, con delle grosse occhiaie violacee e gli occhi sempre un po' arrossati.
"Hey, Jon".
"Ciao, Corey. Cocaina da inalare, grazie".
"Voglio vendertela a poco oggi. L'ho rubata, ma una parte di me mi spinge sempre ad essere corretto, quindi niente prezzo pieno".
"Oh, grazie, mio caro cleptomane", rido e lui anche. Ma a un certo punto si fa serio.
"Ehm... ti... ti va di venire con me? Dentro la villa c'è un divano, così possiamo parlare. Parlare, niente più, non farti strane idee" mi chiede. Ha uno sguardo tormentato, non riesco a dirgli di no.
"Ovviamente" rispondo.
Lui si incammina e io lo seguo.
La porta della villa è polverosa e la vernice cade a pezzi. Corey tira fuori una grossa chiave antica e la infila nella serratura. Non ho idea di come l'abbia ottenuta, ma non ho voglia di chiedere.
I lampadari lussosi sono ricoperti di ragnatele e la carta da parati è crollata in alcuni punti, lasciando chiazze grigie sui muri. Il pavimento di legno è lurido e impolverato. L'aria odora di chiuso.
Nonostante questo, il divano sembra pulito.
"Vengo qua quando voglio stare solo" mormora Corey. "Siediti".
Mi siedo sul divano. Odora di muffa, ma non mi importa.
Corey si lascia cadere sul divano, di fianco a me.
"Che hai?" Chiedo.
"Allora. Ieri ho incontrato un mio vecchio amico, che non vedevo da tempo; ed ecco, il cuore ha iniziato a pulsare fortissimo e ho sentito una forte attrazione nei suoi confronti. Volevo abbracciarlo, baciarlo, fare l'amore con lui. E... non mi è mai successo con una ragazza. Non mi dà fastidio essere gay, ma... al mondo non piace. Già mi prendono in giro e vengo picchiato e... ho una fottuta paura. Ho paura del mondo, capisci? Io sono più debole, non ce la faccio. Per questo mi drogo. Non piace la droga. Semplicemente mi dà un po' di finto conforto, capisci? Dio..." porta le mani sugli occhi.
Ecco, allora è così che ci si sente a provare compassione. Questo è avere un amico. È... bello. Prendo una decisione semplice, ma potente.
Allungo un braccio e lo infilo dietro la schiena di Corey. Lo stringo forte. Lui appoggia la testa sulla mia spalla e piange piano.
"Tu... non sei solo". Quelle parole escono quasi involontariamente dalla mia bocca.
Sorride.
E, per la prima volta dopo anni, mi sento bene.
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