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2: Il secondo sguardo

Levi's pov

Le lacrime sgorgarono dai suoi occhi, mentre mi stringeva forte, facendomi pentire il fatto di non essere intervenuto prima; poggiai la mia mano sulla sua spalla, mentre l'altra rimaneva a circondare la sua vita, e per un breve istante chiusi gli occhi, respirai profondamente e infine parlai -Moccioso che succede?-.

-M-Mi scusi pro-professore- disse staccandosi leggermente dall'abbraccio, ma mantenendo il contatto con fra i nostri corpi, manteneva lo sguardo basso e i suoi occhi non si staccavano dal suolo -Non sono arrabbiato, voglio solamente sapere perché stai piangendo-.

Sollevai il suo viso mettendo due dita sotto il suo mento e facendo leva, permettendo così ai nostri sguardi di incontrarsi; restammo in silenzio e lasciammo che fossero i nostri occhi a parlare per noi, perché gli occhi sanno la risposta prima dell'anima, perché gli occhi trovano le parole prima della bocca.

Scrutai attentamente quelle perle più uniche che rare, cercando di leggere dentro di esse ogni emozione più nascosta e ogni sentimento occulto; mi bastò osservarle per poco per scorgere in esse delle tonalità scure, che portavano con loro una sensazione di rabbia ed immenso dolore, annidato lì da anni.

Poi mi concentrai su quelle sfumature azzurre, esse parlavano di momenti felici che non sarebbero più tornati, parlavano di solitudine e malinconia, ma ogni tanto scorgevo una briciola di felicità, felicità che in poco tempo veniva inghiottita da dolore rimpianto, autocommiserazione.

Infine mi concentrai sul colore principale di quegli occhi, l'unico rimasto ancora acceso e pieno di vita, gioioso, sembrava accecare ogni volta che i suoi occhi incontravano i miei, quella brillantezza che li caratterizzava, pareva quasi aumentare ogni volta che i nostri sguardi si incontravano; quel colore così bello, che però, in quel momento, veniva sovrastato dagli altri due, lasciando in qualche modo intravedere quella punta di felicità che ancora l'animava, era ancora più nascosto, date le lacrime che senza pietà rigavano, inarrestabili, le sue guance.

Ad un osservatore poco attento i suoi occhi sarebbero sembrati vuoti, cristallini per le lacrime, inespressivi, ma ai miei occhi, il suo, era lo sguardo più espressivo che avessi mai visto, esprimeva tante di quelle emozioni che neanche quello di quelle persone poteva essere paragonato.

Restammo ancora ad osservarci, a conoscerci, non saprei dire se furono secondi o furono ore, ma potrei affermare senza ombra di dubbio che quel tempo mi bastò per capire quanto quel ragazzo avesse perso, quanto avesse sofferto e quanto avesse lottato per andare avanti.

Le lacrime sul suo volto si fermarono, così come i suoi singhiozzi ed io approfittai di questo fatto per accarezzargli le guance e cancellare ogni traccia di quei cristalli liquidi da esse, cancellando, simbolicamente, ogni traccia di dolore e sofferenza che con quelle gocce salate ed amare erano venute allo scoperto.

-L-Loro hanno ragione- parlò interrompendo quel silenzio, ma non il legame che si era venuto a creare fra i nostri occhi -S-Sono solo u-un mostro- il suo respiro era ancora sbalzato e le parole erano uscite tremanti.

Lo avvicinai a me, facendogli appoggiare il volto sul mio petto, non so cosa mi prese, io odiavo il contatto fisico e non ero certo la persona che andava in giro a consolare gli altri, eppure con quel moccioso sentii il bisogno di consolarlo, di abbracciarlo, di proteggerlo, i suoi occhi mi chiedevano di farlo e ad essi non potevo resistere.

