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26. Rabbia

«Dunque...» Il Mentore solleva la mano tremante all'altezza del ponte del ponte degli occhiali. Lo spinge all'indietro. Le tempie e la fronte sono imperlate di piccole gocce di sudore, e tutto il suo corpo è teso nello sforzo di rimandare il momento del collasso. Fa un passo all'indietro. Di fronte a lui, sul tappeto, due quaderno a quadretti e un block-notes di piccole dimensioni sono aperti l'uno sull'altro. Post-it, fotopie ritagliate e fogli obliterati per raccoglitori ad anelli sbucano alla rinfusa dalle pagine e da sotto le copertine. «Io credo... Credo non ce ne siano altri da cercare.»

«Ne sei sicuro, Upton...?» Il tono di Sylvanara è grave. Una ciocca di capelli chiari, sfuggita dalla lunga treccia che le ricade sul petto durante la folla corsa per arrivare fin qui, gli ricade sullo spettinata sullo zigomo sinistro, proiettando un'ombra sottile sulle sue iridi argentee. 

«Signor Pierce!» gli fa eco il mezz'elfo. «Ma, ma... sugli scaffali più in alto? Non, non... Non abbiamo ancora guardato!» Parla a raffica, e non riesce a stare fermo.

 «Un attimo!» grida lui, in un impulso nervoso. «Io non, non... Non mi avete dato il tempo di ricontrollare i miei appunti, io...» Chiude gli occhi, trae un profondo respiro. Si porta due dita al centro della fronte, e preme. «Okay, fatemi pensare.» La sua posa è rigida e, al contempo, scossa da tremori. «Le fonti vitali associate all'ambientazione di Crimson Dunes erano... tre.» Deglutisce. «La prima, il quaderno di Rahel. La seconda, quello di Dago. E la terza terzo...» Sposta la mano dalla fronte, lascia ricadere il braccio lungo il fianco e indica il quaderno ai suoi piedi, con una mossa del mento. «Quello di Kurt.» Un'altra mossa veloce, stavolta verso il block-notes. appoggiato sulla piega tra le due pagine aperto. «Quattro, considerando quello di Aidan. Ora, ripeto: non potrò dirlo con assoluta certezza finché non avrò modo di ricontrollare i miei appunti e fare un confronto, ma... penso che il quaderno di Kurt non sia stato toccato, perché l'autore...» Fa una pausa. Sbatte le palpebre, come se stesse rielaborando di nuovo, per l'ennesima volta, un concetto già chiarissimo nella sua mente. «Perché l'autore non lo considera parte del materiale che utilizza per scrivere.»

«Cosa intendi, Upton?» chiedo, dall'altra parte del cerchio che circonda il materiale raccolto nell'ultima mezz'ora. La mia difficoltà iniziale a un registro più colloquiale, senza il continuo riferimento al suo titolo, come da lui stesso richiesto, dev'essere andata persa all'improvviso, in un qualche momento a seguito del trauma.

«Be', ecco...» Il Mentore solleva lo sguardo verso di me. «Questo che vedi,» indica a terra, «è solo un vecchio quaderno di biologia.»

«Di biologia» gli faccio eco.

Il Mentore annuisce. «È un quaderno scolastico, contiene appunti che sono stati presi in classe. E, a giudicare dagli argomenti – il DNA, le mutazioni genetiche, l'evoluzione – credo sia stato utilizzato... durante il secondo anno.»

Abbasso lo sguardo sulla carta, colto alla sprovvista. Tra una cosa e l'altra, non ho prestato alcuna attenzione al contenuto delle pagine. Il Mentore ha ragione: sulla pagina di destra, disegnata a matita, c'è la struttura a doppia elica di un frammento di DNA; sulla pagina di sinistra, invece, c'è uno schema, fatto di frecce e riquadri, col titolo: "Agenti mutageni". La calligrafia è senza dubbio la stessa che ho sempre visto nel mio taccuino, solo un po' più ordinata.

Risollevo lo sguardo su Upton, sempre più perplesso. «E questo sarebbe il quaderno vitale di Kurt?» 

