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10. Caramel Frappuccino

Assurdo. Ogni volta che sbircio nella sua direzione, Florent ha per le mani qualche altra chincaglieria strana, che sembra essere sbucata fuori dal nulla. Ma dove le tiene? Ora, per esempio, sta tenendo tra le dita un pennello basso e largo e dall'impugnatura in legno. Ne intinge le setole in una ciotola che tiene appoggiata sulla coscia, ricolma di una sottile polverina argentea. Giuro, non ce l'aveva fino a un attimo fa. 

Tac-tac. Sbatte il pennello due volte sul bordo del contenitore, poi se lo passa sulla parrucca. Se ne sta seduto a gambe incrociate, anche lui sul bordo del nostro scaffale, ma sul lato opposto rispetto a me. Mi volge le spalle. 

Con l'altra mano, tiene uno specchio sollevato di fronte a sé. È uno di quegli specchi antichi, dotati di manico. Esamina con minuzia ogni centimetro del suo viso.

«Will... Ti ho mai raccontato del mio caro amico François-Marie?» mi chiede senza voltarsi.

Non vedo come avrebbe potuto. Ci conosciamo da ieri.

«No.» Alzo le spalle. «Chi è? È uno che sta qui?»

«Oh, oh!» Ridacchia. Che cosa ci sia di divertente, lo sa Dio. «No, no. Lui... credo soggiorni a Fernex.»

«Fernex...» ripeto, con voce atona. Spero capisca al volo. È inutile che mi tiri fuori nomi di posti che non conosco.

«È in Francia, proprio sul confine svizzero. A quanto mi risulta, vive lì già da qualche anno. O, almeno, questo è ciò che mi è giunto all'orecchio per bocca di alcuni nobiluomini che si sono recati in visita nella sua residenza... Non ho potuto verificare di persona.» 

A un tratto, abbassa la sguardo. Poggia il pennello di lato, nello spazio vuoto tra il ginocchio e le costine dei libri. Ruota il busto all'indietro. «Mi sarebbe davvero piaciuto rivederlo, prima di finire qui. Tanti dei miei migliori ricordi da vivente sono legati a lui e agli altri della Societé du Temple. Ma come potevo presentarmi così? Non sono invecchiato di un giorno, da quell'epoca! Per quanto ne sa lui, io sono morto più di vent'anni fa»

«Capisco... Succede.» Getto uno sguardo alla stanza, avvolta nel silenzio. È già la seconda mattina di seguito che ci faccio caso: prima di una certa ora, non c'è versi di beccare qualcuno in giro. Non credo che siano ancora tutti chiusi nel quaderni. Credo sia più una questione di... Di non avere buoni motivi per scendere dai ripiani. Ma magari mi sbaglio.

«Ah, povero François-Marie!» Florent torna a guardarsi allo specchio. Ruota un poco la testa da un lato, poi dall'altro, e rimira nel dettaglio ogni singola minuzia del suo viso. 

Ma... Aspetta. Non c'è niente, nel riflesso! Non c'è la sua faccia, ci sono solo io, a figura intera! Ma che diamine...!

«Ma... Che cosa...»

«È stato pure in esilio, sai?» continua lui, come se niente fosse. «Per via dei suoi scritti... mordaci. Lo sapevi?» 

«Uh?!»

Si volta di nuovo verso di me. Mi scruta con irritazione. «Parlo del mio amico di gioventù! Di François-Marie Arouet! Will, ma mi stavi ascoltando?»

«Ah... Ah, s-sì, scusa.»

Florent sorride soddisfatto. Torna a guardarsi nel vacuo riflesso. Che lui riesca a vedersi? O, magari, si tratta di una posa, di una specie di rituale senza senso, mantenuto da prima di diventare un vampiro...? 

Ed ecco che tira fuori qualcos'altro. Che diamine è, stavolta? Pare un... cofanetto rotondo, d'avorio decorato, più piccolo del suo palmo. L'ha preso dallo stesso punto in cui, poco fa, ha appoggiato il pennello e la ciotolina con la polvere argentata. Non credo che fosse già lì. O sì?

Ne solleva il coperchio. È a conchiglia, e un ulteriore specchietto è racchiuso all'interno. A cosa serve...? Che ci tiene, dentro? Okay, lo ammetto, sono curioso.

Florent lo appoggia sulla coscia, ci infila dentro il mignolo e, quando lo ritira fuori, una pallino nero è rimasto attaccato al polpastrello. China il viso verso la superficie riflettente, si studia...

Ma cosa...? Ah. Oddio.

Il neo finto finisce sulla tempia, al termine del sopracciglio. «Pensa che, una volta, l'hanno persino rinchiuso dentro la Bastiglia, quando era giovane.» 

La Bastiglia... Gesù, ma che cosa sto ascoltando?

«Ah. Interessante.»

«François-Marie è sempre stato una testa calda... e lo è ancora! Ah, ci scommetto i miei cavalli infernali!» All'improvviso, piega all'indietro, la sua risata esplode al volume altissimo, malefica. Chiude il cofanetto di scatto, solleva l'indice per aria. «Ho sentito dire che sta scrivendo un nuovo romanzo... Satirico, ovvio! Non ci si poteva aspettare null'altro da due. 

