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Il Diario di Vittoria - #5

Catania, Novembre 2019

La zia è tornata.

Zia Simona è qui.

Il mio passato è tornato e credo di non poter reggere un colpo simile.

Lei è stata come una madre per me, mi ha dato un po' di quell'amore di cui ho sempre avuto bisogno e che non mi è mai stato concesso.

Poi è sparita, come gli illusionisti alla fine dello show coperti da nubi di fumo.

Come una specie di David Copperfield.

E adesso ritorna qui, pretendendo che io la voglia bene allo stesso modo di quando ero bambina?

Beh, può darsi... dopotutto, poco prima che papà mi abbandonasse - il che è stato un bene, sinceramente -, lui e lei avevano discusso tanto e non era finita bene.

Mi ricordo tutto come fosse ieri, quasi come se fosse proiettato a vita nella mia testa. Ricordo solo che ero tornata da una giornata di seminari e tirocinio a Tor Vergata, la mia facoltà, e poco prima di entrare in casa, avevo sentito delle voci forti: erano quelle di mia zia Simona e di mio padre.


«Non mi servi qui, puoi tornartene a fare i tuoi ape a Milano, stronza!»

La voce di papà era così... strana. 

Così debole fisicamente, ma invincibile nello spirito.

«Ma non capisci che resterà da sola? Devi aiutarla, Eugenio! È tua figlia! Lascia che la porti con me!»

«Tu non puoi dirmi cosa devo o non devo fare, Simona! E non ti permetterò di portarmi via Vittoria!» Papà stava iniziando a dare decisamente di matto e più sentivo quelle parole, più avevo voglia di assestargli uno schiaffo sul volto, ma lui me ne avrebbe restituiti altri cento su tutto il corpo.

E non avevo voglia di sentire ancora quel dolore e vedere i lividi addosso.


I lividi sono scomparsi da anni, ma il dolore è rimasto lo stesso, se non aumentato. Come poteva papà trattarmi così? Cosa gli avevo fatto di male? Se era arrabbiato con mamma, perché prendersela con me?

Se era frustrato - perché, secondo me, anche questo era -, perché darmele di santa ragione?

Dovevo essere la sua principessa... e invece ero solo il mostro da sconfiggere.

E da un lato aveva ragione: io questo sono, un mostro.


«Lascia che me ne occupi io, visto che non sai fare nemmeno il padre!»

A quelle parole, udì uno squittio di mia zia e intravidi, dal portone d'ingresso di casa, passarsi una mano sulla guancia e una lacrima scendere. Mio padre le aveva alzato le mani e io non potevo permetterlo.

Ma non avevo la forza nemmeno di rientrare in casa.

«Non provare mai più a mancarmi così di rispetto.» La voce greve di papà mi prese talmente tanto dalla paura da farmi stare male.

Zia Simona non reagì più di tanto, solo lo guardò con sguardo truce.

«Questo ciclo di chemioterapia non sta facendo altro che ucciderti e... renderti un pazzo. Lo sai che ormai non puoi più fare niente, ma tu continui a insistere e questi sono i risult-»

«Vai via, sparisci! Tu e i tuoi discordi da medico, i vostri termini complicati... mh» Mio padre era ormai andato, quasi non ragionava più. Probabilmente un malato di Alzheimer avrebbe avuto più lucidità.

Papà, perché?


Per quanto dolorosa sia la morte, quella di mio padre è stata meno difficile del previsto da superare, ma ho dovuto iniziare a fare i conti con il senso di colpa: quello sì che mi ha bloccata per molto tempo.

Perché? 

La mia coscienza mi suggeriva ogni giorno di tentare un approccio diverso con lui, cercare un punto d'incontro, capire quali fossero i veri problemi.

Ma il mio cuore era troppo tramortito dalle sue parole così deplorevoli, dai suoi gesti assurdi e meschini per potermi concedere una possibilità. 

La zia mi aveva spesso detto quanto in realtà lui fosse buono, ma io vedevo l'esatto opposto. Non potevo dare un segno di spunta a quei pensieri così premurosi verso mio padre, i fatti dimostravano il contrario.

E come ha potuto lei stessa portarli avanti come ideali di un gruppo, nonostante il male che le ha causato in passato?

E la cosa che più mi ha sconvolta è stato il fatto che lo fa ancora oggi, a distanza di anni.

D'accordo, si tratta di suo fratello, ma io non posso concederglielo. Potrei darle la possibilità di riallacciare i rapporti con me, forse...

... nel profondo del mio cuore lo vorrei tanto, ma tutto ciò che ha a che fare con la mia famiglia mi spaventa a morte.

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