18 - Crisi
Strinsi con forza il cellulare tra le mani e sobbalzai, trattenendo il respiro e paralizzandomi sul posto, restando immobile come una statua. Le mie dita coprivano la luce prodotta dal telefonino; a far luce restò ciò che avevo alle spalle, qualunque cosa fosse, rendendo nitidi i contorni della mia ombra sul pavimento difronte.
Non avevo il coraggio di voltarmi verso la nuova fonte luminosa, non sapendo cosa aspettarmi, ma proprio per questo presi un profondo respiro e decisi di voltarmi, senza pensarci due volte, in modo veloce, ma appena voltata la luce sfumò, lasciandomi nel buio.
Mossi gli occhi nell'oscurità, aspettando che si adattassero gradualmente all'improvvisa assenza di luce, scrutando il corridoio in cerca di qualsiasi cosa o persona avesse prodotto quella luce, diffondendo nell'aria una sottile maglia di seidr per accertarmi di essere sola. La luce cobalto risplendeva come una bioluminescenza nell'ombra, e la scena mi ricordò vagamente il pianeta Pandora del film Avatar durante la notte, dove l'oscurità non poteva vincere contro la vitalità frizzante della natura.
-Okay... sarà stata la luce dei lampioni in strada.- liquidai rapidamente il problema, ben sapendo che la spiegazione non reggeva. Eravamo fin troppo in alto, e quella luce era vicina, molto vicina, a pochi passi da me. Forse John aveva deciso di spaventarmi per vendicarsi della storia dello sciacquone, o magari Stark stava camminando con una torcia in mano per la torre... Dopotutto, da quando lo avevo incontrato per la prima volta non facevo altro che ritrovarmelo davanti qualunque cosa facessi, mi seguiva come un'ombra. -Sto diventando paranoica...- mormorai stancamente.
Tornai sui miei passi e ripercorsi a ritroso la strada fino alla mia camera, sbadigliando ogni tanto. Mi accoccolai sul letto, coprendomi con solo un lenzuolo e togliendo la coperta pesante; dopotutto, il freddo ce lo avevo nelle vene.
Appoggiato il foglio con la scritta Simulatorium sul comodino a fianco al letto, presi il cellulare per controllare se avevo messaggi; dopo l'allenamento, il brutto quarto d'ora fatto passare a John e tutto il resto mi ero totalmente dimenticata di guardare il telefono. Come sospettavo, trovai due chiamate perse da mia madre e alcuni messaggi, uno sempre di mia madre e gli altri di alcuni amici in Italia. La cosa peggiore era il differente fuso orario, e ad aggravare la cosa ero io, che ancora non mi ero abituata a controllare il cellulare nei giusti orari per parlare con la mia famiglia senza rischiare di svegliarli nel cuore della notte solo perché da noi era ancora pomeriggio.
Scrissi un veloce messaggio a mia madre, rassicurandola che andava tutto bene e che le avrei mandato foto di New York innevata il giorno seguente, certa che le avrebbe apprezzate. A casa aveva collezionato decine di album fotografici di me e mio fratello, nonché di tutta la famiglia sin da quando eravamo piccoli. Magari le avrei inviato una foto con Captain America dicendo di averlo trovato per strada (modificando l'ambiente con una piccola ma efficiente illusione); lei adorava il Capitano, lo descriveva come "un bravo ragazzo d'altri tempi, di quelli che chiedono cortesemente alle ragazze se possono accompagnarle a casa la sera e portano loro fiori ad ogni occasione", continuando con "magari ce ne fossero di più di ragazzi come lui". Al pensiero mi venne da ridere. Non aveva torto però; ricevere a ogni appuntamento un fiore, il compagno che ti offre la sua giacca quando hai freddo... tutti quei piccoli gesti romantici che ogni donna sogna di ricevere, me compresa, e non potevo dire di essere rimasta insoddisfatta. Loki non sarà stato perfetto, e di certo non eravamo partiti con il piede giusto, ma quando avevamo raggiunto l'illuminazione rendendoci entrambi conto di amarci tutto era diventato più spontaneo, avevo la sensazione che il sole brillasse di più ogni volta che lo vedevo e le gambe mi diventavano di gelatina, per non parlare di tutti i respiri che continuavo a trattenere...
