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26. Il test d'ammissione

«Ma che cazzo sta succedendo?» urlò l'autista della Metro Shuttle, imprecando e sbattendo i pugni sul volante. Stava diventando una furia: tutta la zona universitaria di via Santa Sofia era completamente bloccata dal traffico e non si sapeva il perché. Diversi automobilisti erano scesi dai loro mezzi per cercare di capire dove si trovasse l'inghippo: chi scrutava con attenzione il panorama con una mano sul viso, intento a coprirsi dal sole abbagliante, chi agitava le braccia e discuteva animatamente.

"Ci mancava solo questa oggi, perfetto" disse Edoardo tra sé e sé, mentre stava ascoltando un po' di musica per distrarsi, ma inutilmente. Nessun mezzo accennava a muoversi e probabilmente sarebbero rimasti bloccati lì per una mezz'ora abbondante. A quel punto, l'autista iniziò a farfugliare insulti e frasi in siciliano, cosa che divertì parte dei passeggeri.

Nel frattempo, Edoardo chiese di scendere per poi proseguire a piedi.

«Arrivi prima se ti fai una corsa» gli suggerì l'uomo. «Stai attento, prima che qualche coglione ti metta sotto con la macchina!»

Edoardo lo ringraziò per il consiglio, rivolgendogli un sorriso caloroso. Imbracciò la tracolla nera quasi vuota e scese i pochi gradini del mezzo di trasporto che lo separavano dall'esterno. Diede un'occhiata in giro, sbuffando a causa di quell'enorme ingorgo sopraggiunto. Si chiese se fosse stata opera di qualcuno, una qualche cospirazione per farlo arrivare in ritardo, proprio nel giorno in cui avrebbe saputo se avesse preso uno di quei dieci posti disponibili per la specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica. E se tutti gli sforzi fatti in quei mesi, per quella fatidica prova d'esame, fossero stati vanificati per una stupidaggine e quindi sarebbe rimasto fuori dalla graduatoria?

«Ooh, ooh yeah, ooooh yeah!»

Con Tie Your Mother Down a tutto volume e arrivato fuori dal bus, corse via verso il Policlinico, attento a non farsi mettere sotto da una qualsiasi macchina, anche se il traffico rallentava totalmente tutti. 

«Get your party gown

Get your pigtail down

Get your heart beatin' baby!»

Continuava a ripensare a quel giorno, a quella stanza piena di sorveglianti, fogli volanti e ansia fino alla punta dei piedi. E se avesse sbagliato a contrassegnare le risposte? O le procedure d'iscrizione? Sudava tantissimo, non solo per il caldo che aleggiava in quei primi giorni d'ottobre. I capelli si appiccicarono al viso imperterriti, le gambe divennero pesanti, sentiva i muscoli irrigidirsi fin troppo. In meno di cinque minuti di corsa spedita, arrivò al cortile antistante l'ingresso della Scuola di Medicina dove trovò Davide in divisa e camice bianco, pieno di penne e con il tesserino identificativo attaccato alla tasca, all'altezza del petto.

Questi lo notò, strabuzzando gli occhi nel vederlo completamente stravolto e quasi rischiando di carambolargli davanti. «Tutto ok?» chiese, grattandosi la testa protetta dalla sua fidata cuffia rossa degli Avengers e passandosi una mano sui pantaloni turchese della divisa. Era intento a prendersi una pausa, dopo un intervento non di poco conto.

«Ti sembro uno che sta bene?» rispose Edoardo, mettendo le mani sulle ginocchia e piegandosi a metà, sfiancato dalla corsa. Il cuore correva a mille, il respiro arrivava a fatica. In più, quel pensiero opprimente non gli dava possibilità di riprendersi in toto. La collana sbucò fuori dalla maglietta, ciondolando avanti e indietro. Edoardo l'afferrò e la rimise al suo posto, ma non senza averla prima stretta a sé per qualche secondo, come fosse una sorta di ricarica.

Ogni volta che lo toccava o vedeva, pensava solo a Vittoria e tutto tornava tranquillo, come l'arcobaleno dopo la pioggia.

«Sono stato inopportuno, mi sa» asserì Davide, chinandosi alla sua altezza e scrutando i suoi occhi stanchi. Gli poggiò una mano sulla spalla, come per dargli un po' di sollievo.

