6 • DRAGHI, DEMONI E SANGUE FIRESTARS
"Non temere il drago, fermerò il suo fuoco, niente può colpirti dietro questo scudo."
Shane si era aggrappato a Lex come se fosse la sua ancora di salvezza in un oceano in tempesta, senza riflettere delle sue azioni, e si pentì immediatamente di averlo fatto. Era stato più forte di lui cercare un appiglio, dimostrazione che non sapesse come muoversi in caso fosse stato lasciato da solo. Al contrario delle sue aspettative, però, fu estremamente sorpreso quando l'angelo nero gli accarezzò la testa con fare rassicurante. Le sue dita lunghe e flessuose gli ricordavano le dita dei musicisti.
— Sta' tranquillo. — Sussurrò, e fu come se sentire quella voce gli avesse dato forza e certezza, come se quella semplice parola fosse bastata a tranquillizzarlo sul serio, come se Lex avesse saputo esattamente cosa dire per spegnere la sua ansia e mettere a tacere i suoi pensieri. Era una cosa di cui era stato capace senza nemmeno impegnarsi, e questo fece rabbrividire l'angelo bianco. Per un istante solo percepì che nel loro avvicinamento si celava qualcosa di oscuro, qualcosa che tornava al passato più remoto della sua vita, il sentore di un legame già predestinato. La nebbia scura si dissolse così rapidamente come si era presentata e i due angeli, prima ancora di tutto il resto, notarono subito che l'apertura sul soffitto si era chiusa. Shane vide Lex sorridere, senza capirne il motivo, finché non si accorse che al centro della stanza, in assoluto silenzio, c'erano un drago spinato e una Signora vestita nero, così come le sue ali. Fece istintivamente un passo indietro alla vista della creatura, ma Lex lo bloccò per un braccio, costringendolo accanto a sé e rassicurandolo con un gesto della mano. La donna, ancora sconosciuta a Shane, aveva un viso severo e terribilmente austero, aveva i capelli raccolti in una pettinatura accurata con uno chignon e lunghi boccoli neri che le ricadevano sulle spalle e dietro la schiena, indossava un vestito nobiliare dal corpetto stretto e la gonna ampia e lunga, che contribuiva a conferirle un aspetto solenne. Poi l'angelo bianco ebbe una sorta di illuminazione, e capì che quella doveva essere la Regina del Mondo Inferiore. Ecco spiegato perché era stata accompagnata da un drago e anche perché Lex non mostrava il minimo accenno di paura o nervosismo, anche se quest'ultima osservazione contava poco e niente, dato che Lex sembrava non provasse mai nulla.
In men che non si dicesse il Re fu accanto alla nuova arrivata. La guardò così come si guarda il proprio nemico, poi fece il sorriso più falso che potesse sfoderare e la presentò, appunto, come "la Regina dei Mondi Sotterranei". La donna fece un inchino classico da dama di corte, poi rivolse uno sguardo dolce e apprensivo ai quattro ribelli e si congedò dalla Sala insieme al Re, probabilmente per recarsi a Palazzo. Shane non se ne preoccupò e si guardò intorno, oltre la sagoma del drago che seguiva lentamente la Regina all'esterno, come se fosse un vero e proprio animaletto da compagnia. Guardando tra la piccola folla che si era radunata attorno al buffet per domare le fiamme intravide Eva, quindi, sperando che la ragazza non l'avesse ancora notato, si girò di nuovo cominciando a parlare di argomenti futili con i suoi compagni. Non immaginava certo che la sua promessa fidanzata, lo aveva osservato tutta la sera e lo aveva evitato volontariamente, sebbene senza rinunciare alla sua preda. Infatti, per la ragazza ormai Shane era solo una delle tante pedine della sua grande scacchiera. Era un obiettivo da raggiungere e lei non aveva certo voglia di perdere, qualsiasi fosse il prezzo richiesto. Shane, ignaro di chi fosse davvero Eva e di quali fossero i suoi piani, si rilassò pensando che il peggio fosse passato.
L'angelo bianco, però, aveva cantato vittoria troppo presto, forse. Si sentì, non molto in lontananza, uno stridio di artigli sul legno e poi sul marmo, un ruggito e un grande fragore. Lex si allarmò portando istintivamente una mano alla cintura per prendere un'arma, che però non c'era. Il ribelle imprecò, probabilmente per essersi pentito di aver portato poche armi con sé. Si sentì nuovamente il verso di un drago, poi l'urlo di una donna, e il rumore di qualcosa andato in frantumi, allora Shane iniziò a preoccuparsi seriamente e si guardò intorno in cerca di qualsiasi cosa assomigliasse a un'arma per difendersi eventualmente. Si accorse che Lex aveva tirato fuori dal nulla un coltello coffin bowie con la lama di damasco, lo guardò con aria interrogativa e, come se glielo avesse letto negli occhi, il ribelle porse a Shane il coltello che stringeva nella mano destra, poi gli regalò uno sguardo deciso che gli stava palesemente chiedendo di assecondarlo, mentre tutti gli altri angeli nella Sala si stavano allarmando come galline in un pollaio.
— Seguimi. — Esordì il ribelle, mirando verso il portone d'oro, l'angelo bianco si morse il labbro provando a immaginare a cosa stessero andando incontro, ma non ci riuscì. Non perché aveva paura, ma più che altro perché riponeva una certa fiducia nel suo compagno di avventura, qualsiasi cosa fosse successa. Era vero, Lex ispirava fiducia anche ai sassi, per quanto il suo comportamento potesse farlo sembrare un menefreghista di prima categoria, sembrava che sapesse sempre cosa fare.
Arrivato al grande portone il ribelle si fermò accanto all'appendiabiti cercando, probabilmente, il suo cappotto... mossa che Shane non capiva per niente, stava succedendo chissà che cosa lì fuori e Lex pensava a mettersi il cappotto? Ovvio, non che volesse fargli prendere una bronchite, ma...
— Lex andiamo, dai. — Lo incitò l'angelo bianco, ma l'altro non gli diede retta, e appena ebbe trovato il suo cappotto iniziò a frugare nelle tasche interne in cerca di chissà cosa. Trovato ciò che cercava, ne estrasse trionfante due coltelli d'avorio fossile. Ne mise uno in mano a Shane, che lo strinse incerto, non erano un'esagerazione tutte quelle armi?
— Fuori non c'è nulla di buono e io non voglio portare gente a morire, quindi decidi tu se uscire o meno. Odio prendermi responsabilità che non mi spettano. — Disse Lex impassibile guardandolo tanto seriamente da metterlo in soggezione. Era certo di voler uscire per non fare la figura dell'incapace e del codardo che si tira sempre indietro, ma sapeva anche che il compagno aveva ragione e Shane era a conoscenza dei limiti delle proprie capacità e di non avere poi così tanta esperienza. Con un po' di coraggio annuì, cercando di mostrare convinzione. Allora il ribelle smise di fissarlo, chiuse per un istante gli occhi e un istante dopo la sua mano destra impugnava il manico di una falce del corvo, era fatto di ossa che assomigliavano a delle vertebre e sostenevano la lunga lama ricurva forgiata a mano. L'angelo bianco impallidì alla vista di quell'arma, non avrebbe mai immaginato che Lex fosse capace di tali incantesimi, come ad esempio evocare la magia divina del destino individuale.
— Quanti secoli hai...? — Fu la domanda che uscì spontanea al biondo dopo aver realizzato ciò che aveva appena visto fare al compagno.
— Non ho ancora il permesso ufficiale per evocare la magia divina, se è questo che ti preme, ma dalle mie parti preferiamo imparare a sopravvivere invece che aspettare che qualcuno ci protegga dall'alto dei cieli. — Sbuffò il ribelle cercando di non farsi notare troppo dagli altri presenti, anche se effettivamente si trovavano in un angolo abbastanza isolato della Sala ed era buio, nessuno li avrebbe tenuti in considerazione.
— Ci sarà un motivo se non permettono di usarle a chi ha meno di due millenni! — Intervenne l'angelo bianco puntando i suoi occhi azzurri angosciati in quelli del compagno. Quella magia veniva citata raramente nei libri di testo, che fossero trattati di magia o volumi sulle armi; era estremamente pericolosa e per questo veniva tenuta nascosta. In quel momento un nuovo ruggito fece eco intorno a loro, distraendo per un attimo i due angeli, ma il riccio tornò subito a guardare il compagno.
— Non sono pericolose Shane se impari ad evocarle correttamente. È un dono concessoci dai Superiori, e allora perché non approfittarne? Le utilizzo fin da quando avevo meno della metà dell'età stabilita e sono ancora vivo. — L'angelo nero cercò di rassicurarlo, ma risultava un po' complicato, anche perché la falce di Lex era abbastanza inquietante già di per sé, se la si associava al fatto che fosse qualcosa di proibito era ancora peggio. Non erano armi su cui poteva fare affidamento qualcuno che come Shane non ne aveva neppure mai vista una da vicino. — Allora resta dentro e se ce ne sarà bisogno difenditi coi coltelli. — La voce del ribelle risuonò cruda facendo disperdere i pensieri del biondo, doveva aver percepito la sua insicurezza.
— No, aspetta! — Si affrettò a contraddirlo Shane, non voleva lasciarlo andare via da solo. Non teneva alla gloria, ma voleva seriamente rendersi utile e sentiva che se non fosse stato al fianco del moro qualcosa sarebbe andato storto. — Come funziona? — Chiese, pentendosi all'istante di aver pronunciato quella domanda. Cosa hai intenzione di fare? Si domandò senza conoscere il rischio che aveva appena accettato. Il ribelle lo guardò accigliato, ma la situazione stava precipitando e quindi si sbrigò ad accontentarlo.
— Sono semplici da evocare, la prima arma che ti verrà fornita da questa magia sarà una delle più potenti di cui disporrai durante le successive evocazioni, ma non sarà l'unica. È una magia individuale, si adatta alle capacità e alle possibilità di chi la utilizza. Sei sicuro che tu voglia sapere come funziona? Non c'è molto tempo, non possiamo sprecarne ancora. — Gli chiese l'angelo nero alzando un sopracciglio, dubbioso. Shane sapeva di non apparire per nulla certo delle risposte che dava, ma doveva farsi obbligatoriamente forza se voleva stare al passo con Lex. Lui era chilometri avanti, non sarebbero mai riusciti a lavorare in squadra con quella differenza di capacità...
— Si, lo so, quindi sbrigati a parlare, non mi importa se sarà pericoloso. — Disse cercando di dimostrarsi quanto più risoluto e determinato possibile, sebbene ogni volta che riflettesse sulle sue stesse risposte deglutiva amaramente la paura di non farcela.
— Ti sbagli, lo sento che t'importa eccome, deficiente. È inutile che cerchi di nasconderlo. Devi partire col presupposto che non è rischioso e che puoi e, anzi, devi riuscire ad evocare quell'arma. Sarà tutto più semplice se senti la necessità di possederla con urgenza. Fallo solo se hai un motivo valido per farlo. — L'impassibilità del ribelle metteva quasi paura, ma Shane annuì ugualmente, di poco più convinto di prima, anche se il compagno lo aveva appena definito un deficiente. Qual era il suo motivo valido? Ne aveva davvero uno? Oppure voleva rischiare la vita solo per non lasciare solo il ribelle? O per non fare la figura dell'incapace? E se fosse stato così... quello era un motivo abbastanza valido per lui? Non riusciva a pensare lucidamente. Sentiva nelle orecchie le lancette di un orologio invisibile ticchettare e mettergli fretta e l'unica cosa che sovrastava quel suono spaventoso era la voce del ribelle. — È impensabile che siano tanto pericolose, basta dire una stupida formula e metterci un po' di convinzione e chiunque può averne una. — Affermò il corvino guardando con i suoi occhi viola il pugnale che l'angelo bianco stringeva in una mano, la faceva facile lui, ma forse sarebbe stato sul serio meglio combattere col coltello. — Usa il pugnale che hai in mano. La prima volta che evochi la magia divina essa ha bisogno di un'arma qualsiasi per entrare in contatto col tuo corpo, in modo che poi potrai usare quante armi vorrai semplicemente immaginandole. La formula è nella lingua originale runica, ma secondo la pronuncia classica devi ripetere questo: Chránit' ma ohňa*. Fa' solo attenzione a scandire esattamente le lettere. Quando sei pronto fallo e basta, io aspetterò di vedere quale sarà la tua arma di natura. — Spiegò il ribelle e una sorta di sorriso di sfida si allargò sul suo viso quando pronunciò quell'ultima frase.
