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5 - Maestro di magia

Buio. Di nuovo. Una luce abbagliante. Di nuovo.

Come l'ultima volta, mi trovavo tra i palazzi di New York, nella stessa strada, nello stesso punto.
E di nuovo Loki era davanti a me.
Era ripetitivo, lo facevo più creativo; si vede che mi sbagliavo, in fondo non lo conoscevo,
Già, non lo conoscevo. Non sapevo niente di lui, quindi perché ci parlavo? Questa volta sarebbe andata diversamente.

-Rieccomi qui, Francesca. Vedo che ti sei trasferita- disse per attaccare bottone, ma non risposi, lo ignorai, guardando in alto, verso il cielo.

-Che c'è, non mi parli?- domandò divertito dal mio mutismo, ma non cedetti e restai in silenzio.

Iniziò ad avanzare verso di me, a quel punto decisi di parlare, non ce la facevo a stare zitta. -Sta fermo, Loki. Perché continui a tormentarmi?-

-Devo per forza avere un motivo per essere qui?- che domanda idiota. Lo guardai, spazientita e irritata dalle sue domande sceme e dal suo comportamento, quasi infantile, oltre che provocatorio. -Io nella mia testa non ti voglio!-

-E cosa mi farai? Mi metterai in gabbia?- rise, ma non sapeva che mi aveva dato una bella idea. -Grazie del suggerimento. Questa è la mia mente, e qui comando io- affermai sicura, e dal nulla apparve una cella rettangolare fatta di sbarre, col tettuccio di metallo, e lui si ritrovò imprigionato.

-E ora cosa farai?- domandai, stavolta ero io a provocarlo, certa di averlo fregato, ma lui non si scompose.

-Ti ricordo che questa è solo una mia proiezione, non è corporea- disse attraversando le sbarre, e io in risposta mi sbattei la mano sulla faccia. -Senti un po', Dio dei miei stivali, io con te non ci voglio avere niente a che fare!- dissi esasperata.

Mi voltai e feci per andarmene, ma di colpo me lo ritrovai davanti; mi afferrò la mascella con l'indice e il pollice, massaggiandomi con quest'ultimo. Il suo volto era pericolosamente vicino al mio, e notai che una strana luce brillava nei suoi occhi.

"Se lui può toccarmi, io posso colpirlo!" riflettei, e con un rapido movimento alzai la gamba e lo colpii lì dove non batte il sole, portandolo a staccarsi da me di qualche centimetro e a piegarsi un po' in avanti, quel che bastava a permettermi di correre lontana da lui.

-Tu sei fuori di testa! Maniaco!- urlai mentre correvo, allontanandomi sempre di più da lui, immergendomi nel labirinto di strade della città.

Mi fermai dopo qualche minuto di corsa, i polmoni che bruciavano per lo sforzo e il cuore che batteva, forte e veloce. Non ebbi il tempo di riprendere la mia fuga che me lo ritrovai davanti, di nuovo, a qualche metro di distanza, con un ghigno inquietante sul volto. Ok, lo avevo fatto arrabbiare. Brutta cosa.

Si avvicinò a me, a passi lenti, lo sguardo fermo sul mio; mi stava davvero spaventando, indietreggiai mentre lui avanzava, ma poi mi bloccai di colpo, il mio sguardo si fece vuoto, e un fischio assordante mi invase le orecchie.
-Aaaaah!- urlai di dolore; a quel punto, come se stesse recitando, smise di ghignare e sul suo volto si stampò un'espressione preoccupata e confusa. Mi tappai le orecchie con le mani, il rumore sembrava non voler smettere.

-Fallo smettere, fallo smettere!- lo implorai come per contrastare il suono che mi martellava i timpani, ma lo sguardo di Loki si fece, se possibile, ancora più confuso. -Loki, basta, fermalo!-

-Io non sto facendo niente!- disse in sua difesa. Ma che stava succedendo? All'improvviso, oltre al rumore assordante, si aggiunse anche un dolore lancinante alla testa; era come se fossi nella morsa di una pressa, e che questa stesse venendo stretta.

