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21 - Misteri da svelare, parte 2

Seguendo i cartelli, trovai il bagno delle ragazze ed entrai. Era vuoto: nessuna persona, nessun fantasma, nessun basilisco. C'era solo il mio riflesso nello specchio. In bagno non c'erano telecamere; Stark doveva essere risalito a questo come punto di partenza seguendo la traccia termica della luce.

C'era una sola finestra, in alto sulla parete. Feci scorrere il seidr nella serratura della porta e la chiusi dall'interno per evitare intrusioni inopportune. Concentrai poi la magia sotto ai miei piedi e mi sollevai fino alla finestra, aprendola. La vista dava su un vicolo cieco sulla sinistra; alla mia destra vi era una strada perpendicolare al vicolo e costeggiata da marciapiedi, percorsi da un via vai di persone, mentre la strada era invasa da nuvoloni di smog e da una miriade di taxi.

Estesi il seidr sulla strada, percependo quante persone ci fossero. Quando visualizzai un punto vuoto, mi preparai a saltare nel vicolo, favorita dall'assenza di persone. Al momento previsto scavalcai la finestra e saltai, correndo veloce verso il fondo del vicolo e abbassandomi in tempo prima che altre persone passassero davanti a quella stradina, mimetizzandomi nell'ombra grazie all'abbigliamento scuro che indossavo.

Iniziai a guardarmi intorno, ignorando l'odore di stantio e marcio ed evitando di toccare qualsiasi cosa. Chissà quanti germi pullulavano in quel piccolo spazio. Volsi lo sguardo in alto, ripercorrendo la parete esterna della torre e individuando una telecamera a circa tre metri dal suolo; probabilmente la luce era stata ripresa da essa mentre semplicemente entrava nel bagno attraverso la finestra. Solo poi doveva aver adoperato il sistema elettrico per muoversi.

D'un tratto venni illuminata da un fascio di luce. Coprii gli occhi col braccio per non restare accecata e creai uno scudo per proteggermi da eventuali attacchi. Non avevo dubbi che fosse nuovamente quella luce; a conferma di ciò, sentii la stessa risata di prima.

-Prendimi!- trillò la voce e la sfera si portò in alto. La seguii con lo sguardo, mandando una proiezione a seguirla al posto mio mentre rientravo nello stesso modo in cui ero uscita.

Dunque è la luce a parlare. Bene. Significa che il problema è uno solo.

Uscii dal bagno e corsi all'ascensore. Chiesi a Jarvis se qualcuno avesse fatto progressi, ma niente. L'unica ad aver trovato qualcosa ero stata io, come temevo. Mi aveva invitata a seguirla: stava forse giocando con me?

-Forse l'Hydra non centra.- mi morsi il labbro e aspettai pazientemente che l'ascensore salisse al ventiquattresimo piano. Non ricordavo cosa si trovasse su quel piano, uffici amministrativi o cos'altro, ma certo era che pullulasse di persone; speravo solo che nessuno facesse troppo caso alla sfera di luce fluttuante e a me, presi ognuno dal proprio lavoro.

Le porte dell'ascensore si aprirono. Fui accolta dalle urla sconnesse della gente e dall'assenza di luce. Estrassi il cellulare dalla tasca e accesi la torcia, illuminando i visi scombussolati dei dipendenti; nessuna traccia della stella in vista.

-State tutti bene?- mi premurai di chiedere alzando la voce.

-Sì, è solo saltata la corrente.- rispose una voce maschile, alla quale seguirono commenti sull'incredibilità dell'evento, dato che la torre era un posto all'avanguardia certi inconvenienti non potevano capitare.

Ignorai i loro pareri assurdi su quale potesse essere il problema: la causa io la conoscevo già. Qualcuno mentre mi allontanavo provò a chiedermi chi fossi, io proseguii spedita verso la mia proiezione, che ancora tallonava l'obiettivo. Quando svoltai l'angolo riuscii solo a cogliere gli ultimi raggi di luce che illuminavano il corridoio; la sfera si era già spostata e l'eco dei gemiti di sorpresa che udii mi fecero intuire di dover tornare all'ascensore.