Shane non sapeva se prendere quelle parole come una genuina intenzione di spronarlo nella riuscita dell'evocazione oppure come un'offesa, poiché era ovvio che lui non sarebbe riuscito comunque a raggiungere il livello del ribelle. Probabilmente entrambe, si disse tra sé rigirandosi in coltello di coffin bowie tra le dita della mano destra. Se l'era cercata da solo, se qualcosa fosse andata per il verso sbagliato sarebbe stata tutta colpa sua. Consapevole di quel dettaglio strinse l'elsa del pugnale in modo deciso e pronunciò mentalmente la formula indicatagli poco prima dall'altro. Tuttavia, se ne pentì all'istante quando si sentì investito da una scossa di forza estranea. Serrò con più fervore la mano che stringeva il pugnale finché non sentì gli spigoli dell'elsa perforargli la carne del palmo. Allora chiuse gli occhi cercando di governare quella nuova immensa forza. Si chiese inconsciamente come facesse Lex, ma si sorprese della propria stupidità per aver pensato ad una cosa del genere, ovviamente Lex aveva imparato da piccolo... ed era altrettanto scontato ed evidente che Lex fosse migliore di lui. Scacciò via quei pensieri di invidia e riaprì gli occhi incontrando quelli viola e imperturbabili dell'angelo nero. Lui sorrise come se non avesse la minima idea della sofferenza che stava dilaniando l'angelo bianco. — Sono semplici da usare. — Commentò dando il colpo di grazia al biondo. Semplici? Ma hai la vaga idea di cosa si provi? Pensò rivolto al ribelle, mentre le ginocchia cedevano al tormento di quella tremenda forza piegandosi. Cercò tuttavia di non mostrarsi debole e di reprimere l'impeto controverso che lo opprimeva, riuscendo anche a sforzarsi di ricambiare il sorriso, sebbene fosse convinto sarebbe risultato peggio di una smorfia.
Qualcosa gli bruciava carne e sangue, e più dolore provava più si accresceva l'irritazione che gli causava il solo pensiero che Lex non immaginasse minimamente il supplizio che gli stava provocando quella forza invisibile, che non voleva saperne di essere messa a tacere. Arrivò al punto da non riuscire a muovere neanche più un muscolo volontariamente. Richiuse nuovamente gli occhi e, come faceva sempre quando aveva bisogno di un incoraggiamento, pensò a ciò che più lo aveva distrutto in passato, per ricordarsi che dopotutto lui era ancora vivo dopo aver superato numerosi ostacoli nella sua vita. Si costrinse a ricordare tutte le volte che gli altri lo avevano ritenuto incapace di fare qualcosa, inutile, e poi alle volte che lo avevano deriso e a quelle che era rimasto chiuso in se stesso a causa della freddezza di chi lo circondava. Tutto quello che gli aveva fatto crescere dentro una rabbia che lui stesso stentava a controllare, una rabbia che non aveva mai mostrato, repressa nel profondo da sempre e per sempre. Si accorse a stento che gli si era accapponata la pelle a causa di quelle spiacevoli memorie, ma ormai erano tornate in secondo piano, il dolore andava via via scemando e il fuoco dell'ira divina aveva preso possesso del suo corpo, tanto che quando riaprì gli occhi le sue iridi bruciavano, letteralmente. Al posto dei soliti cerchi azzurri c'erano due fiamme rosse sfumate, e a quella vista un sorriso tetro si allargò sul volto del ribelle. A vederlo, Shane capì che qualcosa era cambiato, si sentiva diverso. Il fuoco scomparve dal suo corpo e dai suoi occhi, lasciando solo una vaga scintilla nelle sue iridi azzurre e un po' di debolezza nei muscoli doloranti. L'angelo bianco sorrise di rimando, anche se in modo molto meno lugubre. Ce l'aveva fatta. Sbatté le palpebre e guardò l'arma che aveva sostituito il coltello: era una lama del caos, più semplicemente una katana in ko-midare, spada sottile e leggermente ricurva, dal filo frastagliato. L'elsa di stoffa era ricamata con le rune Algiz, Ansuz e Dagaz, rispettivamente la protezione, la fortuna e la vittoria della luce sull'oscurità. Aveva una particolare eleganza che effettivamente gli si addiceva.
— Hai visto quel pugnale inutile in che splendore si è trasformato? — Ghignò l'angelo nero. — Senza nemmeno faticare. — Aggiunse con l'aria superba di chi ha sempre ragione, anche se questa volta si sbagliava. Shane aveva faticato eccome, possibile che dall'esterno il compagno non si fosse accorto nemmeno di un briciolo della sofferenza che aveva avvertito lui? Possibile che Lex non avesse mai sentito nulla? Sperava che almeno le volte successive sarebbe stato più facile evocare una spada divina.
— Avrei preferito fosse più figa. — Sorrise il biondo facendo spallucce. — Ma avendola ottenuta da un coltello di damasco non posso lamentarmi. E tu da dove l'hai presa quella falce? —
— Questa non è la mia prima arma, ricorda che avevo meno di dieci secoli quando la evocai e non avevo ancora le credenziali fisiche per utilizzare una falce. — Lo informò l'angelo nero lasciando che l'arma si dissolvesse e al suo posto comparissero tra le mani del ribelle due spade corte dalla lama ampia e dritta che si andava assottigliando man mano, anch'essere avevano il filo frastagliato, col manico fasciato lungo e ricurvo. — Queste sono state le mie prime armi, le spade del guardatombe, le ho ottenute da un paio di forbici. — Disse lui incrociando le due spade davanti al viso dell'angelo bianco ghignando.
— Si, ma il nemico non sono io. — Ridacchiò Shane. Era finito col sembrare tutto solo un gioco.
Lex si era sentito ampiamente sollevato quando gli occhi di Shane si erano accesi di fuoco, il fuoco divino. Anche se non lo aveva dato a vedere era nervoso al pensiero che l'angelo bianco avrebbe potuto anche non riuscire a farcela e che la forza della magia delle spade l'avrebbe sopraffatto. Quel pensiero lo terrorizzava, se non fosse riuscito a sopprimere la forza magica delle spade Shane sarebbe rimasto imprigionato nell'anima stessa dell'arma, e allora Lex avrebbe avuto un altro morto sulla coscienza. Aveva evitato di dirglielo, per non farlo preoccupare, ma se non ce l'avesse fatta davvero avrebbe avuto rimorsi a vita. Tuttavia, dal suo canto si era dato da fare abbastanza per farlo incazzare e dargli un vantaggio per combattere lo spirito dell'arma che stava cercando di impossessarsi di lui. E sapeva di aver sbagliato, ma proprio per non terrorizzarlo oltremodo aveva dovuto tenere nascosta la verità a Shane, sapeva che se gli avesse detto tutto allora la paura stessa lo avrebbe condannato. Se lui ce l'aveva fatta da bambino era stato solo grazie alla pazienza e all'astuzia di Christopher. Gli aveva sempre raccomandato di combattere il fuoco forzando le sue idee sulle differenze che intercorrevano tra lui e gli altri. Sulla sua famiglia - quella che non aveva mai avuto. Poteva essere stato solo un bambino allora, ma era un bambino pieno di rancore e di domande senza risposte. Così, quando l'angelo bianco era riuscito fortunosamente a controllare la forza evocativa, al ribelle era tornata in mente la prima volta che aveva usato le spade magiche. All'epoca suo padre era "disperso" in battaglia e da poco era morto suo fratello adottivo, quello che lo aveva istruito sulla potentissima e mortale magia divina. Al tempo, come adesso, Lex non aveva paura di morire, anzi, era sempre sembrato un ingrato a cui piaceva particolarmente andare in cerca dei pericoli, un masochista che avrebbe accolto la morte alla prima occasione. Quindi ci aveva provato senza rimorsi; quel bambino che ormai aveva perso tutto, decise di rischiare. Aveva afferrato le forbici di ferro quasi arrugginito, e aveva pronunciato quella semplice formula che tuttavia era un divieto sacrale. Si era sentito investito per la prima volta da quella forza incredibilmente opprimente, ma il bambino si era preparato mentalmente a tutto. Qualsiasi cosa fosse successa, se fosse andata male aveva persino previsto la possibilità di suicidarsi con quelle stelle forbici. Ciononostante quell'opzione non era servita, quella forza non aveva resistito a lungo, Lex l'aveva repressa quasi istantaneamente, perché la rabbia di quel bambino, il dolore interiore che provava in quel momento era stato più forte, e sarebbe stato più forte di qualsiasi altra forza. Per lui era stato apparentemente facile, ma non aveva avuto nessuna certezza su Shane, non poteva prevedere l'esito finale. Era stato avventato fidandosi ciecamente del suo istinto e di un ragazzo dall'animo debole di natura.
Tuttavia, l'angelo bianco si era impegnato sul serio, Lex aveva notato i suoi sforzi per riuscirci, e quasi ci aveva perso le speranze ormai. Shane, in realtà sembrava il tipo di angelo troppo perfetto, uno al quale non è mai stato negato nulla, uno che non aveva mai sofferto davvero, ed era proprio per quello che Lex aveva temuto per la sua sorte, perché non c'è niente che possa sconfiggere l'ira divina, se non la sofferenza interiore. E se l'angelo bianco non ce l'avesse fatta sarebbe stata colpa sua... e questo avrebbe significato solo altri sensi di colpa e altra repulsione per se stesso. Ma almeno era andato tutto bene, e questo poteva implicare solamente che anche quel bel visetto, occhi azzurri e capelli biondi, aveva conosciuto le lacrime. In effetti i deboli soffrono sempre, rifletté il ribelle tra sé, solo tre tipi di persone soffrono: i deboli che non sanno difendersi e si accollano le colpe di tutti, gli idioti che non sanno costruirsi un destino, meglio conosciuti come "sfortunati presi di mira dalla cattiva sorte", e infine, peggio di tutti, coloro che subiscono le scelleratezze altrui, che vengono abbandonati e strisciano in una vita di finzione. Lui faceva parte della terza categoria, ma non sentiva il peso della sofferenza. Perlopiù si convinceva di stare bene con se stesso e sapeva ancora fare la differenza tra ciò che pensava davvero e ciò che fingeva di essere, giusto?
Sbagliato.
Intanto erano arrivati sulle gradinate, l'aria fredda pungeva la pelle come aghi, le stelle erano milioni in cielo, di cui Ares sempre la più luminosa. Il grido di una donna attirò la sua attenzione, Lex si accorse che Shane era rimasto impietrito alla vista che si presentava davanti ai due angeli: la Regina in un angolo della piazza si stava disperando senza fare nulla di realmente utile per calmare il drago che non rispondeva più ai suoi ordini e stava causando disagi non irrilevanti, in quanto la bestia aveva incendiato quasi tutta la piazza con le sue fiamme nere e acide. Era chiaro che la Sovrana non volesse uccidere il suo animale domestico, altrimenti lo avrebbe potuto mettere a tacere con uno schiocco di dita. Il battito d'ali di Shadow scosse l'aria e il drago si appollaiò su un alto edificio di marmo bianco, continuando a produrre versi gutturali che facevano quasi accapponare la pelle. Lex si pietrificò assalito da un flashback: un altro déjà-vu? Sicuramente aveva già visto una scena del genere. Repentinamente i ricordi compromisero la sua lucidità: rivide l'immagine di suo fratello che gli spiegava in che modo mutava il comportamento dei draghi in presenza dei demoni, come la forza demoniaca influenzasse gli animali con un'alta sensibilità sensoriale e percettiva, esattamente come i draghi. Tuttavia, pochi erano a conoscenza di queste informazioni, purtroppo. Il fratello adottivo del ribelle parlava con così tanta disinvoltura nelle sue memorie, la stessa disinvoltura che aveva imparato ad usare Lex. Sorrideva sempre, un sorriso rassicurante, e con quel sorriso rassicurante stampato in testa Lex lasciò da parte i ricordi e si girò verso Shane. L'altro si voltò istantaneamente, come se avesse avvertito il movimento del ribelle.
— Non preoccuparti, so cosa fare. — Lo rassicurò il ribelle, ma Shane non si rilassò, anzi, sembrò che un pugnale lo avesse colpito di sorpresa.