"Perché tanta fretta?" si chiese. Cos'era che l'aveva spinto a correre così velocemente tanto da rischiare pure di ammazzarsi strada facendo?

«Come sempre, d'altronde» ribatté Edoardo frustrato. Qualcosa richiamò poi l'attenzione di Davide, che scosse immediatamente il suo migliore amico prendendolo per la spalla.

"Forse ho capito... " pensò Davide, sospirando.

«Edo, guarda laggiù!» esclamò lui, indicando un folto gruppo di ragazzi accanto all'ingresso dell'Aula Magna, intenti a osservare un'immensa bacheca. «Credo che siano usciti i risultati per il test d'ammissione» aggiunse, mentre stava finalmente per capire il motivo di tanto scompiglio. Vide riflesse le sue iridi scure negli occhiali da sole di Edoardo, poggiati sulla testa, poi tornò a guardare il suo amico, che si era nel frattempo rimesso in piedi e si stava stiracchiando.

«Bravo, ciccio, ci sei arrivato!»

«Allora, ciccio lo dici a tua sorella, ok?» [1] scherzò Davide per farlo rilassare un po'.

«Che ne dici di pantegana?» lo stuzzicò Edoardo, dandogli una gomitata sul braccio.

«Meglio Deborah! Corri e poi mi fai sapere, su!» lo incitò l'altro, mentre l'osservava allontanarsi per entrare nella hall.

Edoardo stava tenendo incrociato l'impossibile, stava letteralmente impazzendo. Ripose gli auricolari nella tasca e corse verso quel folto gruppo di gente immerso nel suo stesso sentimento d'ansia e angoscia.

La puzza di sudore e l'afa circolavano fin troppo copiose nello spazio comune, controbilanciate da alcune folate di vento fresco che rendevano meno spiacevole la permanenza al suo interno. Si fece spazio tra le persone, cercando di vedere qualcosa e trovò un elenco, cercò il suo codice ma non ebbe alcun riscontro. Si allarmò e iniziò a farsi complessi sull'aver eseguito più o meno bene le procedure online d'iscrizione, per l'ennesima volta.

Eppure no, aveva svolto tutto in maniera corretta e nei minimi dettagli.

Prese un bel respiro per dare alla sua mente la possibilità di ritrovare la lucidità e ricominciare da capo.

«Se stai cercando per Chirurgia, l'elenco è questo qui!»

Un ragazzo dai capelli castani - tendenti un po' al rosso scuro - l'aveva colto alla sprovvista, indicando il foglio immediatamente successivo a quello che stava osservando. Era esattamente accanto a lui, ma non se n'era completamente accorto, talmente era preso dalla sua ricerca.

«Oh, grazie mille. Mi era venuto un colpo» rispose Edoardo, mettendosi una mano sul petto. Scorse l'elenco e finalmente trovò il suo codice, che verificò nuovamente nel Portale Studenti. Scorse il dito sulla sua riga per andare a leggere i punteggi e l'esito, mentre il cuore minacciava seriamente di scoppiargli al di fuori del petto. Un misto tra adrenalina e paura stava circolando nel suo corpo, annientando a poco a poco qualsiasi briciola di autocontrollo.

"Non Ammesso."

In quel momento, il mondo gli crollò addosso. Aveva fallito e le sue certezze crollarono di colpo. Edoardo chinò il capo, sospirando fin troppo lentamente e osservando il pavimento scalfito dal tempo e consumato dalle innumerevoli suole di scarpe di tutte quelle persone che avevano valicato una volta o più quegli spazi. Il ragazzo se ne accorse e inclinò un po' la testa, per cercare il suo sguardo.

«Neanche tu sei passato, vero?» gli chiese, scorgendosi un po' di più e sorreggendosi sulla bacheca.

Edoardo non rispose, guardava fisso per terra. Dopo alcuni istanti, alzò lentamente lo sguardo verso il suo interlocutore. «No, e probabilmente non ce la farò» sentenziò, allontanandosi da quei fogli colmi di numeri e diciture identiche tra loro. Il ragazzo si avvicinò a lui lentamente e poggiò una mano sulla sua spalla. Edoardo sospirò, stringendosi nelle braccia. Qualche lacrima stava per scendergli in viso, ma si fermò in tempo. Il naso divenne rosso, lo stesso colore della rabbia e del senso di inadempimento che provava verso se stesso, rimproverandosi di non essersi impegnato a fondo per superare quella prova.