Ripercorsi a ritroso il tragitto e la vidi; la sua luce non era così abbagliante come prima, poteva forse significare che fosse in grado di modularne l'intensità. Non ebbi il tempo di elaborare una strategia che la sfera si fiondò nell'ascensore passando attraverso il minuscolo spiraglio tra le porte; le corsi dietro, premetti il pulsante e le porte si aprirono. L'ascensore non aveva lasciato il piano per fortuna e vi entrai premendo immediatamente un pulsante qualsiasi dei vari piani, rinchiudendo la mini-stella assieme a me.

-Non mi scappi più!-

Ricoprii le mani di energia e di un incantesimo ignifugo per non bruciarmi e tentai di afferrare la luce, sperando che avesse una massa da poter intrappolare e chiudere lì quella storia. Mi lanciai in avanti e quella di scansò di lato; provai nuovamente a prenderla e sbattei contro le pareti dell'ascensore.

-Questo spazio è troppo piccolo!- mi lagnai mentre un dolore alla spalla si diffondeva per poi acuirsi rapidamente.

-Devo avvertire gli Avengers?- mi chiese pazientemente Jarvis.

-No! Solo noi due!- strepitò innervosita la stella incrementando la luminosità e accecandomi momentaneamente.

Poi udii un rumore strano, metallico, e alzai immediatamente lo scudo intorno a me mentre mi isolavo in un angolo; contemporaneamente a ciò la temperatura era aumentata di molti, troppi gradi fino quasi a ustionarmi, ma fu questione di pochi secondi e tutto tornò come prima e la luce diminuì.

Sgranai gli occhi davanti al buco ora presente nella parete superiore dell'ascensore. Il metallo appariva ripiegato verso i lati in creste alcune morbide come nuvole, altre spigolose come frammenti di vetro. Non era stato semplicemente fuso e non me ne spiegavo il motivo.

-Jarvis, hai ripreso tutto?- chiesi mentre inseguivo con lo sguardo quella sfera intenta a risalire velocemente verso l'alto.

-Si cerbiatta.-

-Mi confermi che ha aperto quel foro in modo che il metallo fuso non mi cadesse addosso? Non intendo se ti è sembrato un gesto intenzionale o meno. Dai, so che hai ripreso il tutto, mostrami il filmato.-

Una finestra video si aprì sulla parete. Osservai coi miei occhi il suo operato, divenendo più attenta quando la stella si avvicinava al soffitto e modellava il metallo ammorbidito dal suo stesso calore per poi traforarlo, lavorandolo come fosse argilla e agglomerandolo verso l'esterno.

-Non mi segui più?-

-Porco Zeus!- scattai per lo spavento contro il muro. -Questa è una persecuzione.- mormorai alquanto seccata. Quella stella non me la scrollavo più di dosso.

-Ti va di fare un gioco?-

-Dio no, mi ricordi troppo Saw.-

-Chi è Saw?-

Non capivo se scherzasse; stavamo davvero conversando come se nulla fosse? -Un tipo. Un tipo cattivo.- risposi un po' incerta.

-Allora non voglio giocare come lui!- dichiarò con enfasi, e quasi trassi un sospiro di sollievo.

-Nemmeno io.- concordai e un'idea prese forma nella mia mente. -Che ne dici di stabilire alcune regole? Se vuoi giocare con me voglio che ci siano delle regole. Altrimenti- aggiunsi con fare concitato, -potremmo non divertirci.-

-Regole, regole!-

Sorrisi compiaciuta: aveva abboccato come speravo. -Molto bene, le regole sono queste: primo, non dobbiamo farci vedere da nessuno; secondo, è vietato rompere, graffiare, fondere o rovinare qualsiasi cosa presente nell'edificio, compreso l'edificio.- speravo davvero che le rispettasse e di limitare così il suo agire.

La stella mugugnò in assenso con poca convinzione. -Tocca a me dirne una! Niente Avengers, solo io e te!-

Ma cos'è questa fissazione del "solo io e te"?!

-Come preferisci.- concessi con stizza; se mi opponevo c'era il rischio che non rispettasse le mie condizioni. Inoltre ero sicura che Jarvis avesse già provveduto ad avvisare gli altri e che fosse pronto a tenerci d'occhio qualsiasi cosa fosse accaduta da lì in poi. -E niente persone senza poteri!- incorporai nel patto affinché non coinvolgesse alcun civile.

Doveva essere proprio contenta, perché mi sfidò nuovamente a rincorrerla.
Concentrai il seidr sotto i piedi e mi alzai in volo, lanciandomi all'inseguimento della stella lungo il canale dell'ascensore. La vidi fermarsi e poi uscire; attraversai a mia volta le porte aperte e rimisi i piedi a terra.

