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🤍CAPITOLO UNDICI

La prima cosa che faccio è toccarmi il collo alla ricerca della sua collana.

La seconda, invece, è imprecare.

La terza, purtroppo, è la presa di coscienza del fatto che sono nuovamente nel silenzio.

Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Per sfogarmi inizio a lanciare tutto ciò che mi capita a tiro contro la porta di camera, creando in pochi secondi il caos più completo.

E' proprio mentre sto lanciando le mie scarpe che Susan apre la porta di scatto, colpendola in piena fronte.

«Ellie, ma che cazzo!» la vedo urlare toccandosi la testa, «si può sapere che cazzo ti prende alle cinque di mattina? Sveglierai tutto il residence, datti una calmata!»

Le faccio cenno di non provare ad avvicinarsi perché altrimenti rischierebbe di farsi molto male.

Stizzita, Susan mi lascia lì scomparendo per pochi secondi e tornando con un foglio in mano e una penna.

«Tu. Adesso. Scrivi. Cosa. Cazzo. Hai. Fatto.» Susan è fuori di sé come non l'avevo mai vista. In più le sta venendo un bernoccolo nel punto colpito poco prima.

Cosa dovrei scrivere? Che sono stata in un altro mondo dove sento e parlo alla grande? Ah, e anche che ero con uno strafigo pazzesco che in realtà non so nemmeno che aspetto abbia veramente e che potrebbe essere un orribile coso deforme?

Le prendo il foglio di mano e scrivo invece una domanda, per tastare il terreno.

Susan, appena legge, si butta sul letto cambiando umore in un nanosecondo e iniziando a blaterare. Riesco a decifrarne solo una parte e poi decido di arrendermi perché in fondo non me ne frega proprio un cazzo.

«Ellie! Dopo che sei andata via abbiamo conosciuto due ragazzi ... fantastici ... appuntamento ... peccato che non c'eri ... Thomas e Denny ... »

Ok, quindi non si è accorta di niente. L'importante è questo. Non sa nè che non ero in camera, nè dove sono stata. Anche se a pensarci bene, non so nemmeno io dove ero.

Mentre mi chiudo in bagno per farmi una doccia, Susan è ancora sul mio letto che sta parlando da sola.

Sono molte le cose alle quali devo trovare un senso logico. Troppe.

Mentre l'acqua calda della doccia porta via quella strana sensazione di vuoto, la mia testa si riempie di domande alle quali vorrei dare risposte immediate e non incertezze.

Dovrei chiedere ai miei genitori se quando mi hanno trovata avevo con me qualche oggetto che possa almeno confermare una parte di quello che ha detto Nate? No. Cosa dovrei dirgli? "Mamma, papà è vero che non sono di questo mondo?" Sarebbe la volta buona che mi fanno ricoverare. Quindi possibilità cancellata.

Dovrei parlarne con qualcuno? Facile a dirsi ma non a farsi. Anche perché, volendo, non ho nessuno di cui mi fidi.

Dovrei cercare Nate? Ovvio.

Come trovarlo? Non ne ho idea.

Cazzo. Sono costretta ad aspettare che si faccia vivo lui.

Mentre finisco di asciugarmi corpo e capelli, mi tornano in mente tutte le cose che ha detto. Eoxid , il suo vero aspetto, il fatto che mi stavano cercando e poi quella cosa che ci si aspetta da me.

Mi scoppierà la testa da un momento all'altro.

Non voglio crederci, cioè non vorrei farlo ma una piccola insignificante parte dentro di me mi spinge a farlo. I miei sogni, quelli che ho sempre avuto fin da piccola, forse, e dico forse, non sono solo sogni ma sprazzi di ricordi.

E' stata una delle prime cose che ho pensato ma non ho voluto dare questa soddisfazione a Nate. In parte è vero quello che gli ho detto, io non ricordo davvero niente di niente.

Ma la mia memoria inconscia forse sì. Forse. O forse sono solo sogni.

*****

E niente. Niente di niente. I giorni passano e io sono ancora in questa cazzo di situazione di merda.

Non solo le giornate passano con Susan che mi rompe i coglioni ogni volta che mi trova fuori aula o in camera, ma la notte non succede un cazzo di niente.
Dormo, o almeno ci provo, ma dei sogni nemmeno traccia.

E Nate? Assente, naturalmente. Ho provato addirittura a tornare al pub per chiedere a Peter come avessero fatto a contattare "The Seeker" ma lui dice che non lo sa. Missione fallita. Ho guadagnato solo un occhiolino da parte sua pensando chissà cosa sul mio interesse verso il chitarrista. Spero solo che non lo dica a Susan.