«A che posizione sei?» chiese il giovane, con un sorriso tranquillo e non troppo sfarzoso.

«Sono trentesimo, ma dubito di farcela con gli scorrimenti, è una specializzazione troppo ambita» rispose Edoardo abbattuto. Poteva solo sperare negli eventuali rinunciatari, era l'unico modo, altrimenti avrebbe dovuto aspettare un anno per ritentare.

Ma in fondo, sapeva già che sarebbe stato impossibile passare al primo tentativo. E come l'avrebbe detto a Vittoria?

«Non abbatterti, non serve. Se può consolarti... » iniziò lo sconosciuto, lisciandosi i baffi con le dita. «Questo è il terzo tentativo che faccio per entrarci. Andato a puttane, tra l'altro» aggiunse, sospirando e scuotendo la testa. «Figurati che l'anno scorso ce l'avevo quasi fatta, se solo qualcuno non avesse ben deciso di raccomandare altri e levare posti nella graduatoria.» Edoardo trasalì e si rizzò dritto improvvisamente, voltandosi poi verso di lui.

«Cosa intendi dire?» domandò, con cipiglio severo e scostandosi i capelli dal viso. Vide il volto di quel ragazzo così sicuro di sé, così determinato. Per quale motivo, dopo l'ennesimo tentativo di superare quella prova andato in fumo, era così tranquillo? Cosa nascondeva?

Forse era talmente abituato a quegli esiti che ormai non ci faceva più caso.

«Purtroppo, uno specializzando è entrato con un bellissimo calcio in culo, mio caro... aspetta, qual è il tuo nome?» gli domandò lui, sorridendogli leggermente e corrugando la fronte nel porgli quella domanda.

«Edoardo» rispose tranquillo. L'osservò attentamente, cercando di capire dove volesse andare a parare col suo discorso. I tratti un po' rudi ma al tempo stesso delicati del ragazzo lo incuriosivano: aveva capito che fosse più grande di lui, dati i numerosi tentativi fatti per entrare in specializzazione. La barbetta rossa gli dava un tocco di giovinezza, in contrasto con i baffi decisamente più avanti con l'età.

«Bene. Dicevo, caro Edoardo, che qualcuno è stato raccomandato. E io ho perso il posto» sentenziò il ragazzo, espirando una grossa quantità d'aria e massaggiandosi le tempie. I due si incamminarono verso l'esterno, uscendo all'aria aperta, per non respirare più l'aria viziata che circolava all'interno della hall. «Io sono Federico, piacere di conoscerti, comunque» concluse quello, stringendogli la mano sorridente.

Edoardo convenne che forse non era così strano, in fin dei conti, ma fidarsi quasi ciecamente della parola di uno sconosciuto era assolutamente fuori discussione. E se avesse semplicemente voluto abbindolarlo con quattro frasi dolci? Oppure stava davvero empatizzando con lui?

«Una piaga che non ha mai fine, a quanto pare. Il piacere è tutto mio» ribatté Edoardo, addolcendosi un po'. Aveva sempre avuto un certo freno nel buttarsi in nuove amicizie, ma i presupposti di un buon rapporto con Federico sembravano esserci... anche se comunque voleva aspettare un po' di tempo.

«Già» ribatté il rossino. All'improvviso, questi sussultò, come se avesse visto un fantasma. «Aspetta, io credo di conoscerti!»

Edoardo ritrasse la testa, sconvolto. I dubbi iniziarono a farsi di nuovo strada in lui: chi era quel Federico? 

«In che senso, scusami?» chiese. Come faceva a conoscerlo, se si erano laureati a diversi anni di distanza, sempre che lui non gli stesse raccontando stronzate?

«Tu sei l'eroe che ha avuto le palle di far buttare fuori Guzzardi, non è vero?» domandò, sorridendo. I suoi occhi color dell'ambra quasi s'illuminarono, mordendosi poi le labbra divertito.

«Assolutamente sì, è lui!» intervenne Davide, poggiandosi con molta delicatezza sulla spalle del suo migliore amico e facendolo saltare in aria dallo spavento.

Il giovane Campofiorito aveva sentito le voci dei due ragazzi in lontananza e, incuriosito, si era avvicinato furtivamente per fare uno scherzo al suo compare. Osservò Edoardo e la sua maglietta nera sudata e i bermuda color panna che quasi lo slanciavano: non solo la corsa l'aveva sfiancato, ma anche il caldo l'aveva cotto a puntino.