Le diedi del tempo per superarmi, camminando lentamente e guardandomi scrupolosamente intorno. Assicuratami, anche per mezzo del seidr, che non ci fosse nessuno in quel piano — probabilmente avevano fatto evacuare parte dell'edificio — tenendo la testa china e muovendo il meno possibile le labbra sussurrai un incantesimo sulle telecamere per manomettere i filmati, dopodiché ne proferii un altro per evocare uno scatolone con relativo coperchio, che mi premurai di rendere invisibile.

Ero pronta a mettere la parola fine a quella storia, ma dovevo stare attenta e non essere frettolosa. Generai un'illusione di me stessa e mi resi invisibile con l'intenzione di tagliare la strada alla stella e intrappolarla. Gira e rigira per i corridoi, la trovai e così l'altra me; se andava come previsto, la stella sarebbe fuggita nella mia direzione e allora l'avrei presa.

-Certo che ce ne hai messo di tempo per trovarmi!- si lamentò con tono infantile.

-È perché sei molto brava a scappare.- rispose la mia illusione, mentre io mi avvicinavo alle sue spalle con passi felini. -Sei già stanca? Pensavo non vedessi l'ora di giocare con me.- la stuzzicò.

-No, non sono affatto stanca!- ribatté, ma la sua voce la tradiva. Era stanca eccome, forse fare la stella tutto il giorno l'aveva sfiancata; quel gioco stava per giungere alla fine?

Ogni mio passo era calcolato con la massima precisione: silenzioso, leggero e sinuoso, le gambe tenute sempre un po' divaricate per non sbilanciarmi mentre proseguivo con una lentezza che non mi si addiceva; ero una leonessa pronta a saltare sulla preda.

Tre metri.

-Dai, voglio giocare ancora con te per ore ed ore!-

Due metri.

-Anche io! Quindi, scappa.-

La stella ridacchiò eccitata; fece due giri in tondo e si fiondò verso di me, credendo di avere la strada spianata davanti a sé. Essa non fece in tempo a prendere velocità che sbatté contro la scatola, che avevo preparato tenendola alla giusta altezza, e quasi strappandomela di mano per la forza con cui ci si infilò. Mi buttai a terra con il contenitore sfruttando lo slancio datomi e tappandolo col mio corpo il tempo necessario per sostituirmi al coperchio e sedermici infine sopra.

-Mamma che fatica!- esclamai asciugandomi un'inesistente alone di sudore dalla fronte.

-No, basta, fammi uscire! Sorellona per favore, non voglio più giocare! Fammi uscire!- gridò nel panico la mia prigioniera, sbattendo contro i lati della sua prigione.

-Voglio ben vedere se hai ancora voglia di giocare!- ribattei dando un pugno su uno dei lati. -E smettila di dimenarti, non ti farò uscire.-

Sospirai esaurita. Passarono diversi secondi guardando la finestra dall'altro capo del corridoio godendomi la ritrovata calma.
Sbattei gli occhi più volte e tesi la bocca in una linea sottile.

-Hai per caso detto sorellona?- domandai tra l'incredulo e lo stizzito, mentre l'occhio destro si strizzava involontariamente. Mi morsi il labbro inferiore; sapevo bene ciò che avevo sentito, non serviva una conferma; solo che non volevo crederci.

-Puoi farmi uscire? Per favore?- domandò timida, la voce era poco più che un sussurro e il tono colpevole.

Mi alzai e rimossi il coperchio. La stella fluttuò fuori e prese la forma di una bambina, una bambina che conoscevo molto bene. Incrociai le braccia al petto, stringendo le mani sulle braccia per sfogare la crescente ira che stava montando in me.

-Desiré.- cantilenai il suo nome assottigliando gli occhi. -Ora, non voglio che tu mi consideri una sorella cattiva, ma ti prego di scusarmi perché non ho idea di quale stupido pensiero tu debba aver avuto per decidere di comparire qui a seminare il caos e divertirti come se fosse un parco giochi qualunque!- gridai fuori di me.