Strinsi ancora la presa intorno alla sua vita, facendolo sentire al sicuro -Calmati, non sei un mostro, ora però cerca di spiegarmi cos'è successo, cosa ti hanno detto per ridurti così?- questa frase uscì come un sussurro, che soffiai leggero nel suo orecchio.

Il ragazzo strinse di più la presa su di me prima di iniziare a parlare -Loro hanno detto che è colpa mia se sono morti, che sono un mostro e che sarei dovuto morire io, che non merito di vivere, che sono stato solo una disgrazia. Ed è tutto così terribilmente vero che neanch'io riesco a negarlo-.

-Chi è morto?- domandai gentilmente, cercando di evitare che scoppiasse nuovamente a piangere, dandogli leggere carezze lungo la schiena -I miei genitori, Carla e Grisha Jeager- di fronte alle sue parole mi paralizzai un attimo, riprendendomi subito e sussurrandogli -Non è stata colpa tua, fidati di me, la colpa non è tua-.

Il moccioso non aggiunse altro, si limitò ad abbracciarmi e a sprofondare nel mio petto; aspettai ancora qualche minuto poi mi avvicinai al suo orecchio, parlando gentilmente con la mia voce roca, sentendolo tremare nel momento in cui aprii bocca -Forse è meglio se entriamo e ti curo queste ferite- si limitò ad annuire e mi seguì ubbidiente, cercando comunque un contatto, allacciando le nostre mani; decisi di non obbiettare e di lasciarlo fare ricambiando, anzi, la sua presa.

Entrammo dentro al castello e da subito puntai all'infermeria, entrati nella stanza non trovammo nessuno, ma d'altronde le cosa era normale vista la tarda ora e considerato il fatto che fosse il primo giorno di scuola; feci sedere il moccioso su un lettino, prendendo in seguito la bacchetta ed iniziando a muoverla sopra le sue ferite, che man mano si richiudevano senza lasciare cicatrice.

Restammo in silenzio, io concentrato a curargli le ferite e lui attento ad osservare il mio operato, mantenendo gli occhi fissi sulla mia figura, quanto avrei voluto che guardassero me e nessun'altro.

-Meglio se ritorni al tuo dormitorio, vieni ti accompagno, così non avrai problemi con i prefetti- dissi alzandomi, prendendolo per un polso ed invogliandolo a fare lo stesso; mossi appena pochi passi, il suo polso ancora stretto nella mia presa, ed una sua domanda mi bloccò -Perché fa tutto questo per me?-.

Già, perché mi stavo preoccupando tanto per un moccioso, mio studente per giunta? Una curiosa domanda a cui non sapevo rispondere e probabilmente mai sarei stato in grado di farlo.

-Sei un mio studente, è normale che ti aiuti- cercai la risposta che meglio mi avrebbe permesso di uscire da quella situazione, purtroppo per me, però, il moccioso non si arrese -Professor Ackerman, sarò anche un moccioso, ma non sono del tutto stupido- in quel momento il sangue mi si ghiacciò nelle vene.

-So bene che non è il tipo di persona che andrebbe in giro ad abbracciare e consolare chiunque- il moro piantò i suoi grandi occhi di giada sulla mia figura ancora voltata di spalle -Tu non puoi sapere che tipo di persona io sia- -Si sbaglia, i suoi occhi parlano per lei, bisogna solo saperli leggere- l'ombra di un sorriso comparve sul mio volto e i miei occhi si chiusero -Un punto per te Jaeger, non so perché l'ho fatto, in ogni caso mi aspetto molto da una mente come la tua in classe. Su ora andiamo-.

Ripresi a camminare e il moro, inteso il fatto che non avrebbe dovuto fare altre domande, mi seguì silenziosamente, facendo scivolare la mia presa sul suo polso affinchè stringessi la sua mano.