Aprii la galleria sul cellulare, sfogliando le foto fino a quella scattata con Loki in Islanda l'autunno scorso. Mi concentrai su di lui, sui suoi occhi che splendevano come gemme preziose, sul suo sorriso, piccolo ma onesto.
Il Dio dell'Inganno onesto. Questa è vera magia.
Un lampo smeraldo entrò nel mio campo visivo, occupato per la maggior parte dal telefono. Sul comodino era apparsa una rosa blu e il mio sorriso si allargò ancora di più. -Speriamo solo che Jarvis non abbia registrato anche questo...- commentai riponendo il telefono sul comodino e osservando il fiore, sfiorandolo con la punta delle dita e congelando l'estremità dei petali, concedendomi di rilassarmi e dormire.
Ci pensò il mio stomaco a svegliarmi l'indomani. Controvoglia mi misi seduta sul letto, stiracchiando con estrema lentezza le braccia e allungando le gambe per sgranchirle. Guardai l'ora sul telefono, erano quasi le sette e venti. -Beh dai... è accettabile.- borbottai riferendomi all'orario.
-Ben svegliata signorina.- sobbalzai spaventata alla voce di Jarvis. -L'ho spaventata?- domandò dunque.
Mossi la mano come per scacciare una mosca. -Si, ma solo perché non sono abituata a svegliarmi e ricevere il buon giorno da un'intelligenza artificiale.-
-La prego di accettare le mie scuse, cerbiatta.-
Linciai con lo sguardo il soffitto, immaginando che Jarvis fosse lì, anche se in verità era ovunque nella torre.
-Come prego?-
-Il Signor Stark mi ha ordinato di chiamarla in questo modo. Mi dispiace di causarle disagio o fastidio.- si scusò, e non potei che pensare a un cucciolo che guaiva tristemente tenendo coda e orecchie abbassate per il rimorso.
-Non è colpa tua, ma di quel cretino. Puoi fare nulla in proposito Jarvis?-
-Il Signor Stark mi vieta di smetterla di chiamarla in tal modo. Posso suggerirle di ricambiare la cortesia?-
-Mi piace come ragioni!- esclamai divertita. -Allora d'ora in poi ti rivolgerai a lui come "Signor rompipalle Stark", affare fatto?-
-Affare fatto. Può raggiungere gli Avengers a colazione se le va.-
Però, per essere un intelligenza artificiale ne ha di carattere!, pensai compiaciuta. -Accetto l'invito con piacere.- risposi, viaggiando con la mente su ciò che avrei trovato da mangiare mentre mi preparavo. Di solito chiedevo a Kurt -noto come Nightcrawler- di teletrasportarmi in Italia per comprare alcune cose, fra cui Nutella e i miei adorati biscotti: le Gocciole. Erano la mia colazione da sempre, anche se con la scuola e il bus da prendere subito la mattina presto non riuscivo più a mangiarli col latte, altrimenti vomitavo. Latticini, cioccolato e guida spericolata degli autisti non andavano molto d'accordo.
Scesi al piano di sotto in ascensore, occhieggiando sull'isola della cucina Cap bersi una tazza di caffè fumante mentre leggeva un giornale; Tony addentò una ciambella ricoperta di glassa bianca e zuccherini colorati, poi la immerse nella sua tazza, inzuppandola abbondantemente. Intanto il dottor Banner allontanò dai fornelli il bollitore e versò l'acqua calda in una tazza delle industrie Stark, immergendo due bustine che non riconobbi, ma ipotizzai fossero di camomilla.
Voltandosi per sedersi anche lui con gli altri Avengers, Banner mi notò. -Siamo mattutini eh?- mi accolse con un sorriso, che ricambiai.
Alla voce dell'amico, Steve alzò gli occhi dal giornale e anche lui mi sorrise gentilmente, mentre Tony continuò imperterrito a masticare il donat ipercalorico. Mi avvicinai a loro a lunghi passi come mio solito, inspirando l'odore di caffé e cioccolata diffuso nella stanza.
-Caffé?- mi offrì Steve, ma rifiutai.