Lei fece un passo indietro. -Sei... arrabbiata?-

-Arrabbiata?- ripetei piccata. -Oh, io non sono arrabbiata, no: sono incavolata nera! Imbestialita, furibonda! In piena crisi isterica! Per le Norne, che diavolo ti è saltato in mente?! Ma che credevi, di seguirci per divertimento, eh? Pensavi che stessimo andando a giocare?! Rispondimi!- urlai furente. Non mi ero mai arrabbiata così tanto con lei; in alcune occasioni avevo dovuto rimproverarla per un suo comportamento inappropriato o scorretto, ma mai sgridarla in quel modo riversando su di lei rabbia e paura. Sì, paura: che diamine le era saltato in mente?

A ogni mia parola i suoi occhi si riempirono di lacrime; abbassò il capo e si strinse nelle braccia in un gesto protettivo. Un nascente singhiozzo le stava scuotendo il piccolo corpo. -I-io volevo... volevo solo s-stare un po' con te.- rispose con voce tremolante, interrotta dai singhiozzi. Tirò su col naso, asciugandosi il volto bagnato con il polso. -Scusa, no-on volevo farti... arrabbiare.-

-Ma lo hai fatto.- asserii con un tono più basso e controllato. Sospirai rassegnata. La raggiunsi e mi piegai sulle ginocchia, alzandole il mento con un dito affinché mi guardasse negli occhi. -E non sono arrabbiata solo perché sei scappata senza avvisare nessuno- spiegai colta da un'intuizione e Desiré strabuzzò gli occhi; deviò lo sguardo e le sue guance arrossirono teneramente per la vergogna. Mi scappò un sorriso. -Potevi farti male. Poteva capitarti qualcosa di brutto. New York non è come la scuola, ci sono pericoli che non puoi neanche immaginare e nascosti dietro ogni angolo, forse anche qui, alla Avengers Tower. Sei venuta da sola, non è così?- Desiré annuì silenziosa, cercando di trattenere i singulti e le lacrime e di non far tremolare il labbro ulteriormente. -Nessuno sapeva che fossi qui con noi, pensa se fossi finita nei guai: come ti avrei aiutata non sapendo dov'eri?-

Desiré singhiozzò più forte, ora spaventata. La strinsi a me massaggiandole la schiena per confortarla e rassicurarla, e sembrò ancora più piccola e indifesa di quanto non fosse. -Lo so che odi sentirtelo dire, ma sei piccola. Il mondo è sì un posto bello, colorato e pieno di meraviglie nascoste, ma è anche insidioso, buio a volte... e freddo.-

-Che significa insidioso?- domandò curiosa dopo un paio di minuti; il singhiozzo stava passando, e sebbene fosse impaurita dallo scenario che le avevo presentato, vedevo come fosse più tranquilla tra le mie braccia.

-Sta per ingannevole, quindi per bugiardo.-

-Il mondo è bugiardo?-

-Capisco la confusione, vedrai che quando sarai più grande e avrai avuto modo di scoprirlo e vederlo con i tuoi occhi, le mie parole avranno un senso.-

-Ma non hanno senso!- contestò vivacemente, il buon umore che tornava prepotentemente. -Le persone dicono bugie, tu parli come se un sasso possa dire una bugia!-

-Sì? Beh, Pinocchio era un burattino di legno e diceva tantissime bugie.- replicai con sorriso sghembo.

-È solo una favola...-

-E gli animali? Loro parlano, anche se non li capiamo. Chi dice che loro non mentano mai?-

Mugugnò, intenta a pensarci. -Forse hai ragione... Sei ancora arrabbiata?- domandò con gli occhi lucidi fissi nei miei, con una faccia da cucciolo impaurito e speranzoso con la quale mi corrompeva sempre.

Sospirai. -Se mi guardi così non riesco proprio ad essere arrabbiata.- dichiarai sorridendo, poi indurii il mio sguardo.
-Ma non pensare di non essere nei guai! Appena tornata a casa finirai in punizione, niente caramelle e dolci per tre settimane, puoi scordarti pure la televisione! E non credere che non riferirò la tua scappatella al preside!- dissi severamente.

-Che cosa?! No, non è giusto, non puoi farlo!- protestò lamentosa con un guizzo di rabbia, ma sapeva bene di essere nel torto, oggi più che mai, perciò non credeva nemmeno lei di poter scampare al castigo.

-Oh sì che è giusto! Non cambierò idea signorina, ti sei cacciata nel peggiore dei pasticci e questa volta la punizione non te la toglie nessuno!- mi impuntai decisa. Non avrei modificato la sentenza per alleggerirgliela, non quella volta.