Sposto poi il suo sguardo su Federico, improvvisamente interessato. Aveva dei tratti che lo incuriosivano e anche delle domande: cosa ci faceva con Edoardo? Si presentò con lui e poi riprese il discorso. «Lui è un eroe, oltre che un genio, fidati!» continuò, ciondolando la testa in ogni dove, facendo respirare i suoi capelli neri come il carbone un po' arruffati dalla cuffia.

«Mi sa che il caldo ti ha fuso il cervello... » lo rimproverò Edoardo, facendo scoppiare entrambi a ridere.

«Mh... sì, può darsi!» replicò l'altro divertito.

Federico ritornò serio, sistemando meglio la tracolla scura che aveva addosso e gli occhiali dalla montatura cinerea che gli conferivano un'aria quasi da intellettuale.

«Comunque, il direttore si è già mosso per eleggere un nuovo sostituto fino al rinnovo di tutto il Consiglio, che sarà fra due anni. Speriamo che non ne arrivi uno peggio di quello lì... » sospirò Davide, massaggiandosi il collo e mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa.

«Restare senza Primario è un po' un problema, quindi direi che sia il minimo... » lo seguì Edoardo, sistemandosi i capelli un po' ricciolini alla bell'e meglio.

Mentre i due discutevano, Federico li osservava attentamente, soprattutto Davide, che si atteggiava con movenze alquanto esagerate ma divertenti. Era così strano, ma percepiva qualcosa che lo attraeva e lo incuriosiva. «Io credo che l'abbia fatto anche per un altro motivo» s'intromise poi.

«Cosa intendi dire?» chiese Edoardo titubante.

«Credo che Cassarino abbia voluto salvaguardare la dottoressa Conte, oltre che l'integrità del dipartimento specialistico» rispose, guadagnandosi la più totale attenzione dei due, soprattutto di Edoardo, il quale chinò il capo, ripensando alla sua donna.

Ah, quante ne avevano passate, per colpa di quell'uomo!

E quanto dolore aveva provato lei, nel vedere le proprie certezze e guide crollare in pochi istanti.

«Edoardo, tu lo... tu lo sapevi?» 

L'immagine di Vittoria cedente alle lacrime riapparve come un fulmine a ciel sereno, lo stesso che aveva appena fatto saltare in aria il suo cuore, creandogli un vuoto enorme. Ancora si malediva per non essere riuscito a dirle la verità in tempo, mai aveva voluto che lo scoprisse in quel modo: a conti fatti e davanti a problemi più grossi.

«No, non è vero... Non può essere stato lui, non mi farebbe mai unacosa simile, lui... » 

Aveva capito quanto fossero grandi l'affetto e la stima che provava Vittoria nei confronti di quell'uomo. 

Quello stesso che l'aveva pugnalata più volte alle spalle solo per un'elezione persa.

«È possibile» rispose Davide. «A proposito, com'è andato il test?» chiese poi al suo migliore amico, cingendolo con un braccio poggiato sulle sue spalle.

«Sarò fortunato se entro con l'ultimo scorrimento» rispose Edoardo abbassando lo sguardo, sconfitto. Allora Davide gli diede una pacca molto leggera e poi lo strinse a sé.

«Non buttarti giù, te lo dico per esperienza» gli consigliò Federico, che si avvicinò per consolarlo e rassicurarlo. «E tornando al discorso di poco fa, è stato proprio Guzzardi a portare avanti le raccomandazioni, nonostante non appartenesse a questo dipartimento specialistico» sentenziò secco, suscitando scalpore negli altri due. «Quindi pensa che hai compiuto una buona azione, facendolo espellere» concluse trionfante.

Edoardo sorrise, rincuorato. Sentire nuovamente il nome di Guzzardi in faccende losche non lo sorprese affatto, se lo sarebbe aspettato a occhi chiusi. Quanto a Federico, lo stava iniziando a ritenere un ragazzo per bene, nonostante i dubbi avuti all'inizio, ma avrebbe aspettato un po' prima di cominciare a fidarsi. L'esperienza gli aveva insegnato molto, soprattutto su come prendere le persone.

«Povera dottoressa, non so dove e come abbia trovato la forza di andare avanti. Dev'essere stata dura la ripresa» aggiunse poi il rossino.