— No no no, non se ne parla. — Disse l'altro dopo qualche istante, e Lex capì che Shane aveva intuito esattamente cosa avesse intenzione di fare, ma di certo non lo avrebbero fermato delle preghiere.
— Non che mi importi il tuo parere. Non ti muovere di qui. — Gli ordinò il ribelle e alzò lo sguardo verso l'animale squamato che continuava a ringhiare e sputare fiamme nere, poi abbassò gli occhi sulla piazza deserta, che portava i segni delle bruciature dell'acido, e alcune colonne o sculture di marmo ormai erano ridotte in pezzi. Lex avanzò scendendo sui gradini leggermente corrosi e anneriti dalle fiamme acide, e sentì i passi dell'angelo bianco dietro di sé.
— Non un altro passo, o sarò costretto a fermarti con un incantesimo di immobilità. — Lo avvertì l'angelo nero esasperato girandosi verso Shane, il quale lo guardava come se fosse pazzo.
— Ti rendi conto che stai per farti incenerire? Spiegami il tuo piano almeno. — Strillò Shane, senza prestare attenzione a nascondere la sua preoccupazione, o qualunque altra cosa fosse.
— Esiste questa possibilità, quindi non ti conviene seguirmi, a meno che non voglia finire arrostito anche tu. — Ribatté Lex con l'espressione più seria che gli fosse mai passata in volto, meravigliando se stesso. Non che tenesse particolarmente alla vita di un estraneo, soprattutto trattandosi di un angelo bianco, ma odiava chi gli metteva i bastoni tra le ruote. Non avrebbe tollerato ostacoli tra i piedi. Inoltre, non aveva davvero intenzione di far morire gente davanti ai suoi occhi, erano quelle le conseguenze dei sensi di colpa? Significava forse preoccuparsi per la vita degli altri pur di non avere altre morti sulla coscienza? O forse si trattava solo delle sue solite manie di protagonismo?
— Ma ti si è fuso il cervello? Apri gli occhi: stai andando a suicidarti! — Esclamò Shane esasperato gesticolando animatamente.
— Apri gli occhi: se mi seguissi finiresti per suicidarti anche tu! — Gli fece notare il ribelle copiando l'impostazione della frase del compagno, poi gli rivolse uno sguardo irremovibile, che non lasciava spazio ad obiezioni. Eppure proprio quando il riccio aveva pensato di essere riuscito a convincere l'angelo bianco, questi gli puntò la katana alla gola.
— Se non vuoi fermarti da solo allora ti fermerò con la forza. — La scintilla nei suoi occhi azzurri, però, non gli apparteneva. Lex capì subito che l'angelo bianco si era un po' lasciato trasportare dal potere divino emanato dall'arma che stringeva in mano. D'altro canto c'era da dire che Shane fosse più complesso di quanto apparisse e meno docile di quanto dimostrasse, sebbene forse non se ne fosse reso conto neppure lui stesso.
— Avrei dovuto capirlo subito. — Cominciò il ribelle sorridendo; la punta fredda della spada era poggiata fermamente a livello del suo pomo d'Adamo, tuttavia senza fare pressione. — Non ti sembra un po' contraddittorio puntarmi contro la spada per impedirmi di andare a morire? — Domandò con una certa retorica, senza che il sorriso sghembo svanisse dalle sue labbra, e allora la presa del biondo sull'elsa divenne meno salda e la lama prese a tremare. Lex sapeva essere innegabilmente crudele a volte, perché captava i punti deboli degli altri a pelle e li usava a suo favore. — Il fatto è che, da quando mi hai visto la prima volta hai sempre finto e non desideri altro che uccidermi tu stesso. — A quelle parole la spada cadde con un tonfo vibrando e provocando un'echeggiante tintinnio metallico. L'espressione di Shane mutò in una frazione impercettibile di tempo. La fermezza che aveva avuto nel puntare la spada all'angelo nero svanì all'istante sostituita da un incommensurabile turbamento, le sue iridi azzurre si scrurirono in un buio coronamento circolare, le labbra tremavano instabili, come le mani. Un momento dopo il biondo si lasciò cadere in ginocchio sulla fredda pavimentazione della piazza. Lex lo guardò in silenzio, non si chiese se avesse esagerato, né si pentì di aver detto quelle parole. Non era solito rimpiangere le sue stesse azioni, magari ci avrebbe pensato più avanti, come sempre. Si voltò dando le spalle al compagno e restò qualche secondo immobile contemplando lo scempio che aveva causato quel drago male addestrato e pensando a quale mossa compiere per prima. Si ricordò di una delle tante cose che sapeva su quelle bestie poco socievoli; alzò una mano al cielo, mormorò delle parole in una lingua antica, un incantesimo semplice che chiunque sarebbe stato capace di fare, schioccò le dita ed una scarica di fulmini colpì i dintorni, concentrandosi tutt'attorno all'edificio sul quale si era appostato il drago. Un lampo illuminò il cielo a giorno e, come previsto, la bestia si accucciò impaurita sulla vetta dell'edificio, gorgogliando e coprendosi la testa con le grandi ali, in atto di proteggersi.
Shane si guardava le mani ancora sconvolto, incurante dei fulmini che piombavano nello spiazzale impregnando l'aria di elettricità statica.
Tremava.
Non avrebbe mai ucciso nessuno, neppure a costo della sua stessa vita. Non avrebbe mai voluto veder morire qualcuno, non era capace di tollerare quella brutalità.
Fino a quel momento aveva creduto fosse stata una svolta positiva l'arrivo dei ribelli ad Asgard: era sicuro che quella collaborazione avrebbe potuto portare risultati ad entrambe le parti. Aveva davvero avuto dei buoni propositi e Lex gli era apparso come uno spiraglio d'aria fresca nella sua vita monotona e inutile, per merito suo aveva finalmente avuto anche il coraggio di contraddire Eva. Ma davvero il ribelle pensava ciò che aveva detto? Se così fosse stato, Shane si rendeva conto di aver perso l'unica possibilità che aveva di instaurare un rapporto socievole con quel ragazzo tanto complicato. Come gli era saltato in mente di puntargli una spada contro? Si portò le mani alla testa stringendo i capelli tra le dita, smarrito dal suo inusuale comportamento. Da dove diavolo era sbucato tutto quel coraggio? E perché sempre nel momento sbagliato?
Non riusciva a credere che il ribelle non avesse preso nemmeno vagamente in considerazione le sue parole. A quanto pareva neppure le suppliche potevano distoglierlo dalla sua convinzione. Certo, se l'angelo bianco non avesse finito col minacciarlo di morte, magari sarebbe stato più credibile, ma quelli che volevano sempre fare gli eroi della situazione lui non li capiva: non accettavano di essere aiutati, non pensavano alle conseguenze e non si importavano minimamente di chi doveva stare lì a guardarli morire o a chi li avrebbe pianti dopo. Era sicuramente contraddittorio ed egoistico usare un'arma per mettere all'angolo qualcuno pur di evitargli di compiere qualcosa di spericolato, ma lo era altrettanto rischiare la morte per qualcun altro che poi avrebbe dovuto patire il tormento dei rimpianti. All'angelo bianco risultava asfissiante anche solo pensarci, figurarsi viverla davvero una situazione simile. Immaginarlo metteva i brividi, non avrebbe mai voluto sperimentarlo sulla propria pelle, e anche per questo aveva voluto tenere Lex lontano da quel pericolo, poiché quell'angelo rappresentava un futuro diverso per Shane, e lasciarselo sfuggire adesso sarebbe stata una mancanza che non si sarebbe mai perdonato. Aveva cominciato a sognare in grande in un giorno soltanto, non poteva permettersi di lasciarsi scivolare dalle mani l'opportunità di fare qualcosa di buono nella sua vita. E se invece fosse successo? Se Lex fosse andato via così come era arrivato?
A quel pensiero il suo sguardo scattò verso l'alto.
Se un altro angelo fosse morto per proteggerlo non avrebbe più retto il peso della sua esistenza. Non ricordava nemmeno da cosa dipendesse quel trauma, ma era certo di non poter assistere alla morte di qualcuno davanti ai suoi occhi. Lex era ancora solo un estraneo, ma contava qualcosa nella sua vita, ne era entrato a far parte. Perderlo sarebbe stato come fallire la missione in partenza. Non avrebbe retto alla morte di un compagno, né tantomeno sarebbe riuscito a contestare la delusione del fallimento.
Lì in cima alla torre di guardia, il drago sembrava distratto dai fulmini e Lex ne aveva approfittato per arrivare sul tetto, atterrando con la sua solita leggerezza. Le ali nere fendevano l'aria come lame affilate. Qualcosa però sembrava non tornare, il ribelle pareva altrettanto distratto, restava impalato con la testa da tutt'altra parte. Era totalmente assente, di nuovo. Dimostrava quello smarrimento nella postura, nello sguardo; non era paura, ma solo disattenzione, una pura evasione della realtà. In quel momento esatto Shane pensò di raggiungerlo, poiché di questo passo avrebbe finito per farsi incenerire seriamente. L'angelo bianco non ci pensò due volte ad alzarsi da terra ed aprire le ali, ma quando guardò di nuovo in alto Lex era sparito, e Shane fu istintivamente preso da un senso di orrore. Era morto?
Non sapeva più cosa pensare, ma rimase immobile, incollato al marmo, ai piedi delle scalinate, a fissare il punto in cui avrebbe dovuto esserci il compagno. Una sorta di rassicurazione partì dalla sua mente quando si rese conto che il drago era in posizione di difesa e si era girato di un angolo retto in senso orario, intimorito da qualcosa che Shane non aveva notato. Poi il biondo capì, accovacciato sul cornicione del palazzo, dal lato opposto a quello dov'era prima, c'era Lex, divertito dalla reazione difensiva dell'animale. Forse, però, aveva sottovalutato troppo il suo avversario, forse avrebbe dovuto perdere meno tempo a ridere della bestia, forse non si era reso conto in tempo della pericolosità della situazione, forse si stava cercando la morte con le sue stesse mani. Nell'aria intorno all'angelo nero si librarono scintille viola, ma il biondo non capì mai cosa successe, ricordava solo il collo del drago che scattava verso il ribelle e le fauci che si spalancavano.
Appena aveva avuto di fronte la bestia nera, Lex si era completamente dimenticato di ciò che avrebbe dovuto fare e si era perso a rimuginare tra i suoi pensieri. Capitava troppo spesso, anche se dopo non ricordava quasi nulla di tutto quello su cui rifletteva. Adesso però aveva rischiato davvero tanto: non si era accorto, né preoccupato del fatto che il drago si stesse irritando alla sua presenza, ed era sfuggito a uno dei suoi artigli per pura fortuna, grazie alla sua immane velocità. Qualcun altro al posto suo sarebbe stato sicuramente decapitato. Tuttavia, il pensiero che avrebbe potuto rimetterci la pelle non lo sfiorò neppure, sembrava immune a questo tipo di preoccupazioni. Intanto si era nascosto alle spalle di Shadow, ma non serviva a molto, il drago avvertiva la sua presenza e Lex se ne rendeva conto per la posizione tesa che aveva assunto. Pensò, dunque, che fosse meglio attuare almeno un incantesimo di immobilità, nel caso in cui il drago avesse voluto attaccare. Per pochi secondi l'aria si riempì di scintille violette, che a contatto con la pelle squamata dell'animale si assemblavano fino a materializzare delle catene, ma il drago reagì male. Shadow spostò la sua massa rivolgendosi verso sinistra, senza però arrivare a guardare il ribelle, poiché l'attrazione che l'incantesimo provocava tra il suo corpo e il pavimento ne rallentava i movimenti in maniera esponenziale. Ciononostante Lex aveva fatto un grosso errore: non aveva tenuto conto della sua lunga coda spinata, la quale senza attendere oltre si curvò fino ad arrivare al ribelle. Fu una corsa contro il tempo, e questa volta l'angelo dalle ali nere era riuscito a vincerla, risultando più agile del suo avversario tanto quanto bastava per poter schivare la mazza chiodata alla punta della coda. Tuttavia quel fortunoso salvataggio fu la sua condanna: troppo impegnato a cercare di non essere colpito, aveva finito con lo sporgersi verso la testa dell'animale infernale, arrivando esattamente dinanzi ad esso, che alla sua vista cominciò immediatamente a dimenarsi invano. Lex indietreggiò silenziosamente di qualche passo ma si soffermò troppo a fissare gli occhi neri e profondi il drago, sperando stupidamente di essere riconosciuto, ma come poteva sperare che lo riconoscesse se aveva disobbedito persino alla Regina? Aveva una strana sensazione di impotenza verso quel mostro, era la prima volta che si trovava a combattere con una bestia di quella portata: un suo occhio era grande quanto la testa intera del ribelle, le proporzioni erano spaventose. Il raziocinio abbandonò l'angelo quando si rese conto di essere uno scricciolo in quel confronto. Sembrava che tutto a un tratto non avesse più quella voglia di rischiare che aveva sempre fatto parte del suo essere - o meglio, non voleva rischiare troppo, come se improvvisamente si fosse reso conto che nella sua vita qualcosa potesse ancora cambiare, come se dal momento che avesse messo piede nella Cittadella Celeste l'avesse investito un moto di curiosità per cui valesse davvero la pena vivere e scoprire cosa fosse quel qualcosa che legasse il suo passato a quel luogo. Forse se n'era reso conto troppo tardi però, Shadow non sembrava affatto d'accordo con la sua improvvisa voglia di continuare ad esistere. Al contrario, probabilmente per il drago era ora che la vita del ribelle andasse in pace, e forse sarebbe stato davvero meglio mettere pace al disordinato fracasso che aleggiava nella sua testa.