Mi diede le spalle e incrociò le braccia al petto. Con tutta la calma e la pazienza di cui ero dotata, la affiancai senza dar peso alla sua reazione e le porsi la mano. Desiré la occhieggiò un paio di volte con sospetto; poi, riluttante e con il viso imbronciato, allungò la sua mano verso la mia e la strinsi.

-Andiamo? Ti offro un ultimo cucchiaio di Nutella prima che inizino le settimane di condanna.- le proposi con tono dolce ma autorevole.

Sospirò rassegnata: ormai era sicura che nulla mi avrebbe fatta cambiare idea. -D'accordo.-

Mi diressi verso le scale: così com'era ridotto l'ascensore non avevo intenzione di affidargli per nemmeno i trenta secondi di salita la mia vita e quella di mia sorella, perciò optai nuovamente per le scale; inoltre non volevo farle presente i danni che aveva causato durante il nostro gioco, sicura che li avesse già dimenticati. Perlomeno eravamo già verso metà strada, avrei sopportato in silenzio il tragitto verso la mia camera.

Arrivai alla porta che dava sulle scale e afferrai la maniglia. Percepii la presenza di qualcuno dall'altro lato; feci segno a Desiré di restare in silenzio e nascondersi dietro di me. Aprii di scatto la porta restando nella sua ombra, nascosta a chiunque ci fosse dall'altro lato, ma vidi nuovamente la stella volare oltre me e dopo uno strillo.

Mi sporsi a controllare cosa stesse accadendo: Desiré volteggiava intorno a Emily, la quale cercava in ogni modo di scacciarla con la sua borsetta.

-Oh per fortuna! Francesca, aiutami! Toglimi questa cosa di dosso!-

Mi sbattei una mano sulla fronte.
-Signore abbi pietà di me...-

-Francesca! Aiuto!-

Sospirai esausta. Finirà mai questa giornata?

-Via, sparisci, qualsiasi cosa tu sia! Francesca, dammi una mano! Questa cosa non ne vuole sapere!-

Sospirai afflosciando le spalle: improvvisamente sentivo un peso sulla schiena pesante quanto un macigno.
-Eccomi, arrivo.- mormorai avvilita. Desiré non poteva restarsene dietro di me? Perché aveva dovuto fare di testa sua? -Dannazione Desi, mi stai rendendo la giornata un vero strazio!- aggiunsi sottovoce, mangiandomi le parole.

-Cosa hai detto?- domandò Emily, ma venne subito attaccata da mia sorella.
-Sciò, sciò! Ma che vuole questa?-

Emily mi diede le spalle nel tentativo di colpire Desiré, che le ronzava attorno come una mosca fastidiosa, accecandola un momento sì e l'altro pure. Chiusi la porta dietro di me.

-Ugh, maledetta lampadina, sparisci dalla mia vista! Appena di acchiappo di soffocherò sott'acqua, puoi giurarci!- minacciò inviperita.

Alle sue parole mi tornò in mente il nostro primo incontro il giorno prima e il perché provassi così tanto astio e disprezzo nei suoi confronti: mi aveva offeso, quella vipera, insinuando senza prove che fossi adottata, e lo aveva detto con cattiveria. Inoltre appariva così saccente e snob che mi dava il voltastomaco.

In fondo, sbatterle la porta in faccia non mi aveva soddisfatta del tutto.

Lì non c'erano telecamere, e se mia sorella avesse posto domande le avrei detto una balla; dicendole "segreto" avrebbe iniziato ad assillarmi di domande e avrebbe sparso la voce che avessi un segreto segretissimo circa i miei poteri, e allora sarei stata fregata. Però avrei potuto corromperla, il silenzio per un desiderio a sua scelta, ma sicuramente avrebbe richiesto la riduzione della pena e questo non lo avrei fatto.

Evocai una mazza da baseball: il legno era chiaro e leggero. Flessi i gomiti e caricai lo swing ruotando i fianchi e portando più indietro il piede destro, per poi rilasciare con un mezzo giro tutta l'energia cinetica contro il suo cranio mentre ancora mi dava le spalle. Stramazzò a terra con un sol colpo.

-Però, che soddisfazione.- chiosai facendo scomparire l'oggetto.

