Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

11. Love Interest

«Oh, mon Dieu, eccolo!» Con un fragoroso scalpiccio di tacchetti sul parquet, il vampiro rotea il busto all'indietro, e fa compiere alla giacca un ampio giro attorno alle culottes. Indica in lontananza, verso il centro dello studio. «Lo ha trovato! Sono tornati!»

Rahel e Becky sussultano. Trattengono il fiato e si voltano all'indietro. Laggiù, poco oltre la cartellina-palchetto, nella direzione in cui Florent sta puntando il dito, l'armatura del guerriero brilla per un istante sotto a un filo di luce filtrato dalla tenda. Iskandiar, a passo sostenuto, incede in nostra direzione, con la mano stretta attorno all'impugnatura della sua spada, che sbatacchia dall'interno del fodero contro il tessuto spesso dei pantaloni. Assieme a lui, a poca distanza, c'è il leader del covo. 

«Kurt!» Rahel molla la presa dalle mani di Becky e si solleva in piedi. Tira un sospiro di sollievo. «Oh, Dio, meno male, Kurt! Sbrigati, vieni qui!»

Il guerriero rallenta il passo, si ferma di fianco al vampiro e, senza dire una parola, si lascia superare dal capo. Le pupille filiformi di Kurt si muovono frenetiche, confuse, tutt'attorno a lui. 

«Rahel... Iskandiar mi ha detto che c'era un'emergenza» Parla in fretta, in tono concitato. «Ho mollato subito tutto quel che stavo facendo, e... siamo corsi qui! Ma di che cosa si, si...» 

I suoi occhi cadono sulla figura di Becky. Sconvolta e tremante, se ne sta rannicchiata sul pavimento, le ginocchia strette sul petto. 

Kurt sbarra le palpebre. «B-Becky! Che cos'hai?! Che è successo, stai bene?!» Poggia il ginocchio a terra, proprio di fronte a lei. La sua mano fa un guizzo in avanti, come se volesse afferrarle il mento per guardarla meglio in viso, ma subito ci avesse ripensato.

«No.» Rahel scuote la testa, cupa. Si ravvia all'indietro le treccine, solo da un lato della testa. «No, Kurt. Non sta bene. Ha... Ha iniziato a...»

«S-sei.» Becky lo guarda negli occhi, stringe le dita convulse attorno al laccio del suo stivale. «S-sei... d-dollari.» Serra i denti, in un moto di rabbia sterile e priva di scopo. Le lacrime, contro il suo volere, ricominciano a scorrerle lungo le guance. Perché ogni sillaba che cerca di pronunciare resiste al suo tentativo di piegarla, di renderla coerente con i pensieri che ha in testa... con la sua volontà; e tutti i suoi muscoli facciali, da meta volto in giù, sono tesi, gonfi, impotenti, disperati, è... Dio, è uno strazio! Non... Non riesco nemmeno a guardarla!

Kurt, invece, solleva le sopracciglia, e la osserva ancor più da vicino «C-come...?» Cerca, smarrito, lo sguardo della sua compare. «Rahel, ma che cosa...?»

«Ha-ha iniziato a ripetere queste solo quattro parole: "Sei dollari e quarantacinque, sei dollari e quarantacinque, sei..."» Si umetta le labbra, preme il palmo sulla fronte. «C-così! E, ed è... È come se non riuscisse più a parlare in modo normale! Non ci riesce! Dio, Kurt! Ci ho provato, a farle delle domande, ma sembra... Sembra che non possa dire nient'altro!»

E Kurt, ancor più attonito di quanto già non fosse, resta a fissare Rahel, in silenzio... non so per quanto. I suoi occhi si spostano alle spalle di lei, su Florent, su Iskandiar. Non trova le risposte in nessuno dei loro volti. «Becky...» Torna sulla ragazza. «È... è la verità?»

E lei annuisce. Le sue labbra sono strette in una linea. Forse vuole smettere di parlare. Restare muta, solo per non sentire quella frase di nuovo. Per non dargliela vinta.

Kurt deglutisce. Il suo sguardo resta sospeso nel vuoto; i suoi occhi sono su Becky, ma è come se si proiettassero altrove... o fossero ciechi. E, sul loro fondo... c'è il terrore. 

Lo ricaccia indietro, all'istante. Si solleva in piedi, le volge le spalle. Passa in rassegna tutti gli alti: Rahel, Florent, Iskandiar... «E da quanto tempo sta così?»