-Non mi piace il caffé.- ammisi scrollando le spalle.
-Ma che razza di italiana sei?- mi rimbeccò Stark.
-La razza di italiana a cui non piace il caffé.- rimarcai nuovamente con ovvietà, prestando ben attenzione a controllare il mio umore; non volevo apparire come una mocciosetta isterica già di prima mattina.
Tante grazie ciclo, pensai trattenendo uno sbuffo.
Tony sospirò pesantemente e teatralmente; si alzò, spingendo rumorosamente l'alto sgabello in pelle nera -non poteva certo essere pelle finta o altro, non a casa Stark- indietro e prendendo un sacchetto della spesa sulla mensola, poggiandola sul tavolo davanti a me. -Per fortuna che c'è Tony il magnifico, altrimenti...-
Aprii la busta, estraendo un sacchetto di carta con dentro del pane fresco e un vasetto di nutella da cinquecento grammi. -Oh che carino, allora ci tieni a me.- miagolai sdolcinatamente, ma internamente ero realmente stupita dalla sua attenzione. -A cosa devo cotanta gentilezza? Non mi pare Natale e nemmeno il mio compleanno.- domandai sedendomi, afferrando il coltello che mi stava porgendo Steve e ringraziandolo, affettando il pane e aprendo il vasetto. Immersi il coltello nella nutella, spalmando una sostanziosa quantità di cioccolata sul pane.
-Ehi vacci piano, ti verrà il diabete! E tra l'altro quel vasetto deve bastarti per tutta la permanenza, e non mi importa se qualcuno se ne approfitta. Tuo cibo, tua responsabilità.- mi riprese Stark tornando a concentrarsi sulla sua ciambella, divorandola voracemente.
-È vero, ma tu ti sei preso la responsabilità di nutrirmi come si deve, perciò la scaletta diventa: io tua responsabilità, ergo cibo tua responsabilità. E hai fatto tutto da solo.- gli feci notare con una certa ilarità.
-Vedi di far scomparire quel visetto compiaciuto dalla faccia cerbiatta o non vedrai più la nutella.- mi minacciò infantilmente, alzandosi e abbandonando la sua tazza sporca, sulla quale vidi disegnata la maschera stilizzata di Ironman, nel lavandino.
Alzai un sopracciglio scettica, scambiando un'ugual occhiata col Capitano, che scosse la testa come a dire "lascialo perdere, tanto dice cose diverse da quelle che realmente fa", e non faticai a credergli: avevo la deliziosa prova tra le mie fauci.
-Tony rompipalle Stark mi ha graziata con la sua bontà.- commentai pulendomi la bocca da un filo di nutella rimastomi sulle labbra.
Steve si raschiò la gola con disappunto, e capii di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma anche Tony si era comportato da bambino, quindi perché a lui non aveva tossito per richiamare l'attenzione?
-Linguaggio.- le voci di Bruce, Steve e Tony si sovrapposero all'unisono, ma i due Avengers si voltarono verso Bruce, che si nascose dietro la sua tazza con fare indifferente. Tony lo indicò, un lampo di soddisfazione ad attraversargli gli occhi nocciola, in un gesto che anche a me capitava di fare quando qualcuno coglieva una citazione o si sintonizzava sul mio modo di pensare. -Ti ci metti anche tu adesso?- fece invece Steve fingendosi esasperato, ma non poté nascondere un sorriso divertito.
-Beh...- mugolò Bruce non sapendo che dire, alzando le spalle in segno di difesa. -Andiamo, te la sei cercata.- sbottò con decisione, finendo la sua bevanda.
Io intanto mi godei lo spettacolo, mangiando pane e nutella e riprendendo il tutto con il cellulare.
-Cerbiatta, questa è violazione della privacy.- disse Tony afferrandomi il cellulare.
-Pff, e a me lo vieni a dire? Io sto solo facendo un video ricordo, tu spii la gente continuamente. E non provare a negarlo.- lo accusai indicandolo col coltello sporco di nutella.
-Ma figurati, io non... spio le persone.- negò distogliendo lo sguardo e scuotendo la testa, storpiando le labbra mentre sbuffava divertito.
-Si invece, perché sei paranoico.- insistetti, tagliando un'altra fetta di pane. -Ehi Cap, non è che avete del tè?-
-Ehm... un attimo che guardo.-
-Io non sono paranoico.- contestò animatamente Stark.
-Ma tu gli credi?- mi domandò Bruce intromettendosi, e io scossi la testa.
-Decisamente no dottore. Tu sei un genio giusto?- domandai rivolta al miliardario.
-Continua.- mi incitò con più calma, alimentato dal suo ego astronomico.
-E i geni, è provato scientificamente, sono inconfutabilmente paranoici, con tutti i "se", i "ma", i "forse", i "probabilmente", i "magari", i "però",
i—
-Va bene, va bene! Ho colto l'idea.- mi interruppe Stark esasperato.
-E il messaggio l'avrà colto?- sussurrai a Bruce.
-Improbabile.- fece di rimando scuotendo la testa, strabuzzando gli occhi dietro gli occhiali rettangolari e corrugando le soppracciglia, e non potei trattenere una risata a quella sua buffa espressione.
-Vi sento voi due, siete a un metro e mezzo di distanza, non sono sordo.-
-Su questo avrei qualche dubbio...- commentò in sottofondo il Capitano, ritornando al tavolo con in una mano una tazza colma di acqua bollente e nell'altra svariate bustine di tè. -A te la scelta.-
Lo ringraziai e presi due bustine di té al lampone, aggiungendo poi alcuni cucchiaini di zucchero e aspettando; dovevo attendere che gli aromi delle bustine si disperdessero per bene nell'acqua. Il calore eccessivo non mi dava troppi problemi.
Steve tornò a sorseggiare il suo caffé sfogliando il giornale, quando la voce di Jarvis ci avvisò del ritorno della Vedova Nera e al Capitano andò di traverso la sua bevanda. -Signor rompipalle Stark, la informo che la signorina Romanoff è appena entrata nella Hall al piano di sotto accompagnata dal signor Barton.- risuonò cordiale come sempre la voce di Jarvis.
-Scusa Jarvis, com'è che lo hai chiamato?- domandò trattenendo una risata il dottor Banner, mentre stavolta mi nascosi io dietro la mia tazza di té, facendo finta di nulla e il Capitano si riprendeva dal sorso andato di traverso.
-Signor rompipalle Stark.- ripeté indisturbato l'A.I., quasi felice che glielo avesse chiesto. Notai Tony strizzare gli occhi, uno spasmo attraversare il sopracciglio sinistro in un tick rabbioso; prima che il miliardario potesse domandargli chi diamine ti ha detto di chiamarmi così?, Jarvis riprese a parlare: -Ho pensato che un trattamento equo fosse l'ideale per una convivenza civile.-
-Mi sembra giusto.- commentai infine con un sorriso divertito, guadagnandomi uno sguardo severo da Cap -nei suoi occhi brillava un luccichio divertito, ma prevaleva la disapprovazione-, uno stupito da Bruce e Tony... lui sembrava sul punto di scoppiare. Già vedevo il fumo uscirgli dalle orecchie prima del "boom".
-Ascoltami bene ragazzina— alzai la mano per fermarlo.
-È stato Jarvis a propormi questa soluzione, e ricordati nella tua ramanzina che hai iniziato tu ad allargare i soprannomi al tuo maggiordomo virtuale.- spiegai sorseggiando con una calma estenuante il té. -Casa tua, regole tue, d'accordo, mi pare più che giusto, e dunque io gioco secondo le tue regole.- dichiarai mantenendo un tono dolce, guardandolo negli occhi con un'espressione neutra e un lieve sorriso. -Anche se sei tu l'adulto Stark, rimproverarmi per una bambinata iniziata da te mi sembra... scorretto, incoerente addirittura, considerato il soggetto.- continuai, godendomi la sua faccia sconvolta a quella frecciatina.
-Ma, ovviamente...- ripresi a parlare, voltandomi verso Steve e Bruce all'altro lato del tavolo, sorridendo loro e mescolando con studiata lentezza il té per accompagnare le mie parole che uscivano dalla mia bocca fluenti e con altrettanta calma, osservando come i loro occhi si concentravano sull'ipnotico movimento circolare del cucchiaino, -siete responsabili di e per noi, perciò sentitevi liberi di imporre qualsiasi regola vogliate.- terminai alzandomi e portando nel lavandino coltello sporco, aprendo l'acqua su una temperatura tiepida e spruzzando il sapone sulla spugna per lavare le mie cose e, perché no, quelle di Stark.
Potevo affermare con certezza che erano rimasti di stucco, non solo per le parole, ma anche per il modo in cui le avevo pronunciate, il come avevo impostato il discorso, ribattendo inizialmente le parole di Stark e successivamente spostando la loro attenzione su tutti loro.
-Wow, co... come- Bruce ingoiò un grumo di saliva. -Dove hai imparato a parlare così? Intendo, a esporre discorsi in un modo... ipnotico, oserei dire.- domandò strabiliato sistemandosi gli occhiali sul naso.
Mi voltai verso di loro con la testa, non smettendo di strofinare la mia tazza. Quanto avrei voluto rispondere "ho un maestro eccezionale". -Io sono una che osserva molto. Seleziono da ciò che vedo nell'ambiente intorno a me tutti i comportamenti, le posture, i gesti abituali che ritengo possa utilizzare a mia volta in determinate situazioni. Osservo, imparo e metto in atto; memorizzo la parte e vado in scena. È l'equivalente del recitare, ma anche molto di più: recitare è un'arte, ciò che pratico io è scienza.- risposi schietta. Mi ero aspettata la domanda, inoltre anche altri in passato me la avevano posta; Logan era fra quelli, grazie al suo carattere e al suo istinto animale si era subito accorto di come raggirassi le persone con la mia (a volte facile, altre stitica) parlantina.
Tony scoppiò a ridere. -Parli come un pazzo. Ciò che hai detto non ha senso.- proruppe sgarbato, ma Cap alzò una mano a zittirlo.
-Solo perché non hai prestato attenzione non significa che sia privo di senso. Bisogna saper ragionare, e per ragionare serve un cervello funzionante e pensante: pensi di esserne all'altezza Stark?- lo provocai sfrontatamente, certa che avrebbe fatto il mio gioco ora che lo avevo punto nell'orgoglio. Mi fece cenno con la mano di andare avanti, e passai lo sguardo sui visi concentrati degli Avengers. Smisi di lavare e mi voltai completamente verso di loro per osservarli meglio. -Ditemi, cosa raccoglie una platea attorno a una singola persona?-
-Il messaggio che deve trasmettere.- rispose sicuro di sé il Capitano.
-Esatto, ma come si fa invece a trattenere e intrattenere la platea?- chiesi ancora, udendo in lontananza le porte dell'ascensore aprirsi.
-Contatto visivo.- tentò Cap dopo averci riflettuto qualche istante.
-La voce, devi essere deciso, essere o quantomeno sembrare convinto, modulare l'intensità e il tono...- disse Bruce, seguendo con interesse la conversazione.
-Ma devi considerare anche i movimenti, il gesticolare delle mani, muovere strategicamente dei passi avanti e indietro per attirare l'attenzione su di sé.- disse Stark allora, ripensando alle dichiarazioni stampa e alle apparenze in pubblico a cui aveva partecipato sin da giovane.
-Lei che cosa dice, signorina Romanoff?- domandai incrociando lo sguardo con la rossa, che era rimasta in disparte ad ascoltare la conversazione.
-Che, oltre a ciò, bisogna cogliere i segnali dell'assemblea, capire se sono interessati, annoiati, indifferenti o altro ancora, e correggere la propria performance di conseguenza per ottenere il massimo dell'attenzione.- aggiunse incrociando le braccia al petto, internamente contenta di essere stata resa partecipe.
Io annuii sorridendo. -E cos'è questa se non psicologia?.- conclusi. -Pura scienza della mente umana.-
-Le cinque fasi del metodo sperimentale di Galilei.- realizzò Stark, le dita incrociate e gli indici puntati su di me. -Le hai messe in atto per raggiungere l'obiettivo.-
-Che in questo caso era trattenere e intrattenere una platea.- terminò Cap al suo posto. Annuì con la testa, alzando le sopracciglia e sorridendo furtivamente.
-Hai risposto a Tony e poi hai rigirato il discorso, arrivando a parlare d'altro per distrarci dalla ragione per la quale stavate discutendo.- chiosò Bruce pensieroso. -È successo così velocemente... non abbiamo neanche avuto il tempo di accorgercene.- mormorò tra se e se allibito.
-Non era poi così difficile, no? Basta saper usare la testa.- sorrisi ancora.
-A quanto pare c'è un altro genio tra noi, e più educato di te Tony.- affermò Steve rivolto a Tony, che teneva la fronte corrugata, intento a pensare.
-È lo stesso trucco dei maghi: attiri l'attenzione da una parte mentre compi il trucchetto da un'altra. Svii le persone con gesti e parole prestudiati.- se ne uscì Stark, attirando la mia attenzione. Incrociai i suoi occhi ed entrai nella sua mente con un incantesimo, scoprendo che stava pensando al suo incontro con Loki avvenuto qui nella torre; mi stava paragonando a lui.
-Non è un trucco usato solo dai maghi, ma anche da politici, aziende, terroristi...- aggiunse Banner, non capendo perché Tony avesse tirato in ballo l'argomento "maghi". -Chiunque potrebbe, teoricamente parlando, usare questa strategia.-
-Compresa l'Hydra.- disse cupamente Cap. -Quante volte ce l'hanno fatta sotto il naso, durante la guerra.- sorrise amaramente al pensiero.
Tony parve ignorarlo, non smettendo di fissarmi con un ghigno compiaciuto in volto. -Sommando il tutto, hai dimostrato che ho tutte le ragioni per chiamarti cerbiatta. Usi illusioni,- sollevò la mano destra e alzò l'indice, -sfrutti le tue capacità oratorie per distrarre- alzò anche il dito medio, -e mi importuni.- concluse sollevando l'intermedio.
-Proprio non ti va giù che ad Halloween ero mascherata da Loki?- sbuffai ridacchiando, ripensando a quella notte. -Ah proposito, non era arrivato pure l'agente Barton?- domandai con uno sguardo interrogativo, voltandomi verso Natasha.
-Sarà qui in giro.- rispose vaga.
-Permetti la domanda...- mi richiamò il dottor Banner. -Quanto ci hai impiegato per perfezionare questo ingegnoso quanto particolare "meccanismo", chiamiamolo così?-
-Diciamo che studiare psicologia non è stato una completa perdita di tempo. La parte facile è stata pensare di mettere in pratica e ideare nella mia mente ogni minimo dettaglio su come attuare il "meccanismo", il difficile invece l'affinare la tecnica. Devo dire che non manco di capacità di osservazione, e unito ciò alla teoria è diventato più facile volta dopo volta. Ogni occasione era buona per sperimentare questo gioco psicologico. A conti fatti, ci sono voluti più o meno...- mi fermai per fare mente locale. -Sei anni e mezzo circa*.-
Dopo che finii di parlare e Banner annuì soddisfatto della risposta, calò un silenzio che venne reso più spettrale dallo sfarfallio della luce artificiale; notai Stark storcere la bocca e borbottare tra se e se che era impossibile che l'impianto elettrico avesse dei problemi, il che risultava strano perfino a me. Stavamo pur sempre parlando di un edificio firmato Stark dalle fondamenta fino alla cima, un simile problema sembrava... impossibile.
-Stark hai pagato l'ultima bolletta della luce?- scherzai incrociando le braccia e alzando lo sguardo al soffitto, dove la lampada sopra di noi si era appena spenta, proiettando un'ombra su quella parte della cucina.
-Jarvis, controlla la funzionalità dell'impianto elettrico.- ordinò il plurimiliardario con una punta di irritazione.
-Nessun guasto rilevato.- fu la confortante risposta dell'A.I.
Io roteai gli occhi. -Non credo che sia necessario preoccuparsi. L'unica luce saltata sembrerebbe essere questa, potrebbe solo essersi fulminata la lampadina.- li tranquillizzai io.
-Hai la minima idea di che posto sia la Stark Tower?- mi domandò stizzito Tony.
-Un posto iper tecnologico dove lavorano, oltre che scienziati e super geni, anche persone comuni come elettricisti. Forse hanno sbagliato la sostituzione di una delle lampadine.- ipotizzai scrollando le spalle. Vedevo una leggera preoccupazione sui loro volti, erano perplessi e piuttosto scettici, ma pensare che ci fosse qualche problema all'orizzonte, nella loro fortezza, era impensabile, oserei dire illogico. Chi mai avrebbe il coraggio di attaccare gli Avengers in casa loro?
All'improvviso si spensero tutte le luci. Ad illuminare la stanza rimase la fioca ed oscurata luce del sole, nascosto dietro ad un manto di nuvole grigiastre che promettevano maltempo. Io non mi scomposi: un simile inconveniente nel momento in cui stavamo ipotizzando il peggio era una coincidenza fin troppo perfetta, ma tenere la guardia alta in caso il peggio stesse per accadere era d'obbligo.
-Cosa diavolo sta succedendo?!- sbottò Stark tra il preoccupato, il seccato e l'arrabbiato.
Io guardai Natasha, il cui viso era contratto; teneva la guardia alta apparentemente, eppure le sue spalle non erano rigide quanto avrebbero dovuto. C'era incoerenza nella risposta fisica all'emozione che le dipingeva il volto, e un'intuizione mi balenò in mente, ma non dissi nulla.
D'un tratto echeggiò una risata nell'aria: era infantile, profonda e maschile. Le luci si riaccesero tutte tranne la prima che era saltata, e Hawkeye si calò giù dal soffitto con una corda legata a un rampino, che aveva incastrato fra le travi del soffitto.
-Barton! Avrei dovuto immaginarlo...- Stark soffocò un pesante insulto tra i denti stretti.
Io ridacchiai assieme alla rossa, entrambe per nulla stupite della trovata dell'agente dello S.H.I.E.L.D.
-Guarda chi si rivede, la mia Loki preferita!- esclamò Clint dandomi un'amichevole pacca sulla spalla.
-Come vanno le cose? A scuola tutto bene?-
-Si, grazie dell'interessamento.- risposi cordiale. Anche senza averlo saputo da prima, avrei potuto supporre che fosse padre: chi chiederebbe mai come va la scuola?
E mentre Tony litigava con Clint per aver rovinato le luci, perdendosi nei loro discorsi, mi fermai ad osservare la prima luce ad essersi spenta. Io lo avevo detto per tranquillizzarli, ma in quale universo Stark avrebbe lasciato dei comuni elettricisti ad occuparsi della sua creazione? Tra l'altro, non era stato convertito in un edificio a energia pulita alcuni anni fa? I guasti di questo tipo non dovevano essersi ridotti drasticamente?
Tornai a bere il tè, ora tiepido; seduta sullo sgabello, chiusi gli occhi e mi rilassai. Ero ancora assonnata, avrei dovuto dormire di più; però avevo promesso a mia madre di mandarle delle foto della città, e sospettavo che avrebbe nevicato ancora più tardi. Era meglio sfruttare il bel tempo ed evitare di essere travolta da una bufera di neve; non volevo certo tingermi di blu in mezzo alla strada, dove tutti potevano vedermi, per via delle temperature estreme. Era successo in Islanda ed era successo alla Xavier pochi giorni fa, probabilmente non sarei stata così fortunata la terza volta a nascondere il fatto.
Natasha si raschiò la gola, attirando la mia attenzione. -Se avete finito di bisticciare, avrei qualcosa da riferirvi. Qualcosa di spiacevole.-
-Parla.- ordinò il Capitano, ora che tutti tacevano. Tutto di lui, dalla postura contratta all'espressione del viso, urlava la sua preoccupazione.
-Durante la mia ultima missione per conto dello S.H.I.E.L.D. mi sono imbattuta in una base dell'Hydra, molto piccola rispetto a quelle usate in passato, limitata nei materiali e nelle risorse, con pochi agenti ad operare all'interno. Probabilmente era un punto di randevouz temporaneo per i loro agenti, ma nei loro server erano salvati alcuni documenti rilevanti.-
-Che informazioni avete raccolto?- domandò Bruce guardando la donna.