Urlai ancora, sempre più forte, facendo preoccupare Loki, che si avvicinò a me scuotendomi le spalle, pronunciando parole che non riuscii a capire; il rumore le copriva, rendeva la sua voce ovattata, un sussurro impercettibile. Poi sentii le gambe cedere, e tutto divenne nero.
L'ultima cosa che sentii furono due braccia forti che mi strinsero, donandomi una insolita sensazione di tranquillità e sicurezza.

Mi ripresi poco dopo, ancora nel sogno indotto da Loki. Ero stesa a terra, mentre lui se ne stava seduto a fianco a me; la mia testa era sopra le sue gambe. Mi guardò preoccupato, confuso; io invece ero spaventata.

-Stai bene?-

-Cosa è successo?-

-Non ne ho idea- dal suo tono capii che davvero non sapeva cosa mi fosse capitato. E io che contavo su di lui, visto che conosceva molte più cose di me in questo campo.

-È qualcosa più grande di me, non è vero?- chiesi con le lacrime agli occhi.

-Si, ma non per questo non ne fai parte-

-Che vuoi dire?- chiesi, ancora più confusa dalla sua risposta.

-Te l'ho detto. Tu sei una strega, perciò credo che sia legato ai tuoi poteri il tuo malore di poco fa.-

-Tu ci capisci molto più di me di queste cose, perciò aiutami.- non potevo credere di averlo detto. Forse era stata la paura, forse il fatto che ero sulle sue gambe, così vicina a lui, e che la cosa mi faceva sentire al sicuro, stranamente, ma credo che non fu una cattiva idea chiederglielo.

-Certo che ti aiuterò. È per questo che sono qui. Io posso insegnarti ad usare la magia. Posso essere il tuo maestro.- restai un attimo in silenzio, metabolizzando le sue parole. Cosa c'era di male? Poteva insegnarmi ad usare al meglio i miei poteri, e non poteva farmi nulla dato che era in una cella ad Asgard, inoltre non ero stupida, non mi sarei fatta convincere a fare certe cose per aiutarlo a uscire di prigione o simili. Ma si, perché no? Facciamolo.

-Va bene.- risposi, e notai che abbozzò un piccolo sorriso che gli illuminò il viso.

-Certo che picchi duro- disse ad un tratto, mentre ero intenta a rialzarmi. Arrossii al ricordo di quello che gli avevo fatto poco fa, e lui vedendomi rise.

-Ovvio che picchio duro. Per chi mi hai preso, per una femminuccia, una prima donna?- dissi per portare la situazione a mio vantaggio.

-Non l'ho mai pensato.- affermò deciso, convinto che gli credessi.

-Si, come no. Sei il Dio della menzogna, figuriamoci se non menti!- ribattei ridendo. Ero ormai in piedi, ma la testa mi girava come una trottola e persi l'equilibrio; per fortuna Loki mi afferrò al volo, evitandomi di sbattere la testa a terra. -Tutto ok?- domandò preoccupato.

-Non sapevo che ti preoccupassi degli altri- dissi sarcasticamente per sdrammatizzare, facendolo rilassare. Mi distesi nuovamente a terra, ma poi lui mi prese e mi fece sedere sulle sue gambe, facendomi sentire ancora più in imbarazzo. Fortunatamente la testa mi girava ancora, impedendomi di concentrarmi su questa situazione imbarazzante. Rimanemmo in silenzio, a guardarci negli occhi.

-Come posso fidarmi di te? Sei il Dio dell'Inganno, e cosa più importante, sei uno sconosciuto. A parte il nome, non so niente di te.- domandai a un certo punto, per rompere il silenzio che ci stava avvolgendo.

-Non importa se non mi conosci. Abbiamo molto tempo a disposizione, non ho niente di meglio da fare, rinchiuso in una cella.- risi, divertita dal suo sarcasmo, stupita anche che lo sapesse usare così bene, a quanto pare anche ad Asgard sapevano prendere in giro le persone per scherzare. O forse lo conosceva solo lui il sarcasmo?Chi lo sa. Inoltre, visto che tecnicamente era rinchiuso in una cella, non mi aspettavo si mettesse a scherzarci sopra.