«Non ne ho idea.» È Rahel a rispondere per prima. «Io ti ho fatto mandare a chiamare subito, appena l'ho scoperto... e non era nemmeno un quarto d'ora fa.»

«E voi?» Si rivolge agli altri due.

Florent alza le mani, fa un passo indietro.

Iskandiar abbassa lo sguardo. «Io sono arrivato qui dopo Rahel. Ho solo visto che c'era qualcosa che non andava... Mi dispiace.»

«Non capisco...» La voce di Kurt è un filo, a mala pena sono riuscito a sentirla. Si passa una mano tra i capelli, con le dita aperte. «È successo così... dal nulla?»

«Non lo so, Kurt.» Rahel si volta all'indietro, indica verso la fine della scrivania. «Io ero laggiù, al nostro punto di ritrovo. Ho sentito delle urla, mi sono affacciata... e ho visto Becky qui, sconvolta. Era...» Torce in busto in avanti, con lentezza. Esita, poi tende il braccio verso di me. «Era con lui.» 

Il mio cuore fa una capriola all'indietro. Il suo indice teso... è un fucile, puntato sul mio petto. Non riesco a respirare.

Florent e Iskandiar si girano verso di me. Kurt, dapprima confuso, osserva uno a uno i loro volti, poi segue la traiettoria del loro sguardo. 

Si volta.

I nostri occhi si incontrano. Dio, voglio sparire. 

«Will...?» mi sibila.

D'istinto, faccio un passo all'indietro. Ma perché, perché l'ho fatto?! Non dovevo indietreggiare! Ora penserà che c'entro qualcosa! Dio, perché?! 

«I-io... n-non... Non lo so, vi assicuro, non... L-lei... B-Becky era appena scesa dallo scaffale, d-da, da... Da quella catena, lassù!» Indico verso l'alto, in direzione del punto in cui, dal bordo, le graffette incastrate l'una nell'altra ricadono giù, nello strapiombo. «Là..!» insisto. E che cavolo, guarda dove sto indicando! Non fissare me!

Ma Kurt... non distoglie mai lo sguardo.

Fa un passo in avanti. «E tu che cosa le hai detto?!»

«Niente!» Un altro passo indietro. Col fianco, urto contro il bordo in legno. «N-niente di che... Volevo solo... parlare un po' con lei. S-sono venuto qui, l'ho salutata, lei è scesa giù, e... non... Non le ho fatto niente, lo giuro!»

«Sei venuto qui... e l'hai trovata già in questo stato?!»

«S-sì... Cioè, no! Volevo dire "no"! Stava bene, s-sorrideva, e... E poi, si è accorta che non riusciva a parlare...»

«Ha detto qualcosa, prima?!» Il suo tono è sempre più aspro.

«Eh?!»

Si avvicina ancora di più. «Prima! Prima di ridursi così!» Tende il braccio all'indietro. La indica. «Cos'ha detto?!»

Cerco di respirare. Oddio, cos'ha detto? Ero qua, l'ho chiamata per nome, l'ho vista affacciarsi dal bordo dello scaffale, e poi...? E poi, cosa...? Dovremmo esserci salutati, no? Perché ho questo vuoto di memoria?! Mi tocco la tempia, è sudata, le mie dita tremano. Alle spalle di Kurt, Becky mi fissa dal basso, a bocca dischiusa. Con un movimento frenetico si asciuga le guance dalle lacrime, scuote la testa. "No." Vuole dirmi: "No".

Cacchio. È vero.

«Non... Non mi ha detto niente. Mi ha solo sorriso, quando l'ho salutata.» Ecco perché non lo ricordavo. «E poi, è scesa giù in silenzio. Io mi... Mi sono avvicinato qui per parlarle, e... E appena ha aperto bocca, lei... È lì che se n'è accorta.»

«Becky...?» Kurt si volta verso di lei. 

Lei annuisce.

Grazie a Dio, conferma le mie parole.

«Kurt, forse questo vuol dire che è così dal risveglio» interviene Iskandiar.

Tutti si guardano tra loro, con gli occhi sbarrati. Kurt, Rahel, Becky e Florent. Non so se io stia immaginando tutto, ma ho la sensazione, che, in qualche modo, avrebbero preferito che la colpa fosse davvero mia: tutto, fuorché questo.

«O-okay.» Kurt si stropiccia la pelle del viso, nervoso. Si giro verso di me, a muso duro. «Okay, ma che cosa vuol dire, Will?!»