Sono tornata ogni giorno al Castello per tutta la settimana, ma il mio umore non è migliorato.

Sento il caos dentro di me che non riesce più a placarsi. Sono cresciuta con la confusione dentro di me che scaturiva dalla rabbia e dalla frustrazione, ma bastava che io mi recassi in uno dei miei posti preferiti che riuscivo a calmarmi. Adesso è diverso. Sono agitata, nervosa e sapere di esserlo mi rende ancora più incazzata con il mondo.

Non riesco a concentrarmi nello studio e questa è un altro fatto che mi fa andare fuori di testa. I miei piani non stanno andando come da programma.

Merda.

Sono seduta su questa finestra diroccata da più di un'ora ed è arrivato il momento di tornare al Campus. Tra poco ho lezione. Ho cercato di sfruttare questo tempo provando a studiare ma naturalmente ho fallito miseramente. La mia testa è decisamente da tutt'altra parte.

Non sento il rumore delle onde che si infrangono in lontananza.

Non sento il fruscio del vento che mi scompiglia i capelli.

Non sento lo scricchiolio di passi che calpestano le foglie secche.

Ma sento benissimo quel formicolio dietro di me.

«Mi aspettavi piccola Ellie?» La sua voce è la cosa, forse, che mi è mancata di più.

Non appena salto giù dal cornicione e mi volto, lo trovo vicino a me. Troppo vicino.

E io commetto ancora una volta un grosso sbaglio.

«Ti avevo detto di non guardarmi così.» La sua voce mi arriva dritta all'imboccatura del mio stomaco mentre, nuovamente, solleva il mio viso con due dita per permettermi di guardarlo negli occhi.

Riprenditi Ellie, che cazzo stai facendo?

Con un gesto improvviso strattono via la sua mano afferrandola. E' calda, cazzo. Piacevolmente calda. La lascio andare come se scottasse e al suo posto appare il mio dito medio davanti al suo volto, guardandolo negli occhi.

Sorride.

«Mi piace quando comunichi senza parlare» pronuncia ammiccando.

Gli sbuffo in faccia voltandomi e raccogliendo i miei libri.

«Dai, piccola Ellie. Ti sono mancato almeno un pochino? O forse ti è mancata questa?» Mi lascia penzolare la sua collana davanti ai miei occhi e appena cerco di afferrarla, lui la sposta in alto.

Ma che siamo all'asilo?

«Calma, piccola Ellie. Prima devi promettermi una cosa» sussurra, «devi proteggerla con la tua vita se necessario e soprattutto non devi perderla. E' mia e ci sono molto affezionato. Prima o poi la vorrò indietro. Ci siamo capiti?»

Ma perché è nuovamente vicino al mio volto? Come minimo ci sono venti centimetri di altezza di differenza tra noi. Così poi sento pericolosamente il suo profumo.

Non potendo rispondere con le parole mi limito a guardarlo seria, annuendo.

«Ho bisogno di più di un semplice cenno con la testa» risponde ammiccando, «promettilo così». I miei occhi seguono il suo sguardo e trovo il suo mignolo destro teso ad aspettare il mio.

Alzo un sopracciglio stupita e lo vedo comiciare a sorridere.

«L'ho visto fare anni fa da alcuni bambini e ho sempre voluto farlo. Dai, piccola Ellie, giura e prometti!»

Le mie labbra traditrici si incurvano spontaneamente in un sorriso e il mio mignolo si aggancia al suo, facendo intensificare il nostro formicolio talmente tanto che siamo costretti ad allontanarci dopo nemmeno tre secondi.

Fa un passo indietro mentre si scosta i capelli in un gesto nervoso lanciandomi la collana, che provvedo a indossare subito.

«Si sta facendo tardi. Ci vediamo, piccola Ellie.»

Non si volta quando mi parla e si allontana da me.

Non si volta quando provo a chiamarlo sapendo che dalla mia voce non è uscito nessun suono.

Non si volta nemmeno quando sale in moto e se va.

Ci vediamo, piccolo stronzo.







જ⁀➴spazio autrice

Ciao a tutt*! Questo è il capitolo che definirei "la quiete prima della tempesta" 👀👀

Vi ringrazio per leggere INREVERSE e per i vostri commenti preziosi✨️

Se vi fa piacere aiutatemi a far conoscere questa storia ❤️‍🩹

Vi leggo volentieri nei commenti e non dimenticate le stelline ⭐️

A presto

જ⁀➴la vostra creatrice di lacrime

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