Camminammo per i corridoi, in direzione della Torre di Grifondoro; ormai a pochi metri dall'entrata una voce ci richiamò -Hey voi, fermi, gli studenti non possono girare per i corridoi a quest'ora- eseguimmo ciò che la voce ci aveva detto e davanti a noi comparve un prefetto Grifondoro.

Non appena si avvicinò e ci mise a fuoco subito iniziò a scusarsi -Professor Ackerman, la prego mi scusi, ma con questa poca luce e gli occhiali rotti non l'avevo proprio riconosciuta- il moccioso non appena riconobbe il proprietario della voce mollò la mia mano per correre ad abbracciarlo -Dovresti ripararli quegli occhiali-.

La scena, non so il motivo, mi infastidì parecchio, ma decisi comunque di mantenere la calma e la professionalità, dissi al moccioso di spiegare al prefetto ciò che era accaduto e lui lo fece omettendo, ovviamente, tutto ciò che era successo dopo, con me.

-Capisco, vedrò di parlarne con un prefetto Serpeverde affinchè questo non accada più- il ragazzo ringhiò ancora qualcosa fra i denti, sul viso del moccioso comparve un'espressione maliziosa che mi confuse parecchio -Di' la verità, vuoi soltanto una scusa per parlare con Draco- in quel momento tutto il fastidio provati fino a pochi istanti prima scomparve in un attimo.

-Eren, non davanti ai professori!- il moro ridacchiò di fronte alla reazione dell'altro -Scusa- il prefetto mi guardò imbarazzato, cercando di occultare la vergogna che si espandeva sul suo volto -Oh tranquillo, io sono pansessuale quindi non mi faccio problemi, però se decidete di scopare non fatelo nella mia aula- sul mio viso fece capolino un ghigno malizioso, che fece arrossire entrambi i ragazzi -Ah, Potter, vieni qui un attimo-.

Il ragazzo si avvicinò ed io indirizzai la bacchetta ai suoi occhiali -Oculus reparo- le lenti, magicamente (in senso letterale), si aggiustarono -Grazie- -Vedi di non romperli di nuovo Potter- mi voltai pronto ad andarmene, quando la voce del moccioso, per l'ennesima volta, mi fermò -Professore... Grazie- mantenendomi di spalle feci un cenno di saluto con la mano e proseguii, addentrandomi nell'oscurità di quei corridoi.

Eren's pov

I suoi occhi si collegarono ai miei, creando ancora una volta quel colore magico e speciale, mi persi nel suo sguardo cercando di scovare e conoscere tutti quei sentimenti che nascondeva dietro a tutta quella freddezza e serietà.

La prima cosa che notai furono tutte quelle sfumature grigie, che andavano dalla meno alla più scura, esse conferivano a quegli occhi una sensazione di tempesta; rabbia, dolore, rimpianto, sofferenza, disperazione, tutte quelle emozioni racchiuse in quel colore così unico, emozioni che mi parlavano, mi dicevano quanto dolore avesse patito, quanta rabbia avesse provato, quanto gli fosse stato tolto senza che lui potesse fare niente, quante volte era stato tradito ed abbandonato, quante volte avesse taciuto... Troppo dolore per una singola persona, questo mi diceva quel colore.

La mia attenzione si concentrò poi su quelle sfumature argentate, sfumature che mi raccontavano una storia, mi raccontavano di come, con il tempo, si fossero raffreddate, diventando serie e taglienti come la lama di un coltello; mi narravano storie di poca felicità e grande solitudine, prive di amore, con poco affetto, mi narravano una storia triste.

Ed infine quel colore azzurro come il ghiaccio, l'unico rimasto con un po' di vita, quel colore che sembrava invadere l'iride ogni volta che i nostri sguardi si incontravano, l'unico colore che seppur freddo, conservava ancora un po' di calore.

Agli occhi degli altri i suoi potrebbero sembrare, freddi, vuoti, spenti, ma ai miei raccontarono una storia che nessuno era stato mai in grado di leggere, raccontarono più cose di quanto raccontassero quelli di mia madre.