«Ma che fai? Ti arrendi? Da quando ti permetti di farlo?»
La voce della sua coscienza si impose su tutti gli altri pensieri spazzandoli via come un uragano. Da quando si consentiva di perdere?
Da mai, non era mai successo. Ma cos'altro poteva fare? Ucciderlo?
«E perché no?»
Un'ondata di placida armonia infusa calma alla mente del ribelle. E perché non aveva ancora avuto il coraggio di farlo? Il motivo tuttavia lo conosceva già, ed era stupido: si era palesemente lasciato influenzare dal fatto che quello fosse l'animale da compagnia per il quale la Regina si stava disperando giù in Piazza. In fondo, però, quella stronza se lo meritava, pensò l'angelo nero con tutto l'odio che poteva avere nei confronti di quella donna senza carattere. Sguainò le tozze spade dal manico ricurvo che per secoli erano state la sua arma più forte, ma quando sollevò la testa era ormai troppo tardi: davanti a sé erano spalancate le enormi fauci del drago che si avvicinavano troppo velocemente. Erano dotate di una doppia fila di denti aguzzi e affilati, quasi tutti lunghi circa venti centimetri, con la sibilante lingua biforcuta da serpente. Lex conosceva i suoi limiti, e quello era troppo persino per lui. Istintivamente chiuse gli occhi, pensando che ormai fosse arrivata l'ora di dire addio alla sua triste vita quotidiana. Come ultima difesa incrociò le spade del guardatombe dinanzi a sé in atto di difesa e aspettò che le zanne del drago stridessero contro le lame metalliche... ma ciò non si verificò, passarono interminabili istanti in cui sembrava non essere successo nulla. Non sentiva nulla - o forse non voleva sentirlo - a parte una leggera brezza che puzzava di zolfo e che faceva librare nell'aria i suoi capelli lunghi. E se fosse già morto senza essersene accorto? Se fosse già arrivato all'Inferno? Sempre che fossero esistiti un Inferno e un Paradiso.
Un odore acre e sgradevole si intensificò intorno a lui, come se quell'alito caldo di vento fosse proprio dinanzi a lui. L'odore dell'Inferno fa un po' cagare, pensò tra sé, come al solito usando ironia per alleggerire la situazione, non era cambiato neppure da morto. Suoni gravi e gutturali giunsero alle sue orecchie come i lamenti di una bestia ferita, e a quel punto qualcosa dentro di sé lo costrinse ad aprire di scatto gli occhi, e si ritrovò a contatto ravvicinato col muso del drago che continuava ad emettere striduli lamenti, ringhiando e sbuffando di tanto in tanto. Un sospiro di sollievo sfuggì dalle labbra del ribelle: non era morto, anche se aveva un drago impazzito a meno di mezzo metro di distanza... non era certo il massimo. Si caricò di coraggio, come lui solo era capace di fare, lasciò che le spade tra le sue mani si dissolvessero e tese la sua mano in avanti. Che il drago lo avesse attaccato o meno non avrebbe avuto libertà di movimento a causa dell'ormai completo incantesimo, l'incantesimo che gli aveva appena salvato la vita, quindi se anche Shadow avesse avuto voglia di divorarlo il massimo danno che poteva procurargli sarebbe stato staccargli una mano. Certo, non poco, ma sempre meglio di essere masticato vivo. Ormai però era già scomparso tutto intorno a lui, non sentiva più nulla, né il freddo, né il fruscio dei rami degli alberi scossi dal vento, né l'odore acido del fiato del drago, né qualsiasi altra cosa intorno a lui, percepiva solo lo sguardo fisso dell'animale su di sé, ma non ne aveva paura.
Gli occhi neri e profondi del drago racchiudevano una lucentezza impressionante, al loro interno si estendeva una galassia di stelle e polveri spaziali, uno spettacolo meraviglioso al quale il ribelle non aveva mai assistito, qualcosa di unico... e forse quella rara bellezza era proprio il motivo per cui quella bestia era tanto cara alla Regina. Lex, senza pensarci ulteriormente si sporse finché le sue dita non sfiorarono le squame nere e taglienti, e, dopo un piccolo mugolio, il drago decise di non reagire in alcun modo, sbatté solo le grandi palpebre e per un istante l'incantevole gioco di stelle luminose che vagavano nel buio dei suoi occhi scomparve, lasciando cadere in oblio il suo sguardo. L'angelo nero prese ad accarezzare delicatamente il muso del drago e si convinse di poter annullare finalmente l'incantesimo che lo imprigionava al suolo. Quello in risposta, appena ebbe scoperto di aver riacquistato la libertà di movimento, si accovacciò a terra, segno che il ribelle interpretò come un permesso per salire sulla sua schiena. Lex non esitò neppure un istante e si sistemò tra la prima e la seconda delle lunghe spine dorsali del drago, allora quest'ultimo spiegò le ali e scese planando verso terra, dove avrebbe dovuto esserci Shane ad aspettarlo...
Quando il drago si abbassò fino a toccare il suolo, il ribelle si rese conto del corpo inerme dell'angelo ai piedi delle gradinate ormai scurite della Sala. Il cuore del riccio fece un salto, cominciando a battere così forte che lo stesso Lex non riusciva a distinguerne i battiti, si sentiva troppo scosso per poter essere capace di pensare o fare qualcosa, quella scena... quella chioma bionda riversa a terra... Non riusciva a crederci, non può essere vero, continuava a ripetersi Lex nella sua testa, fissando le palpebre chiuse dell'angelo bianco. Ci stava pensando solo un attimo prima... E il ricordo riviveva in quello stesso istante, allontanandolo dalla realtà, confondendolo e distruggendolo.
Chris, non andartene così...
Il ribelle deglutì vistosamente guardando la scena sfocata che gli si presentava. Non distingueva più sogno e realtà. Suo fratello era già morto, perché continuava a vederlo?
«Lui non ha niente a che fare con Christoph.»
Un movimento improvviso di Shadow richiamò l'angelo nero alla realtà: si era raccolto in posizione di difesa con gli artigli puntati a terra e aveva digrignato i denti mentre emetteva bassi gorgoglii tenendo la mascella serrata. L'angelo dagli occhi viola allora si costrinse a spingere il suo sguardo oltre il drago, fino all'orizzonte, dove si stava innalzando una nube di polvere causata da qualcosa si stava avvicinando, e più passavano i secondi più quel qualcosa gli appariva chiaro. Lo scalpiccio crescente, i rumori metallici delle armi, l'aura oscura che si avvicinava. Demoni, pensò Lex, e dopo un brevissimo istante di sbando si precipitò verso il corpo dell'angelo accasciato a terra. Adesso che gli fu vicino lo vedeva chiaramente. Christoph non aveva niente a che fare con lui, gli somigliava e basta. Sarebbe stato tremendo convivere col suo ricordo negli occhi ogni volta che avrebbe incrociato il compagno, ma doveva farlo.
Non aveva idea di cosa fosse esattamente successo a Shane; solo in quel momento si rendeva conto che non gli aveva prestato la benché minima attenzione, occupato dal drago, non gli aveva rivolto neppure uno sguardo, e se ne pentì immediatamente. Era stato loro raccomandato di proteggersi l'uno con l'altro, ma Lex sapeva bene che tutta l'attenzione che donava a Shane dipendeva soltanto dalla somiglianza dell'angelo bianco con suo fratello Christopher. Il ribelle si inginocchiò accanto al biondo e sollevò la testa dell'angelo tra le sue braccia. Shane sembrava dormire beato, se non fosse stato che il suo respiro fosse quasi impercettibile, tanto che per un attimo Lex pensò al peggio. Poi con la mano gli controllò il polso, che fortunatamente pulsava ancora, anche se in modo pericolosamente più lento del dovuto... ma la cosa più importante adesso era sapere che Shane fosse vivo, e a quella constatazione sorprese se stesso ad esserne sollevato. Ignorava che quel sollievo era solo paura, paura di perdere qualcosa, qualcuno, un'altra volta. Era al culmine della disperazione ormai, pensava che i suoi incubi su Christoph fossero giunti al termine e, invece, proprio quando aveva ripreso in mano la sua vita e aveva trovato una possibilità per riscattarsi, la condanna era tornata a perseguitarlo. Avrebbe tanto voluto piangere in quel momento, se solo ne fosse stato ancora capace, se solo avesse ricordato come fare, ma era da troppo tempo che le lacrime non riempivano i suoi occhi, e niente sembrava più riuscire a scalfirlo. Tante volte quando arrivava al limite dell'esasperazione avrebbe voluto sfogarsi e piangere... ma ormai non ci riusciva più. Si fermò a guardare l'angelo bianco, mentre restava immobile e non reagiva al tocco delle sue dita affusolate che gli accarezzavano la fronte e i capelli, sulle palpebre chiuse si distinguevano i capillari violacei e le lunghe ciglia chiare proiettavano ombre scure sugli zigomi, il volto pallido e perfetto, incredibilmente dolce. Assomiglia davvero ad un angelo a differenza mia, constatò il moro con una certa autocommiserazione, una sorta di ripudio del proprio essere e anche una nota di invidia, che tuttavia scomparve subito. Porse la sua attenzione sulle labbra dell'angelo bianco, si era ormai abituato a vederlo sorridere, ora invece erano leggermente socchiuse, senza il minimo accenno di vitalità, avevano acquisito un colore quasi livido, forse per il freddo, o forse perché Shane l'ossigenazione del suo sangue era scarsa. Era probabile fosse dovuto all'alta concentrazione di zolfo e diossido di carbonio nell'aria: i ribelli erano abituati a respirare un'aria tanto contaminata nei Mondi Inferiori, gli angeli bianchi no. La sua paura, purtroppo, restava saldamente ancorata alla sua mente: sempre la stessa paura, poiché quella scena, quella che si ritrovava a rivivere in quel preciso istante, aveva riempito i suoi sogni, o meglio i suoi incubi, per anni, così tante volte che era rimasto impietrito alla vista del corpo inerme del compagno. Nella scena dei suoi incubi, però, in fin di vita tra le sue braccia non c'era Shane, ma suo fratello Christoph, e, cavolo, quei due si somigliavano maledettamente. Quella fu anche l'ultima volta che i suoi occhi ebbero il piacere di versare lacrime, in quell'orrido scenario rimasto impresso dietro le sue palpebre come se lo avessero marchiato a fuoco. Ed era lì che continuava a confondersi, continuava a paragone Shane al suo fratellastro, sin da quando lo aveva visto la prima volta, perché l'angelo bianco richiamava vividamente alla sua mente l'immagine di suo fratello, ma Shane non era Chris. E adesso si rendeva conto che anche nella profezia, in quei maledetti flash che gli aveva mostrato la Regina alla Fortezza Nera, per chi sa quale motivo, poteva esserci Shane, non Christoph. Invece Lex continuava a credere l'esatto contrario, continuava a riporre fiducia nel suo subconscio che non accettava la verità, troppo legato al passato che lo aveva segnato; la memoria lo stava ingannando irrimediabilmente, ma il destino non avrebbe aspettato troppo tempo a sbattergli in faccia la verità.
Un odore pungente, quasi nauseabondo, familiare - anche se non certo di buon auspicio - , stava impregnando l'aria. Shane sapeva bene di cosa si trattasse, era un odore allarmante che stava a significare demoni. Non ricordava molto del perché fosse svenuto, ma non aveva nemmeno ancora aperto gli occhi, chiuse leggermente i pugni come per sgranchire le dita indolenzite dalla mancanza di circolazione del sangue, e si rese conto che nella mano sinistra stringeva ancora l'elsa della katana, la quale stranamente non si era ancora dissolta. Oltre a questo, riconosceva che il vero motivo per cui aveva riaperto gli occhi erano state le carezze di qualcuno tra i suoi capelli, che poi aveva scoperto essere Lex. Certamente non lo avrebbe mai immaginato, non se lo sarebbe minimamente aspettato. Aveva addirittura pensato che Lex fosse stato incenerito dal drago della Regina, anche se in fondo non ci credeva davvero neanche lui, sembrava tanto una roccia, era impossibile che si facesse distruggere da così poco. Lasciò da parte l'incredulità della situazione e restò in silenzio a godersi quel breve momento di pace. In quell'istante si concesse persino di restare a guardare Lex, il quale aveva gli occhi chiusi, e probabilmente era troppo assorto dai suoi pensieri per accorgersi del risveglio di Shane: aveva le labbra serrate in una linea rosea e severa, la sua espressione corrucciata esprimeva particolare frustrazione, e l'angelo bianco si chiese se il motivo di tutta quella preoccupazione fosse stato lui. D'altro canto, il fatto che, nonostante tutto, non avesse mai smesso di accarezzargli i capelli, aveva fatto sentire Shane vagamente importante, come se la sua vita contasse qualcosa anche per il ribelle. Quell'angelo nero era una delle cose più meravigliose che avesse mai visto, non poteva dire di conoscerlo, perché non lo conosceva affatto, ma quella tempesta di sentimenti che si rincorrevano nei suoi occhi, quelle emozioni contrastanti che lo caratterizzavano, facevano di lui qualcosa di stupendo. Era talmente complesso che sarebbe stato impossibile non ammirarlo e sicuramente le sue qualità facevano invidia a tanti: i lineamenti spigolosi e al contempo morbidi del suo viso erano perfettamente in sintonia con il suo carattere, gli occhi di quel colore così particolare confermavano la sua unicità, e tutta quella perfezione era in contrasto con i suoi lunghi riccioli indomabili, quei morbidi boccoli neri che gli arrivavano alle spalle e che adesso erano leggermente umidi per il sudore. Diverse ciocche gli ricadevano disordinatamente sulla fronte e davanti agli occhi ancora chiusi. Lex più che un angelo sembra un dio greco, rifletté Shane tra sé con ammirazione, pensando da quale sogno potesse provenire un angelo disegnato con tale maestria.
— Non ti annoi a fissarmi? — Chiese il ribelle senza ancora aprire gli occhi e ghignando al suo solito modo. L'angelo bianco arrossì spontaneamente. Doveva aver intuito il suo sguardo su di sé, pensò comunque senza smettere di guardarlo, come incantato da quella bellezza, e quando il ribelle aprì gli occhi, Shane non poté fare a meno di sorridergli, seppur non senza difficoltà. Difatti, si sentiva ancora un po' stordito, non aveva incastrato bene ancora tutte le tessere del puzzle, non si rendeva conto del pericolo imminente che stavano per affrontare. Forse, però, nemmeno il ribelle se ne rendeva conto, sembrava ancora distante, sembrava con la testa da un'altra parte, su un altro mondo, era un angelo difficile da capire... I suoi occhi viola luccicavano come mai aveva notato prima, sotto la luce del cielo stellato e della luna quasi piena, erano più lucidi del solito. Dopo qualche istante di assoluto silenzio Shane si trovò a sussultare quando Lex afferrò improvvisamente la mano dell'angelo bianco e si alzò tenendo saldamente la sua mano e tirandolo su, con una delicatezza che l'angelo bianco non si sarebbe mai aspettato, ma ripensandoci erano tante le cose che non si era aspettato da Lex. Solo quando fu in piedi e si guardò attorno si rese conto della reale situazione che si presentava ai loro occhi: nell'aria il tanfo infernale di demoni era palese sinonimo di distruzione, e ormai la distruzione non si avvertiva solo nell'aria, si poteva benissimo avvistare ad occhio nudo: poco prima i demoni gli erano apparsi come una semplice nube di polvere nera, mentre ora riusciva a distinguere la moltitudine di specie della prima fila che procedevano verso di loro. Lasciò vagare i suoi occhi sulla piazza deserta che li circondava, e si rese conto solo allora che fossero solo due angeli contro un esercito di demoni, dentro la Sala nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che stava per accadere all'esterno, nessuno sarebbe accorso in loro aiuto, quello sì che poteva essere considerato un suicidio. Bene, addio mondo, pensò Shane avvertendo solo uno strano moto di indifferenza. Lex gli lasciò la mano e si allontanò da lui, facendogli segno di aspettare. L'angelo bianco ovviamente avrebbe voluto corrergli dietro e non lasciarlo nemmeno un secondo da solo, tuttavia il compagno aveva dimostrato di essere capace di badare a se stesso, sebbene Shane non avesse la minima idea di ciò di cui fosse realmente capace quel ragazzo. Rimase semplicemente lì, impalato a guardarlo da lontano mentre lui si avvicinava al largo ponte dove si era sistemato il drago. La bestia sembrava in allerta, aveva le ali curve lungo i fianchi e gli artigli conficcati nelle scure tavole di legno del ponte, mentre gli occhi neri restavano fissi a scrutare l'orda di demoni che si avvicinava. Lex tese una mano verso la testa del drago e Shane sussultò, stava per correre da lui e intervenire, ma a fare cosa? Buttarsi nella bocca del drago al posto suo? Tuttavia non ebbe modo di fare neppure un passo, poiché l'animale si era accucciato obbediente come se seguisse i suoi ordini, mentre il ribelle gli accarezzava il muso. Fu solo in quel momento che percepì l'assenza della Regina che prima era in piazza... Era sparita e, sebbene non fossero problemi che lo riguardavano, avvertì un certo moto di preoccupazione. Restò a fissare Lex per pochi altri secondi, perché poi il ribelle tornò immediatamente al suo posto accanto a Shane e gli rivolse uno sguardo che l'angelo bianco non riuscì a decifrare, ma sapeva non significasse nulla di rassicurante.
— Non possiamo coinvolgere nessun altro, o ci saranno decine di vittime, perché nessuno ha armi con sé lì dentro. — Andò dritto al punto il ribelle. Shane deglutì apprendendo quell'informazione poco rassicurante.
— Hai ragione. — Annuì il biondo, seppur poco convinto. Ci avrebbero sicuramente rimesso la pelle, o meglio lui sicuramente, Lex forse sarebbe riuscito anche a salvarsi, chi sa, sarebbe stato contento di sapere che almeno il compagno ce l'avrebbe fatta.
— Non ti spaventare, i demoni sono stupidi, non morirai qui. Riesci a reggerti bene in piedi almeno? — Aggiunse l'angelo nero. Sembrava davvero capace di leggere nel pensiero. Tuttavia, veggente o meno, sapeva come infondere sicurezza, e ciò bastò a Shane per sorridere annuendo e sollevando la katana davanti al petto, ma appenal'angelo bianco distolse lo sguardo dal ribelle venne colto di sorpresa da un Gremlin, una mostruosa creatura viscida ricoperta parzialmente da propaggini che terminavano con due spessi artigli ciascuno, mentre cercava di sfilare il fodero dalla spada. Lex tuttavia fu più veloce e con una sola sferzata di lame decapitò il demone che si dissolse istantaneamente nell'aria. Shane sospirò sollevato e si girò verso Lex per ringraziarlo, ma quando vide la sua espressione seria e distaccata ci ripensò. Aveva uno sguardo vacuo, talmente vuoto che all'angelo bianco vennero i brividi, così distolse nuovamente l'attenzione dal ribelle e si concentrò sui demoni che li avevano già raggiunti. Attaccavano uno dopo l'altro, ma non tutti erano così facili da uccidere, dopo meno di un quarto d'ora ormai entrambi gli angeli riportavano qualche ferita e avevano bisogno di almeno una runa Berkana*. Non potevano continuare così, e seppur avessero potuto continuare ancora, non avrebbero potuto comunque tenere a bada tutti i demoni, infatti, alcuni avevano già attraversato la piazza e si dirigevano alla Sala, dove tutti gli altri angeli non immaginavano minimamente ciò che stava accadendo fuori. Il drago intanto si era alzato in volo sputando fiamme acide e disintegrando quanti più demoni gli si presentavano davanti: rappresentava un ottimo aiuto, ma non era comunque sufficiente. Era vero che i demoni non erano molto intelligenti, ma non sempre era così semplice ucciderli, erano creature fisicamente forti e avrebbero fatto di tutto pur di obbedire agli ordini dei loro padroni, gli Esiliati. Ormai nonostante tutti gli sforzi i due angeli stavano esaurendo le forze, Shane aveva perso energia, non riusciva nemmeno più a sollevare la spada con la fluidità che aveva prima. E, a giudicare dal suo aspetto, anche Lex aveva bisogno di un attimo di tregua, dal suo canto però sull'angelo nero le ferite non sembravano avere ripercussioni, combatteva incessantemente con la stessa grazia di sempre, due o tre avversari alla volta, ognuno dei quali risultava atrocemente sconfitto entro pochi secondi. Ma poi... successe l'inevitabile.
All'interno della Sala, mentre i tre angeli neri parlavano con i rispettivi compagni, si udivano dei rumori provenienti dall'esterno, ma nessuno sembrava preoccuparsene più di tanto. Fino ad allora, almeno. Poi, però, il ciondolo che Lillian portava al collo iniziò a pulsare violentemente, la ribelle si portò istintivamente una mano al petto, stringendo il ciondolo, che non era altro che una piccola provetta di cristallo contenente polvere anti-demone. Lillian guardò preoccupata i suoi due amici dalle ali nere che avevano assunto un'espressione interrogatoria, mentre il ciondolo pulsava sempre più violentemente ed emetteva una luce rossastra soffocata. Allora i ribelli iniziarono ad agitarsi, sapendo che quel ciondolo era un regalo della Regina e costituiva un allarme che si attivava quando c'erano demoni nelle vicinanze, quindi ciò poteva significare solo che c'era attività demoniaca nei dintorni. La ribelle spiegò velocemente la loro preoccupazione agli angeli bianchi che, invece, la guardavano increduli.
— Lillian non è possibile che ci siano demoni ad Asgard. — Continuava a ripetere Ingrid, scuotendo la testa.
— Infatti, Asgard è la Cittadella Celeste, ci sono difese che disintegrano ogni demone che osi avvicinarsi ai confini. Stai blaterando fandonie. — Intervenne Alexander sconcertato. L'unica che non si espresse fu Grethe, la quale sembrava la più propensa a credere alle parole della ribelle, seppur mantenne un silenzio imparziale.
— Che ne dite di andare tutti insieme a controllare fuori? In fondo non vi costa nulla. — Propose Xavier, evocando mentalmente la sua arma Divina, una lancia dei Ghru con la punta avvelenata, che subito comparve stretta nella sua mano destra, procurandosi lo stupore degli angeli bianchi.
— Come hai fatto ad evocare la magia divina? — Chiese Ingrid guardando il ribelle di soppiatto, preoccupandosi tuttavia di contenere lo spavento.
— Noi non ci muoviamo di qui. Siete pericolosi, nessuno non autorizzato dovrebbe avere delle armi di fuoco celeste. — Disse con voce ferma Alexander, prima ancora che qualcuno potesse fornirgli spiegazioni. L'unica a restare ancora una volta in silenzio fu la ragazza dai capelli rosa. Lillian scosse la testa, stanca di tutta quella perdita di tempo; aveva lo strano presentimento che Lex fosse nei guai, lo sentiva sempre, come se fosse parte di lei, e gli angeli bianchi sembravano così distanti, come se stessero dando per scontato che i ribelli stessero delirando, con l'aria altezzosa di chi ha sempre ragione. Inoltre Lillian aveva notato che, insieme a Lex, era scomparso anche Shane, ma quelli che dovrebbero essere i suoi amici non si preoccupavano minimamente per lui. Che razza di persone negherebbero l'evidenza mettendo a rischio la vita altrui solo per non ammettere di avere torto a coloro che consideravano ancora dei nemici? Si perché, anche se volevano negarlo, gli angeli di Asgard guardavano i ribelli come se fossero rifiuti indegni di vivere, figurarsi se avessero tentato di collaborare.