«Sì» Non c'è alcuna incertezza nel suo tono.

«Non capisco. Come può esserlo...?» 

Il Mentore fa un rapido cenno con la testa, comprensivo. Senza por tempo in mezzo, si inginocchia di fronte al quaderno. Spinge di lato il block-notes di Aidan, se lo toglie d'impaccio. Poi, allunga la mano verso l'angolo, un po' incurvato, della pagina dello schema, e la gira. 

Nella pagina successiva, c'è un ritratto. Pur ricalcato a penna, conserva dei tratti del segno a matita da cui è partito. Dalla mia posizione, lo vedo capovolto. In più, le proporzioni sono tutte sballate: ha un braccio più corto dell'altro, le orecchie non sono allineate tra loro. Tuttavia...

Gli occhi da rettile. Le squame, sul retro del collo e sul dorso delle sue mani. I grossi stivali, con una fila di cinghie che arriva fin sotto alle ginocchia. Non c'è alcun dubbio su chi sia il soggetto, nonostante non ci sia alcuna scritta che lo riconduca a lui, neanche il suo nome.

«Leyton ha fatto... questo disegno.» Il Mentore si rimette in piedi a fatica, stremato non tanto nel corpo quanto nello spirito. «Forse quel giorno era poco concentrato. O, forse, si è ispirato proprio agli argomenti della lezione. Non saprei, sono congetture. Ma potrebbe trattarsi della una primissima ideazione di quello che poi, in seguito, sarebbe stato il personaggio di un romanzo distopico, con un suo nome e una sua storia. Non c'è nient'altro che riguardi Kurt, in questo quaderno.»

«E questo... è stato sufficiente...» sussurro.

«A renderlo un quaderno vitale.» completa lui per me. «Sì... Ora, però, il problema è che la scheda di caratterizzazione di Kurt... compresa dei dati anagrafici, background, nonché il progetto relativo al suo arco di sviluppo, si trovavano... nel quaderno... di Rahel.» Si blocca. Un'espressione turbata si è dipinta sul suo volto. Le sue guance s'incavano, come se le stesse mordendo dall'interno, e solleva lo sguardo verso l'angolo della stanza. 

Laggiù, sulla cima del cestino di vimini, l'arpione della corda che Kurt aveva nascosto tra i sottovasi è ora agganciata saldamente al bordo, a uso di Iskandiar e Florent. Ormai, avranno raggiunto da un pezzo il fondo del cestino. E il fatto che non si odano le loro voci da interi minuti, è piuttosto eloquente, ma non possiamo far altro che attendere la loro conferma.

Chino a testa, sotto il peso del senso di colpa. In altre circostanze non avrei mai, mai rivelato agli altri dove si trovasse quella corda. Non avrei mai... tradito il suo posto segreto. Tuttavia, non c'era tempo per costruire un altro arpione, e nessuno desiderava che l'incidente della volta scorsa si ripetesse. Spero... Spero che mi possa perdonare.

«Ma perché la caratterizzazione di Kurt doveva essere nel quaderno di Rahel?!» chiedo, con un'asprezza che non riesco a controllare, quasi fosse colpa del Mentore se le cose stanno così.

«Non c'era solo caratterizzazione di Kurt. C'era tutto il progetto del romanzo.» Upton torna su di me, e mi guarda dritto negli occhi. «Il worldbuilding, le schede dei personaggi principali, i loro archi di trasformazione e la gerarchia dei loro rapporti. Erano abbozzate le ragioni del conflitto con gli antagonisti. C'erano riflessioni sul tema, il canovaccio originario della storia, le scalette dei primi sette capitoli. Quello che ha dato vita a Rahel era un quaderno monotematico, dedicato solo ed esclusivamente alla trama di Crimson Dunes

«Ma il protagonista è Kurt.»

«E tu sei il protagonista di Urban Canvas. Eppure, il quaderno che contiene la nostra trama sta sulla scrivania.»

«Eccoli! Sono risaliti!» Sylvanara sussulta, interrompendo il nostro breve diverbio. Lassù, nella direzione in cui indica, Iskandiar e Florent sono ricomparse sul bordo del cestino di vimini. Florent, già in piedi, porge il braccio al compagno, per agevolarne la sua risalita. 

I loro volti... sono terrei. 

«Allora...?» Il Mentore si fa avanti, con due passi in diagonali.

Scuoto la testa. È una domanda inutile. È già tutto chiaro.

«Désolé...» pigola il vampiro, alle mie spalle. «Qui... non c'è niente.» 

«Niente...» ripete il Mentore, esanime.

«Sei... d-dollari e quarantacinque...» 

Mi volto all'indietro. Becky, distante dal resto del gruppo, se ne sta rannicchiata sul bordo di uno scaffale non suo... e dondola con la schiena, torcendosi le mani. Non guarda verso di noi. I suoi occhi... sono persi nel vuoto. 

«Okay.» Strizzo le palpebre e, per un breve istante, sono altrove. Lontano, lontano da qui. Sul tetto, seduto con Kurt di fronte a quel colle erboso, al calore del Sole mattutino. Tre secondi. Solo tre secondi di pace. Uno. Due. Tre. Riapro gli occhi. «Upton.»

Il Mentore si volta verso di me. «Sì?»

«E per quanto riguarda questo?» Indico il taccuino di Aidan, che lui stesso ha spostato di lato per girare la pagina del quaderno, poco fa.

«Eh...» Il Mentore ruota il busto verso di me e trae un profondo respiro. «Per quanto riguarda questo, l'ipotesi più probabile è che sia... sia...» Si blocca, per frenare il labbro tremante, e deglutisce. «Non è stato buttato come gli altri, perché... non è entrato nel campo visivo dell'autore.» Si stringe nelle spalle. «Forse non l'ha nemmeno cercato, questo non saprei dirlo. Ma di certo, anche se l'avesse fatto, come poteva sapere che si trovava qui, in questa stanza? Non è stato lui a portarlo qui. Lui lo aveva lasciato sul suo comodino. Siamo stati noi a sottrarlo dal suo luogo originario.»

Intanto, nell'angolo della stanza, Iskandiar e Florent sono ridiscesi lungo la parete esterna del cestino e, uno dopo l'altro, stanno rimettendo i piedi a terra.

«E stava nascosto sotto al quaderno di Kurt» interviene Nevan. «Mi sa che è stato lui a chiedere che venisse messo lì, per precauzione.»

«Sì, lo immaginavo.» Il Mentore annuisce, con pacatezza. «Quindi, per accorgersi della sua presenza, Leyton avrebbe dovuto avere l'intenzione di liberarsi... del quaderno di Kurt, cioè... di un quaderno di biologia del secondo anno. Solo sollevando quello avrebbe potuto scoprire che il block-notes si trovava lì. Ma non l'ha fatto.»

Questo discorso mi irrita, tutt'a un tratto. «Fatemi capire bene. Mi state dicendo che avremmo potuto metterci al sicuro sin dall'inizio, semplicemente spostando i quaderni in posti lontani dalla sua vista...? E che... E che non l'abbiamo fatto?!»

Upton scuote la testa con energia. «Will. Ti ricordo che noi avevamo la speranza che ricominciasse a scrivere.»

Sbuffo, seccato. «Ha funzionato bene, vedo.»

«Senza contare che avremmo potuto ottenere l'effetto contrario» continua, ignorando la mia provocazione. «Magari l'autore aveva maturato la volontà di buttare questo materiale già da tempo... e, apportato troppe modifiche alla disposizione delle cose, avremmo solo velocizzato il processo. Il cervello tende a non notare i dettagli, quando li vede tutti i giorni sempre nello stesso posto. Al contrario, i cambiamenti attirano l'attenzione.»

Sospiro. Sarà la terza volta che sento questo discorso, nel giro di pochi giorni. Va be', lasciamo perdere.

«E degli inerti, invece?» Con la punta del piede, picchietto contro le pagine del primo quaderno, il più grande, sopra al quale è stato aperto quello di Kurt. «Abbiamo... solo questo, che contenga informazioni su Crimson Dunes...?»

Il professore si umetta le labbra e si sistema di nuovo gli occhiali. «Sì, dunque... Questo quaderno è uno degli inerti della loro ambientazione. Ne avevamo anche altri due, ma...» Scuote la testa, desolato. Si inginocchia a terra, di fronte al ritratto di Kurt. Afferra la copertina in due punti, e resta un po' incerto, in quella posizione, prima di sollevare il viso verso il guerriero. «Iskandiar» sussurra, «mi puoi aiutare?» 

«Sì, subito.» Il guerriero scatta in avanti senza pensarci due volte, si porta a fianco del Mentore e lo aiuta a richiudere la copertina. L'immagine di Kurt... sfugge via dai miei occhi. Al suo posto, l'immagine di una foresta di conifere stampata sul cartoncino. In breve, anche il vampiro si aggiunge alla dinamica, e tutti e tre insieme spostano il quaderno di biologia di lato, per liberare quello sottostante. La gente radunata sulla destra fa qualche passo indietro, e il cerchio si allarga. 

«Dicevo...» riprende il Mentore, ancora chino sul tappeto. «Sì, questo è uno dei quaderni inerti. Tuttavia, contiene solo una cronologia sommaria, nonché piuttosto incoerente, della storia della loro ambientazione... E, con "storia", mi riferisco a fatti avvenuti prima della loro nascita.» Sfoglia le pagine con velocità, senza soffermarsi su nessuna in particolare. Date, sigle e scarabocchi sono appuntati alla rinfusa, i mezzo a scarabocchi e cancellature. «Disastri ambientali, guerre batteriologiche, lotte di confine... fino alla fusione di varie aziende nel grande colosso finale. La Panopticorp.» E si ferma, su una pagina del tutto simile alle altre, per torcersi le mani e sollevare lo sguardo su di me. «In tutto ciò... non c'è nulla che sia davvero collegato... alla loro esistenza come individui. Capisci?»

Sospiro. Sì, lo capisco. Incrocio le braccia sul petto e mi stringo i gomiti, per darmi conforto. «Okay» borbotto. «Nient'altro?»

Il Mentore scuote la testa, sconsolato. Gira un'altra pagina, con poca convinzione. «Non di relativo alla loro ambientazione. Vedi...?» Fa un cenno col mento, verso l'intestazione della pagina. Il titolo, al centro ed evidenziato di giallo, recita: "Regno delle Luci". «Questa è una lista di toponimi per la trama di Sylvanara. Rivotorto, Fossatetra, il Lago d'Argento... E questa...» Punta il dito più in basso, a metà del foglio. «...è la bozza di un alfabeto per la lingua degli elfi boschivi. Progetto abbandonato e ripreso più volte, tant'è che ce ne sono altre versioni più avanti. Poi...» Passa alla pagina successiva. «Regole per il genitivo, per la costruzione dei tempi verbali... Tutte cose che, comunque, non sono mai confluite nei pochi capitoli che ha scritto.»

«Capisco» borbotto, ancora con le idee troppo confuse per capire quale sia il modo migliore di trarre il buono da queste informazioni.

«E quello...?» Sylvanara, a un tratto, si fa avanti, e indica a lato della pagina di destra. 

Sia io che Upton ci voltiamo a guardare. Non ci avevo fatto caso, concentrato com'ero su altri dettagli; ma, in effetti, nascosto tra le prime pagine c'è un foglio, che sbuca obliquo per un tratto che, già a un primo sguardo, è evidente che non faccia parte della struttura originaria del quaderno. La carta che lo compone è di un bianco più intenso, e la sua consistenza è più rigida e spessa e i suoi angoli non sono arrotondati. Ha l'aria di un foglio A4 per stampante, forse piegato a metà. 

«Ah, sì.» Il Mentore si rianima, non appena lo vede. «C'è anche una mappa.» 

«Una mappa?» chiedo.

Lui inizia a sfogliare le pagine all'indietro, con rapidità. Poco prima di raggiungere la fine del quaderno, il pezzo di carta estraneo svolazza a mezz'aria nel movimento ad arco. È proprio un foglio A4, piegato a metà e fissato al quaderno con due colpi di spillatrice. Lo dispiega con cura. Di fronte a noi, sotto la scritta "Circondario di Lüchow-Dannenberg", ecco la stampa in bianco e nero di un pezzo della Germania integrata di annotazioni e linee colorate tracciate col righello. 

«Ma... è presa da Google Maps?» chiedo, perplesso

Il Mentore mi lancia una breve occhiata, poi torna a concentrarsi sulla cartina. «Questi... sono, pressappoco i confini della loro ambientazione» mi dice. «Gli eventi principali della loro trama si svolgono qui.» E indica i contorni del circondario, ripassati con una matita rossa dalla punta spessa.

Osservo con più attenzione. Il territorio è diviso in sezioni quadrate, numerate a partire dalla prima, in alto a sinistra: 1-Neu Darchau, 2-Dannenberg, 3-Damnaz... fino ad arrivare a quelli che ho sentito nominare più spesso: 12-Schnega, da cui proviene Aidan; e 13-Luckau, il distretto originario di Kurt. 

Alcuni punti strategici sono segnati da simboli fatti a penna e colorati all'interno: triangolini, pallini, quadratini, riempiti di giallo, verde e azzurro. Forse, da qualche parte, Leyton ha scritto anche una legenda, per interpretarne il senso. Tuttavia, prima ancora di iniziare a cercarla nella pagina accanto, i miei occhi vengono rapiti da una scritta appartenente alla stampa originaria, appena oltre il confine occidentale del circondario. È "Suhlendorf", che l'autore ha cerchiato con un'ellisse, e qualcosa – l'ombra di un collegamento tra i ricordi – mi spinge a spostare lo sguardo lì vicino, tra il Distretto 8-Kloster e il 12-Schnega. 

C'è una "X", nei pressi del confine. O meglio... una piccola croce. E sotto, a mano: 

St. Bartholomäus, Clenze

Chiesa evangelico-luterana

Un nodo mi stringe la gola, e sento le gambe cedere, anche se solo per un istante.

Ci sono anche altri simboli, nelle vicinanze, ma i miei occhi sono offuscati dalle lacrime, e tutto è avvolto in una torbida nebbia. Tranne quella scritta.

St. Bartholomäus, Clenze

Chiesa evangelico-luterana

«Ad ogni modo...» Il Mentore, con movimenti anchilosati, si rialza da terra. «Questo quaderno è tutto ciò che ci resta del materiale inerte collegato alla loro trama. C'era... C'era anche un quaderno più piccolo, in precedenza, che adesso è sparito; e di una risma di fogli raccolti nello scaffale di Becky, in una delle cartelline di plastica... la quale è stata svuotata.»

Sospiro, a corto di parole. Un pensiero mi ronza in testa, e non riesco a dargli forma.

«Will...»

«Sì...?» Strizzo gli occhi, e una lacrima mi scorre sulle guance.»

«A questo punto, credo si debba prenderne atto...»

Inspiro, a occhi ancora chiusi. «Di che cosa...?»

«Del fatto che... Che non si è trattato di un tentativo di modifica. Non è come il caso di Omar, o di Becky...»

Mi accovaccio a terra, esausto.

«L'autore,» continua il Mentore, «voleva... liberarsi di tutto, Will. Di tutto Crimson Dunes

Riapro gli occhi. Con le dita, sfioro la superficie della fotocopia, fino a toccare una delle spille che la fissa al quaderno. E riguardo la croce, sul confine tra quei due distretti; e il quaderno di biologia, poco più in là, su cui... Su cui era seduto Kurt, stamattina... E ripenso al modo... Il modo in cui abbiamo dovuto sollevarlo, a peso morto, come se fosse... una cosa. E l'orrore che ho provato, nel vedere quella scena, e che ho messo subito in un cassetto, perché dentro di me sapevo che, se non l'avessi fatto, non sarei riuscito ad arrivare fin qui, ad analizzare i quaderni.

Poi, un verso demoniaco prorompe così forte, nello studio, da penetrarmi nelle ossa e scuotermi le viscere. Mi volto, là dove ha avuto origine il suono, oltre le figure radunate alla destra del cerchio.

Ma, in fondo, non mi serve indagare. So già chi è. Tutti lo sanno.

Morbus ci osserva dall'alto. Levita ad alcune spanne sopra l'estremità superiore dello schienale della poltrona. Non proietta alcuna ombra sul muro e, nonostante l'aria immobile, i lembi della sua veste ondeggiano come sospinti da un impercettibile vento... e le sue spalle sono scosse da una risata sardonica, che si fa beffe del nostro dolore.

Basta. Ne ho abbastanza di lui. 

Mi alzo in piedi, con le mani strette a pugno.

«Morbus...!» gli grido cupo.

E lui... mi ignora, imperterrito nel suo ghignare oltraggioso.

Potevo tollerarlo. Potevo tollerare la sua presenza spettrale, distaccata, disinteressata a noi. Potevo tollerare persino che ridesse di me, come ha fatto il giorno della proiezione. Ma non di questo. No, non di questo. 

Con una spallata, mi faccio spazio tra Nevan e Sylvanara e si supero, senza dar loro il tempo di intervenire. Esco dal cerchio delle persone radunate. E, da solo, lo fronteggio. 

«Che cos'hai da ridere, Morbus?!»

E lui piega la testa all'indietro, in una risata ancora più sguaiata... più provocatoria. Mi lancio contro di lui. Sono pronto ad arrampicarmi su per il tessuto, risalire lo schienale e affrontarlo faccia a faccia... Ma qualcosa mi trattiene per il braccio. Delle dita fredde, sottili. Credo sia Florent. 

«Ti diverti, eh, Morbus?!» grido. «È divertente, per te, vederci... morire?! Che cosa hai fatto, all'autore?! Cosa?!»

E lo spettro, da lassù, smette subito di ridere. Resta in silenzio, qualche secondo. E mi pianta addosso le sue orbite vuote.

«Cosa gli ho fatto... io?!» sibila.

«Sì, tu. Tu, maledetto demonio! Gli stai fottendo il cervello! Che cosa gli hai fatto?!»

«Will» sussurra il Mentore, allarmato, alle mie spalle. Nulla di ciò che mi sta fluendo ora fuori è qualcosa di cui abbia discusso in precedenza con gli altri... ma alcuni dettagli non lo ho scordati. Oh, no. Non l'ho fatto.

«Ohhh, certo!» esclama Morbus, tonante. «Ma certo! Riversiamo tutte le responsabilità su Morbus, non è vero?» E fluttua nell'aria, ridiscendendo morbido fino alla seduta. «Il perfetto capro espiatorio, per questa banda di arruffoni, incapaci di guardare al di là del loro stupido naso... Voi, stupidi umani... Quando siete raggruppati insieme, fate sempre gli stessi errori...» 

Strattono il braccio, ancora e ancora ma Florent non molla la presa. «T-tu... Tu!» sbraito in direzione dello spettro. E tiro, e tiro il braccio, senza successo. Ma da che parte sta, questo dannato vampiro?! «Non mentire, Morbus! Tu hai sempre saputo ogni cosa, sin dall'inizio!»

«Cosa...? Cosa ho sempre saputo, hm...?» Si avvicina ancor di più al bordo della seduta. 

«Tu... lo hai saputo... sin dal primo momento in cui mi hai incontrato... È così!»

Morbus si avvicina ancora. «Ma di che cosa stai parlando... ragazzino?!»

«Smettila...! Smettila di mentire! Non fai altro che vantartene, o sbaglio?! Di essere l'unico ad aver avuto dei contatti con l'autore... molto tempo prima di noi! E tu lo sapevi!»

«Ahhh, è questo, allora!»

«Hai sempre saputo che io ero lui! Sapevi tutto, e non ce lo hai detto! Vuoi forse negare, ora?! Ti piace, lasciarci arrancare nell'ignoranza! E vederci... morire! Mo-ri-re...! Oppure hai sempre mentito anche su questo?!»

«Ah!» Lo spettro spalanca le braccia e, in un ovale di luce rossastra, risplende sopra di me. «Questa è proprio bella... È proprio bella, ragazzino! Dunque, adesso sarei io a voler lasciare voi nell'ignoranza! Non è stato Kurt, non siete stati voi... ad avermi tenuto lontano, come un appestato, e ad aver rifiutato il mio aiuto!»

«Non...!» esplodo. «Non nominare Kurt...!»

«Eppure, io...» Richiude le braccia di scatto, e la luce attorno a lui si dissolve in una nuvola di fumo. «Io ve l'avevo detto...»

«Infame!»

«Ve l'avevo detto, che era nel vostro interesse ascoltarmi... Ma sia mai, vero?! Nessuno vuole l'aiuto di Morbus! Non ci si può fidare... dello spettro!» Si vota all'indietro, facendo fluttuare i lembi eterei della sua veste attorno a sé. «E pensare... che ti ho pure salvato la vita, la prima volta che ti ho visto... Credevo, almeno tu, avessi un po' più di raziocinio. E, invece... siete due stupidi. Due stupidi... tu e Kurt

«Sta zitto...! Zitto!»

Lo spettro gira su se stesso, e scompare in una nebbiolina scura. La sua risata riecheggia ancora a lungo, prima di lasciarci in un teso silenzio.

La presa di Florent sul mio braccio si allenta; il sangue riprende a scorrere, dal gomito alle falangi, dopo esser quasi sbiancato sotto la sua stretta. Mi volto all'indietro, e scorso il suo sguardo, attonito... e incredulo.

Non so se anche loro la ricordino, quella mattina. Quella in cui Morbus rise allo stesso modo, alle nostre spalle, al momento culminante della proiezione. Né so quanto abbiano compreso, del ragionamento dietro al mio scatto d'ira, alla mia accusa....

Scruto per un istante i loro volti. Iskandiar, Nevan, Sylvanara, il Mentore... e non so cosa trarne.

Ma non c'è tempo, ora, per questo.

Chiudo gli occhi, e traggo un lungo respiro. «Okay» dico, con voce ferma. «Dovremo rimettere tutto a posto, adesso. L'attenzione dell'autore non deve essere attirata verso, verso...» Indico con un gesto il quaderno di Kurt.

Sollevo lo sguardo verso il mio Mentore, ancora una volta. Mi fa un cenno d'assenso.

Bene.

«E, Florent» aggiungo. «Tu aiutami a spostare anche il mio taccuino. Da oggi in poi, voglio che stia... là.» Indico verso l'alto. «Insieme a Kurt. Voglio... Voglio poter tenere sotto controllo...»

«J'y vais» fa lui. E, subito, senza aver bisogno di attendere il resto della mia spiegazione, si avvia verso il nostro scaffale. 

«Vado anche io» si offre Iskandiar, per poi seguire il vampiro a ruota.

Tutti gli altri se ne stanno in piedi, in silenzio, davanti a me.

Mi scosto una ciocca di capelli dalla fronte, ravviandola all'indietro. 

C'è un'altra cosa che devo dire, ma mi serve... solo un secondo.

«E... E mi serve Aidan.» La mia voce ha tremato... ma l'ho detto. Sì, l'ho detto. Non si torna indietro. «Upton... dovrai darmi una mano con lui.»

Il Mentore inclina la testa da un lato, confuso. «Will, che cosa hai mente...?»

«Credo sia ancora possibile utilizzarlo come videocamera. Avrà pure perso l'autocoscienza,» spiego rapido, «ma è questo ciò che è. Un drone di... sorveglianza. Devo solo capire come farlo funzionare.» 

«Funzionare... per cosa?»

«Per la prossima ripresa. Io... Io e Aidan... torneremo in missione. Domani

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