Gli attimi che passarono non li contai, semplicemente ci godemmo il momento, conoscendoci e raccontandoci le nostre storie, condividendo il nostro dolore e la nostra felicità.

Le lacrime che fino a quel momento avevano solcato il mio viso frenarono la loro corsa e i singhiozzi cessarono; il corvino mi accarezzò le guance, cancellando il passaggio di quelle gocce tanto salate quanto amare, alleviando leggermente quel dolore opprimente all'altezza del petto.

-L-Loro hanno ragione, sono solo u-un mostro- le parole erano come foglie al vento, tremanti ed insicure, ma stretto in quell'abbraccio mi sentivo protetto.

Il ragazzo dalla pelle pallida attirò il mio viso verso il suo petto, sorprendendomi, quegli occhi mi avevano detto che era restio al contatto fisico e di sicuro il suo atteggiamento lasciava intendere che non fosse il tipo di persona che consolava gli altri; mandai a tacere tutti quei ragionamenti, godendomi il calore che quel corpo così freddo mi dava.

La sua presa intorno alla mia vita aumentò, intensificando quell'abbraccio e facendomi sentire al sicuro -Calmati, non sei un mostro, ora però cerca di spiegarmi cos'è successo, cosa ti hanno detto per ridurti così?- le parole furono soffiate leggiadre nel mio orecchio.

Decisi di fidarmi di quell'uomo che mi incuteva tanta sicurezza, rafforzai la mia presa, come a non volere lasciarlo andare -Loro hanno detto che è colpa mia se sono morti, che sono un mostro e che sarei dovuto morire io, che non merito di vivere, che sono stato solo una disgrazia. Ed è tutto così terribilmente vero che neanch'io riesco a negarlo-.

-Chi è morto?- le sue mani si mossero leggiadre sulla mia schiena e la sua voce era come una dolce melodia, composta solo per farmi rilassare -I miei genitori, Carla e Grisha Jeager- lo sentii irrigidirsi "Ecco ora farà come tutti gli altri, mi lascerà, mi abbandonerà qui" questi furono i pensieri che passarono per la mia mente prima che riprendesse a parlare -Non è stata colpa tua, fidati di me, la colpa non è tua-.

Quelle parole furono come una doccia fredda, mai nessuno mi aveva rivolto tali orazioni ed in quel momento mi ritrovai spiazzato, mi limitai ad abbracciarlo più forte, cercando ancora quel calore dato dal freddo -Forse è meglio se entriamo e ti curo queste ferite- annuii, incapace di proferire parola, limitandomi a seguirlo e ad intrecciare le nostre dita, nel momento in cui sentii la sua presenza venir meno, rimanendo piacevolmente sorpreso nel momento in cui la mia stretta fu ricambiata.

Dopo essere entrati nel castello ci dirigemmo all'infermeria, trovandola, ovviamente, vuota; il professore iniziò a curarmi le ferite, mentre io osservavo attentamente il suo lavoro; una volta finito si alzò in piedi trascinandomi con sé per un polso.

-Meglio se ritorni al tuo dormitorio, vieni ti accompagno, così non avrai problemi con i prefetti- iniziò a camminare, ma i miei dubbi cercavano risposte e le cercavano in quell'istante, perciò decisi che era il momento di dar voce ai miei pensieri -Perché fa tutto questo per me?-.

-Sei un mio studente, è normale che ti aiuti- quella risposta non era certo la risposta che cercavo e non era neanche quella vera -Professor Ackerman, sarò anche un moccioso, ma non sono del tutto stupido- potei sentire come la presa sul mio polso si intensificò leggermente.