«Già, grande donna davvero» rispose Davide, fissando il vuoto e stirandosi le braccia. «Mi auguro che tu possa conoscerla al più presto, è un mito... ed è anche la fidanzata di Edoardo-» aggiunse entusiasta, rivolto a Federico, ma il suo migliore amico gli assestò una gomitata sul fianco.

«Ahia! Che ho detto di male?»

«Aspetta! Tu e la Conte state insieme?» domandò Federico curioso. «Devo dire che hai affondato bene la forchetta, eh!»

Edoardo rise sotto i baffi e abbassò il capo, coprendosi un po' per la vergogna. «Non è come pensi, fidati!»

«Tranquillo, non ti stavo dando del raccomandato, se è questo quello che pensi!» rispose il rossino, dandogli una pacca sulla spalla e sorridendo. Sembrava abbastanza contento, forse un po' troppo, secondo Edoardo, ma questi cercò di non darvi troppo peso.

«Lei è fantastica, credimi! E non è così stronza come vogliono far credere, anzi... è l'esatto opposto!»

«Menomale, perché mi spaventa a morte quella donna!» rise seguito dagli altri. 

«A meno che tu non la mandi a quel paese, è un angioletto!» aggiunse Davide, continuando a ridere e ripensando a quella famosa figuraccia incassata da Edoardo il primo giorno.

I tre ragazzi scesero verso la Clinica, mentre il venticello li sfiorava e cullava dolcemente. Federico sembrava piuttosto tranquillo, quasi aveva abbandonato quel forte sentimento di rabbia per il mancato superamento del test per la terza volta. Era arrivato poco sopra Edoardo, ma le speranze di entrare erano praticamente le stesse del giovane Rinaldi: pari a zero.

Ci voleva solo un miracolo, niente di più.

«Io devo rientrare, devo sostituire il dottor Mancuso perché ha avuto un imprevisto!» proruppe Davide, indietreggiando di qualche passo verso l'ingresso della Clinica.

«Ehi, ehi! Da quando in qua tu e Mancuso siete diventati culo e camicia, compà?» rise Edoardo sorpreso. Sapeva della stima che il Primario nutriva verso il suo allievo, ma non che fosse arrivato a chiedergli di sostituirlo.

«Devo assistere alcuni laureandi al tirocinio, niente di che!» rispose prontamente Davide, salutandoli poi con un cenno di mano e scomparendo all'interno della struttura ospedaliera.

"Beh, Davì, sono fiero di te!" pensò lui in mente, sorridendo.

«Simpatico il tuo amico, sai?» intervenne Federico, mettendosi le mani dietro la nuca e continuando a fissare l'ingresso della Clinica, un po' imbambolato.

«È palesemente scemo, fidati!» lo corresse Edoardo, scoppiando a ridere entrambi. «Ma sì, ogni tanto fa qualche battuta simpatica!»

I due non smisero un secondo di ridere, tra una battuta e l'altra. Entrarono anche loro dentro l'edificio a passo lento, per iniziare una giornata all'insegna di interventi di routine, controlli e laureandi da consolare e incoraggiare.

Nonostante l'iniziale delusione per il test, Edoardo iniziò a sentirsi meglio: aver incontrato Federico l'aveva sollevato un po', forse perché l'altro ci era passato sopra più volte.

L'unica cosa che non riusciva a togliersi dalla testa era il come e quando avrebbe detto a Vittoria dell'esito anche se, sicuramente, lei era già stata avvertita, in quanto Primario di quella branca specialistica.

Sentiva di averla delusa, di non aver fatto abbastanza, nonostante fosse al corrente della difficoltà d'accesso, dato che era una delle scuole di specializzazione più ambite d'Italia. Ciò che gli permetteva di continuare a sperare era lo scorrimento, pregando di riuscire ad accaparrarsi un posto in quella che era l'ultima tappa che l'avrebbe definitivamente consacrato come chirurgo odontoiatra.




The etnabooks' Corner!

Ed eccoci qui anche con il 26! Scusate l'attesa, ma ho dovuto fare qualche modifica in più! Anyway, se trovate degli errori, non fatevi problemi a segnalarmeli, sono decisamente a pezzi! 

Ed ecco la nostra prima new entry, Federico!

Beh, che ne pensate, a primo impatto? Sono curiosa di conoscere le vostre opinioni!


Un abbraccio!

Claudia. ^^





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