Anche se era un grande bugiardo, un gigante di ghiaccio, non sembrava poi così cattivo.
Aveva solo sofferto tanto. E la sofferenza porta al rancore, e il rancore all'odio.

-Certo che non hai avuto una vita facile. Con quei bulli, insomma... eppure li hai perdonati- disse all'improvviso, facendomi sobbalzare.

-Come fai a saperlo?- domandai stupita, per poi notare che io invece sapevo, chissà come facevo poi, alcune cose sul suo conto -E come faccio io a sapere certe cose sul tuo conto?- domandai spiazzata.

-Sono nella tua testa, in fondo. Le nostre menti sono collegate, quindi ci scambiamo le informazioni a vicenda.- Ok, era un po' strana e inquietante come cosa, ma che ci potevo fare? Buttarlo fuori dalla mia mente a calci nel culo? Era un'opzione, ma dopotutto era piacevole la sua compagnia.

-Ah. Comunque si, io perdono chi si merita una seconda chance, ovvero tutti, che siano antipatici o gentili, santi o demoni.-

-E io cosa sono secondo te?- mi domandò, incuriosito dalla mia risposta.

-Tu sei... un santo al quale uno stronzo ha tinto i capelli di nero per dispetto. Ma il nero ti sta molto meglio del biondo ossigenato, fidati- ragionai, pensando davvero a quello che avevo appena detto.

-Dici sul serio?- replicò sorpreso e guardandomi con un'espressione scioccata.

-Si, non ti ci vedo proprio biondo- affermai disinvolta.

-No, no! Intendo... un santo- retificò esitante.

-Certo! Ora che ti conosco meglio, lo posso dire con certezza.- esclamai guardandolo negli occhi, notando una nuova luce nei suoi occhi verdi, felicità forse?

-Come fai a definirmi buono?-

-Perché tutti nasciamo buoni, ma sempre qualcuno o qualcosa ci porta ad essere cattivi. Alcune volte reagiamo, ci rialziamo dopo una caduta, altre volte invece sprofondiamo nell'oblio, lasciandoci travolgere dal dolore.- risposi seria, certa che le mie parole lo avessero colpito, che le avesse ascoltate non solo con le orecchie, ma anche con il cuore, ormai distrutto e ghiacciato.

Seguirono alcuni istanti di silenzio, nei quali lui rise, non in modo sarcastico, provocatorio o malvagio, neanche divertito; rise in modo genuino, spontaneo, perché era felice, per una volta dopo un'infinità di tempo, o forse per la prima volta nella sua vita, non lo sapevo, ma ero certa che non era da un cuore di ghiaccio che era scaturita quella risata, dolce e contagiosa, che mi fece affiorare un sorriso sulle labbra. Sotto quelle pregiate vesti di pelle e cuoio e al metallo scintillante, dentro quel petto, c'era un cuore che batteva, che lentamente si stava riaccendendo, riscaldando, stava tornando a vivere.

Pensai che la mia presenza lo aiutasse a stare bene, ad alleviare il dolore, e a me faceva bene perché avrei imparato ad usare la magia, lo avrei conosciuto meglio, lo avrei anche aiutato magari, ad uscire da quella fossa che lui e, soprattutto, le persone accanto a lui gli avevano scavato per recluderlo.

Penso che mi sarebbe piaciuta questa storia del maestro e dell'allieva, sarebbe diventata una cura per entrambi la presenza uno e dell'altra.

-L'ho sempre detto che tu sei speciale- dichiarò soddisfatto e rilassato, facendomi arrossire lievemente, felice per il suo inaspettato complimento e di avergli donato sollievo, per una volta nella sua vita.

Lo conoscevo da poco, e molto poco lo conoscevo, ma credetti che mi sarei trovata bene con lui, non era così antipatico se lo si conosceva bene; forse sarei arrivata addirittura a chiamarlo amico, quando avrebbe gettato quella maschera di indifferenza e superiorità, odio e rancore che indossava sempre, nonostante facesse di tutto per sembrare naturale.

Si dai, pensai che mi sarei persino divertita, con un maestro pazzo come lui!

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