-So bene che non è il tipo di persona che andrebbe in giro ad abbracciare e consolare chiunque- i miei occhi non volevano abbandonare quella figura che, voltata di spalle, cercava di sfuggire al mio sguardo -Tu non puoi sapere che tipo di persona io sia- -Si sbaglia, i suoi occhi parlano per lei, bisogna solo saperli leggere- -Un punto per te Jaeger, non so perché l'ho fatto, in ogni caso mi aspetto molto da una mente come la tua in classe. Su ora andiamo-.

L'uomo riprese a camminare ed io, data la sua risposta ambigua ed il tono che non ammetteva repliche, lo seguii, facendo intrecciare nuovamente le nostre dita.

Continuammo a camminare in direzione della Torre di Grifondoro fin quando, a pochi metri dall'entrata, una voce ci richiamò -Hey voi, fermi, gli studenti non possono girare per i corridoi a quest'ora- ci fermammo come ordinatoci e pochi attimi dopo una persona che mi accompagnava dal mio primo anno comparve davanti a noi.

Non appena si avvicinò vedendo il professore iniziò a scusarsi -Professor Ackerman, la prego mi scusi, ma con questa poca luce e gli occhiali rotti non l'avevo proprio riconosciuta- mollai la presa sulla mano del professore e corsi ad abbracciare il mio amico che non vedevo da tutta l'estate -Dovresti ripararli quegli occhiali-.

Il corvino mi ordinò di spiegare al mio prefetto la situazione e così feci, ovviamente, non parlai del bel momento avuto con il professore, lo reputavo privato ed irrilevante.

-Capisco, vedrò di parlarne con un prefetto Serpeverde affinchè questo non accada più, questa storia deve finire una volta per tutte, Draco ci penserà- un sorrisetto malizioso che confuse il corvino comparve sul mio viso -Di' la verità, vuoi soltanto una scusa per parlare con Draco-.

-Eren, non davanti ai professori!- ridacchiai vedendo come il mio amico arrossiva velocemente -Scusa- alzò lo sguardo sul professore cerando di notare se nei suoi occhi fosse presente il disgusto -Oh tranquillo, io sono pansessuale quindi non mi faccio problemi, però se decidete di scopare non fatelo nella mia aula-il ghigno malizioso che comparve sul volto del professore fece arrossire entrambi -Ah, Potter, vieni qui un attimo-.

Il ragazzo si avvicinò ed il corvino dopo aver puntato la bacchetta ai suoi occhiali mormorò -Oculus reparo- grazie all'incantesimo le lenti tornarono come nuove -Grazie- -Vedi di non romperli di nuovo Potter- l'uomo si voltò per andarsene, ma io lo chiamai prima che potesse farlo -Professore... Grazie- non si voltò per guardarmi e non rispose a quel ringraziamento, si limitò a fare un cenno di saluto con la mano per poi essere inghiottito nell'oscurità.

-Bene Eren, mi devi un sacco di spiegazioni, ma per il momento è meglio se vai a dormire, inoltre Mikasa e Armin devono essere preoccupati, tranquillo li avviso io non appena ci incontriamo, finita la ronda- osservai il ragazzo di fronte a me con ammirazione e gratitudine -Grazie Harry. Ah! Mi raccomando, se fai qualcosa con Malfoy poi voglio i dettagli- -Eren!- -Vado vado- detto ciò pronunciai la parola d'ordine ed entrai nel mio dormitorio, andando a stendermi sul letto ed abbandonandomi alle braccia di Morfeo.

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Wella gente

Allora, scrivere sto capitolo è stato un parto perchè mi si era cancellato tutto e se non avessi fatto le foto potevate dire pure addio al capitolo fino a boh

Ereri_malfoy sei contenta, ho mantenuto la promessa

Non ho nient'altro da dire.

Se il capitolo vi è piaciuto vi ricordo di lascare una stellina e un commento, nel caso contrario LO FATE COMUNQUE, scherzo... forse; io vi ringrazio di aver letto questo capitolo e spero vi sia piaciuto e ci leggiamo al prossimo capitolo.

Alla prossima

il vostro Caporale



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