«O-okay...» Ho i brividi. Mi inquieta troppo, Florent. In certi momenti non capisco se stia solo cercando essere mio amico o se voglia... non so. Uccidermi. 

«Sono molto impaziente, di sapere chi prenderà di mira!» Il cofanetto viene riposto nello spazio in ombra, tra il suo ginocchio alle costine dei libri. «Anche se, dopo la mia presunta morte, non siamo stati più... in contatto, ufficialmente... non mi sono perso nessuna delle sue opere. Stare qui... mi ha fatto spesso ripensare a un suo racconto. Mi pare il titolo fosse Micromega...»

Sono stufo di stare qui con lui. Mi alzo in piedi. «Eh-ehm... Florent, scusami. Ti spiace se ne parliamo un'altra volta, di questa cosa? Vorrei... stare un po' da solo.»

Il vampiro si ammutolisce. 

Per lunghi secondi, è come se mi guardasse attraverso la superficie dello specchio. E dico "come se", perché il suo busto è immobile, il suo viso è rivolto al riflesso, ma non posso vedere i suoi occhi... Me li sento addosso, tutto qua. 

Abbassa lo specchio, lo rivolge verso il basso. Si volta all'indietro, e mi rivolge una smorfia di alterigia e disprezzo. Per un attimo, i suoi canini scintillano alla luce del cielo, proviene dalla finestra. 

«Non sei molto abile nell'intrattenerti in conversazione, hm?»

Resto rigido, in piedi, con le mani in tasca.

Florent sospira. Alza gli occhi al cielo. «E va bene, va bene!» Ruota di nuovo il busto in avanti e mi scaccia con dei volteggi nel posto nell'aria. «Vai, vai, giovane Will!»

Non me lo faccio ripetere. «O-okay. A più tardi» borbotto. Allungo la mano allo skate, appoggiato contro il pannello dal mio lato dello scaffale, lo afferro e salto giù dal bordo. A capo chino, sistemo la tavola di fronte ai miei piedi. Poggio il piede sopra, una spinta... e parto, dritto verso la parete opposta dello studio, là dove è posta la cassettiera del professor Pierce.

La scelta della direzione... è stata istintiva, in realtà. Non ho ragionato su dove volessi andare. Volevo solo allontanarmi da lì, e ho preso la stessa strada di ieri, come un automa. Non ho nessun programma. 

Dovrei solo... parlare con Becky. 

Mi piego sulle ginocchia, spingo col piede sinistro sulla parte posteriore dello skate e salto. Un flip trick semplice semplice, la tavola fa un giro completo e atterra sul tappeto.

Procedo in diagonale.

Assurdo, a pensarci. Nella mia vita precedente, a Vancouver, non credo di aver mai parlato con lei tanto spesso. Sempre che io l'abbia fatto mai... 

Ho i ricordi confusi, a essere sincero. Mi sembra... che avessimo un qualche tipo di confidenza. Mi sembra di averle raccontato i miei sogni, le mie preoccupazioni sul futuro... Mi sembra di aver guardato la superficie del mare, al tramonto, e che lei fosse accanto a me. 

Ma se mi concentro... non lo so. E se fossero state tutte conversazioni che avvenivano solo nella mia testa...? Quando mi ritrovavo da solo, e... pensavo a lei. A cosa avrei voluto dirle, se fosse stata lì vicino a me. O a quello che le avrei detto... in futuro

E così, il ricordo di lei, accanto a me, di fronte alla distesa dell'oceano, si sovrappone a quello di uno spazio vuoto. E il ricordo di noi che parliamo a un tavolino dello Starbucks mentre lei è in pausa... si sovrappone al ricordo di me, allo Starbucks. Da solo. 

Non lo so. Non lo so, se ci ho davvero parlato.

L'ho fatto qui, al covo. Ed è proprio questo a rendermi perplesso. Se le cose funzionano come mi è stato spiegato... al nostro primo incontro avrebbero dovuto dischiudersi tutti i ricordi che ci riguardano.

Ma le uniche immagini che riesco a focalizzare, adesso, hanno a che fare solo con me... che la guardo da lontano. Come me, che dico "C-ciao... Un Caramel Frappuccino". O con me che esco di notte con lo skate, zaino in spalla, con in tasca la bozza del ritratto che avevo in testa, e che avrei eseguito, di lì a poco, su un muro in cui sapevo che lei si sarebbe imbattuta nel tragitto per arrivare al lavoro. 

Diamine... Che lei creda che io non mi sarei mai dichiarato, lo posso anche accettare. Non... Non ha comunque senso, per me, perché finché il tempo non è scaduto per sempre, c'è sempre una possibilità. Ma questo... Questo no.

Dio! Non ci voglio neanche pensare di poter essere stato un simile sfigato, con lei! Per... Per forza, poi, mi vede come un vigliacco! Avrebbe ragione!

O... ce l'ha.

I ghirigori grigi, blu scuri e bordeaux del tappeto scorrono veloci sotto di me Viro; sfreccio di fianco alla cartellina-palchetto; supero la sedia girevole, passo sotto alla scrivania, la luce della finestra resta schermata al di là del pannello... e mi ritrovo dall'altra parte. 

Mi fermo. 

Ho bisogno di rielaborare i pensieri... da solo! Da solo, in pace. Non voglio che qualcun altro mi veda così.

Prendo sottobraccio lo skate, costeggio il fianco della scrivania... e mi accovaccio a terra, al centro, col viso rivolto alla finestra. 

Sospiro.

Becky in bicicletta per Downtown Eastside. Becky dietro al bancone. Becky... dipinta. Becky nei miei sogni.

Dio, potrei vomitare qui. E la cosa peggiore è che... non riesco a capire che cosa provo. Ho soltanto... un vuoto. Qui, nel petto. Sono solo... frammenti di immagini, sempre più sfocati... a cui non è associata più alcuna emozione. 

L'unica cosa che provo... è imbarazzo. 

Imbarazzo per com'è andata nei giorni scorsi, per la figura di merda che ho fatto di fronte a lei. Vorrei solo... riabilitarmi, e passare oltre... Far capire a lei, e a tutti gli altri.

Strizzo le palpebre, in un moto di vergogna.

Kurt.

Cavolo, l'ultima cosa che mi serviva, adesso, era mettermi a rimuginare pure su quel... Quel...! 

Ma perché?! Perché doveva andare così? Non potevamo, che ne so, incontrare una persona diversa, una che non avesse nulla a che fare con Aidan?! No, dovevamo incontrare Kurt! E la parte peggiore... è che è pure il capetto, qui!

Kurt si è portato via l'unico amico che avevo. E mi trattato sin dal principio come un inutile, pure! Va bene, forse non avrò dimostrato chissà quale fegato, la prima volta che ci siamo incontrati, ma porca miseria! Ero spaesato, confuso... Avevo solo paura! Ho solo pensato, lì sul momento, che fosse meglio tornare indietro! Mica ho insistito, dopo! Per quale razza di motivo dovrebbe bastare un, un... Un minuscolo momento di debolezza, per inquadrare per sempre una persona?! E usarla per accanirsi contro di me, per riprendermi qualsiasi cosa io dica? Volevo solo... aiutare.

Mi reggo la fronte con la mano. I miei denti sono serrati insieme così forte che mi sta venendo il mal di testa.

Rilasso le spalle.

Va be', basta. Chi se ne importa, di quel che pensa di me? Tanto, quando sarà tutto finito, non lo rivedrò mai più. Io me ne tornerò a Vancouver, penserò alla mia vita, e lui... be'. Lui ritornerà nella sua improbabile Germania distopica del futuro. E con lui, ci sarà pure... 

Un ronzio, sulla sinistra. Cos'è stato?

Sollevo la testa, mi volto verso l'origine del rumore. 

Aidan è lì, sospeso, a poca distanza dal limitare del pannello. Se ne resta immobile, non osa avvicinarsi di più. La sua lucina azzurra che lampeggia piano... triste.

«Oh, no.» Ci mancava soltanto che comparisse proprio lui, dal niente! Volevo... Volevo solo stare da solo. «Per favore, lasciami stare.»

Bzzz, bzzz. Aidan avanza di qualche palmo, incerto.

Sono solo venuto a chiederti come stai.

Ah, e si rinviene adesso?! Dopo tutti questi giorni in cui mi ha ignorato?!

«Be', grazie dell'interessamento.» Non riesco a nascondere l'irritazione nella mia voce. O meglio: non voglio. «Sto bene. Ora t-te ne puoi andare.»

Mi rincuora che tu stia bene, Will. Ma, oltre che per farti questa domanda, sono venuto qui anche trascorrere un po' di tempo con te. È da quando siamo arrivati qui che non abbiamo più avuto occasione di parlare.

Sbuffo.

Poverino. Kurt lo ha mollato da solo? Aveva un buco di tempo in cui non aveva niente di meglio da fare e, all'improvviso, si è ricordato di me?

«Be', a me non va di parlare...» Volto la testa nella direzione opposta. «...con te.»

Bzzz, bzzz. Ed ecco che fa il giro. Come al suo solito. 

La lucina azzurra centrale lampeggia a velocità inusitata.

Con me? Proprio con me, nello specifico? E perché?

Azzurro, centrale, veloce. È il segno l'angoscia. 

No... No, aspetta. Non è l'angoscia. Perché non è un'emozione.

È solo... una fottuta lucina, cribbio!

Ecco quanto è facile, per lui, simulare di provare qualcosa! Gli basta scegliere questa o quella spia, usare il colore giusto... e stop! Nessuno sforzo da parte sua! E io, brocco...

Dio. È la prima che mi capita di pensare una cosa così... da quando lo conosco.

«Lascia perdere, Aidan...» Mi fisso il dorso della mano, qui dove ho la macchia d'inchiostro. Non voglio... Non voglio che veda che ho gli occhi lucidi.

Però devo raccontarti tutto quello che ho scoperto in questi ultimi due giorni, Will! Sono certo che–

«Ah, sì? Ma pensa» sbotto. «E su cosa? Tiro a indovinare: su Kurt?»

Aidan accende la lucina gialla centrale. Esita.

Sì, anche su Kurt... Ma non solo, Will. Si tratta soprattutto del covo...

«Non mi interessa, a dire il vero.»

Ma sono capitate delle cose, Will! Lascia che almeno–

«Aidan! Ti ho detto che non mi interessa! Ma cosa devo fare, per farti stare zitto! Dio, lasciami in pace!»

Lucina azzurra centrale. Fissa.

«Oh, ma smettila, adesso...» 

Gesù, ora fa la vittima. Dovrei credere che sia triste, che gli dispiaccia, sul serio?! Eppure due giorni fa non ci ha pensato un attimo a lasciarmi da solo, e a farsi mettere nello stesso scaffale di Kurt! Se gli fosse dispiaciuto davvero... Cribbio, sono i fatti, a contare! Non le parole, e men che meno delle fottute lucine!

Mi... mi manca il respiro.

Will... Ma sei arrabbiato con me?

«Indovina un po', Aidan! Tu che ne pensi?! Sono arrabbiato, secondo te?»

Non devo piangere, non devo piangere, non devo piangere.

Will... Preferirei sentirlo da te, senza cercare di indovinare.

Scuoto la testa.

Poteva dirglielo, no?! "Grazie tante per l'offerta, Kurt, ma vorrei restare con Will, non voglio che resti da solo." Oppure poteva chiedergli di far portare anche il mio taccuino, lì da loro... Che problema ci sarebbe stato?! Non c'era abbastanza spazio per tutti e tre, su quel dannatissimo scaffale?!

Non gliel'ha nemmeno chiesto, scommetto! Non gli è venuto nemmeno il pensiero...! Ecco quanto gli frega di me!

Ed eccolo che ritorna, di nuovo, davanti alla mia faccia!

Will, mi puoi spiegare?

«Aidan, basta!» Mi alzo in piedi di scatto. Sono un fascio di nervi. «Ora non ho tempo per te, okay?! Ho... Ho altro da fare.»

Posso darti una mano?

Dio, quanta insistenza! 

«No!» 

Che cos'è che devi fare? 

«Devo... D-devo...» 

Mi guardo attorno. Cribbio! Non ho niente da fare! Ma perché Kurt non mi ha assegnato subito un qualche incarico da svolgere per il covo, in modo da tenermi occupato?! Visto che, oltretutto, sta lì a millantare quanto loro si debbano fare il mazzo, come se ne avessero fin sopra la testa... Ma no! Più facile umiliarmi, tenermi in disparte e farmi pesare il fatto che sono inutile! Un... Un circolo vizioso! Io mi sarei accontentato pure di, di... 

Diamine. Di colpo, pure le spedizioni per andare a sgraffignare elastici per capelli dal bagno mi sembrano utili ed entusiasmanti.

Con il piede, riposiziono di fronte a me la tavola da skate.

Mi sa che mi trovarmi da solo un qualche tipo di occupazione. Anzi, meglio! Così sceglierò da solo, e nessuno potrà recriminarmi un bel niente! Tornerò dal professor Pierce, e lo convincerlo ad assumermi. Sì! Sarò il suo assistente, e lo aiuterò nelle sue ricerche. La fuga perfetta: lassù, sul cassettone, isolato dal resto del covo,

Prima, però, devo andare a parlare con Becky.

Già. È l'ora di smetterla con la procrastinazione.

Mi rivolgo ad Aidan.

«Non sei l'unico ad avere degli impegni, Aidan. Si dà il caso che anch'io... abbia rincontrato vecchi amici della mia ambientazione

Aidan fa lampeggiare le tre lucine verdi centrali.

Questa è un'ottima notizia, Will! Ne sono sollevato!

Ne è sollev–

Stringo i denti.

Ma cosa fa?! Mi compatisce pure, adesso?! È felice che abbia trovato qualcun altro, così non è più costretto a tenermi sul groppone?!

«Perciò puoi anche smetterla, di far finta di preoccuparti per me!»

Ma io non–

«Non mi serve un baby-sitter, Aidan! Perciò... tornatene pure sereno dal tuo Kurt... e dalla tutta la tua nuova combriccola. Va' a parlare con loro, visto che hai tanta voglia di chiacchiere!» Gli volto le spalle.

Will!

«Non seguirmi, Aidan!»

Pongo il piede di traverso sulla tavola. Una, due, tre spinte. Continuo a sentirmi addosso il suo sguardo, ma no. Non mi volto. Non esiste! 

Non me ne frega più niente! Non... Non se lo merita, che io stia male per lui!

Dopo tanti giorni insieme, l'uno al fianco dell'altro... Dopo i suoi inutili "Non ti abbandonerò mai, Will, gnì-gnì, ti starò sempre vicino"... Lui mi ha cancellato dal suo orizzonte, nel giro di, di... Di neanche mezza giornata. E perché?! Perché ha ritrovato il suo amichetto Kurt! E chi sono io, al confronto?! Nessuno! Solo un tizio con cui era costretto a restare confinato!

Non piangere, Will, non farlo!

A quanto pare, contavo qualcosa solo fintantoché non c'era nessun altro a disposizione. Poi, appena siamo usciti di lì... 

Non... Non devo piangere.

Appena siamo usciti di lì, ha trovato subito di meglio! E a me...? Cosa è toccato, a me...? L'anfratto polveroso, ecco cosa! Insieme al... al vampiro parruccone. E la cosa peggiore è che Aidan... quello che diceva di essere mio amico... non si è neanche preoccupato di venire a cercarmi al risveglio...! Si è rinvenuto solo... Solo ora! 

Che si fotta, traditore!

Un'altra spinta, contro il pavimento. La foga è tale che, per poco, non perdo l'equilibrio.

Svolto a destra, giro attorno al pannello laterale della scrivania. 

Di fronte a me, poco oltre... gli scaffali.

Eccolo lassù, quello di Becky. Il secondo, a partire dal basso. 

Freno.

La sua cartellina arancione spicca, anche da lontano.

Inspiro dal naso fino a riempirmi i polmoni. Dio, se ripenso alla discussione di ieri...

È assurda l'idea che si è messa in testa, che il nostro destino sia definito per sempre da quello che è stato trovato dentro ai quaderni! Mi... Mi irrita, non mi va giù! Perché diamine dovrei essere giudicato a priori, sulla base di testi che non ho mai letto... e che men che meno scritto?! Quando lei potrebbe limitarsi a... A conoscermi! Me, in persona! Sono qui, sono a disposizione, e che cavolo! Potrebbe passare del tempo con me, provare a, a... capirmi... prima di farsi un'opinione. Mi fa troppa rabbia!

Cerco di regolare il respiro. Mi si è formato un nodo in gola, non riesco a far passare l'aria. È come essere... intrappolati... da catene invisibili! Non è giusto!

No, no. Ora... devo farmi forza, parlarle faccia a faccia, e risolvere. Devono essersi tutti bevuti un po' il cervello, a forza di stare richiusi qui dentro . Ed è comprensibile, giuro! Lo capisco! È pesante, questa ripetitività, questo non poter far nulla per uscirne... La cosa peggiore è proprio non riuscire a darle un senso. Per questo, appena viene scovato un mezzo straccio di spiegazione, tutti si attaccano a quello, manco fosse una nuova religione! E ci sono le Trame che non possono essere smentite, le caratterizzazioni che definiscono chi siamo e chi non siamo...

Tuttavia, non si può basare tutto solo su questo. Non può ridursi tutto a questo! 

Okay, c'è scritto, da qualche parte, che a Vancouver non ho mai trovato il coraggio di dirle ciò che provo? Va bene! E mettiamo pure che questo corrisponda alla verità, e che io non possa fare nulla per cambiarlo! 

Resta il fatto che il futuro è in mano mia. E, fino a prova contraria, non esiste alcun testo che anticipi... quello che sto per fare ora...! 

E se io, ora, decido di andare a parlare con lei, lo faccio! Se decido di non farlo, non lo faccio! Sto qua, non mi muovo! Sono libero, cavolo! Libero, ed esercito la mia libertà!

E io lo farò capire anche a lei, sì. Le mostrerò che si sbaglia, non appena...

Uhm. Ma dov'è Becky?

Forse ho sbagliato a dare per scontato che fosse qui.

Mi porto le mani a coppa vicino al viso.

«Becky?!» Oddio, spero davvero che riesca a sentirmi. Non vorrei mettermi a urlare più forte di così. «B-Becky, sei... Sei sveglia?!»

Già. Potrebbe anche non esserlo, in effetti. Finora non ho mai avuto molti metri di paragone, per sapere quanto tempo passi di norma tra il risveglio e l'altro. Posso solo dire che, di solito, Aidan era il primo a uscire dal suo block-notes. Infatti, il più delle volte, quando mi svegliavo lo trovavo già operativo da un pezzo. La Bambina, invece, faceva la sua comparsa poco dopo di me... 

Ma un campione di tre persone non è sufficiente per trarne una regola. 

Uhm... Forse mi toccherà aspettare.

Provo a chiamarla l'ultima volta. «Becky?!»

Silenzio.

Poi, un movimento. Non nei pressi della cartellina, ma... Nella pila di fogli, subito lì accanto.

Sarà lei...? O... magari condivide lo scaffale con qualcun altro? Be', chiunque sia, magari saprà... Saprà dirmi dove...

Ed ecco che, a un tratto, la luce della finestra si rifrange su una balla di fili metallici, proprio lì, sul bordo dello scaffale.

«Ma... cosa...?»

E una lunga catena di graffette – sì, sono proprio graffette! – legate l'una insieme all'altra, si srotola giù dal ripiano, a partire dal piccolo spazio vuoto che separa la pila dalla scatola che, a mo' di fermalibri, tiene in piedi tutte le cartelline di plastica colorata.

Giù, giù... A metà dell'altezza, le stanghette s'impigliano tra loro; la catena resta aggrovigliata, ma qualcuno, invisibile, la smuove dall'alto, finché non si scioglie, e riprende la discesa. E, con un lieve tintinnio, l'ultima graffetta sbatte contro il bordo del mobile; dondola un po', poi si ferma... proprio a pochi passi da me.

Non... Non ci posso credere. Mai avrei immaginato di vedere una scala fatta così! È una trovata geniale...! Quasi meglio di quella fatta di spago e di pezzi di matita!

Sollevo lo sguardo. Becky, lassù, è affaccia sullo strapiombo. Ha le sopracciglia aggrottate, i capelli sciolti che le ricadono davanti al viso. Non riesco a fare nulla di meglio che... farle ciao, con la mano aperta. Come un bambino.

Mi sorride, con dolcezza. Poi, subito, si volta di spalle, si aggrappa al pannello laterale dello scaffale. poggia la suola della converse sulla stanga della prima graffetta... e comincia la discesa.

Oddio... Mi ha sorriso! Questo vuol dire che...

Rilasso le braccia lungo i fianchi, tutta la tensione se ne va in un battito di ciglia. Temevo che... Che l'avrei trovata affranta come ieri, che si sarebbe intristita al solo vedermi, non... Non sapevo più che pensare! Mi ero convinto che mi portasse un mucchio di rancore, che sarebbe stato difficilissimo anche solo convincerla ad ascoltarmi senza pregiudizio. E invece... mi ha sorriso!

Dio! Mi portavo dietro questa angoscia da due giorni! Ma, forse, mi sono fasciato la testa prima di rompermela, e lei non ce l'ha con me! Oppure, che ne so? Magari ce l'ha avuta, per un po', ma poi ci ha riflettuto sopra e ha cambiato idea! 

Ma certo, come potrebbe essere altrimenti? Perché dovrebbe portarmi rancore, quando non ho fatto niente di male?! Sarebbe... uno spreco assurdo di energie! Non avrebbe avuto alcun senso!

Oh, mamma... Adesso sì, che avrei voglia di mettermi piangere. Non mi ero reso conto di quanto fossi stressato, mi sa. Non... Non avrei retto, se le cose fossero andate male pure con lei. Mi basta già Aidan, Kurt... e quel vampiro con cui mi hanno messo insieme.

Io... ho bisogno di alleati, qui. Di amici, di qualcuno su cui poter contare. È tutto... troppo! Troppo orribile, troppo confuso, troppo pesante, per poterlo sopportare da soli! 

Prendo lo skateboard sotto braccio. A passo svelto, mi avvicino fino al bordo del mobile, e guardo su. Becky è già arrivata a metà della catena. Un piede dopo l'altro, senza alcun tentennamento, la discende come se fosse la scaletta di un letto a castello, in una cameretta per bambini.

«C-ciao, Becky, hai... Hai sentito che ti chiamavo, poco fa...? Sei... Sei sveglia da tanto...? Ehm, n-no, p-perché, io...» Oddio, sudo. «Sono passato di qui perché c-c-cercavo proprio te. S-sono felice di averti trovata subito. Ehm...»

Mi blocco. È troppo concentrata a prender le misure su come scendere, non riesco a vederla in viso...! No, no, non mi devo bloccare! Dai, forza, Will! Devo dimostrarle che puoi farcela, che... Che sono in grado di prendere l'iniziativa! Altrimenti come potrà credere a tutto il resto...?

Becky salta giù l'ultimo tratto. I suoi piedi atterranno sul legno, a un palmo dalla fine della catena. Si tira indietro la maniche della maglia a righe. Tiene un elastico bianco, attorno al polso. Lo sfila, fino al dorso delle falangi; scuote la testa all'indietro... e si raccoglie i capelli in una coda di cavallo.

«V-volevo...» Infilo le mani in tasca, la tavola stretta sotto l'ascella. «Volevo chiederti di passare un po' di tempo insieme, oggi.»

L'ho detto! Oh, l'ho detto.

Si volta, mi guarda; le sue dita sono ancora impegnate dietro la nuca; la coda si muove a destra, a sinistra, come un'onda.

«Hm...» È solo un mugolio sottile, che... 

Cosa significa...?

«C-cioè, insomma, solo se ti va... Se non hai niente in contrario, s-se non hai altro da fare... Se adesso è un problema, p-possiamo anche rimandare a un altro momento, insomma, non è p-per, per forzare...» Mio Dio! Ma cosa sto dicendo?! Che faccio, adesso? Me lo rimangio?! Ma perché sono così scemo?! Assertivo, assertivo! Mi schiarisco la voce. «Ma, a prescindere, oggi o un altro giorno, ci terrei davvero che parlassimo un po'. Credo che dovremmo riprendere il discorso, perché... mi scoccia, il modo in cui ci siamo separati.»

Oh! Ma ci voleva tanto?! Mi prenderei a schiaffi da solo.

E lei... Non so. Non so io me lo stia solo immaginando, ma... è come se avesse una luce, negli occhi. Una specie di scintilla nascosta, come se... avessi detto proprio quello che sperava di sentire. 

Riporta le braccia lungo i fianchi. Coda fatta... e, di nuovo quel sorriso... 

Distoglie veloce lo sguardo e si approssima al bordo del mobile. Si accovaccia, cala giù le gambe e scende sul pavimento. Ancora quel sorriso sul volto...! Oh, l'ho imbroccata, alla fine, la strada! E adesso chi mi ferma più? Sono un fiume in piena potrei parlare per mezz'ora di fila senza riprendere fiato.

«P-perché, sai...» Appoggio il gomito sul bordo. «Ho notato che eri sempre molto giù di morale, dopo aver finito di parlare con me. Entrambe le volte: sia il primo giorno, quando ero appena arrivato qui, sia ieri, laggiù, alla porta.» Indico in lontananza, oltre le sue spalle. «È... è sempre finita male, per un motivo o per un altro. Poi, sai... potrei pure essermi sbagliato, eh? Magari tu stavi male per tutt'altre questioni, e io non c'entravo niente. Però, preferisco non tenermi il dubbio. Quindi, se tu sei d'accordo, vorrei provare a chiarire. E, insomma... Mi piacerebbe che fossimo... amici.» Mi stringo nelle spalle. «Davvero, Becky, non era mia intenzione farti soffrire. Anzi. È proprio l'ultima cosa che avrei voluto.»

Becky fa qualche passo in avanti, si avvicina. È... arrossita. 

Guarda in basso, con quel sorriso a stento trattenuto. Appoggia una mano al bordo, di fianco a lei, e picchietta ritmicamente le dita contro il legno. 

«Quindi...» Anch'io mi avvicino a lei. «Sei... sei d'accordo?» 

Solleva lo sguardo su di me. Le pupille si allargano, scure, sulle iridi nocciola.

«Sono sei dollari...» mi sussurra, «...e quarantacinque».

...Eh?!

«Non, non ho... S-scusa, cosa?»

Sono confuso. O era una specie di battuta che non ho compreso, oppure... ho proprio sentito male.

Becky mi fissa, attonita. Il suo sorriso si piega in una sottilissima smorfia asimmetrica, le ciglia frullano insieme più volte, simili al battito d'ali di un fringuello. China la testa, distoglie lo sguardo da me. Pare a disagio lei stesse, come se si stesse chiedendo: "Oddio, ma che ho detto? Che cosa volevo dire, in realtà...?". Scuote la testa con vigore, scaccia l'errore da sé, e accenna una risatina, piena d'imbarazzo.

«Sono... Sono sei dollari...» La sua voce si incrina. «E... quarantacinque.»

Il labbro inferiore trema. Guarda di fronte a sé, nel vuoto. Il sangue le defluisce dal volto, di colpo. È pallida come una morta.

«B-Becky, io...» Ma che cosa sta succedendo?! «Non ho capito. I-In che senso sono sei dollari e quarantacinque?»

«Sono... Sono sei...» Si porta le dita alla gola, i polpastrelli arpionano il collo e premono sulle corde vocali.

«B-Becky?!»

«Dollari, e...» 

I suoi occhi, piantati nei miei. Stanno dicendo... "Aiuto".

Un flash.

Becky, in piedi, dietro al bancone. Con il suo grembiule verde legato in vita, i jeans scoloriti e il cappellino nero con la visiera. Mi tende un bicchiere di Caramel Frappuccino, e...

«Sono sei dollari e quarantacinque!» grida. «S-sono sei dollari e quarantacinque!» E si tiene la testa tra le mani, ha gli occhi sbarrati. Ogni fibra del suo corpo trema.

«B-Becky!» Mi scosto dal bordo di scatto. Cosa posso fare?! Vorrei prendere la mano, calmarla, cingerle le spalle in un abbraccio, dirle qualcosa... ma le sue dita sono ficcate tra i capelli castani, e premono ai lati delle tempie come se la scatola cranica potesse andare in frantumi, e far schizzare fuori il cervello... Ho paura a toccarla, è come un animale che si è appena accorto che la sua zampa è finita dentro una tagliola.

«Sono... sei dollari...» E le lacrime hanno cominciato ad accumularsi ai lati dei suoi occhi, sta per piangere, e io non so cosa devo fare per aiutarla...

Con entrambe le mani si aggrappa alla manica della mia felpa, apre la bocca, mi fissa, sembra in apnea.

«B-Becky, st-stai t-tran... N-non ti... Non ti...»

«Ehi!» Un grido femminile, in lontananza. Becky si volta all'indietro e io sollevo lo sguardo: c'è Rahel, laggiù, in piedi sulla cartellina-palchetto. Da dietro il pannello sbuca solo la sua testa, poi fa qualche passi in avanti, si pone in vista e si ferma sul bordo. «Che succede?! Chi è stato a gridare?» 

Alzo il braccio. «Rahel! A-Aiuto! B-Becky... Becky non sta bene!»

Lei salta subito giù dal piano rialzato. «Non sta bene?!» Inizia a correre verso di noi. «Che cos'ha?!»

«Non lo so! S-Sta... Sta avendo una specie di crisi! Giuro, non lo so!»

Le dita di Becky sono sempre più strette attorno al mio avambraccio. Rahel ci raggiunge e le mette una mano sulla spalla.

«Becky?!»

E Becky si distacca da me; molla la presa dal tessuto della felpa e afferra la mano di Rahel: «Sono... sei dollari e quarantacinque!»

«Cosa?!»

«S-sei... Sei dollari... e quaranta–.» Deglutisce.

Rahel solleva gli occhi su di me. Cupi, crudeli. 

È un'accusa.

«Io n-non...» Indietreggio di un passo, balbetto: «N-n-non so cosa sia successo, lo g-g-giuro! N-Non... Non ho fatto niente, ha-ha... Ha cominciato a ripetere solo questa frase, e io, io non... »

Ma Rahel ha già smesso di ascoltarmi.

«Becky,» sussurra, e con una determinazione sul volto che mi fa sprofondare in un pozzo di vergogna, riesce ad afferrarle ambo le mani e a tenerle strette tra le sue. «Respira, okay? Respira.» E a sua volta, respira, di fronte a lei. «Respira!»

«Sono.... Sono sei...» Becky scuote la testa.

«Sì, sì, ho capito... Ma ora pensa a respirare.»

E, sia pur di spalle, vedo il suo petto gonfiarsi, e poi afflosciarsi. Gonfiarsi, afflosciarsi. ..

E, dagli scaffali sopra la mia testa, iniziano ad arrivare tutte quelle vocine... 

«Hai visto, laggiù? Becky...» 

«Ma che le è successo?!» 

«Non lo so. Era lì con quello nuovo, e...»

«Che cosa le ha fatto?!»

Tengo il collo rigido, la mascella serrata. Non alzerò la testa per guardare, no...

«Becky... Ora capiremo cosa ti sta succedendo, okay?! Iskandiar! Ma dove... Dove diavolo è finito?!» Cerca lontano, nella direzione da cui è arrivata. Forse, non era da sola. Poi, i suoi occhi si posano sul viso di Becky, sul mio... e si proiettano più lontano, al di là delle mie spalle. «Aidan!»

Aidan...? Mi volto all'indietro. Ah, certo, avrei dovuto aspettarmelo. È rimasto là, in disparte... ma mi ha comunque seguito, anche se gli avevo chiesto di non farlo. Incrocia il mio sguardo, e spegne la luce di REC, come colto in fallo. Imposta la lucina gialla.

«Rahel, mi chiamavi?» Nel frattempo, compare anche il guerriero.

«Aidan! Iskandiar! Qualcuno di voi due... vada a cercare Kurt, subito! Ditegli... Ditegli di venire qui, è... È un'emergenza!»

Iskandiar le rivolge un unico cenno del capo. «Aidan, andiamo! Dividiamoci! Io vado di qua, e tu... cercalo in questa zona!»

Lucina verde. Fanno retro-front all'unisono, drone e umano, e spariscono oltre i rispettivi pannelli. La voce tonante di Iskandiar riecheggia, sempre più lontana. «Kurt...! Kurt...! Dago, dobbiamo trovare Kurt...!»

E io... sono piantato in questo punto del pavimento, come una fottuta bandiera. Dovrei offrirmi di dar loro una mano, ora... O, almeno, fare qualcosa per Becky che, in ginocchio contro il petto di Rahel, è scoppiata in un pianto sommesso, e la sua voce è sempre più fioca, sempre più inudibile...

«Ehi, cosa fate tutti là sotto?! Cos'è questo chiasso?!» Una voce androgina cade dall'alto, e sovrasta il pianto, il brusio degli scaffali. È il mezz'elfo, dalla cima del piano della scrivania, che si affaccia verso di noi.

«Nevan! C'è Kurt, con te?!» chiede Rahel. 

«Ehm... No, non è qui. Ma perché?!» I suoi occhietti rossi si focalizzano in un unico punto. «Ma... cos'ha Becky?»

Rahel le stringe ancor più forte le mani. «E il Mentore?! L'hai visto?!»

«C-credo... Credo sia dov'è sempre...»

«Vai a chiamarlo, per favore?! Veloce, veloce!»

«S-sì, okay...»

E a un tratto vedo comparire anche Florent, Sylvanara...

Non ci capisco più niente, in questo casino. In neanche un minuto, un sacco di a gente ha iniziato ad arrivare da tutte le direzioni, e tutti si parlano l'uno sull'altro... «Ma era con quello nuovo? Cosa le ha fatto? Mon Dieu, c'est horrible! Sylvanara, ci serve il Mentore! Kurt! Andate a chiamare Kurt! Sei dollari e...»

«Ha-ha iniziato a ripetere...» Il mio sussurro che si perde nella concitazione. «Io non ho fatto...»

Niente.

Sono quasi tutti qui; ogni singolo membro del covo, pronto a fornire il suo aiuto, a muoversi in fretta per radunare chi manca. Tutti... Tutti, stanno facendo qualcosa. E io non ho fatto niente. Non mosso un muscolo. Non... Non le ho dimostrato niente.

«Tranquilla, Becky.» C'è solo Rahel, a trovare le parole giuste per lei. «Ora verrà Kurt, qui... e anche il Mentore.» Ho fallito. Di nuovo. «Loro sapranno cosa fare d'accordo?»

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