-I capi dell'Hydra hanno dato istruzione a tutti i loro agenti di infiltrarsi qui, nella Avengers Tower, e all'interno dello S.H.I.E.L.D. stesso.-
-Perché dare un simile ordine e non eliminarlo?-
-Erano dei novizi. Li abbiamo battuti senza difficoltà, erano impreparati sotto ogni punto di vista. Non hanno fatto in tempo a distruggere ogni dato.-
-L'Hydra non è più quella di una volta, vero Capitano?-
-Non si può mai prendere sotto gamba l'Hydra Tony. Non farti ingannare. Forse volevano farci avere il messaggio.- ipotizzò Steve.
-Così da tenerci sulle spine in attesa della loro prossima mossa?- domandò scettico Clint.
-Per spaventarvi e diffondere il panico.- concordai. -Ogni scusa è buona per minacciarvi, ma non saprete mai quale sia la vera minaccia finché non vi si presenterà davanti.-
-Quindi adesso vogliono provare a batterci col terrorismo psicologico?-
-In questo momento. Domani, chi lo sa.- risposi finendo il té. -Tra l'altro, che sicurezza abbiamo che non abbiano già attuato il loro piano? Che non ci siano già spie infiltrate qui o allo S.H.I.E.L.D.?-
Calò il silenzio. Avevo centrato il punto.
Natasha decise quindi di prendere parola. -Fury è già stato informato. Io, Clint e lui controlleremo il profilo di ogni singolo agente nel modo più minuzioso e approfondito possibile.-
-Io invece riguarderò i dati dei miei impiegati. Mi fa rabbrividire pensare che ci possa essere qualcuno al servizio dell'Hydra sotto il tetto di casa mia.-
-E noi ti daremo una mano.- disse Steve in modo deciso.
Dopo quel breve briefing me ne tornai in camera mia, dove invitai gli altri mutanti e li aggiornai. Eravamo abbastanza nervosi, nessuno si aspettava che entrassimo nel vivo della partita così in fretta, ma il male non riposa mai, e tantomeno noi. Quando ci sarebbe stato da intervenire, concordammo all'unisono, avremmo mosso il culo.
Non era questione di proteggere noi stessi, quanto di salvare il mondo da dei criminali che potevano essere benissimo persone con le quali avevamo incrociato lo sguardo solo il giorno prima. A quella prospettiva, divenimmo tutti più attenti; non potevamo abbassare la guardia neanche un secondo, non potevamo fidarci di nessuno se non di noi stessi e, non c'è neanche da dirlo, degli Avengers. Per gli esperti eroi non nutrivo dubbi sulla loro lealtà; per quanto riguarda i miei compagni, preferii darmi la possibilità di discutere la loro amicizia per il mio bene, nel modo più egoistico e furbo possibile. Certo, erano miei amici, ma che certezza avevo che non fossero loro stessi degli agenti sotto copertura dell'Hydra, o magari alleati di quel Magneto, lo stesso mutante che aveva tradito la fiducia del Professore e che rappresentava un pericolo per la razza umana, mutanti esclusi? Non volevo ferirli, e dubitavo lo avrei mai fatto se non per ricambiare il favore, ma per la mia stessa sicurezza dovevo assicurarmi che non ci fossero rischi, perciò la fiducia che avrei garantito loro era meno del sessanta percento. Avrei continuato a trattarli come sempre, ma internamente avrei messo in discussione la loro posizione ogni minuto, e se avessi nutrito anche solo il minimo dubbio sulle loro azioni e sulla loro lealtà, non ci avrei pensato due volte ad agire di conseguenza.
La crisi che stavamo per affrontare e che già aveva minato le nostre sicurezze ne era la prova. Non era più tempo di giochi, era tempo di guerra.
Spazio autrice
*come dicevo in uno degli ultimi capitoli, avevo intenzione di modificare alcuni particolari della storia, e fra questi ci sarà anche il periodo di tempo in cui la protagonista sarà allieva di Loki, che diverrà un po' più lungo; in conseguenza, la protagonista avrà qualche anno in più, ma non troppi.
P.S.: scusate il ritardo, ma ero di tirocinio ed esami all'università ;)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro