Capitolo Di Alison_cole
-Attraverso lo specchio e ciò che Alison vi trovò-
Il persistente e fastidioso fascio di luce, che puntava direttamente alle mie palpebre serrate, mi strappò violentemente ai miei sogni, rigettandomi in quella che era la cruda e triste realtà in cui vivevo.
Sbadigliando rumorosamente, sollevai il capo dalla scrivania di ciliegio e ispezionai distrattamente la mia piccola camera da letto, gli occhi appena socchiusi e leggermente offuscati ancora da un velo di sonno.
Portai il mio sguardo sul logoro libro di storia, ancora aperto sulle pagine che parlavano di Martin Lutero, e mi passai una mano sul viso.
Fissai trucemente il sole scomparire all'orizzonte coi suoi raggi, maledicendo quest'ultimi in tutte le lingue di mia conoscenza e non.
Sbirciai l'orologio di plastica, appeso affianco all'entrata della mia stanza, trovandolo a segnare le nove in punto di sera.
Mi diedi alcuni attimi di tempo per assimilare la notizia.
Erano le sette e l'indomani avrei avuto un'interrogazione su quelle pagine di storia che, tecnicamente, avrei dovuto studiare durante l'intero pomeriggio.
Iniziai a scompigliarmi i capelli dalla frustrazione.
Non avevo letto nemmeno due righe che mi ero addormentata di sasso, peggio di una narcolettica.
Tutta colpa della carenza di sonno: nelle ultime settimane ero rimasta alzata fino alle tre del mattino a guardarmi serie televisive e leggere per l'ennesima volta "Alice nel Paese delle Meraviglie".
Il karma, a quanto pare, aveva finalmente deciso di farmi visita e riscuotere le tasse per la mia negligenza. Con gli interessi, ovviamente.
Presa dal panico, iniziai ad andare avanti ed indietro per la stanza urlando come un'ossessa.
Per fortuna in quel momento i miei genitori non erano in casa, altrimenti mi avrebbero sicuramente diseredata e rinchiusa in una clinica per matti.
Dei vicini ormai non mi preoccupavo più di tanto.
Me li immaginai alzare gli occhi al cielo per quella che sarà stata la milionesima volta: erano abituati ai miei urli disumani di disperazione, al continuo rumore di vetri infranti, alle grida di dolore, causate da una delle mie frequentissime cadute, e altri versi paragonabili a quelli di una foca morente colpita da una meteora gigante.
Mi bloccai.
"...foca morente colpita da una meteora gigante?!", ripetei mentalmente.
Mi vergognai di me stessa per il paragone decisamente orribile e completamente insensato.
Sospirai esasperata.
Ero inesorabilmente spacciata, finita, kaput.
Mi strinsi tra le braccia e sprofondai con il viso nella morbida e profumata felpa che indossavo. Sembrerà contraddittorio che indossassi una felpa così calda a fine maggio, ma si dava il caso che all'interno del mio appartamento ci fossero a malapena dieci gradi, grazie al condizionatore che riduceva la temperatura pari uguale a quella di una cella frigorifera.
Risultato? Abitavo al Polo Nord, avevo dei pinguini che giravano per casa ed io ero diventata un ottimo surgelato.
E guai se spegnevo quell'aggeggio infernale: al suo rientro, avrei subito la collera di mamma Pinguina che mi malediceva in pinguinese per aver toccato il suo amato oggetto del male.
Con la coda dell'occhio, controllai il cielo nascosto dalle bianche tende di cotone della finestra: ormai il giorno aveva lasciato spazio ad una notte d'inchiostro, rischiarata da migliaia di punti luminosi sparsi per la volta celeste.
Pregai con tutta me stessa che un qualsiasi Dio mi salvasse da quella dannata situazione.
Se il giorno seguente fossi andata male in quella stupida interrogazione, avrei potuto benissimo dire addio al mio viaggio a Londra, costretta a rimanermene a casa a studiare l'intero programma di storia per tutta l'estate.
Mi chiesi per l'ennesima volta come fossi finita in quella situazione così scomoda, ricordando nuovamente che la colpa era tutta di quella pestifera di Carlotta.
Come l'era saltato in mente di mancare il giorno della sua interrogazione programmata?
Dopo tutti quei richiami e rassicurazioni da parte della professoressa, per giunta.
Tuttavia, non mi era ancora chiaro perché quella donna avesse dovuto scaricare tutta la sua ira contro la sottoscritta, promettendomi di rimandarmi a Settembre se non fossi stata preparata sulla dottrina di Lutero il giorno seguente.
Avevo per caso scritto in fronte "sacco da boxe, prego lanciategli addosso tutto il vostro rancore"?
Che poi, probabilmente, era illegale cancellare tutti i voti dell'anno e contare solo l'ultimo ottenuto.
Tutta la situazione era assurda e incredibilmente ingiusta.
Notando per caso una scia luminosa percorrere il cielo notturno, mi lasciai cadere immediatamente in ginocchio.
-Ti imploro, carissima stella cadente: dammi la capacità di imparare qualsiasi cosa a memoria in un lampo!- supplicai con le mani giunte.
Rimasi alcuni minuti con lo sguardo fisso nel punto in cui era passata la stella, mentre con i denti torturavo le mie rosee labbra.
Risi nervosamente, iniziando a pensare che, forse, non avrebbero avuto tutti i torni a rinchiudermi in una cella imbottita e buttare via la chiave.
Mi rialzai, pettinando con le dita i miei folti capelli color rame.
Sconsolata e con il morale a terra, feci per sdraiarmi sul letto e rimettermi a studiare, quando un movimento sospetto attirò la mia attenzione.
Mi voltai in direzione dello specchio che troneggiava nella parete opposta alla scrivania e lo osservai con attenzione.
Avanzai lentamente, esaminando con circospezione la mia immagine riflessa.
Avevo avuto l'impressione di aver visto una strana ombra.
Era stato un semplice abbaglio o stavo seriamente impazzendo?
Poggiai il palmo della mano destra sulla rigida superficie fredda.
Non notai nulla di particolare.
Sbuffai annoiata. Ci mancava solo che iniziassi ad avere le visioni!
-Vieni con me...-
Spaventata, feci per allontanarmi dallo specchio, quando una mano luminosa, uscente dalla superficie riflettente diventata consistente quanto l'acqua, mi afferrò per il polso e mi strattonò verso di sé.
Colta alla sprovvista e munita di un equilibrio poco raccomandabile, caddi in avanti, trapassando la superficie dello specchio e cadendo nel puro e semplice vuoto.
Urlai con quanto fiato avevo in gola, costringendomi a non guardare il nulla più totale espandersi sotto di me.
Serrati gli occhi con prepotenza, ingoiai le lacrime che iniziavano a farsi strada lungo le gote.
Prima o poi quella caduta sarebbe terminata e io mi sarei tramutata in una disgustosa frittata d'organi e ossa: non ero ancora pronta a morire, cavolo!
Soprattutto in quel modo, per giunta.
Ancor prima che potessi ideare un qualsiasi piano di salvezza, però, il mio corpo si arrestò a mezz'aria, ritrovandomi completamente incapace di muovere liberamente gli arti.
Improvvisamente, percepii uno spostamento d'aria, la temperatura da glaciale diventare piacevolmente tiepida e la terra sotto i piedi tornare più presente che mai.
Quando ebbi il coraggio di sollevare le palpebre, mi ritrovai davanti ad uno specchio differente da quello appeso in camera mia.
Osservai intensamente la ragazza riflessa dinnanzi a me, la quale mi scrutava con un'espressione allucinata impressa in viso.
I capelli erano dello stesso colore del grano, gli occhi di un delizioso color cobalto, le labbra simili a due petali di ciliegio, la pelle lattea e luminosa.
Dove erano finite le mie iridi color nocciola, la zazzera ramata, la pelle olivastra e le labbra rosse e carnose? Perché al posto del mio riflesso vedevo una ragazza a me totalmente estranea? Quella NON ero io e non le somigliavo per niente!
Allungai una mano verso il riflesso, copiata immediatamente dalla biondina che allungò il suo braccio nella mia direzione.
Non era possibile. Tutto quello non poteva essere vero.
Non era vero!
Spaesata e prossima a una violenta crisi di panico, sobbalzai nel sentire il rumore di una porta aprirsi alle mie spalle.
Un ragazzo alto, dai luminosi capelli color carbone e i tratti asiatici, fece la sua comparsa nella stanza, seguito subito dopo da un altro ragazzo biondo e anch'egli dagli occhi a mandorla.
Emanavano uno charme incredibilmente irresistibile.
Il moro ridusse gli occhi a due sottili fessure, osservandomi con insistenza e celata preoccupazione.
-Amanda, eccoti. Ti stavamo cercan... Hey, tutto bene? Sei incredibilmente pallida- constatò con apprensione avvicinandomisi e accarezzandomi una guancia con il dorso della mano.
Lo stava chiedendo a me?
Lo fissai allibita, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
-Io... in verità...- balbettai incerta e con voce tremante.
Chi erano questi ragazzi e cosa volevano da me?
Cosa stava accadendo?
Come avrei potuto spiegare questa situazione assurda a parole?
Non ci stavo capendo niente nemmeno io, figuriamoci se fossi stata in grado di spiegarlo ad una terza persona.
-Mamoru, non starle così addosso. Non vedi che è esausta? Probabilmente tutto questo susseguirsi di avvenimenti l'ha un po' spossata- disse il biondo, allontanando da me quello che doveva chiamarsi Mamoru.
Iniziavo ad avvertire una sorta di deja-vù.
Ero certa di non aver mai incontrato queste persone, tuttavia, avevo il sentore di conoscerle e di sapere chi fossero.
-Toru, so perfettamente come gestire la situazione senza aver bisogno dei tuoi indesiderati suggerimenti- ribatté infastidito il moro.
Il compare lo squadrò un attimo, aprendosi successivamente in un mezzo sorriso.
-Capisco tu sia preoccupato, ma non c'è alcun bisogno di scattare in questo modo. Credo che Amanda abbia semplicemente bisogno di più tranquillità, non di altre preoccupazioni da addossarsi- disse tranquillamente, iniziando ad accarezzarmi la testa con fare fraterno.
-Smettila, dannazione! Non è mica un cane- sbottò l'altro.
-Che guasta feste che sei. Non te la rubo, Mr. Gelosia- commentò il biondo con uno splendido sorriso di scherno.
-Quando mai io sarei geloso?!- scattò subito Mamoru irritato, ma visibilmente in imbarazzo.
Arrossii di botto, sentendomi stranamente imbarazzata dalla reazione del moretto.
Non mi capacitai come, ma mi sembrò di percepire delle emozioni che non mi appartenevano. Che fossero di Amanda, la persona in cui, a quanto pareva, mi ero risvegliata?
Mi concessi di studiare per un attimo i due bellissimi ragazzi punzecchiarsi a vicenda, cercando di capire perché tutta questa situazione mi risultasse quasi normale.
Sentendomi incredibilmente a disagio e insicura sul da farsi, iniziai ad elaborare due opzioni: dovevo restarmene zitta, fingendo di essere qualcuno che non conoscevo minimamente, oppure avrei dovuto cercare un modo per spiegarli che io non ero la loro cara amica?
E se, scoperta la verità, mi avessero presa per pazza?
Ma, soprattutto, se mai mi avessero creduto, come sarei riuscita a tornare alla mia vita?
Non avevo ancora scoperto dove mi trovassi, cosa mi fosse accaduto e chi stessi impersonando, eppure, l'eventuale possibilità di non poter ritornare più a casa, mi colpì terribilmente, come un fulmine a ciel sereno.
La paura iniziò ad impossessarsi di me, scuotendomi fin nel profondo.
Non avrei più rivisto i miei genitori, a cui ero affezionatissima, Elizabeth, la mia pazza migliore amica e inseparabile compagna di sventure, i compagni del club di disegno e di quello di tennis... tutta la mia intera esistenza sarebbe svanita, scivolandomi dalle mani.
Era un'idea che mi rifiutavo anche solo minimamente di accettare.
Percepii la mia coscienza scemare e sprofondare sempre più in un denso miasma oscuro, tra ricordi e dolore che cercavano di trascinarmi verso il fondo.
Un urlo squarciò le barriere che mi avevano isolata dal mondo esterno.
Amanda!
Fu come riemergere dall'acqua dopo essere rimasta troppo tempo in apnea, con i polmoni che bruciavano in cerca d'aria e la menta annebbiata.
Mi ritrovai distesa su un divanetto di morbida stoffa dalle stampe floreali, l'assordante rumore di una campanellina a risuonarmi nelle orecchie.
Il panico e la paura se ne andarono, come foglie portate dal vento, e un senso di pace e serenità iniziò a colmare il mio cuore.
Quando riuscii a mettere nuovamente a fuoco, mi si presentò a un palmo dal naso una ragazza stranissima intenta a fissarmi intensamente.
-Ti sei risvegliata. Tutto bene?- .
Tossicchiai leggermente, annuendo con il capo.
-Meno male...- disse rincuorata.
Il suo viso divenne leggermente cupo.
-Non so chi tu sia, ma comunque non trovo divertente giocare con i corpi altrui- mormorò schiettamente, mentre i suoi surreali occhi color magenta mi analizzavano da capo a piedi.
-Io... non... cosa è successo? Sono svenuta?- domandai, ignorando appositamente il suo discorso, non sapendo bene come ribattere.
-Mmh... diciamo di sì. Amanda in questo momento è in una situazione delicata, visto che i suoi poteri sono a buon punto dal risvegliarsi. La tua mente purtroppo non è abbastanza allenata da contenerne nemmeno una piccola parte, lasciandosi influenzare completamente dalle emozioni, soprattutto se negative come quelle che stavi provando un attimo fa- spiegò tranquillamente lei, come fosse un'esperta in materia.
Ragionai sulle informazioni che avevo appena ottenuto.
Poteri? Per caso mi ero risvegliata nella figlia di Harry Potter?
Oh, arrivata a quel punto non mi stupii nemmeno più di tanto: tutto era incredibilmente e paradossalmente ANORMALE.
Ella iniziò ad attorcigliarsi intorno ad un dito una ciocca dei suoi rosei capelli, ruotando su se stessa sino ad osservarmi a pancia in su.
Solo in quel momento realizzai che la suddetta ragazza, fluttuante a mezz'aria, possedeva due splendide ali da farfalla provenienti direttamente dalla schiena.
-C-cosa sei tu? E chi è veramente questa Amanda? Mi stai prendendo in giro?! Dove mi trovo? Sono sotto effetti di droga? Accidenti, cosa diamine sta succedendo?!- sbottai, dando sfogo a tutta la mia frustrazione attraverso una serie di domande a raffica.
-Wow. Vedo che si è ripresa perfettamente!-
Identificai la voce come quella di Toru, facendomi girare verso la porta che si trovava dall'altra parte della stanza. Vi trovai, infatti, il ragazzo intento ad entrare con un bicchiere d'acqua, seguito subito dopo da Mamoru.
-A questo punto la preferivo svenuta. Fa più domande di Amanda, dannazione- commentò esasperato il moro, facendomi revocare ogni complimento e apprezzamento formulato precedentemente nei suoi confronti.
Il biondo lo ignorò completamente e mi porse il bicchiere di vetro che teneva in mano.
Lo ringraziai con un sorriso, affrettandomi a bere avidamente il contenuto.
Mi diedero tutto il tempo di cui avevo bisogno per riprendermi, cercando di mettermi a mio agio e di farmi rilassare.
-Allora... innanzitutto, potresti presentarti e cercare di spiegare a parole tue come mai ti trovi qua. Poi, saremo lieti di rispondere a tutte le domande che avrai intenzione di porci, sempre se nelle nostre capacità- attaccò il discorso Toru con calma.
Non ero ancora certa se fidarmi o meno, ma, dopo il sorriso d'incoraggiamento che mi riservarono il biondo e la rosa, non potei tirarmi ulteriormente indietro.
Presi un bel respiro e iniziai a raccontare dal principio, parlando di come mi fossi svegliata, di quando espressi il desiderio, della sensazione di vuoto che avevo provato quando avevo attraversato lo specchio, fino allo smarrimento che avevo provato quando c'eravamo incontrati.
-Il mio nome è Alison, frequento il terzo anno nel liceo classico di un paesino sperduto del sud-Italia e non ho la più pallida idea di come tutto ciò sia potuto accadere-.
"Sempre se stia succedendo davvero", aggiunsi mentalmente.
L'ipotesi che io stessi sognando si faceva sempre più largo nella mia mente, diventando quasi certezza via via che il tempo trascorso qui aumentava.
Nel mondo reale non esistevano ragazze con le ali da farfalla e i capelli rosa, non si poteva attraversare gli specchi e non ci si risvegliava in corpi estranei di persone mai viste prima.
Quando riemersi dai miei pensieri, trovai i tre in meditazione, concentrati a trovare, probabilmente, una qualche specie di logica che spiegasse la mia presenza in quel luogo. Quale luogo dovevo ancora scoprirlo, dato che la stanza era solo adornata da armadietti, che ricoprivano ambo i lati del rettangolo dalle pareti candide in cui mi trovavo, un paio di divanetti e un singolo specchio, lo stesso in cui mi ero riflessa una volta riaperti gli occhi nel corpo di quella ragazza.
Sembrava una specie di spogliatoio, tuttavia scartai l'opzione "palestra", visto lo stile di vestiario dei due ragazzi: non me li immaginavo per niente fare addominali e flessioni con un completo elegante come quello che stavano indossando in quel momento.
-L'unica cosa che si possa avvicinare minimamente a ciò che ci hai appena descritto è un "viaggio dell'anima"- borbottò tra sé e sé Mamoru, susseguito subito da Toru che sembrò illuminarsi di colpo.
-Cavolo! Come ho fatto a non pensarci prima?!- esclamò euforico.
La ragazza-farfalla si affrettò subito a fornirmi di nuove spiegazioni, probabilmente notando la mia espressione chiaramente confusa.
-Sarebbe una pratica spirituale in cui la propria anima viaggia attraverso i mondi usando uno specchio, fino ad entrare in contatto con un'entità di un altro universo che sia compatibile col proprio essere- mi svelò, tornando a fissarmi attentamente con i suoi grandi occhi vispi.
Scossi la testa esasperata.
Non avevo mai sentito parlare di un rito simile.
Ma qualcosa che fosse semplice era chiedere troppo?
-Non ha alcun senso. Il mio non è un mondo magico, ma da come state descrivendo tutto ciò, io dovrei avere dei poteri simili a quelli di questa ragazza- commentai.
Lei fece spallucce.
-La magia risiede in tutti i mondi, basta avere gli occhi giusti per vederla- dichiarò la ragazza con un dolce sorriso sulle labbra, -...cambiando invece discorso, risponderò ad alcune delle tue precedenti domande.-
Si lasciò cadere di peso anch'ella sul divanetto, mettendosi esattamente affianco a me.
-Il mio nome è Ayaka, e sono una dei tre famigli che proteggono Amanda, la dea della primavera Haru. Loro sono Mamoru e Toru, due yokai anch'essi legati alla mia padrona. In questo momento ci troviamo nell'Host Café in cui loro tre solitamente lavorano, precisamente negli spogliatoi del personale.-
La guardai a bocca aperta, stupita di ritrovarmi in compagnia di due demoni.
Avevo sempre amato le leggende e i culti in generale, interessata a scoprire le credenze e i riti che avevano caratterizzato le vite di decine di popoli prima di noi, quindi sapevo perfettamente cosa era uno yokai e la sua appartenenza alla cultura nipponica.
"E io sarei una dea in questo momento..."
-Tutto ciò è sconvolgente...- mormorai massaggiandomi le tempie, incredula.
Sbirciai i due ragazzi da sotto le palpebre appena socchiuse.
Mi domandavo ancora perché Mamoru mi risultasse così familiare, come fosse un amico di vecchia data che, tuttavia, non rammendavo.
Non era però l'aspetto l'essenziale, era il suo modo di fare che mi colpiva.
Stessa cosa per Toru.
"Ora che ci penso, mi sembra di aver letto qualcosa di simile..." e fu in quel momento che realizzai.
-Tu sei un bakeneko, demone-gatto, e tu un kitsune, demone-volpe?!- esclamai agitata e al vertice della mia gioia.
I ragazzi si scambiarono un'occhiata stupita, incapaci di nascondere lo stupore.
-Ma come...?- chiesero in coro, alche io risi di gusto del loro smarrimento.
Mi diedi della stupida. Come avevo fatto a non arrivarci prima?
Eppure di segnali ne avevo ricevuti parecchi...
-Sono una dea, no?- risposi con ovvietà, celando ciò che era la vera causa delle mie conoscenze.
Loro stettero in silenzio, annuendo poco convinti.
Con una nuova ondata di allegria, sorrisi loro.
-Avrei un'ultima domanda: come siete riusciti a capire che non ero Haru?- chiesi con curiosità.
I tre si scambiarono un'occhiata e Toru rispose per tutti: -La tua presenza. Nonostante le vostre anime siano compatibili e simili, per noi, abituati a percepire quella di Amanda costantemente, sono totalmente diverse- disse aggiungendo nuove nozioni al mio sapere.
Pensai che, appena tornata al mio mondo, avrei dovuto trascrivere il tutto da qualche parte: insomma, erano troppe le cose che avevo scoperto nel giro di neanche venti minuti!
D'istinto, feci per guardare l'orologio, che solitamente portavo al polso, trovandovene uno bianco abbellito da perle che segnava le cinque di pomeriggio.
Che ore saranno state nel mio mondo?
"Devo ancora studiare quelle benedettissime pagine di storia!", mi esasperai.
Era il caso che me ne andassi il prima possibile.
-Bene, ora... come torno a casa? Credo che vogliate Amanda indietro il prima possibile, giusto Mamoru? Non dovevate finire un certo discorsetto voi due?- domandai al moro, ammiccando.
Il biondo rise allo sbuffo del ragazzo-gatto, mentre Ayaka sembrò, invece, infastidita dalla piega che stava prendendo la conversazione.
-Ti basterà metterti nuovamente davanti allo specchio e rifare esattamente le stesse azioni che hai eseguito per venir fin qui- rispose lei, impedendo a Mamoru di rispondere alla mia provocazione.
Mi diressi così nuovamente davanti allo specchio, appoggiandoci il palmo della mano destra. Quando sentii il braccio sprofondare, mi voltai un'ultima volta indietro, sorridendo ai tre ragazzi.
Dovevo per forza togliermi quella ultima soddisfazione.
-Mamoru, rendi Amanda felice. Toru, controlla quel zuccone del tuo amico e invita fuori a cena Kuromi. Ayaka, proteggi la tua padrona e tieni a bada Ryuu e Noburu. Addio, è stato un piacere conoscervi dal vivo - e così dicendo, precipitai nuovamente, con l'immagine dei loro volti sconcerti impressa ancora in mente.
Quando aprii gli occhi, constatai che quella in cui mi trovavo, non era sicuramente camera mia.
-Ok, ora dove porco capitello sono finita?- bofonchiai, osservandomi intorno.
Era una splendida camera che risplendeva di lucentezza da tutti gli angoli.
Sembrava tutto fosse stato creato col cristallo, cosa a dir poco infattibile.
Dietro di me si estendeva un ampio letto a baldacchino dalle candide lenzuola, mentre davanti avevo un immenso e splendido specchio, decorato da numerose pietre preziose di varia forma e colore.
Esaminai il mio "nuovo" riflesso, scorgendo una bella ragazza dalle iridi smeraldine e i lunghi capelli color ossidiana.
Un'altra fotomodella dal fisico longilineo e le belle curve.
La mia autostima stava iniziando a pensare ad un possibile suicidio, ritenendo decisamente inutile stare ancora con me.
Indossavo una vestaglia semi-trasparente di lino, ricamata con ghirigori d'argento che rendevano il tutto semplicemente sensazionale.
Un mugugno proveniente dal letto mi fece gelare sul posto.
Ruotai lentamente la testa, accorgendomi che le lenzuola presentavano una sorta di rigonfiamento, dal quale sbucò fuori lentamente una scapigliata chioma nera.
Un'affascinante ragazzo stropicciò gli occhi di un azzurro elettrico, allargando le carnose labbra in un grande sbadiglio, coperto appena da una delle grandi mani affusolate del moro.
"Ma perché queste sono circondate da angeli scesi in terra ed invece io sono single dalla nascita, evitata dai ragazzi manco avessi la peste?" mi lagnai mentalmente.
Il bel principino mi squadrò un attimo, cercando di focalizzare meglio sulla mia figura.
-Zaffira? Che cavolo ci fai già in piedi a quest'ora della notte?- mi domandò stralunato.
Guardai fuori dall'immensa vetrata, trovandovi il nulla più assoluto costellato da stelle e galassie.
Come diavolo faceva a capire che era notte inoltrata se siamo nello spazio? Aveva per caso un sensore installato nel cervello?! Ma capitare in un mondo normale era chiedere un miracolo?
-Ehm... senti, chi saresti tu? E dove ci troviamo?- gli chiesi direttamente, ignorando completamente la sua domanda.
Lui mi guardò senza parole, a dir poco sotto shock.
-Stai scherzando, vero? Sono Anron, tuo marito, e ci troviamo nel Castello Degli Astri. Cosa diamine ti succede?!- sbraitò lui.
Zaffira... Anron... Il Castello degli Astri...
Le sue affermazioni non fecero altro che confermare la mia teoria.
-Cavolo, non ci credo. Sono capitata ne "Il Maledetto"! Roba da non credere- borbottai tra me e me, guadagnandomi un'occhiata esasperata da parte di Anron.
-Si può sapere di che stai blaterando!? E poi piano con gli insulti-
Mi sedetti sul materasso, affianco al corpo semi-nudo del ragazzo avvolto in parte dalle candide lenzuola del letto.
Cominciai a spiegare con calma il tutto, osservando affascinata le varie emozioni del moro transitargli sul candido viso di marmo.
-Dicevi di aver letto di "noi" in un libro, giusto?- disse alla fine del mio racconto, aggrottando le sopracciglia.
Annuii.
-Mmh... sai, quello che ti ha raccontato la mezza-farfalla non era per niente errato. Tuttavia, vorrei aggiungere qualche informazione in più a riguardo: da quanto posso dedurre, il tuo mondo è popolato da un certo numero di persone capaci di "viaggiare con l'anima", sia nel sonno sia attraverso specchi, come nel tuo caso. Con molta probabilità, alcune di queste persone saranno arrivate qui, prendendo così spunto per le loro storie.
Magari l'autore di questo specifico libro tiene inconsciamente come meta predefinita questo mondo- ipotizzò lui, passandosi una mano tra le nere ciocche.
-Avrebbe senso, ma ciò non spiega una cosa a dir poco essenziale: perché i miei presunti "poteri" si sono manifestati solo adesso? Che motivo avevano di portarmi qui?-
La risposta alla mia domanda non tardò ad arrivare, ma questa volta a parlare non fu Anron.
Non si sono risvegliati solo adesso. Semplicemente, non avevi ancora utilizzato lo specchio per viaggiare, bensì il portale dei sogni, mi spiegò una voce proveniente direttamente dalla mia testa.
-...Sole?- chiesi in un soffio, stupita dalla presenza che percepivo al mio interno.
Quasi mi ero dimenticata che Zaffira condivideva lo spazio intellettivo con il sole.
Aggiunsi mentalmente alla lista delle "nuove esperienze" di oggi "condividere i propri pensieri con un'altra entità".
Stupefacente. Devo dire che almeno a perspicacia sei un passo avanti a Zaffira.
Una forte sensazione di fastidio mi percorse da capo a piedi, mettendomi seriamente a disagio. Una cosa simile mi era già capitata quando mi ero sentita in imbarazzo davanti all'evidente affetto che provava Mamoru per Amanda.
-Penso proprio che Zaffira non abbia apprezzato, Sole. Sembra che io riesca in qualche modo a percepire le emozioni delle persone che "posseggo". Forse attualmente lei si trova da qualche parte qui dentro- dichiarai, picchiettandomi il cranio con l'indice.
Mi parrebbe anche ovvio, dato che questo rimane pur sempre il suo corpo. Comunque, tornando al discorso di prima, hai sicuramente già intrapreso un viaggio dell'anima prima di oggi, anche se non ne hai memoria. Vedi, poiché molto spesso avvengono mentre si dorme, dato che è pressoché rarissimo il "dono degli specchi", la maggior parte dei sogni in cui si è mezzi consenzienti, in verità, sono viaggi.
Ascoltai Sole in silenzio, ripensando alle moltitudini di sogni incredibilmente realistici che avevano dominato per anni le mie notti.
Erano stati veramente dei viaggi? Le persone sconosciute, quei mondi strani, i mostri, esistevano tutti da qualche altra parte, in un altro universo?
Questo quindi voleva dire che...
-Cosa dice quello scorbutico lì dentro?-
Sobbalzai al suono della voce di Anron, accorgendomi di essermi incantata momentaneamente con lo sguardo perso rivolto alle candide lenzuola del letto.
Non sembrava molto stupito dal mio comportamento bizzarro: d'altra parte, anche lui doveva confrontarsi costantemente con la voce della luna.
Ripetei in breve il nostro dialogo, ignorando bellamente le varie lamentele del sole riguardante la "mancanza di rispetto" e altre cose che non stetti nemmeno ad ascoltare.
-Però mi sorge un altro dubbio: è normale che io possegga delle persone? Tecnicamente, da come me lo state spiegando voi, le porse viaggiano in continuazione tra un mondo e l'altro, ma non interferiscono e appaiono più come spettatori- ragionai guadagnandomi il sorriso imbarazzato di Anron.
-Ecco... effettivamente, non so nemmeno io risponderti. Da quanto ne so, potresti esser in grado anche di teletrasportare il tuo corpo, se ti allenassi abbastanza.-
Inclinai leggermente la testa di lato, fantasticando su un mio presunto viaggio tra gli universi e l'incontro con creature magiche o sovrannaturali.
Frena l'entusiasmo, ragazzina. Non voglio sapere fin dove si possa spingere la tua fantasia, grazie, commentò il sole, facendomi roteare gli occhi dall'esasperazione.
A volte sapeva essere davvero irritante quella voce impicciona.
Non feci in tempo a formulare una frase per controbattere che Sole, l'ex-sovrano, entrò nella stanza in tutta la sua magnificenza, rincorso da un enorme cane dal pelo nero e lungo.
-Qualcuno mi aiuti!- gridò, seguito subito dopo da un urletto stridulo che di mascolino aveva ben poco.
-Sole! Per la miseria!- sbraitò Anron, schivando appena in tempo l'uomo, che aveva cercato di sviare l'animale tagliando direttamente per il letto.
Ritrovatosi incapace di mancare anche il cane, il moro venne investito in pieno, ruzzolando miseramente a terra.
-Guai a te se ridi...- mormorò lui, la voce attutita dalle coltri che lo avevano seguito durante la caduta.
Nascosi come meglio potei il sorrisetto di scherno impresso sulle labbra, mascherando a stento le risa con un colpetto di tosse.
Nel frattempo, Sole continuò a correre da una parte all'altra della stanza, seminando ovunque il caos.
-Sole! Per l'amor degli Astri, cosa diamine ci fai nella camera di Zaffira?-
Splendente come una stella, Luna fece la sua comparsa all'interno della stanza, precipitandosi ad afferrare per un orecchio sia il cane che il marito.
-Ahi ahi ahi ahi, male male male!-.
-Quante volte ti ho detto di non rubare le ossa di Mr. Fuffoso Palla Morbidosa? E tu signorinello, non devi metterti a morderlo a sangue ogni volta! Ora, vi metterò in castigo ad entrambi per aver distrutto di nuovo la camera da letto di Zaffira!- e così dicendo, la donna uscì, trascinandosi dietro i due tra le lamentele di Sole e gli ululati del bestione.
Quando il silenzio tornò a regnare sovrano, non seppi se ridere o piangere.
-Ma è sempre così da queste parti?-.
Anron mi fisso esausto, rimettendosi in piedi.
-Sempre. Costantemente. Ininterrottamente- mormorò con un leggero tic all'occhio.
Mi avvicinai a lui con fare solenne, poggiandogli delicatamente ambe le mani sulle spalle e cominciando così una silenziosa lotta tra sguardi.
-Sei uno sfigato.-
-Lo so da me.-
-Volevo solo ricordartelo.-
-Grazie.-
-Prego.-
-...-
"Se non fossi nel corpo della sua ragazza, probabilmente a quest'ora sarei morta".
Il moro sospirò, scuotendo la testa come a scacciar via la frustrazione.
-Quando ti decidi a tornartene da dove sei venuta?-.
Inizialmente, ebbi l'impulso di rispondergli a tono, mandandolo discretamente a quel paese, ma per fortuna mi bloccai in tempo, colta da un improvviso lampo di genio.
-Levo subito il disturbo...- risposi con un sorriso furbo che faceva capolino sulle labbra.
-Ma?- domandò lui, osservandomi circospetto.
-Ma prima vorrei che mi inculcassi nella mente tutto ciò che sai su Martin Lutero e la riforma protestante- conclusi con fierezza, contenta di aver trovato una soluzione facile a tutti i miei problemi.
Anron aveva vissuto per molto tempo ed era un pozzo ricco di sapere.
Dato che i nostri mondi non dovevano esser poi così diversi, perché non sfruttare le sue conoscenze?
Lui mi fissò accigliato, ragionando probabilmente se ci fosse sotto un qualche genere di tranello.
-Tutto qui?-
-Tutto qui- riconfermai.
Dopo l'ennesimo sbuffo e una lieve risata del moro, egli fissò i suoi meravigliosi zaffiri su di me.
-Affare fatto.-
Il persistente e fastidioso fascio di luce, che puntava direttamente alle mie palpebre serrate, mi strappò violentemente al mio sonno.
Sbadigliando rumorosamente, sollevai il capo dalla scrivania e ispezionai distrattamente la mia piccola camera da letto, gli occhi appena socchiusi e leggermente offuscati ancora da un velo di stanchezza.
Osservai l'orologio che portavo al polso, constatando che segnava le nove di sera.
"Le nove di sera..."
Di colpo, mi svegliai definitivamente dal mio torpore, mentre ricordi di un sogno bizzarro tornarono improvvisamente a galla.
Sorrisi spensierata, pensando che fosse stato veramente uno splendido sogno.
Me ne capitavano molti di quel tipo e le mie storie, molto spesso, derivavano proprio da quei mondi e quei personaggi che la mia mente creava nel sonno.
Sospirai, colta da un'improvvisa tristezza mista a malinconia.
Purtroppo, sogni erano e rimanevano tali, lasciandomi solo una magra speranza sull'esistenza di creature affascinanti come i centauri, le fate, le sirene, o di esseri paranormali come i demoni, gli angeli e gli dei.
Portai il mio sguardo sul vecchio libro di testo dalle pagine ingiallite, pensando che fosse meglio mettere da parte quei pensieri sciocchi e concentrarmi sullo studio.
Man mano che però proseguivo con la lettura, mi accorsi di sapere già perfettamente tutte quelle nozioni storiche.
Iniziai a decantare vita, morte e miracoli di Lutero, senza abbassare gli occhi sul libro di storia nemmeno una volta.
Mi alzai dalla sedia raggiante, cominciando a saltellare per la stanza in preda alla gioia.
-Questa volta è vero, è tutto vero!- gridai euforica, posizionandomi nuovamente davanti lo specchio di camera mia.
Era tutto vero, così ripromisi a me stessa di allenarmi al massimo finché non fossi riuscita a teletrasportarmi completamente nel mondo della mia storia, alla ricerca di quel personaggio che avevo creato e amato con tutta me stessa.
Un mese dopo...
Ormai erano settimane che non facevo altro che viaggiare di mondo in mondo, tanto da aver perso il conto di quante ragazze avevo impersonato in quei giorni.
L'ultima era stata una certa Sierra, una bella ragazza dai capelli corvini e gli occhi cerulei. O forse si chiamava Lucia? Non ero riuscita a capirlo molto bene.
Ero tornata a casa quasi subito, capendo di esser arrivata proprio nel momento peggiore, dato che poco prima la ragazza stava piangendo disperatamente.
Ero tornata persino nuovamente nel corpo di Zaffira, ma questa volta era stato un viaggio veramente scioccante.
Insomma, non fu proprio il massimo capitare nel bel mezzo... ehm... mentre faceva cose con il proprio marito, soprattutto se questo era Anron. Inutile dire che fu l'esperienza più imbarazzante di tutta la mia intera esistenza.
Considerando anche il fatto che successivamente Sole fece la sua ennesima entrata in scena, inseguito questa volta da un intero branco di lupi che si ostinava ad addestrare, quel giorno, quando tornai a casa, dovetti mangiare quintali di gelato per calmarmi.
Alla fine, per quanto riguardava invece la famigerata interrogazione, tutto era andato a gonfie vele ed io trascorrevo i primi giorni delle vacanze estive scomparendo tra un universo e l'altro.
Mentre precipitavo nell'ennesimo vuoto, sperai di aver centrato finalmente l'obbiettivo, stufa di capitare in mondi a me totalmente sconosciuti oppure incredibilmente terrificanti, come quello dello Slenderman, affrontato un paio di giorni prima. Esperienza abbastanza traumatica: insomma, fu "meraviglioso" capitare nel mezzo di un bosco sperduto nel nulla, talmente buio che non vedevo nemmeno dove mettevo i piedi e rincorsa da uno stupratore stalker con enormi tentacoli che farebbero invidia a un calamaro gigante.
Ci mancava solo che fossi zoppa e che avessi un led luminoso sulla testa a forma di freccia che mi indicasse.
Nel bel mezzo di quei "piacevolissimi" ricordi, la caduta si arrestò e mi bloccai nuovamente a mezz'aria.
Quando finalmente aprii gli occhi, il mio riflesso fu la prima cosa che vidi.
Gli occhi nocciola, i capelli arruffati, il naso piccolo e le sopracciglia folte: quella ero indubbiamente io.
Fiera di esser riuscita a portarmi dietro con l'anima anche il mio corpo, raggelai subito dopo nel sentire una fredda lama sfiorare la pelle del mio collo.
Dietro di me, notai attraverso lo specchio una bella ragazza bruna che mi osservava visibilmente spaventata, mentre un ragazzo alto e affascinante, dalle braccia ricoperte interamente da tatuaggi, puntava un grosso coltello alla mia giugulare.
-Haragh...-
-Lascia fare a me, Aleira- disse lui, rivolgendosi brevemente alla ragazza.
-Dimmi, tu chi saresti? Una spia mandata da Lilith? Sei in combutta con qualcuno? Parla o giuro che ti ammazzo- mi ringhiò contro il moro con quanta rabbia aveva in corpo.
Tremai dalla paura.
Proprio nella camera d'albergo di Aleira dovevo apparire?
Avevo ormai appreso di esser capitata all'interno di un altro libro di mia conoscenza, "Il mio dolce peccato", e, soprattutto, di esser capitata nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
Prima di scollarmi di dosso l'Ira in persona, avrei impiegato anni, soprattutto dopo la mia trionfale uscita dallo specchio.
Sentii qualcun altro muoversi alle nostre spalle, attirando la mia attenzione.
Quando notai anche la presenza di Morgue e degli altri Peccati Capitali, iniziai mentalmente a imprecare in aramaico.
Mancava solo Lucifero e Dio in persona e avremmo potuto fare un meraviglioso thé party!
Osservai la me riprodotta sulla superficie riflettente dello specchio con esasperazione.
"Ma perché tutte le sfighe devono capitare sempre a me?"
A quanto pare il mio meraviglioso progetto doveva ritardare ancora.
Prima, avrei dovuto convincere l'Ira, la Lussuria, la Superbia, l'Accidia, l'Invidia, la Gola e l'Avarizia che venivo da un altro universo, non ero pazza e non avevo alcuna intenzione di interferire nelle loro vite.
"Uccidetemi"
Pochi minuti dopo...
-Io ho molte fan in questa storia, vero? Sono molto amato?- chiese Morgue per la millesima volta.
-Sì, hai molte fan- gli risposi con un sospiro.
In realtà, era stato anche fin troppo semplice.
Certo, per trattenere Haragh dal farmi fuori senza nemmeno ascoltarmi c'era voluto l'intervento di tutti quanti, ma per il resto era andato meglio di quanto mi aspettassi.
Quando li avevo informati che esisteva un libro su di loro nel mio mondo, poi, erano partiti in quarta con le domande, soprattutto Morgue e il suo enorme ego.
-Ho un fandom? Mi venerano?-
-Ho fame.-
-Sono indubbiamente invidiata da molte, ah.-
-Uh, potrei far visita a qualche lettore... il sesso non ha importanza, eheh.-
-I fan sono commestibili?-
-Tutte le cose dei lettori saranno mie, MIE.-
-...-
-Haragh, non offenderti, ma è ovvio che sia IO il demone più gettonato.-
-In realtà, non me ne frega un cazzo.-
-Sentite, finitela. Ho sonno.-
In quell'immenso caos, cercai di rispondere come meglio potei alla maggior parte delle domande. Era incredibile come si fossero trasformati da diffidenti demoni assassini ad adolescenti esaltati. Inquietante.
-Non mi spiego ancora come mai mi crediate così facilmente...- mi lasciai sfuggire tra una domanda e l'altra.
Lust mi si avvicinò lentamente, con fare seducente, sedendomisi affianco.
Osservandomi intensamente negli occhi, delineò la mia mascella delicatamente con un dito.
-Oh, ma è così semplice...- mi sussurrò nell'orecchio, facendomi avvampare.
Non ero attratta dalle donne, ma lei sarebbe stata capace di farsi desiderare persino da Michele in persona. Non che fosse in realtà così difficile, riflettendoci, visto che Lilith era già perfettamente riuscita nell'intento.
-Sei così innocente- mormorò ridacchiando, alche, se possibile, arrossii ancor di più dall'imbarazzo.
-Tsk, sei così ingenua che mi fai venir il voltastomaco- commentò Haragh, osservandomi trucemente.
Capii chiaramente di non esser entrata nelle simpatie del ragazzo, ma proprio per niente. Aleira gli rivolse un'occhiataccia, rivolgendosi successivamente alla sottoscritta: -Perdonalo, ha un pessimo carattere. Comunque, ti chiedo scusa per... diciamo l'accoglienza. Siamo in una situazione un po' delicata.-
-Non devi scusarti. Capisco perfettamente le vostre condizioni, non preoccuparti. Invece sono piacevolmente sorpresa nel constatare che voi siate stati così ragionevoli.
Beh, quasi tutti- dissi con un timido sorriso.
Altro sguardo omicida: forse avrei dovuto tener a freno la lingua.
-Comunque, avrei un paio di faccende da sbrigare. Credo sia giunto il momento di salutarci- mi congedai, avviandomi nuovamente verso lo specchio da cui ero uscita.
-Aspetta!-
Mi voltai nuovamente verso i ragazzi leggermente sorpresa.
Aleira rifilò una gomitata al proprio amato, facendolo sussultare e distogliere lo sguardo dalla sottoscritta.
-A loro... a noi... farebbe piacere che tu tornassi qualche volta- borbottò a disagio.
"Quindi non gli sono così antipatica..."
Sorrisi raggiante.
-Contateci!- e così dicendo, mi rigettai nuovamente in quel nulla senza fine, precipitando in picchiata.
Ero felice, incredibilmente felice.
Avevo incontrato un sacco di persone in quelle poche settimane, scoprendo decine di mondi e storie diverse.
Era solo l'inizio: allora, dovevo ancora diventare amica di Lucia, quella ragazza già incontrata che piangeva disperatamente a causa di un amore difficile; dovevo ancora incontrare quei pazzi dell'Hollowbridge College e ridere per le incredibili gag che avrei fatto con loro; dovevo ancora tornare nuovamente al Castello degli Astri e conoscere Zaffira a tu per tu, finalmente senza usurpare il suo corpo; dovevo ancora incontrare Lily, facendomi trascinare in avventure senza senso ai confini della realtà insieme ad Anron e Zaffira; dovevo ancora vivere un'infinità di avventure.
Avrei imparato a non dare MAI in mano a Sole una mappa ed una bussola, capito da Lucia l'importanza dell'amore, scoperto da Aleira la determinazione per scegliere il proprio destino, appreso da Amelia la bontà e la gentilezza d'animo.
Ero ancora inesperta e terribilmente impacciata, ma ero felice, perché in questa nuova realtà, totalmente distorta e impazzita, mi sentivo come a casa.
Mi sentivo normale.
Ora potrei parlarvi di quando Morgue tentò di cucinare un uovo e diede fuoco all'intero palazzo, o di quando Lucifero si ritrovò con dei baffi disegnati addosso e rincorse per l'intera giornata Apollion tentando di ucciderlo, ma questa.... è tutta un'altra storia.
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