«Uh?!»

«Che cosa significa,» grida, «"sei dollari e quarantacinque"?!» Un altro passo in avanti, i suoi occhi da rettile sono a un palmo dalla mia faccia. «Tu fai parte della sua stessa ambientazione, no?! Cosa vuol dire "dollari"?! Che parola è?!»

«E-eh...» Okay, cerca di restare calmo. Ha fatto una domanda, no? Basta rispondere. Forse si acquieterà. «I d-dollari... P-penso intenda i dollari canadesi, non lo so, sono solo... la nostra valuta. È solo la valuta del Canada, sono... s-soldi.»

Kurt... mi studia. Le sue palpebre si socchiudono, le pupille si muovono frenetiche a destra e a sinistra. «Soldi...» borbotta, a fronte corrugata. Poi distoglie lo sguardo da me. Si allontana di due passi. Dio, grazie. E inizia a camminare avanti e indietro, avanti e indietro. «Ma perché proprio "sei dollari e quarantacinque"?» scandisce. «Perché proprio questa cifra?!»

«Kurt, ma che ne so?!»

«Cribbio, Will!» sbotta di nuovo. «Sforzati, ragiona! Non... Non farmi insistere! Pensaci: a che cosa si riferisce?!» Trema dal nervoso. «Dai!»

«Non lo so! Ci saranno... milioni di cose a costare così, Kurt! C-come faccio... Come faccio a saperlo io?!»

Kurt scatta di nuovo verso di me. «Will!» grida, rosso in faccia. «Non è così che funziona! Tu non puoi non saperlo! Lo capisci?!»

«N-non... G-g-giuro, n-non...»

Rahel, rapida, lo raggiunge alle spalle. Gli afferra un braccio, lo strattona all'indietro. «Kurt! Basta, ora!» E lui cerca di liberarsi, la strattona, ma Rahel lo afferra con entrambe le mani, con più forza, e lo costringe a voltarsi. Lo guarda dritto in faccia. «Datti una calmata, Cristo! Non risolve niente fare così!» 

Kurt si ammutolisce. È un fascio di nervi. Abbassa il capo, la sua mascella trema. Si allontana in direzione di Becky.

Mi manca il respiro. Non posso crederci. A parte Rahel, nessuno ha mosso un dito, qui. Florent, Iskandiar... Persino il colosso pelato, laggiù, appena sbucato da dietro al pannello della scrivania, si limita a fissarmi coi suoi occhietti scuri da insetto. Se ne stavano tutti qui, attoniti, a seguire ogni movimento mio e di Kurt... e non hanno mosso un dito per venire a darmi una mano. Cos'è, sono tutti troppo sconvolti per prendere le mie parti?! O magari, in fondo, a loro sta bene così, che Kurt mi urli in faccia, che mi tratti come un infame. Già Forse anche loro mi sospettano di qualcosa... e credono davvero che, che io...

Il nodo alla gola è sempre più stretto, soffocante. Mi sembra tutto come... Come quell'estate, un paio di anni fa. C'era... C'era il gruppetto di Ryder, quella carogna, che stava sempre all'Oppenheimer. Mi avevano preso di mira, e non c'era volta in cui non venissero a darmi il tormento. Ma stavolta... è peggio. Oddio, è addirittura peggio.

Rahel sospira, si accarezza il viso, stanca. «Will, il fatto è che Kurt ha ragione. Quella frase non può riferirsi davvero a qualsiasi cosa. Non può essere casuale. Si tratta, per forza, di qualcosa che tu... sai

«Ma–» 

«Quindi,» m'interrompe, «se ti è venuto in mentre qualcosa, qualsiasi cosa, Will, allora... è quello, ciò a cui si riferisce.»

Cristo. Mi gira la testa.

«R-Rahel, scusa, ma io... non capisco. Perché?»

«Perché tu sei il punto di vista.» È Kurt a rispondere. Cupo, e senza nemmeno voltarsi, me l'ha sputata in faccia come un'accusa.

«Cosa... Cosa sono?»

Lui inclina appena la testa, e sbuffa. «Il punto di vista...» Mi lancia un'occhiata di sbieco, da sopra la spalla. «È sempre e soltanto il tuo, nella vostra storia. Ci arrivi, o no?!»

«C... Come–» 

Un malore improvviso.

Poggio il piede all'indietro, per non perdere l'equilibrio.

"Perciò, congratulazioni. Sei tu, il protagonista di Urban Canvas."