— Io vado fuori, per quanto ne so ci sono due dei nostri che potrebbero essere in pericolo, e io non lascio morire i miei amici per arroganza. — Sbuffò l'unica ragazza dalle ali nere, accentuando il pronome personale. Si vedeva lontano un miglio che si fosse alterata parecchio. Poi fece un respiro profondo guardando prima i due ribelli, poi gli altri tre, e aggiunse — Se cambiate idea, siamo fuori. —
Detto questo si avviò verso l'entrata, seguita a passi svelti da Xavier e Viktor. Arrivati davanti ai battenti del portone qualcuno la prese per il braccio costringendola a fermarsi e a girarsi, ritrovandosi di fronte i due angeli neri che la guardavano chi impassibile e chi con espressione corrucciata. Lei sbuffò spazientita e si liberò dalla presa di Xavier.
— Cosa c'è ancora? — Sbottò esasperata cercando di non urlare.
— Perché ti sei arrabbiata tanto con gli altri? — Chiese l'angelo dai capelli blu andando dritto al punto.
— Ma non vedi come si comportano? Ci guardavano come se fossimo stati dei pazzi! Non l'hai sentito quello stronzo di "compagno" che mi ritrovo? Noi siamo pericolosi. — Rispose la ribelle che stava esplodendo di rabbia, scimmiottando l'ultima frase nel tentativo di imitare la voce grave di Alexander. I due ragazzi allora si zittirono un momento per permetterle di sbollire, poi Lillian notò lo sguardo del rosso farsi più intenso.
— Xavier intendeva il vero motivo per cui ti sei arrabbiata. — Disse Viktor, come se stesse dando per scontato che la ragazza stesse pensando a ben altro.
— Quello che ho detto. Inoltre, temo che Lex sia in pericolo. — Ammise lei, senza cercare scuse, dando conferma a Viktor dei suoi pensieri distanti. Lillian era una ragazza apparentemente senza paura, era una che sapeva farsi valere e sapeva farsi volere, un po' come Lex, ma a dire il vero lei lo aveva preso spesso d'esempio, e aveva ancora molto da imparare, quell'angelo era inimitabile.
— Cos'altro poteva essere altrimenti? — Esclamò retoricamente Xavier alzando le braccia quasi disperato, si lasciò alle spalle i compagni e aprì di scatto il portone uscendo fuori quasi di corsa. Lillian lo seguì insieme a Viktor e richiuse il portone d'oro alle sue spalle con un boato di serrature che stridevano, ma quando la ribelle si girò verso la piazza restò a bocca aperta. Lo scenario che le si presentava davanti era tremendamente orribile, come la puzza di demoni nell'aria. Era tutto distrutto, il marmo che fino a poche ore prima era stato di un bianco lucido e splendente, ora era in alcuni punti macchiato di sangue e in altri bruciato dall'acido. La piazza era irriconoscibile. C'erano demoni ovunque, alcuni avanzavano verso l'entrata della Sala, mentre Shadow, il drago della Regina, soffiava le sue fiamme nere di acido sugli invasori, molti dei quali stramazzavano al suolo e si disintegravano per ritornare nella dimensione infernale. Più in là, verso il ponte, orde di demoni erano bloccati a combattere contro qualcosa, o meglio qualcuno. Aguzzò la vista e si rese conto che a tenere impegnati i demoni all'entrata dello spiazzale c'erano Lex e Shane, come due guerrieri solitari che avrebbero preferito morire pur di salvare il mondo.
— Merda... — Imprecò Xavier, che intanto stringeva saldamente la lunga asta di metallo, come per scaricare la tensione.
— Muoviamoci. — Esordì Viktor correndo giù per le scalinate col suo machete pesante di Yhorm tra le mani, arma che il ribelle adoperava con assurda facilità nonostante la scarsa maneggevolezza. L'altro lo seguì scagliando il giavellotto contro un demone Finngalk. Lillian, invece, restò immobile. Si sentiva un vuoto dentro terribile, una morsa stretta alla bocca dello stomaco, come se gli fosse stato strappato un pezzo di lei, vicino al cuore, dove il ciondolo anti demoni pulsava ancora, sempre più forte, come un secondo cuore che batte. E lei ne aveva bisogno, tanto ormai il suo cuore era spento, morto e sepolto da tempo, sommerso da sentimenti non espressi e parole mai dette.
Si fece forza e prese la bacchetta di legno che aveva infilato nella lunga treccia, evocando la sua Spade Divina, aveva da poco imparato a usarla e la sua arma più forte per ora era ancora lo shotel, una spada lunga e dalla lama sottile e particolarmente ricurva, più di una falce, con il manico intarsiato di zaffiri. Aveva compreso solo dopo la scelta della Forza Celeste di regalargli quella speciale modalità di spada, infatti aveva scoperto che la sua migliore abilità fosse il fendente rotante. Appena stretto il manico tra le mani, si lanciò giù dalle gradinate atterrando leggera come saprebbe fare solo un gatto e poi si addentrò nella "battaglia", se così poteva essere definita, dato che c'erano demoni ovunque e solo 5 angeli... Si scambiò uno sguardo veloce con i suoi due compagni e poi lasciò la prima fila alla loro supervisione e si diresse verso il ponte dove aveva visto Lex e Shane.
I riccioli neri e umidi ricadevano sul viso di Lex costringendolo a spostarli costantemente all'indietro. Da qualche minuto aveva ormai perso il conto delle dozzine di demoni che aveva ucciso, aveva scacciato persino un Demone Superiore travolto dalla furia e dall'adrenalina del combattimento, ma i segni della battaglia avevano cominciato a farsi evidenti: aveva diverse ferite, alcune delle quali anche abbastanza profonde, sia sulle braccia che sul petto e sulla schiena, e aveva un graffio sotto l'occhio destro. Si era arrabbiato così tanto per quello sfregio che gli aveva fatto il demone con gli artigli che aveva ucciso una decina di nemici in una manciata di secondi, pervaso dalla rabbia. Nessuno può rovinare la mia bellezza, aveva pensato, portando l'ironia a far parte persino dei suoi pensieri, oltre che della sua esteriorità. Adesso però le forze si stavano esaurendo, anche solo per pensare, ma ogni tanto trovava comunque tempo e volontà di girarsi verso Shane per assicurarsi che fosse ancora in piedi, anche se l'angelo bianco non stava certo meglio di lui. E quell'attimo di distrazione finì col mettere a rischio la sua stessa vita: si lasciò erroneamente cogliere di sorpresa. Un demone Gulon, una specie di iena troppo cresciuta con le fauci da alligatore e le zampe artigliate, lo aveva caricato e quando aveva voltato di scatto lo sguardo verso l'essere demoniaco era ormai troppo tardi, poiché quello gli era già balzato alle spalle, fortunatamente però aveva sbagliato a calibrare il salto e aveva affondato i suoi artigli nella giacca viola, ormai rovinata, tirandola via come se fosse stata un fazzoletto di carta. Nello stesso istante in cui gli artigli del demone si portavano via la giacca, Lex si ritrovò ad essere spintonato e a rotolare a terra contro il corpo di Shane che gli teneva strette le maniche della camicia insanguinata.
Solo allora Lex si rese conto che l'angelo bianco lo aveva appena strappato alla morte, perché il demone non aveva affatto sbagliato a mirare, bensì era stata la spinta da parte dell'angelo bianco che lo aveva portato via dalle grinfie del mostriciattolo, che altrimenti lo avrebbe fatto a pezzi con gli artigli. Il loro ruzzolone si fermò accanto alle macerie di una delle tante statue rotte della piazza. Il riccio sorrise spontaneamente realizzando che il biondino, nonostante sembrasse solo un esile ragazzino da proteggere, gli aveva appena insegnato a potersi fidare di lui. E Shane, che era caduto su di Lex, arrossì un po' per la posizione in cui erano finiti, ma poi sorrise dolcemente, e anche con i capelli scompigliati, la faccia sporca e le guance rosse, sembrava comunque un angelo. La pace, però, durò ben poco, dietro Shane comparve un altro Gremlin, a quanto pareva questa strana razza di demoni ce l'aveva particolarmente con Shane. Allora il ribelle non ci pensò due volte a restituire il favore. Si spostò immediatamente spingendo l'angelo bianco con le spalle a terra e senza alcun timore tranciò di netto la testa del Gremlin con la sua falce. L'espressione, prima spaesata, del biondo era diventata un misto tra stupore e paura non appena aveva visto il demone. L'angelo nero, però, non si era fatto intimorire dalla bestia, e rimase in piedi a coprire il biondo per permettergli di riprendersi un attimo. Dopo aver trafitto altri tre demoni, tese la mano all'angelo bianco per aiutarlo ad alzarsi.
— Grazie per prima. — Gli disse, lasciando intendere che non fosse abituato al fatto che qualcuno gli guardasse le spalle. — E mi dispiace per la tua giacca... — Aggiunse, accorgendosi per questo in ritardo di un demone che lo stava raggiungendo alle spalle. L'angelo nero sollevò prontamente la lama, ma il mostro stramazzò al suolo prima ancora che la lama del ribelle affondasse nel suo corpo viscido. Shane intanto era rimasto visibilmente scosso. Lex aveva sentito forte e chiaro il rumore metallico di una spada che si schiantava sul pavimento marmoreo della piazza appena il demone si era dissolto, e infatti quando aveva abbassato lo sguardo l'unica cosa rimasta era uno shotel rotante con l'impugnatura di splendenti gemme bluastre. Un'ombra poi si avvicinò a loro e la mano gentile della ragazza proprietaria della spada si abbassò per raccoglierla, allora l'angelo nero alzò lo sguardo incontrando gli occhi neri di Lillian, la quale indossava un'espressione preoccupata, e allo stesso tempo uno sguardo ammonitore. Non assomigliava per nulla alla ragazza che aveva attirato il suo sguardo quando era entrato nella Sala del buffet. Al contrario era seria come non mai, sembrava stanca e, anche se stava meglio di loro due, era malridotta: la gonna del vestito nero che indossava si era strappata e ormai quel vestito bellissimo non era più lungo come prima, ma arrivava a metà coscia, lasciando scoperte le gambe piene di lividi e graffi e le scarpe alte. come non ricordava di averla mai vista prima d'ora. Ma sorrise. Lo sforzo era immenso sulle sue labbra, si notava chiaramente, ma lei era forte, aveva quella strana concezione della vita secondo la quale non bisognava mostrarsi deboli, o almeno non troppo, un po' come Lex. Allora il ribelle le accollò una specie di sorriso, il migliore che riuscì a farsi spuntare sulle labbra, e si riavvicinò alla ragazza con la treccia scompigliata e gli occhi spenti. Quindi è così che sono spesso i miei occhi, rifletté Lex rendendosi vagamente conto di ciò che mostrava agli altri quando i suoi occhi riflettevano il suo animo vuoto. Guardò la ribelle con un lieve moto di compassione, a lei non aveva mai dato fastidio, anzi spesso cercava di essere compatita. Le alzò il viso verso il suo, in modo che i loro sguardi si incrociassero. Dopo un istante in cui gli occhi della ribelle si riempirono di lacrime, Lillian si gettò tra le braccia di Lex e lui riluttante dovette provare a consolarla accarezzandole la schiena, non sapeva cosa significasse consolare qualcuno. Inoltre, aveva quasi paura di farle male stringendola, sembrava tanto fragile in quel momento, in un modo in cui non l'aveva mai vista, in un modo a cui non aveva mai pensato potesse farsi vedere. La ragazza però, pochi secondi dopo, si scostò improvvisamente dalle braccia dell'angelo, come se avesse preso una scossa elettrica, e lui non ne capì mai il motivo. Lei si portò le mani alla nuca e scosse la testa ripetutamente, finché non si lasciò cadere con le ginocchia a terra. Lex non seppe decifrare se fosse panico o paura, ma era certo che non poteva lasciarla lì e che, soprattutto, non sarebbe più stata in grado di combattere, e avere pesi morti in battaglia significava quasi sicuramente perdere.
— Non stare sempre pronto a farti ammazzare... Per favore... — Sussurrò piano la mora. Il riccio aveva sentito quelle parole con difficoltà perché si era fatto distrarre da un demone che li aveva puntati. Lanciò un coltello di ossidiana dritto alla gola della bestia, mentre, Shane lì accanto stava uccidendo l'ennesimo Gremlin. Non poteva prestare attenzione a Lillian in quel momento, rischiava di peggiorare la situazione. Tornò a guardare l'amica, preda della disperazione. Si accovacciò sulle ginocchia e le prese una mano tra le sue.
— Lillian? Che ti succede? — Le domandò con apprensiva dolcezza, almeno tutta quella che riusciva a mostrare. La sua priorità in quel momento era non avere vittime in quella battaglia, non aveva previsto di doversi distrarre perché la mora sembrava sul punto di avere un attacco di panico. A quel punto un bagliore luminoso invase la piazza, tanto che alcuni demoni si incenerirono per la luce, benché fosse notte e non ci fosse il sole. Lex distolse solo per un attimo lo sguardo dalla ribelle e guardò verso la Sala: la porta si era spalancata e fuori si riversavano tutti gli angeli armati di qualsiasi oggetto potenzialmente offensivo. Finalmente qualcuno si è degnato di venirci ad aiutare, pensò. Ormai, però, il grosso era fatto. Erano rimasti non più di una dozzina di demoni in giro, meno di un decimo di quelli che ne avevano uccisi loro.
— N-non ce la faccio più... — La voce spezzata della ragazza si fece di nuovo largo nella testa del ribelle. Almeno adesso non doveva più preoccuparsi dei demoni. Non aveva capito i motivi di Lillian, ma in fondo non sarebbe mai stato capace di farlo. Non aveva abbastanza sensibilità per percepire determinati pensieri altrui. Il riccio si limitò ad asciugarle le lacrime con le dita e poi la aiutò ad alzarsi, tenendola stretta accanto a lui. Si rese presto conto che, però, la ribelle non riuscisse più neppure a reggersi in piedi, quindi si decise a portarla in braccio di peso. Si voltò un attimo verso Shane e gli fece cenno con la mano di seguirlo, quindi l'altro si affrettò ad affiancarlo fino ad arrivare sulle gradinate della Sala.
Il ribelle sussurrò una formula di richiamo e quasi istantaneamente Shadow raggiunse i tre angeli e si accovacciò per permettergli di salire. Lex invitò Shane a salire per primo e lui lo ascoltò senza obiettare e senza più paura, sistemandosi tra le spine centrali sul dorso del drago, mentre il corvino, tenendo Lillian per mano, salì poco più avanti e si sistemò la ragazza sulle gambe, come se fosse una bambina assonnata. Lei gli allacciò le braccia attorno al collo e si abbandonò completamente contro di lui sospirando, lasciando che la razionalità svanisse. — Mi dispiace... — Mormorò appena, ma l'angelo nero la rassicurò prontamente di stare tranquilla e non preoccuparsi. Dopotutto, l'importante era che nessuno si fosse fatto troppo male. Lex aveva vagamente notato il cambiamento del carattere della mora negli ultimi tempi, ma lo aveva associato ad un semplice "periodo no". Negli ultimi secoli si erano incontrati di sfuggita la maggior parte delle volte, o in battaglia. Il tempo che avevano trascorso insieme era davvero esiguo e spesso Lex non ci aveva fatto neppure caso, sebbene avvertisse la differenza con la Lillian del passato. Adesso che l'aveva vista crollare davanti ai suoi occhi sapeva che ci fosse qualcosa che la tormentava, qualcosa che la consumava dentro, qualcosa che lui non capiva. E mentre il drago si alzava in volo verso il castello, Lex tornò a fissare il vuoto e solo in quel momento gli tornò alla mente uno dei flash che aveva visto alla Fortezza Nera, quando aveva guardato nello specchio della Regina. Adesso ricordava perfettamente i particolari di quel tratto della visuale che gli aveva mostrato la Sovrana. Non era più tutto un ricordo confuso, ma ogni sequenza, ogni episodio era nettamente separato dagli altri. Ora come ora, però, riusciva a focalizzare l'attenzione solo sul primo flash che aveva visto: un intero paesaggio di pietra bianca, e poi c'era lui e dopo Lillian insieme agli altri due ribelli che combattevano contro un gran numero di demoni, ma al suo fianco per tutto il tempo il ribelle aveva visto Christoph, ricordava nettamente il suo fratellastro che combatteva assieme a lui e agli altri, in quella piazza di marmo, ma ancora non aveva compreso cosa avesse a che fare il suo fratellastro con tutto ciò. La soluzione a quel dilemma era in realtà tutta un'altra cosa, e Lex non lo immaginava neppure, lo avrebbe scoperto solo poi, quando si sarebbe reso conto che le ali del ragazzo accanto a lui nella profezia erano bianche, non nere come quelle di suo fratello. Era come se ciò che aveva visto in quella profezia si palesasse alla sua mente soltanto dopo essere avvenuto.
Shadow atterrò esattamente fuori dall'ingresso del Palazzo Reale, Lex scese appoggiando delicatamente la ragazza con i piedi a terra e sorreggendola con il braccio destro. Al contempo scese anche Shane e il drago si allontanò andando ad accucciarsi poco distante dall'entrata, accanto ad un mucchio di paglia. Entrarono e si ritrovarono davanti il Re e la Regina che discutevano, la solita espressione solenne della Sovrana dei ribelli si tramutò in paura viva, benché non fosse troppo evidente.
— Lex... — Sussurrò guardando l'angelo nero, e poi la ragazza al suo fianco. Allungò una mano verso di lui, ma poi la ritrasse immediatamente notando che il riccio si fosse scostato a quel gesto. Solo dopo la Regina si accorse anche dell'angelo bianco vicino a loro e fece un passo indietro di scatto, come se avesse visto il mostro dei suoi incubi. Lex non capì il perché di tutto quel ripudio, quella paura che aveva solcato il viso della Regina, ma cercò di mettere da parte quella sua reazione. Prima non si era comportata così davanti agli altri angeli bianchi. — C'è stato un attacco di demoni. — Comunicò Lex in breve, mostrandosi impassibile come sempre. — Grazie per avermi lasciato il tuo drago, è diventato il mio migliore amico. — Una risata ironica sfuggì alle sue labbra, rinfacciandole indirettamente di essersene andata e aver lasciato a lui il lavoro sporco. — Ah, senti vecchiaccio, penso che ci sarà qualche ristrutturazione da fare alla Piazza della Concordia. — Aggiunse scrollando le spalle e rivolgendo il suo sguardo al Re di Asgard, che lo guardò in cagnesco, forse per la poca educazione che aveva dimostrato nel rivolgergli a parola. Be' si era già stancato di essere educato con quel branco di menefreghisti. Lex allora si allontanò, dirigendosi verso le scale, lanciò uno sguardo a Shane che seguì silenziosamente i due ribelli, e dallo sguardo affranto dell'angelo bianco il ribelle poté intuire che si stesse sentendo di troppo. Lex si costrinse a non pensarci e si limitò a prendere la ragazza in braccio: era palesemente troppo debole anche per muovere un solo muscolo più del necessario. Allora sospirò e si voltò nuovamente verso il compagno di stanza incontrando i suoi occhioni azzurri e stanchi e gli fece cenno di avvicinarsi con un accennato movimento del capo.
— Avviati pure in camera, ti raggiungo dopo, devo prima sistemare lei nella sua stanza. — Gli sussurrò all'orecchio ed erano così vicini che i suoi boccoli sfioravano la guancia di Shane. L'altro annuì obbediente e arrivati al corridoio centrale del secondo piano si separarono. Lex ci mise un po' a ricordare la stanza di Lillian, e fortunatamente era già aperta, quindi immediatamente distese la ragazza sul letto. Si tagliò il polpastrello dell'indice sinistro e col suo sangue le tracciò diverse rune di guarigione, una su ciascun braccio e una sulla caviglia destra. La sua attenzione fu, però, attirata da uno squarcio nel vestito all'altezza del fianco sinistro: scostò leggermente la stoffa del vestito, guardando di tanto in tanto gli occhi chiusi di Lejla come per chiederle il permesso, ma lei non se ne accorse neppure giacché respirava a stento. Dietro la stoffa del vestito nero, come sospettava, si nascondeva un profondo taglio provocato sicuramente dagli artigli di un Rusalka. Era stata colpa del vestito scuro se non aveva notato prima la macchia di sangue, la quale ormai si era espansa tutt'intorno alla ferita. Stracciò un altro pezzo di stoffa dal vestito attorno alla ferita e cercò di disegnare una runa di guarigione anche lì, ma il troppo sangue non le permise di fare effetto. Allora iniziò la vera preoccupazione, quello che temeva era proprio che la ferita fosse troppo profonda per essere guarita con una runa semplice come quella e la cosa si complicava dacché la ferita era stata inflitta da un demone. Smise di disperarsi presto e andò a recuperare garze e tutto il materiale per le medicazioni girovagando tra il bagno e il ripostiglio. Dopo poco ebbe raccolto tutto il necessario, ma, per evitare guai e non danneggiare oltre la ferita, si praticò una runa di guarigione su entrambe le braccia per darsi un po' di energia. Tuttavia, si accorse che i medicinali curativi - arnica montana e nitrato d'argento - li aveva tra le sue cose, in camera sua e non sembravano disponibili nelle scorte mediche della stanza. Guardò per un attimo la ragazza e poi si decise a uscire chiudendosi lentamente la porta alle spalle, con la promessa che avrebbe impiegato il minor tempo possibile a tornare. Aveva paura di lasciarla sola perché temeva di trovarla morta al suo ritorno. Si diresse, quindi, verso la propria camera senza indugiare un altro secondo. Spalancò la porta e lo vide: era seduto a gambe incrociate sul letto mentre leggeva, c'era poca luce. Lex sbatté varie volte le palpebre, ma lui restava lì, non era un sogno.
— Christoph? — Mormorò l'angelo nero con la voce tremante, per la prima volta dopo tanto tempo, sentendo ancora una volta un nodo in gola. Quando però l'altro angelo aprì le ali Lex notò che risplendevano di bianco. Scosse la testa cercando di stabilizzare i suoi pensieri: Christopher non aveva le ali bianche, quello non era lui, non poteva essere suo fratello.
O forse il ribelle era diventato capace di vedere i morti?
No, affatto. Guardò meglio negli occhi dell'angelo bianco, erano gli occhi di Shane non di Chris, il suo viso inconfondibilmente dolce sottolineò la differenza. Eppure era così simile a lui, in ciò che era e ciò che faceva.
— Chi è Christoph? — Domandò Shane inclinando la testa e chiudendo il libro che aveva in mano per poi appoggiarlo sul letto e rivolgere completamente la sua attenzione al compagno appena entrato nella stanza. Il riccio non sapeva a cosa far affidamento per rispondere, non era il momento giusto per riaprire una vecchia ferita, non avrebbe detto nulla del suo fratellastro. Non ne aveva voglia eppure sentiva uno strano bisogno di aprirsi con qualcuno. In qualche modo, la somiglianza di Shane con Chris doveva essere un segno, che lui semplicemente non aveva avuto modo di comprendere fino a quel momento. E Christoph faceva parte di lui da sempre. Quando Lex era ancora un neonato in fasce era stato accolto dalla più ricca famiglia dei Mondi Inferiori. Era cresciuto lì, sotto il rigido insegnamento di Marcus, un patrigno buono ma esigente, e aveva imparato tutto dall'altro figlio adottivo del patrigno, Christoph. Sapeva poco di lui, era il nipote di Marcus e suo padre era un angelo bianco, mentre sua madre, sorella di Marcus, era morta poco dopo il parto. Così il bambino sanguemisto era stato affidato a lui, e aveva preso il cognome del padre adottivo: Firestars. Da sempre Lex era stato molto legato al fratellastro, giacché il nome "Lex" (in latino legge) era stato scelto proprio da Christopher. Aveva scelto per il fratellino un nome breve e significativo, dal momento che Christoph Devin Firestars sembrava un nome troppo altisonante e impronunciabile per i suoi gusti. Suo fratello era un angelo particolare, avevano otto secoli di differenza, ma andavano molto d'accordo. Ricordava che fin da quando era piccolissimo, Christoph lo aveva accompagnato per mano in tutto ciò che faceva, da bravo fratello maggiore. Con lui aveva mosso i primi passi e aveva imparato a parlare, poi a leggere e a scrivere, con lui aveva appreso l'arte e la disciplina, con lui aveva lanciato il suo primo pugnale, aveva imparato le più svariate tecniche di combattimento sin da quando aveva quattro anni (abbastanza precocemente, persino per un angelo). Christoph per lui era stato un punto fermo, la roccia salda a cui aggrapparsi durante la tempesta, lo aveva sorretto nei momenti più difficili e gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva, gli aveva dato le istruzioni vivere. Eppure, Lex non gli assomigliava minimamente. Non solo per l'aspetto fisico, che ovviamente era diverso non essendo fratelli di sangue, ma soprattutto per il carattere: nonostante tutte le cose che avesse imparato da lui, la sua personalità si era formata diversamente, Lex lo aveva modellato in modo da non piegarsi agli altri, in modo da costruire una fortezza impenetrabile intorno a sé, per non essere sopraffatto dai sentimenti. Anche questo tuttavia lo aveva appreso indirettamente dal fratello, poiché la sua disponibilità e la sua spontanea predisposizione a mettere gli altri prima di sé lo rendevano facile preda di delusioni.
Christoph, al contrario di Lex, fisicamente aveva i tratti più tipici degli angeli bianchi, tuttavia aveva le ali nere, e ciò confermava vivamente il fatto che fosse figlio di due angeli di tendenza opposta. La sua somiglianza con Shane era sconcertante: aveva anche lui i capelli tanto chiari da tendere al biondo platino, forse anche più chiari di quelli del compagno, gli occhi azzurro chiaro coronati da ciglia e sopracciglia bionde, il naso greco. Solo la forma del viso differiva leggermente poiché l'angelo di Asgard aveva i tratti più morbidi, quasi elfici. Chris poi era sempre stato agile ed elastico nei movimenti, più di qualsiasi felino, grazie al suo fisico snello e atletico. Shane non gli assomigliava per niente dal punto di vista dell'esperienza. Al contrario, anche il riccio era leggiadro in battaglia, sebbene il fratellastro restasse comunque inimitabile. Lui era sempre stato acclamato da tutti per bellezza e bravura in battaglia, ma non solo. Difatti, Lex aveva "ereditato" da lui anche la passione per l'arte, per la musica, per lo studio dei particolari, anche di quelli più macabri. Christoph era un maestro nella maggior parte delle arti, tecniche e culture esistenti, e aveva avuto pazienza nel trasmettere al fratello minore quanto di più buono aveva: sin da bambino lo aveva incitato ad intraprendere gli studi musicali e Lex si era appassionato particolarmente al pianoforte e al flauto traverso, ma sapeva suonare anche il violino. Sempre grazie a lui, aveva anche una certa dimestichezza con le rune e le lingue antiche. Certo, a volte gli studi che faceva erano più tetri di quanto sarebbero dovuti essere per un bambino, ma avevano dato i loro frutti; il ribelle adesso poteva considerarsi un maestro nel disegno di precisione, in tutti i campi, e trovava la cosa molto utile soprattutto per disegnare le rune, per le quali la precisione era essenziale in modo da conferire loro più stabilità e un effetto migliore. La cosa, però, che forse più differenziava Christoph e Lex consisteva proprio nel comportamento da loro assunto nei riguardi di varie situazioni. L'angelo sanguemisto, infatti, aveva un carattere più pacato e controllava meglio il suo temperamento, riusciva tranquillamente a manipolarlo e ad adeguarlo al contesto. Il minore, invece, era molto impulsivo e testardo e a volte era giunto a rendersi conto di essere terribilmente attratto dal pericolo, la sua stessa indole naturale incuteva timore. Nonostante questo, l'affinità tra i due era impressionante: Lex lo imitava in tutto ciò che faceva e da quando aveva avuto otto secoli aveva iniziato a combattere accanto al fratellastro, senza dar conto ai continui rimproveri da parte dei "poteri alti", che insistevano col voler astenere i bambini dai combattimenti. Il riccio si rendeva conto che era sempre il più piccolo in mezzo agli altri ragazzi - che avevano tutti più di undici o dodici secoli -, ma lui carico di forza e coraggio accanto al suo fratellone superava in astuzia e bravura la gran parte dei ragazzi più grandi di lui. Era proprio per questo, forse, che non aveva mai avuto amici. Era sempre il migliore, tra i suoi coetanei e anche tra quelli più grandi, quindi ciò gli impediva di confrontarsi, di fare esperienze interpersonali, di condividere i propri errori. Perché era proprio quello il punto, era così allenato, così estremamente preciso, che tutto ciò che faceva era perfetto, aveva imparato a non sbagliare mai. E stava iniziando a odiarlo, a odiare se stesso per questo, perché effettivamente di errori non ne faceva quando si trattava di logica e ragionamento. Al contrario, riguardo a ciò che importava veramente, riguardo i suoi sentimenti, le scelte importanti... be', riguardo a quello non aveva mai preso una decisione giusta, era una frana. Christoph no, lui riusciva a ponderare bene anche quelle scelte, per questo motivo lo aveva sempre invidiato, lo aveva sempre ritenuto un idolo, un modello cui ispirarsi, sebbene fosse a conoscenza che il desiderio di coronare il sogno della perfezione fosse un'utopia. Tuttavia, a conferma che le cose belle durano sempre troppo poco, Christoph a un certo punto abbandonò la voglia di lottare e andare avanti. Forse perché era stanco anche lui di vincere sempre e di non sbagliare mai, forse anche lui aveva semplicemente bisogno di qualcuno che lo capisse, ma nessuno poteva, lui era troppo, era troppo per chiunque. Lo attendeva una fine atroce, e chi lo avrebbe mai detto... un angelo così perfetto che si toglie la vita. Senza motivo, secondo alcuni, gli stessi che gli avevano sempre voltato le spalle perché figlio di un angelo bianco. Quegli angeli non avevano la minima idea di cosa significasse la solitudine. Invece Lex lo capiva, capiva che Chris non ne poteva più. Aveva pianificato nei minimi dettagli persino la sua uscita di scena, che sarebbe stata avvolta dalla stessa solitudine di sempre. Da allora Lex rivedeva continuamente quel giorno, aveva continui incubi, ancora, a distanza di secoli, a causa dell'asprezza che l'accaduto gli aveva lasciato sulla pelle. Eppure quegli incubi sembravano così reali... Lex rivedeva sé da bambino, che aveva da poco compiuto nove secoli, gli stessi capelli neri, ricci e lunghi, il sorriso gioioso di chi dovrebbe andare a caccia col fratello. Poi la porta della camera si spalancava e la stanza del fratello era vuota, solo una lettera e un brano di Câjkovskij sul letto. Le sue dita lunghe e sottili da pianista raccoglievano la lettera, era scritta in Aers, la lingua del cielo, Lex aveva imparato a leggerlo da Christoph. Dopo aver letto si ripiegava il foglio tra le dita e il sorriso scompariva dal volto del bambino. Eppure, non fece nulla, nulla per impedire quello che sarebbe successo. Il fratello aveva previsto tutto, era talmente sicuro che il bambino avrebbe capito, che nella lettera gli aveva scritto di pensare al futuro ed essere forte. Aveva scritto persino dove si sarebbe trovato e gli aveva suggerito di suonare il pianoforte nel frattempo. E Lex aveva fatto esattamente quello che gli aveva chiesto. Si era fatto scivolare dalle mani l'opportunità di salvarlo. Lui che avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvare il fratellastro finì col piangere sul suo corpo esanime, e quella fu l'ultima volta che pianse. Da allora negli incubi lo tormentava il senso di colpa, la rabbia contro se stesso per non aver fatto nulla, per aver mostrato impotenza e non aver neanche provato a contrastare il destino che li aveva coinvolti. E adesso era arrivato Shane, un angelo bianco che assomigliava a Christoph più di chiunque altro avesse mai conosciuto. Solo allora capiva cosa lo aveva colpito appena aveva incrociato il suo sguardo, era lo stesso sguardo innocente, gli stessi occhi azzurri penetranti, la stessa tendenza a non nascondere pienamente le emozioni come faceva Lex. Shane era un po' la fotocopia del fratellastro, ma con le ali bianche: le sue azioni e il suo modo di parlare appartenessero inconfutabilmente al ricordo di Christoph vivo nella sua mente. E questa cosa lo impauriva particolarmente, quella sorta di fiducia che sentiva di avere nei confronti dell'angelo bianco probabilmente era dovuto solo a quella somiglianza, al bisogno di avere qualcuno accanto che gli ricordasse momenti tranquilli della sua vita e che gli ispirasse salvezza. Probabilmente il vedere in lui Christoph dipendeva dal suo desiderio recondito di voler cambiare il passato. E faceva male pensarla così, era come cercare qualcuno con cui rimpiazzare una persona della sua vita, era come usare qualcuno per fingere che la tragedia non fosse mai avvenuta.
— Era... il mio fratellastro. — Decise di rispondere alla fine, dopo interminabili secondi di silenzio. Sperava soltanto che Shane non chiedesse altro.
— ... Mi dispiace — Mormorò semplicemente l'altro, trattenendo un sorriso compassionevole, di cui Lex si accorse comunque. — Anch'io avrei dovuto avere un fratello, ma non so nulla di lui, credo che mi abbiano cancellato tutti i ricordi che lo riguardavano. — Aggiunse e poi sospirò profondamente incrociando lo sguardo vacuo del ribelle.
— Immagino non sia affatto bello. — Si limitò a commentare l'angelo nero. In quel momento voleva solo tagliarsi la lingua per aver nominato Christoph, non aveva proprio spazio nella testa per pensare ad altro, considerando che c'era Lillian in fin di vita nell'altra stanza.
— Già. — Disse l'altro con un sorriso triste, e lasciando calare il silenzio tra di loro per svariati secondi.
— Shane devi aiutarmi. Per favore. — Esordì finalmente il riccio con una certa urgenza. Il suo viso tornò ad essere teso e preoccupato. L'angelo bianco annuì spronando il ribelle a continuare, aspettando probabilmente i dettagli della richiesta. — Lillian è ferita gravemente... Ho la sensazione che potrebbe anche non farcela, quindi ho bisogno di una mano. —
Shane sgranò gli occhi sorpreso dalla notizia e il ribelle restò nervosamente in attesa di una risposta mordendosi il labbro inferiore.
— Certo, non preoccuparti, la medicina è il mio campo. — Lo tranquillizzò Shane alzandosi cautamente dal letto e gli poggiò una mano sul braccio amichevolmente. — Non sono d'accordo con te, quella ragazza è tutt'altro che debole. — Aggiunse accennando un sorriso rassicurante.
— Lo so... — Sospirò l'angelo dagli occhi viola, ritornati cupi a causa della preoccupazione.
— Andiamo, dai. —
"Ogni mostro che ho sconfitto fa parte della forza che mi porto dentro"
• < SPAZIO AUTRICE > •
Ciao a tutte ragazze/i! ❤ Come va?
Spero tutto bene. Scusate per tutto il tempo che avete aspettato per il capitolo, ma ultimamente a scuola ho avuto un periodo piuttosto impegnativo, speriamo che almeno ne sia valsa la pena. Allora che ne pensate? Vi siete già fatte qualche idea?
Se avete aggiornato Wattpad avrete notato che ho aggiunto un audio a un certo punto del capitolo, per chi non lo sapesse volevo informarvi che l'audio di questo capitolo era La Morte Del Cigno di Câjkovskij.
Ad un certo punto del capitolo, verso l'inizio, avrete notato la presenza di questo asterisco (*) accanto alla formula che serve per evocare l'arma divina, ebbene volevo specificare che la scrittura runica della formula è ᚲᚺᚱᚫᚾᛁᛏ ᛗᚫ ᛟᚺᚾᚫ e significa "Proteggimi con la luce del fuoco".
Mentre le rune incise sulla katana sono le rune della protezione, della fortuna, e della vittoria della luce sull'oscurità. La runa Berkana, citata sempre nel testo, invece è quella che apporta guarigione e risveglio/restauro del corpo.
Se avete dubbi o qualcosa non vi torna potete tranquillamente chiedere a me!
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