Desiré riprese la sua forma originale e mi guardò strabiliata e sconvolta, con la bocca aperta e gli occhi quasi che le uscivano dalle orbite.

-Questo- dissi indicando il corpo immobile di Emily, -resterà un segreto tra sorelle.-

Lei annuì e, come previsto, colse la palla al balzo. -Sarò muta come un pesce solo se non sono più in punizione!-

-Pretendi un po' troppo. Meriti la tua punizione, ma possiamo raggiungere un compromesso: ti concedo un'ora sola di tivù al giorno per tre settimane.- offrii senza allargarmi troppo.

-Non ci sto! Due settimane, più tivù e dolci!-

-Mmh...- finsi di pensarci un po' su.
-Facciamo così: sempre tre settimane, un'ora di tivù al giorno e, tornate a casa, cuciniamo insieme quei biscotti al cioccolato che ti piacciono tanto. Nel frattempo ci facciamo un giro per la città e ci prendiamo una bella torta, quella che più preferisci.- Ghiotta com'era, non avrebbe resistito all'offerta. Allungai una mano verso di lei. -Affare fatto?-

Era restia ad accettare; la sua espressione diceva che desiderava di più.

-Al piano di sopra ci sono gli Avengers. Ti va di farti una foto con loro?- suggerii con un sorriso furbo, ben sapendo che a quello non avrebbe resistito.

Fece un sorriso largo e splendente, anche i suoi occhi brillavano di felicità. -Voglio una foto con la Vedova Nera! E con Occhio di Falco!-

Almeno non voleva Stark. -E sia!- ci stringemmo la mano e scambiammo uno sguardo d'intesa.

-Adesso che facciamo?-

-Mi pare ovvio: nascondiamo le prove.- risposi con una scrollata di spalle.

Riaprii la porta. Il corridoio era deserto e le telecamere erano ancora oscurate dal mio incantesimo. Afferrai Emily per le caviglie e la trascinai camminando all'indietro. Desiré si coprì la bocca soffocando una risata. In mano teneva la borsa di Emily.

-Su vieni, dobbiamo trovare uno sgabuzzino o qualcosa di simile dove rinchiuderla.-

-Ma non è illegale?- chiese teneramente.

-Questa donna mi ha offesa e si è comportata da antipatica.- affermai con disappunto.

-Quindi... se lo merita?-

Non era esattamente una cosa da insegnare a una bambina, ma se mai avesse sbagliato in futuro l'avrei corretta. -Non prendere esempio da me però. Quello che sto facendo è un pochino sbagliato, ma non illegale. Almeno credo.- Non che mi importasse molto comunque. -Sequestro di persona? Ma chi, io? Non sia mai che la mia anima pura e immacolata venga macchiata da un atto così illecito e immorale!- scherzai con una voce un po' buffa in una caricatura del Capitano, facendo ridacchiare Desiré.

-Ma Capitan America parla davvero così?- domandò divertita.

-Più o meno. Però quando le dice lui queste cose lo fa con tale trasporto e spirito che non riesci a prenderlo in giro. È solo dopo che ti accorgi di quanto sembri... ehm... buffo, ecco. Non che ci sia da scherzare, per carità, fa discorsi seri lui, dice cose importanti e sagge. Se vuoi avere un consiglio, va da lui, ma mai e sottolineo mai da Tony Stark. È un ubriacone. E odia i bambini, perciò stagli lontana.-

Girando per il piano trovammo infine un ripostiglio per le scope, pieno di polvere e flaconi di detergente. Lasciai Emily lì dentro e richiusi la porta; la chiave era infilata nella serratura.

-Che dici, chiudiamo a chiave?-

-Non so... e se poi non la trovano?-

-Hai ragione, meglio non esagerare.- concordai; avevo già oltrepassato la linea, non era il caso di fare di peggio.
-Passa un po' qui.- feci indicando la borsa tra le sue mani. Me la porse e io la aprii. -Allora, abbiamo un fazzoletto di stoffa bianca con...-

Desiré allungò il collo per vedere e avvicinai alla sua altezza il fazzoletto.
-È una A? Perché c'è ricamata una lettera?-

-Nei tempi passati la gente, specialmente i nobili, erano soliti far ricamare le proprie iniziali dappertutto, sulle federe dei cuscini, sui fazzoletti come questo, sui tovaglioli... Non capisco però perché una A. Forse lo ha ereditato dalla madre.- riflettei soprappensiero. Frugai ancora nella borsetta color vinaccia, in tinta col tailleur che indossava quel giorno.
-Vediamo che altro c'è...-

Lì dentro non c'era praticamente nulla: oltre al fazzoletto conteneva tre barrette ai cereali e ribes e un bracciale in ottone decorato con un'intreccio di rami d'edera molto particolareggiato; al centro era incastonata una pietra ovale, forse ambra. Dopo averne memorizzato ogni dettaglio rimisi tutto al suo posto e lasciai la borsa al fianco di Emily.

-Andiamo, ci attende una lunga spiegazione da raccontare.-

Non muovemmo un solo passo che ne sentimmo altri in avvicinamento, e in tutta la sua gloria Capitan America ci corse incontro con addosso la sua tuta patriottica e lo scudo tenuto fieramente al braccio.

-State bene? Chi è la bambina?- domandò con il viso crucciato.

-Sarà meglio dirlo quando saremo tutti insieme, non mi va di ripetere lo spiegone più volte.-

Salimmo con l'ascensore, diverso da quello distrutto, e ci riunimmo al resto del gruppo riunitosi nel salotto collegato alla zona ristoro dove avevo fatto colazione.

Desiré mi stringeva la mano, un po' per l'eccitazione di conoscere dal vivo i supereroi più famosi del mondo, un po' per il nervosismo: se mi ero arrabbiata io che ero sua sorella, non immaginava che reazione avrebbero avuto gli altri nel conoscere la verità. Quando le porte dell'ascensore si aprirono mia sorella si nascose dietro di me.

-Mesdames et messieurs, vi presento: la stella!-

Ci misi un po' a spiegare il tutto a tutti; in generale furono sollevati dalla notizia, che non si era rivelata così catastrofica come si erano immaginati. Se c'era qualcuno irritato o addirittura arrabbiato si era guardato bene dal mostrarlo: dopotutto era frutto del gioco innocente di una bimba di sette anni, cosa ne poteva sapere dei problemi del mondo degli adulti che in quel momento ci assillavano le menti?

Desiré fu accontentata e ottenne le sue foto, la ricompensai con una fin troppo generosa cucchiaiata del mio personale barattolo di Nutella come promesso e mi premurai di informare i miei compagni del suo castigo. Nessuno obiettò, anzi lo trovarono persino troppo poco viste le conseguenze del suo precipitoso gesto, ma dato che ero io la sua tutrice legale nonché la sua famiglia potevo fare come ritenessi più opportuno.

Quando fu sera cenammo tutti insieme con un mix di cibo cinese, McDonald e sushi; l'allegria di mia sorella contagiò pian piano chiunque durante il pasto e la sua reazione ad un commento un po' eccessivo da parte di Stark sul mio conto diede il via ad una battaglia col cibo. Credo che Steve disse un qualcosa sul fatto di star sprecando del buon cibo, ma qualcuno gli lanciò dritto in bocca un involtino primavera e lui si zittì, anzi, si strozzò.

Con lo stomaco pieno e la mente un po' più leggera andammo a coricarci; inutile dire che Desiré avrebbe dormito con me. Visto che avevo dovuto aggiornare i professori sulla questione ne avevo approfittato per far mandare le cose di Desiré alla torre e Tempesta si era autonominominata postina. Quando era arrivata, poco prima di cena, aveva preso da parte me e Desiré, aveva fatto una ramanzina veloce a mia sorella e poi se n'era andata, con meno preoccupazioni di quando era arrivata.

Non prevedevo di far restare Desiré a lungo: dopotutto avevo preso un impegno con gli Avengers, non potevo tirarmi indietro per badare a mia sorella. Se avevano chiesto specificatamente di me, come degli altri, significava che non avevano bisogno di un sostituto, ma di me.

-Desi, vieni qui.-

Terminò velocemente di mettersi il pigiama e saltò sul letto con uno slancio. -Che c'è?-

-Lo sai che ho un impegno con gli Avengers, ma ho promesso di farti fare un giro per la città.-

-E di prendermi una torta!- mi interruppe.

-Sì, e di prenderti una torta. Domani esploreremo insieme la città, contenta? Però dopodomani dovrai tornare all'istituto; verrà a prenderti Tempesta per le nove, tutto chiaro?-

-Domani gita e torta, dopodomani noia!- si lamentò ruotando gli occhi.
-Uffa, ma io voglio stare con te.-

-Lo so, ma c'è un tempo e un luogo per ogni cosa e io ho da fare qui, è importante. Gli Avengers hanno bisogno del mio aiuto, non posso dirgli di no. Tu diresti di no?-

Scosse la testa con energia. -Proprio no, io direi di sì!-

-Hai capito tutto quindi? Farai la brava e tornerai a scuola?-

-Uff, va bene.-

-Brava sorellina.- dissi schioccandole un bacio sulla fronte. -E adesso a dormire, domani sarà una giornata intensa!-

Ci infilammo sotto le coperte e spensi la luce. Ancora non riuscivo a credere che ci avesse seguiti fino a New York sotto forma di stella, nascondendosi sotto il nostro naso qui alla torre.

-Desi.-

-Dimmi sorellona.-

-Ecco, mi domandavo... perché fare qualcosa di così avventato? Ti ho sempre detto che la prudenza è tutto, dunque cosa ti ha spinta a seguirci?-

Sospirò avvilita. -Ultimamente eri sempre impegnata, avevi da studiare, poi i compiti, un'altra volta uscivi con i ragazzi più grandi. Era tanto che non stavamo un po' solo io e te, e tu hai detto che a volte bisogna correre dei rischi per le persone a cui vogliamo un mondo di bene.-

Le accarezzai la guancia paffuta. -Mi dispiace di non aver avuto tempo per te. Scusami se ti ho trascurata, non era mia intenzione; non mi sono resa conto di starti ignorando. È che è un periodo un po' difficile, non ho semplicemente mille pensieri per la testa... più che altro, mi sembra di avere un problema per ogni capello che ho in testa.- la sentii ridacchiare. -La tua decisione è stata impulsiva e con la sua dose di stupidità, ma mi rende felice sapere che hai rischiato così tanto per stare con me. Grazie, lo apprezzo davvero.- dissi stringendola a me. -Ti avverto: non osare mai più fare una cosa del genere.- asserii torva.

-Okay.- sussurrò con uno sbadiglio.

-Dormi ora.-

Si accoccolò meglio contro di me, trovando la posizione più comoda.
-Buonanotte.-

-Buonanotte.-

Era stata fin troppo avventata e temevo che in futuro lo avrebbe rifatto, ma la colpa era solo mia. Non le avevo dedicato più di molto, avrei dovuto ritagliare del tempo per lei, invece ero stata troppo presa dall'addestramento con Loki e da Loki stesso. Lo sapevo fin dall'inizio che conciliare tutto questo sarebbe stato difficile, ma non immaginavo quanto ciò mi avrebbe resa indisponibile per i miei cari. La mia famiglia in Italia ormai ci aveva fatto l'abitudine, tuttavia Desiré no; abitavamo sotto lo stesso tetto e con lei avevo problemi più che con chiunque altro a passare un solo pomeriggio insieme.

Non volevo farla sentire indesiderata con la mia disattenzione, non dopo il modo in cui si era separata dai suoi maledetti genitori razzisti e fortunatamente trapassati. Avrei rimediato alla mia noncuranza in qualunque modo.

Tuttavia la visita di mia sorella mi aveva dato la spinta giusta e risvegliato quella dose di follia che mi caratterizzava. Io stessa avevo predicato che, a volte, bisognava correre dei rischi per le persone a cui volevamo un mondo di bene, anche per stare con loro.

Io avrei fatto di tutto per i miei genitori, per mio fratello, per i miei amici in Italia e quelli qui in America, per Desiré e non da ultimo per Loki. Come tutti loro lui era importante per me, rappresentava una parte della mia vita alla quale non avrei mai rinunciato, piuttosto avrei attraversato l'inferno che rinunciarvi!

Ma per stare con le persone che amiamo dobbiamo essere disposti a tutto: ad uscire dall'ombra; a buttarci le preoccupazioni alle spalle; a superare il più arduo degli ostacoli.
E fra me e Loki c'era un mare di ostacoli e come avevo chiarito a lui: ero stufa. Avevo dato tempo al tempo, ma era arrivato il momento di fare la mia parte.

In fin dei conti, sono un'ottima nuotatrice.









Spazio autrice

E con 5111 parole di capitolo, vi auguro buona serata.

🌟🦋vostra Fra🦋🌟

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