Il centro, attorno a cui tutto il resto ruota. E da cui tutto dipende.

È così che si è espressa Becky... due giorni fa. Le ginocchia tremano, ho la nausea. Mi era sembrato un discorso incomprensibile. E ora, invece è così... sensato. Così coerente.

Il punto di vista.

Ma è anche la verità?

«Becky, i-io...» 

Becky mi guarda con tristezza. Ha gli occhi gonfi di lacrime.

Rahel scuote la testa. «No, ragazzi. Non ficchiamoci in questi discorsi astratti, adesso. Non c'è tempo. Will...» Torna su di me. «Dicci solo quello a cui hai pensato. Fidati e basta.»

Becky distoglie lo sguardo, lo proietta sul pavimento. È la stessa espressione che aveva... due giorni fa, quando mi ha detto proprio quelle cose.

Di colpo, mi sembra che tutto abbia molto più senso. Ma, allo stesso tempo... è la cosa più assurda, più incredibile che io abbia mai sentito. 

Il punto di vista

Che sia questo, in realtà, a farla stare così male? Non ciò che pensa di me, non ciò che ho fatto o non ho fatto... Ma ciò che rappresento, la posizione che mi è stata assegnata all'interno di uno schema preordinato, su cui io non ho mai avuto alcun potere decisionale.

Qualcuno ha messo me al centro, al vertice... senza che avessi alcun merito.

Strizzo le palpebre, mi isolo nel buio.

Non so se riesco a credere fino in fondo a questa storia. Non so nemmeno se dovrei , o se lasciarmi convincere da loro non sia piuttosto il primo passo nella discesa della follia. Mi sembra... che la mia sanità mentale sia appesa a un filo, ora più che mai. Che dovrei ribellarmi, negare, proporre spiegazioni alternative.

Tuttavia, Becky crede che le cose stiano proprio così. E se c'è un modo per dimostrarle che voglio aiutarla, quello non è il restare sulla difensiva. 

«Okay.» Traggo un lungo respiro, e riapro gli occhi. Sono tutti di fronte a me, ad attendere la mia risposta. «Quando eravamo ancora a Vancouver, lei lavorava in uno Starbucks. E-ehm...» Giusto. Se Kurt non conosceva la parola "dollari", figuriamoci "Starbucks". «S-Starbucks sarebbe... una catena di cafè, di...» E la parola cafè...? «Di posti in cui si servono bevande calde, perlopiù. In città ce n'erano diversi, e Becky... lavorava in quello di Powell Street, nel mio quartiere. E...giuro, non so se sia questo, ma... sei dollari e quarantacinque è... È il prezzo di un frappuccino.» Mi stringo nelle spalle. 

Dio, mi sento un idiota.

«Un... frappuccino?» chiede Rahel, sospettosa.

 «G-già, ehm...» Mi schiarisco la voce. «È il nome di una bevanda che può essere ordinata lì... C-ce ne sono di tanti gusti, n-non so se costino tutti allo stesso modo, ma... a me piaceva quello al caramello, e... ricordo bene il prezzo. Sei dollari e quarantacinque. M-m-ma, è assurdo, no?!» Rialzo la testa di scatto. «Perché Becky dovrebbe essersi messa a ripetere il prezzo di un frappuccino al caramello?! È per questo che non sapevo se dirlo o meno! Mi pareva... senza senso, un'idiozia! Rahel... Ragazzi, e se fosse solo una coincidenza?»

Rahel scuote la testa. Il suo labbro inferiore è percorso da un fremito. «Non credo proprio che lo sia.»

«Sei dollari e quarantacinque» sussurra Becky, in mia direzione. Non so cosa volesse dirmi.

«Ma come ti è venuto in mente... questo frappuccino?» borbotta Kurt, calcando l'ultima parola in un tono... strano.

Dio. Ma mi prendono in giro?! «M-me l'avete chiesto voi di mettermi a sparare ipotesi! Io ve lo dicevo che secondo me era una cosa stupida! Avete insistito...!»

«No, Will.» Rahel si frappone tra me e Kurt, distende un braccio in sua direzione, poi si rivolge a me. «Scusalo, lui...» Si morde il labbro. «Ci serve sapere da cosa è sorta l'intuizione. È una frase che Becky ha pronunciato di fronte a te? Deve esserlo. Ricordi in quale circostanza? Non stare a pensare se sembri una cosa stupida o no!»

Sospiro. Mi pare una discussione sul nulla... ridicola. Ma, se loro vogliono saperlo... 

«Sì» sussurro. «Io andavo lì, dove lavorava lei. Non so quanto spesso, ma... ricordo una scena. Ero davanti al bancone, avevo ordinato un frappuccino.» Alzo le spalle. «Lei... me lo ha dato. E poi... mi ha detto il prezzo. Tutto qua.»

Di colpo, il viso di Rahel si incupisce. Più in là, Florent si solleva sulle punte dei piedi, mormora qualcosa all'orecchio di Iskandiar. Becky si volta a guardare Kurt, che si massaggia le tempie e fissa il tappeto.

«S-sei... dollari...?» gli chiede.

Kurt resta a lungo in silenzio, in quella posizione. «No.» Scuote la testa. «No, ci serve il Mentore. Non possiamo trarre delle conclusioni noi. Qualcuno vada a cercarlo, e gli dica di venire qui!»

«L'ho già fatto chiamare» gli risponde Rahel. «Ci è andato Nevan. Tra poco... dovrebbe essere qui tutti e due.»

«Bene... Bene.» Fa sì con la testa, prende a camminare avanti e indietro. Eppure... non sembra che vada tutto "bene".

«Quindi aspettiamo lui?» chiede Iskandiar.

«No... No, muoviamoci subito.» Si discosta dal gruppo. Le sue iridi si muovono veloci, tutt'attorno a sé. «Rahel, Florent, voi restate qui con Becky. E tu, Iskandiar...»

«Sì?»

Si volta all'indietro. Punta l'indice verso l'alto. «Tu sali sulla scrivania, cerca...» Torna a toccarsi la tempia con le dita, strizza le palpebre. Sembra stanchissimo.

«Il quaderno... con gli anelli, capo? Intendi quello?»

«Sì! Sì, quello blu. Controlla che ci sia scritto... "Urban Canvas", nella prima pagina. E... E poi vedi se...» Deglutisce. «Se manca... qualcosa.»

Becky si copre la bocca con le mani.

Che cosa... significa?

«Kurt...» Rahel gli si avvicina, titubante. «Non... Non starai pensando che...»

Ma Kurt non le risponde. Si porta la mano, a coppa, vicino alla bocca. «Aidan!» grida, in direzione della finestra.

Mi volto. Aidan è di nuovo lì, affacciato dal pannello laterale della scrivania. Nello stesso punto di prima. Accende la lucina verde.

«Kurt» insiste Rahel, sempre più nervosa. «Mi rispondi?! Pensi che sia successo di nuovo? La stessa cosa... di Omar?!»

Omar...?

Ma Kurt non pare averla sentita. «Tu, Aidan, vieni con me.» Si sposta, a passo pesante e deciso, verso il punto in cui la catena di graffette scende morbida sul bordo in legno. «Dobbiamo salire sullo scaffale.»

«O-Omar...?» farfuglio. E, nel momento in cui pronuncio questo nome a voce alta... Lo sento. Lo sento, sì! Che non è la prima volta che lo faccio.

«Rispondi, Kurt!» Rahel sembra sull'orlo di una crisi di panico; Becky, dietro di lei, singhiozza a dirotto col collo infossato nelle spalle e le mani premute sulla bocca in una specie di strana paralisi. Aidan mi passa di fianco, raggiunge il bordo della scrivania.

Kurt dedica a Rahel solo una breve, cupa occhiata. Poi, inizia a salire.

«Ma ch-chi... Chi è Omar? Cosa gli è successo...?»

Ma sono tutti così presi da quello che stanno facendo, nessuno presta attenzione a me. Solo Rahel alza per un attimo il viso – ha lo sguardo spento, come se mi vedesse attraverso – e subito lo distoglie. Si volta all'indietro, in un gesto irriflesso, in direzione dell'angolo sinistro della stanza. Là... dove c'è il cestino della carta. «Non adesso, Will» sussurra. E poggia una mano sulla spalla di Becky, scossa dal pianto.... Stavolta, però, è come se non avesse niente da dire per consolarla.

Ma che cosa significa? Anche ieri, quando si sono messi a parlare dei quaderni che scompaiono durante la nostra assenza, Kurt ha buttato un occhio nella stessa direzione. Che cosa dovrei dedurne?! Che cosa c'entra, il cestino?! Non staranno pensando che... 

No, non può essere! Gli appunti di Becky non possono essere stati buttati via! Come avrebbe potuto svegliarsi, altrimenti?! Lei è qui, con noi! E la cartellina arancione, è lassù... Non è come... Non è come quello che è successo alla Bambina, lei...

Oddio, non ci capisco nulla.

«Rahel, siamo qui!»

Mi volto. Sotto il tavolo, alla mia destra, c'è Nevan, che corre verso di noi. C'è il professor Pierce, con lui. Non riesce a tenere il suo passo.

«Professore!» lo chiamo. 

«Upton!» urla Rahel, in un moto di sollievo. Si alza in piedi, solleva il braccio, gli va a parlare dappresso. «Kurt... Kurt teme che possa essere successo di nuovo!»

«Che cosa?» Il professore rallenta il passo, ha un leggero fiatone.

E iniziano a parlare vicino, le loro voci sovrastate dall'urlo del vampiro: «Kurt, il Mentore è qui!»

E, per un pezzo, tutti si parlano l'uno sull'altro: Nevan, Rahel, il professore, Florent e persino Kurt, da dietro la fila di cartelline, sbraita qualche parola. Finché lui non si affaccia da lassù, e tutti si voltano verso di lui.

«Kurt...» Rahel. «Allora...?»

«No» risponde lui, alla domanda inespressa. «Qui è tutto a posto. Non è stato toccato niente. Ora scendiamo!» E, davvero, fa un cenno col capo ad Aidan e si pone di spalle, all'inizio della scala.

Un fugace sollievo riempie gli occhi di Becky e di Rahel, quaggiù. Non in quelli del professor Pierce.

«Quindi... è questo?» Si mette i pugni sui fianchi. «Credete che possano essere sparite delle parti, dalle fonti che riguardano... Becky?» 

«Non lo sappiamo, Upton...» Rahel sussurra, con lo sguardo rivolta alla schiena di Kurt che, agile, scende giù dalla catena senza tentennare un istante.

Il professore si massaggia la fronte. «Le fonti... Le fonti principali... sono due...»

Kurt salta giù dall'ultimo tratto della corda e atterra al suolo. «Iskandiar!» grida, a pieni polmoni.

Nessuno se n'era accorto. Eravamo tutti concentrati sul saliscendi di Kurt, sul Mentone che è appena arrivato e aveva bisogno di un veloce riassunto... Ma Iskandiar è là, in piedi, sul bordo della scrivania, che guarda verso di noi. Tra le mani, ha dei pezzi di carta obliterati... ridotti a strisce.

«Iskandiar! Iskandiar...?»

Tutti sono in allarme, alla vista del suo viso atterrito, sbiancato. A parte Becky, così sconvolta da non riuscire ad alzarsi, tutti si radunano lì sotto, in linea d'aria, e stanno col naso all'insù, a gridare il suo nome e incitarlo a parlare. 

Ma le parole faticano a uscire dalla sua gola, e le sua dita guantate stringono i brandelli di cellulosa ancora più forte.

«Mancano... Mancano delle pagine» dice. Desolato, come se si trattasse di un suo fallimento.

Becky va in subito un iperventilazione. Rahel corre da lei, Nevan strilla frasi sconnesse. «Kurt! Kurt! Siamo spacciati! Spacciati!»

«No, fermi, fermi... Fermi!» Kurt si scansa da loro, gli occhi sbarrati e iniettati di sangue, il respiro mozzato nella gola e la goccia di sudore che scivola lungo il suo zigomo e brilla alla luce solare. «State calmi! Non agitatevi! Dobbiamo ancora capire cosa è successo!» Cerca di prendere fiato. «Mentore... Ci dia una mano, per favore.» Le sua braccia, e anche le sue ginocchia, tremano. 

Non lo avevo mai visto così spaventato. Non credevo potesse esserlo, e... quell'ostinazione, quell'assurda tenacia, nonostante il terrore, nel fare di tutto per mantenere il controllo, per non crollare e non cedere al panico... quella fermezza che cerca di esibire, solo per rassicurare i compagni, è... è così...

Oh, Dio. 

Sono una nullità.

Il professor Pierce serra le labbra, inquieto. A fatica, ingoia della saliva, fa un cenno col capo in direzione di Kurt. Poi solleva sposta lo sguardo al ripiano della scrivania. «Iskandiar,» s'intromette, «per caso, riesci a dirmi... quali sono, le pagine mancanti?»

«Signore...» Riluttante, quasi temesse di agitare tutti di nuovo con le parole sbagliati, come se fosse responsabilità sua, e non dello stato di cose, il guerriero abbassa la fronte e si guarda la punta degli stivali. «Non posso dirlo con certezza. Io non ne avevo memorizzato il contenuto così bene. Sono state strappate... delle pagine sparse. Di più, non so...»

«Ed erano... Erano quelle che riguardavano Becky...?»

Iskandiar sospira. «Non lo so...»

«Puoi fare una piccola verifica, Iskandiar...? Voglio sapere se c'è ancora il suo nome, scritto da qualche parte. Controlla... Controlla le pagine rimanenti, da cima a fondo, ma soprattutto nell'ultimo terzo. Cerca "Becky", "Becky Brown", oppure "Rebecca", o "Cameriera", "Barista", o "B. B.", "R. B.", o "L.I.", oppure "Love Interest". È sempre lei.»

Love Interest?!

«Sì, vado subito, signore.» Iskandiar scompare dalla visuale.

Love Interest... È tutto così bizzarro da sfociare nel grottesco.

Kurt si accosta al professore. «Mentore... Signor Pierce,» gli mormora, con voce tremante, «lei... Lei conosce i quaderni meglio di tutti noi...»

Il professore ispira piano. «Già...» sussurra.

«A... A che cosa sta pensando? Ci dica cosa le è venuto in mente...»

Il professor Pierce si morde il labbro inferiore. Infila un dito nel colletto della camicia, lo tira in avanti, nel tentativo d liberare il collo. E, forse, riuscire a respirare. «Non voglio rischiare... di giungere a conclusioni premature, Kurt. Ho solo un sospetto. Ma, prima, dovrei... Dovrei analizzare nel dettaglio tutto quello che resta...» Trae un profondo respiro. «In ogni caso, una cosa posso dirla. Non è la stessa cosa che è successa a Omar.» Il suo tono, ora, è più sicuro, più solido. «Le fonti che riguardavano lui... erano tutte concentrato in un unico quaderno. Questa... non è la stessa situazione.»

«N-ne... Ne è sicuro...?» chiede Kurt.

«Sì... Sì.» Il professor Pierce annuisce, con convinzione. «Lei è ancora qui, no?» E indica rapido in direzione dello scaffale. «E hai detto che lassù non è stato toccato nulla, giusto? Quindi, c'è ancora la sua scheda del personaggio, nella cartellina. È sintetica, certo, e incompleta. Ma c'è il suo nome, cognome, indirizzo...» Scuote le spalle. «Becky... non può svanire, finché resta quello.»

Kurt tira un sospiro di sollievo. Si volta all'indietro, verso Becky e Rahel. Anche i loro volti pare che si siano ricoloriti. Rahel stringe le dita sulla spalla dell'altra. «Hai... hai sentito?» E l'angolo della sua bocca si piega addirittura in un leggero sorriso.

Eppure... 

Kurt torna sul Mentore. «Okay, ma... il quaderno della scrivania, invece...?»

E lui deglutisce. Si sistema gli occhiali, e le dita, per un attimo, restano sospese sul suo viso, ad accarezzare lo zigomo. «Quello... è sempre stato un quaderno inerte, ma... c'era dentro parecchio. Scalette di capitoli, collocabili... nell'atto centrale, per quel che ne ho capito.» Il suo labbro trema. «Scene disparate, spezzoni di dialogo, anche se... in una versione molto primitiva, a mio avviso, perché a volte il nome di Will è sostituito da una sigla, M.C.»

«M.C.?» sussurro, allarmato.

Il signor Pierce si volta per un attimo verso di me. «Sì. Una sigla generica, credo stia per "Main Character". La mia ipotesi è che non avesse ancora deciso il tuo nome.»

Un brivido mi percorre la schiena.

«Il punto è che...» continua lui, «lì dentro c'era soprattutto l'elaborazione del ruolo di Becky. Quello che lei rivestiva all'interno dell'intera storia, e... nei confronti di Will.» 

«Quindi... lei crede che... potrebbe essere sparito solo quello? Solo il suo ruolo?» lo incalza Kurt.

«Sì.. Però...» Scuote la testa.

«Però... cosa? Mentore, ce lo dica, la prego!»

«Spero di sbagliarmi, Kurt. Ma, senza il suo ruolo... che cosa resta? È questo che non posso stabilire. Hai... Hai notato che nessuno, tra noi... nessuno, è indicato nelle fonti come una semplice comparsa...? 

Kurt aggrotta le sopracciglia, confuso. «Non, non... Cosa intende?»

«Anche se non tutti, tra noi, sono protagonisti della loro storia, ognuno di noi è, sempre e comunque, contraddistinto da un ruolo di rilievo. Eppure, nelle fonti, le comparse ci sono. Creature, entità, individui che appaiono in un'unica scena; o, addirittura, che pronunciano una sola battuta, o che non ne pronunciano affatto. Nessuno di loro, però, ha mai preso vita. È come... Come se... non ci fosse abbastanza, su di loro, per far sì che prendessero forma nel mondo materiale»

«Qu-quindi... Quindi, lei dice che...?»

«Ne ho trovata una, signore!» La voce di Iskandiar, da un punto non visibile del tavolo, prorompe a volume inaudito. «C'è una menzione di Becky, dentro al quaderno!»

Tutti riprendono a parlare insieme. La libreria, alle nostre spalle, esplode in un diffuso brusio. 

«O-okay!» Il professore fa un passo all'indietro. Guarda in alto. «Puoi... Puoi riferirmi il contesto...?»

«Ehm, è... È una scena... in una specie di locanda... Credo sia lo stesso posto di cui parlava Will, poco fa... Starbucks?»

«Sì!» grido io. Finalmente, posso essere utile a qualcosa.

«È quello! E Becky... Becky c'è! C'è! È... È indicata come "cameriera", e... porge una bevanda a M.C., e dice...»

La voce del guerriero, di colpo, sfuma.

Nessuno apre bocca, per lunghi secondi.. Ma è chiaro che tutti stiano pensando la stessa cosa: c'è rimasta un'unica scena, in cui Becky sia presente. 

«Iskandiar.» Il professore rompe il silenzio. «C'è dell'altro?»

Il guerriero riappare sul bordo della scrivania. Ha lo sguardo afflitto. 

Scuote il capo.

«Sei... Sei dollari e quarantacinque?» Becky si alza in piedi. «Sei... dollari, e...»

Il professore di volta verso di lei. «Mi... Mi dispiace, Becky...» 

Il volto di lei, di colpo, è paonazzo. Si afferra la testa, stringe spasmodiche le dita tra i suoi capelli, li tira. «Sei dollari e quarantacinque!» grida. «Sei dollari e quarantacinque! Sei dollari e quarantacinque»

Rahel, a occhi sbarrati, si getta su di lei. Le afferra le braccia, cerca di staccarle dalla sua testa, di tenerla ferma, ma Becky si butta a terra, e continua a gridare: «Sei dollari e quarantacinque, sei dollari e quarantacinque!»

Faccio un passo verso di lei. «B-Becky...»

«No! No! Becky, guardami!» Kurt si lancia in avanti, cerca di incontrare i suoi occhi. «No, no, no....» Le prende le mani. «No, Becky, ascoltami. Ora ci penso io, ci penso io, va bene?! Ritroverò tutto... Tutto!»

«Ma... Kurt!» Rahel lo fissa sconcertata.

«No.» Con la mano aperta, le fa cenno di tacere. «Tu, tu non... Non farai,» scandisce, «la stessa fine di Omar. Hai capito?! Becky! Dimmi che hai capito!»

«Sei... Sei.» 

Becky si ferma. Le sue narici fremono di terrore. Ma è ferma.

Kurt annuisce, in silenzio. Poi si volta all'indietro. 

 «Aidan, lancia un segnale di adunata!»

 Aidan, dal bordo della libreria, fa uno scatto in avanti a spie verdi accese. Poi, di colpo, frena. Luce rossa, fissa. E si innalza, di colpo, nell'aria, in verticale. Supera il ripiano della scrivania, passa ancora oltre, e si ferma lassù, al di sopra di tutto. E lancia un segnale sonoro, simile a quello di un faro, che rimbomba forte per tutta la stanza. 

Sono... senza parole. Non avevo nemmeno idea che potesse emettere suoni.

Kurt si pone in mezzo a tutti noi. Ruota un poco la testa, a destra e a sinistra. 

«A tutti i membri del covo! Chi vuole unirsi alla questa spedizione, si faccia avanti ora!» 

«Kurt, ma che intendi fare...?» Rahel gli s'approssima

E Kurt esita. Ma solo per un atto. 

«Perché, chi vorrà, potrà seguirmi... dentro al cestino!»

«C-cosa...?» Rahel spalanca le palpebre.

E, nel resto del covo, esplode il caos.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro