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5 • IL GALA

"Ed io ti ho subito notato,
perché c'è qualcosa di diverso
negli occhi di chi è stato abbandonato."



Sembrava che quella stanza fosse stata travolta da un tornado. C'erano scatoloni ovunque sul pavimento, alcuni di essi erano aperti e rivelavano il loro contenuto tra vestiti e oggetti personali. Le otto grandi ante dell'armadio si erano spalancate durante "l'esplosione" e Shane notò che i suoi vestiti ora erano quasi totalmente in disordine e pendevano coprendo i cassettoni che si aprivano sotto le ante del mobile. Gli abiti di Lex invece erano sparsi per tutta la stanza; la maggior parte di questi aveva sommerso i letti dei due angeli, il restante era diviso tra il pavimento, il davanzale della finestra e il ripiano della credenza di vetro.
Shane sgranò gli occhi, poi sbatté diverse volte le palpebre per assicurarsi nuovamente di non star sognando. Una volta constatato che la realtà era effettivamente quella che gli si prospettava davanti, strinse i pugni tenendo a bada un'improvvisa crisi isterica, di quelle tipiche nelle donne incinte. Provò a parlare, o meglio, ad urlare, ma la sua bocca emise solo degli striduli gemiti di disapprovazione, farfugliando qualche parola senza senso a cui Lex non prestò la minima attenzione. Se solo avesse provato a prendere sul serio quella reazione così drammatica probabilmente sarebbe soltanto scoppiato a ridere.

— Calmati Sindria, in fondo è solo un po' di disordine. — disse guardandosi intorno con aria disinvolta, quasi fosse nel suo habitat naturale. E, difatti, un po' lo era. Da quando viveva perennemente da solo casa sua assomigliava sempre meno ad una casa e sempre più a uno sgabuzzino disordinato.

— Un po'? Solo un po'!? — Furono le uniche parole che pronunciò l'angelo bianco, con voce acuta, contenendo l'incredulità per quanto si presentasse davanti ai suoi occhi. — Stai scherzando, vero? — Avrebbe voluto dirgliene quattro, ma quando incrociò il suo sguardo si rese conto che anche urlandogli contro tutti gli insulti del mondo il menefreghismo del corvino avrebbe vinto e la situazione non sarebbe cambiata. — Hai anche sbagliato il mio nome, mi chiamo Sindre ma puoi chiamarmi Shane e basta se è troppo difficile. — sbuffò il biondo, nel tentativo di calmarsi. Lex gli parve alquanto sconcertato, forse perché Shane aveva effettivamente reagito come se fosse accaduta la peggiore delle tragedie. Allo stesso tempo, però, non era certo di ciò che riuscisse a intuire del ribelle, quindi non capiva se la sua espressione in quel momento volesse prenderlo in giro o meno. Al contrario, un qualcosa dentro di lui gli suggeriva che l'angelo nero potesse facilmente accorgersi dei pensieri che il biondo aveva su di lui. Si fissarono per pochi istanti negli occhi, poi l'angelo bianco spezzò il silenzio, parlando con molta più pazienza rispetto a prima: — Va bene, calma e sangue freddo — sussurrò più a se stesso che all'altro angelo. — Adesso sistemo tutto io. — affermò infine, pieno di convinzione. Lex lo guardò stranito, pareva non aspettarsi per niente una cosa del genere.

— Contento te... — si limitò a rispondere alla fine. Ripiegò con noncuranza i vestiti sparsi sul suo letto - o meglio, li attorcigliò - facendo finta di sistemare, poi li spostò su una mensola, seguito dallo sguardo attento di Shane. Infine si buttò sul letto, mettendosi a guardare il soffitto bianco con un tale interesse che sembrava non avesse mai visto una cosa del genere prima d'ora.

 

Quella sera avrebbero dovuto partecipare a un incontro generale per discutere le strategie di indagine che avrebbero portato avanti. Il Re era stato quello che aveva parlato di più, nonostante fosse probabilmente la persona meno indicata a dare consigli strategici. Altri ambasciatori di corte e generali di immense legioni di serafini avevano partecipato alla riunione, per confermare i ruoli di supporto anche a livello battagliero. Non avevano davvero idea di cosa avrebbero incontrato durante quel percorso, ma l'unica certezza era proprio che avrebbero avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile. In molti momenti Lex avrebbe voluto contraddire affermazioni fuori luogo o false informazioni riguardo i loro nemici, ma alla fine aveva optato per il tacere. Grazie alla loro posizione privilegiata, gli angeli bianchi non si trovavano spesso a dover affrontare demoni, mentre i ribelli li avevano alle calcagna giorno e notte. Per quel motivo, spesso le loro deduzione erano sbagliate, o comunque solo parzialmente corrette. Il riccio non era per niente così benevolo da voler condividere i suoi trofei di guerra con chiunque; ciò che aveva appreso in anni e anni di esperienza sul campo di battaglia era un tesoro che voleva tenere per sé e per pochi altri eletti. Inoltre, ancora non si fidava di nessuno di quei pennuti dalle ali bianche, quindi non avrebbe mai giocato a carte scoperte, tantomeno avrebbe mai svelato le sue tecniche affinate con precisione grazie al tempo e alle cicatrici che si portava addosso. Solo Lillian si era azzardata a proporre suggerimenti, probabilmente sentendosi in colpa del fatto che nessuno dei ribelli stesse aprendo bocca. La verità era che Lex gli altri angeli bianchi non li aveva nemmeno ancora ben inquadrati e nemmeno riusciva a guardarli in faccia. Gli otto prescelti erano in posizioni molto lontane l'uno dall'altro, ciascuno ad occupare una delle estremità della stella ad otto punte disegnata sul pavimento della sala circolare. Il re era seduto al centro, gli altri si premuravano di evitare sapientemente l'uno lo sguardo dell'altro, quasi a voler prolungare quanto più possibile il momento in cui avrebbero dovuto rivolgersi la parola. Non era stata affatto una buona idea quella "pace". Forse la decisione peggiore che Trine avrebbe potuto prendere, secondo Lex.

Alla fine della riunione il riccio si era congedato per primo, senza tante cerimonie. Aveva voglia di prendere una boccata d'aria fresca. Per fortuna, di aria fresca ce n'era in abbondanza ad Asgard, a differenza dei Mondi Inferiori dove il "fresco" era un concetto completamente relativo, piuttosto surreale peraltro. Era notte ormai, le strade erano deserte per fortuna. Di certo non voleva incontrare qualcuno pronto a rivolgergli un'occhiata di astio o di terrore per il semplice fatto che lo reputassero un nemico. Non aveva mai compreso né giustificato la gente che si rinchiudeva nella propria tana sicura senza mai concedere una possibilità al mondo esterno. Anche a lui piaceva starsene per le sue, certo, ma non era mai stato il tipo da farlo pesare agli altri. Un angelo bianco nei Mondi Inferiori poteva quasi passare inossevato tra la folla, ma un angelo ribelle nella Cittadella Celeste avrebbe non solo fatto scalpore, ma persino scatenato l'ira degli angeli Troni. In quel momento i "piani alti" tenevano bene sotto controllo la situazione tra i serafini. Quella tregua sembrava essere stata approvata, ma nemmeno i Troni riuscivano a digerire il mescolamento di due classi ormai opposte.

Quando era rientrato a Palazzo ormai era mattina. Era tipico per lui portare avanti orari simili, per cui aveva ignorato le lamentele di Shane che diceva di essere stato in pensiero per lui. Non ci credeva davvero. E poi, anche se fosse stato in pensiero era una sua scelta, nessuno gli aveva certo chiesto di preoccuparsi. Neppure lui si preoccupava per se stesso, non aveva senso che lo facessero gli altri. Perlomeno, il biondo sembrava aver finito di sistemare la camera mentre lui era stato via. Adesso quell'ambiente era di nuovo maniacalmente ordinato, cosa che gli dava un po' sui nervi in realtà, quindi si premurò di lasciare le sue armi e la sua maglia in giro, prima di concedersi qualche ora di sonno. Aveva dubbi che sarebbe riuscito a chiudere occhio in quel posto, ma voleva provarci, altrimenti affrontare le giornate a seguire sarebbe risultato sempre più stancante. Aveva programmato di fare una visita di ricognizione in diverse armerie, compresa quella reale, durante il pomeriggio. Voleva fare scorta di punte kunai, polvere da sparo, incendiari e qualsiasi altra cosa utile di cui restava sempre a secco nel bel mezzo di una battaglia. Inoltre, era curioso di fare un inventario di tutte le armi presenti nella Cittadella Celeste per confrontarle con quelle che producevano nei Mondi Inferiori. Era comvinto che anche in quel campo i ribelli se la cavassero meglio, tuttavia se in quel giro di perlustrazione avesse trovato qualche lama particolarmente adatta al suo stile di combattimento non avrebbe perso tempo ad appropriarsene. Amava il mondo delle armi, spendeva molto del suo tempo a catalogarle, studiarle, prendersi cura di quelle che possedeva ed esercitarsi con esse al fine di imparare nuove tecniche e stili di combattimento. Era certo che quel giro di ricognizione gli avrebbe fatto bene, avrebbe sicuramente trovato qualcosa di interessante da cui attingere un po' di novità.

Anche quella giornata, dunque, si era conclusa mentre il riccio si teneva quanto più alla larga possibile dagli altri.  Si era guadagnato una buona dose di insulti per le stradine di Asgard, sebbene non avesse causato danni - forse per quei pennuti il suo insistente continuare a respirare doveva essere un problema. In pochi si erano informati della tregua, tantomeno della missione che avevano in ballo e del motivo per cui ci fossero dei ribelli lì. In fin dei conti, però, gli importava poco. Il giorno seguente si sarebbe tenuta quell'insopportabile cerimonia di benvenuto che avevano programmato e Lex stava risparmiando parsimoniosamente energie sociali per dare una sfarzosa impressione di sé davanti agli altri, a tempo debito.

Quella notte l'aveva trascorsa nuovamente in bianco, per cui aveva saltato il pranzo ed era rimasto nel letto in attesa che il sonno gli desse un po' di pace. Tuttavia, era riuscito a dormire solo per poche ore quando il biondo si rese conto che il cielo si stava avviando al crepuscolo e, preso dal panico, si mise le mani tra i capelli iniziando a urlare cose incomprensibili mentre spalancava l'armadio: — Lex! Ti rendi conto che è tardissimo!? — strillò ancora rivolto al suo compagno che sobbalzò leggermente per lo spavento e si svegliò del tutto. — Sbrigati, vieni a prendere i tuoi vestiti! — gli ordinò iniziando a scartare dei completi dalla sua parte di armadio.

— Smetti - di - urlare - gentilmente. — scandì bene il ribelle alzandosi di malavoglia dal letto e massaggiandosi le tempie con le dita, come se Shane urlando lo avesse quasi stordito. Ecco in cosa si assomigliava con la sua ragazza: avevano entrambi quella orribile abitudine di alzare la voce in modo isterico. Non gli piaceva che le persone interrompessero il suo sonno, dal momento che era davvero difficile per lui spegnere un po' il cervello. Per giunta, anche solo l'idea di dover entrare in contatto con tutti quegli angeli lo metteva di cattivo umore. La noia lo stava palesemente divorando, come faceva il biondo a pretendere che lui avesse interesse a partecipare ad uno stupido Gala?

Shane lo fissò per un secondo, guadagnandosi un'occhiataccia dal compagno, poi si riprese, conscio che il richiamo ricevuto dal ribelle fosse meritato, quindi con voce più calma disse: — Devi scegliere cosa indossare al Gala. E in fretta. — lo informò sorridendo appena, ma l'altro non ricambiò il sorriso e il suo sguardo divenne visibilmente irritato. Trine doveva averlo previsto, quella donna mentalmente deviata sapeva che le feste non erano esattamente il suo forte.

— È proprio obbligatorio? — chiese scocciato l'angelo nero. Shane non si smosse, annuì leggermente col capo e tirò fuori dal guardaroba una camicia bianca per porgerla al ribelle, quasi per invogliarlo a provarsi qualcosa. — Ma a me non va di venire... — rimarcò Lex gettando la camicia sul letto; agli occhi di Shane adesso sembrava un bambino di cinque anni che faceva i capricci. Doveva ammettere che Lex aveva davvero un carattere complesso, perlomeno sicuramente un po' bipolare. Probabilmente in pochi avrebbero voluto scegliere di propria iniziativa di fare coppia con lui o qualsiasi altra cosa implicasse il trascorrere tempo insieme per svolgere una qualsiasi attività. Non che Shane volesse giudicarlo, ma a volte gli veniva spontaneo pensarlo. Forse se avessero avuto la possibilità di scegliere autonomamente i propri compagni, nemmeno lui avrebbe probabilmente optato per il riccio dopo averlo sentito parlare la prima volta. Non credeva di poterlo perdonare per il modo scontroso in cui si era presentato, sebbene avesse tentato in tutti i modi di digerirlo e di non farci caso. Ormai aveva capito che quell'atteggiamento faceva parte della sua personalità.

— Ascolta Lex, questo Gala è in vostro onore, non puoi mancare. Vedrai che sarà divertente. — concluse il biondo sfoggiando un sorriso caldo e luminoso, uno di quei sorrisi capaci di sciogliere il ghiaccio più freddo, ma forse ancora non abbastanza da sciogliere il ribelle. Alle parole "Sarà divertente" l'angelo nero sembrò reagire finalmente in modo diverso. Il biondo cominciò a credere che stesse cambiando idea, ma, contro tutte le sue aspettative, Lex invece propose: — Proprio così, perché invece non andiamo in qualche locale più divertente? —

A quella domanda l'angelo bianco sospirò affranto per l'ennesima in quella giornata. Quasi gli caddero le braccia a pensare che quel ragazzo fosse incorreggibile. Ad Asgard non c'erano molti locali atti al divertimento, quasi non esistevano - o almeno, non ufficialmente. Qualsiasi luogo inducesse al peccato era, ovviamente, bandito. Tuttavia c'erano locali notturni tenuti segreti come il Bangrashk o il Glock, ma lui non aveva certo voglia di andarci, soprattutto in quel momento. Non era invidiabile la fine che facevano gli angeli caduti spudoratamente in tentazione. Era scontato che nei Mondi Inferiori le regole fossero fatte per essere infrante, ma lì erano nella Cittadella Celeste. Il ribelle storse il naso e alzò un sopracciglio, notando la reazione preoccupata di Shane a ciò che aveva detto.

— Scusa non ti volevi divertire!? Io non mi diverto in mezzo a pennuti antipatici e presuntuosi. Di solito nei locali notturni ci sono ragazze più simpatiche della tua fidanzata. Non puoi dirmi sul serio che qui non ce ne sono... — insistette il ribelle con un'espressione anche piuttosto perplessa in viso, come se per lui fosse stata una questione più che normale. Shane lo stava ancora fissando con gli occhi sbarrati, poi si ricompose arrossendo leggermente e tentando di rispondere in modo sensato: — Intendevo... Divertirci in modo tranquillo con gli altri, al Gala. — Riuscì a mettere insieme queste parole gesticolando vistosamente, ma comunque senza abbassare la testa. Fissò l'attenzione sulle labbra rosee del suo compagno di stanza, per cercare di evitare lo sguardo luccicante di lui. Al contrario, Lex non appariva per niente a disagio in tutto ciò e Shane sperava solo che il ghigno che gli era spuntato sulle labbra non dipendesse dal fatto che l'angelo bianco le stesse fissando senza ritegno. Allora il ribelle alzò un sopracciglio puntandolo con uno sguardo complice e un mezzo sorriso perverso stampato in faccia, ma l'angelo bianco in risposta arrossì semplicemente e Lex sembrò sconfortato dal comportamento del compagno.

— Va bene... A quanto pare dovrò accontentarmi. — sospirò con un gesto di insofferenza e si mise a sedere sull'ampio davanzale della finestra — Però... — aggiunse fissando Shane e l'angelo bianco si sentì bruciare immobile, come se fosse inchiodato al suolo da quegli occhi viola intenso, deglutì e incitò Lex a continuare: — Però cosa? —

— Però scordati che metterò addosso quella robaccia — rispose il ribelle indicando con riluttanza il completo elegante sul letto di Shane — Al massimo potrei indossare i miei jeans migliori con la mia T-shirt più elegante. Altrimenti tengo la tenuta da combattimento che mi fa sembrare decisamente più figo. — lo informò con tono incontestabile e anche piuttosto altezzoso. Non si poteva dire che mancasse di autostima, insomma. L'angelo bianco si colpì la fronte con la mano in un gesto di disperazione. Ma perché capitano tutte a me? Si chiese in preda a un'ennesima crisi isterica. Che Lex fosse un testardo irremovibile lo aveva capito già dall'inizio, ma credeva ugualmente di poter smuovere qualcosa in lui. Shane era sempre stato un angelo pieno di speranza, al contrario del suo compagno. Si riteneva anche abbastanza fortunato, nonostante tutti i disastri personali che lo avevano coinvolto, poiché consapevole esistessero storie peggiori della sua; al di là del suo piccolo mondo succedevano cose orribili e per questo motivo non si sentiva in diritto di lamentarsi.

— Come posso farti cambiare idea? — chiese l'angelo bianco con voce flebile, usando il tono più paziente che gli fosse possibile. Si sentiva ancora molto in soggezione a causa degli occhi viola di Lex puntati come frecce su di lui.
— Mmh... — Il ribelle fece finta di pensarci su, tenendosi il mento tra indice e pollice. — Penso che tu semplicemente non possa. — affermò con un'espressione divertita stampata in faccia, che sarebbe stata capace di irritare addirittura Shane, anche se ormai ci si stava già abituando.

— Niente è impossibile. — dichiarò il biondo, il quale tuttavia aveva cominciato ad arrendersi, nonostante si stesse mostrando quanto più calmo possibile mentre dentro di sé sentiva l'agitazione pulsare nelle vene. — Proviamo a fare un patto. — propose tentando di rendere la sua voce quanto più salda possibile.

— Che genere di patto? — domandò improvvisamente interessato Lex, alzando un sopracciglio con il solito ghigno sadico in viso, gli occhi viola gli penetravano dentro e gli foravano l'anima, lasciandolo con un buco nero che sembrava risucchiare la sua forza senza lasciargli un briciolo di libertà.

Shane deglutì a fatica e spezzò il contatto visivo — Se mi prometti di rispettare gli impegni reali e di prepararti e comportarti adeguatamente... I-io be'... Potremmo andare al Glock una volta... Di nascosto, ovviamente. —

Gli occhi dell'angelo nero si illuminarono, ma subito si ricompose e il sorrisetto malizioso sul suo viso si allargò compiaciuto. — Vedo che non ci è voluto molto a farti cambiare idea sui locali divertenti. — gli fece notare con quell'aria esuberante che spesso emanavano le persone che credevano e sapevano di aver sempre ragione. Tuttavia, Shane rimpianse subito di aver proposto quella assurda idea; era praticamente troppo azzardata, persino pericolosa quando si trattava di qualcuno come Lex. Chi sa in quale guaio lo avrebbe fatto cacciare. In fondo, però, lo aveva fatto solo per risolvere la faccenda del Gala, avrebbe fatto una gran figura di merda se Lex si fosse presentato a un evento così importante in skinny e T-shirt.

— Bene allora trovati un completo elegante e mettilo. — disse Shane uscendo dal discorso per paura che sarebbe divagato. A quanto pareva, però, Lex voleva vederlo a disagio, infatti riprese a parlare senza dare minimo conto alle parole dell'angelo bianco.

— Allora quando andiamo al Glock? — chiese dandogli le spalle e mettendosi a sedere sul davanzale con le gambe che dondolavano a penzoloni dall'esterno della finestra. Si sporse con tutto il corpo fuori, sembrava che sarebbe caduto da un momento all'altro o che di lì a poco avrebbe voluto spiccare il volo. Eppure non successe nessuna delle due cose, così Shane fece un respiro profondo e sospirò: — Si vedrà. —

Da parte di Lex si sentì una risata sommessa, poi un lieve sospiro, talmente lieve che per un momento Shane pensò di esserselo immaginato. Si rese conto che non era stato il semplice frutto della sua fantasia quando l'angelo nero scosse la testa, probabilmente pensava tra sé... Cercò di non prestarci troppa attenzione e fece finta di niente cominciando a parlare di nuovo: — Lex dai è tardi, abbiamo meno di un'ora per prepararci. Dobbiamo sbrigarci altrimenti arriveremo in ritardo e —

— E giustamente tu non ci tieni a fare una figura di merda, immagino. — lo interruppe bruscamente Lex, scendendo con un balzo felino dalla finestra e rientrando. Si passò una mano tra i capelli con un gesto lento e innecessariamenre sensuale, poi sorrise abbastanza apertamente da far pensare a Shane che avesse sbalzi d'umore molto evidenti. Il serafino dalle ali nere si sedette sul letto e incrociò le braccia: — Allora? Che dovrei mettere? — chiese guardandolo, con una certa impazienza nella voce. Shane sollevò un sopracciglio interdetto, non si aspettava certo di dover fare da assistente di atelier.
— Be', che completi eleganti hai portato? Io non ricordo precisamente tutti i vestiti che ti ho sistemato... — disse l'angelo bianco mostrando indifferenza, sebbene ci tenesse sul serio a fare bella figura.

— In realtà io non ne ho portati, non indosso mai roba più elegante di un jeans e una camicia. — affermò Lex scrollando le spalle, si tirò indietro un boccolo ribelle che gli copriva la visuale e rivolse a Shane il solito sguardo tranquillo aspettando una risposta.
— Merda... — si limitò a rispondere Shane, guadagnandosi una risata del ribelle che non si aspettava per niente che una cosa del genere uscisse dalla bocca dell'angelo bianco. — Forse faremo meglio a cercare qualcosa anche per te. — continuò facendo segno all'angelo nero di alzarsi. Shane si voltò nuovamente verso l'armadio e ne estrasse un completo elegante classico: il pantalone, la giacca e lo smoking erano neri, mentre la camicia era di un bianco puro come le sue ali. Appoggiò cautamente il completo sul letto, come se una forza invisibile lo controllasse e rendesse i suoi movimenti perfetti e leggiadri, nonostante il panico dovuto al fatto che si sentisse comunque osservato, come se Lex stesse analizzando meticolosamente tutti i suoi movimenti. Quando, tuttavia, si girò a guardare il riccio, pareva che lui non gli stesse prestando attenzione in realtà.

— Ci sono negozi nelle vicinanze? — domandò di punto in bianco il ribelle, trascinando il compagno via dai suoi pensieri. Quando poi Shane si girò a guardarlo la sua attenzione cadde sulle iridi viola del compagno, troppo belle per essere vere, tanto da portarlo a credere che il ribelle indossasse quelle cose che gli umani chiamavano lenti a contatto colorate.
— No, è troppo tardi per perdere tempo nei negozi... e oh ti assicuro che qui nei negozi ci perdi giornate intere. — esclamò Shane, sicuro di sé come non mai. La moda era un po' il suo campo, gli piaceva tantissimo curare i dettagli e studiare i minimi particolari degli abiti, qualsiasi fosse il genere di abbigliamento preso in considerazione. Forse uno come Lex avrebbe evitato di perdere giornate in negozi di vestiti, ma non era comunque il caso di rischiare di fare tardi.

— Su, alzati. — ordinò l'angelo bianco al ribelle battendo le mani freneticamente e facendogli segno di sbrigarsi. Lex sembrò meravigliato dal tono che aveva assunto il compagno (che per la prima volta si dimostrava sicuro di qualcosa), ma obbedì comunque senza fare commenti. — Adesso avvicinati — continuò fermamente il serafino bianco. Il ribelle si avvicinò e per quell'istante in cui i loro corpi furono distanti pochi centimetri Shane perse un battito, gli faceva un effetto strano stare così vicino al ribelle. Forse perché non era per nulla abituato a stare fisicamente a contatto con qualcuno, chiunque fosse, specialmente se qualcuno conosciuto da poco. — N-non c-così vicino. — balbettò, allora il lo 0 un sorriso di traverso spuntò sulle labbra di Lex che prontamente fece un passo indietro, mettendoli a una distanza più ragionevole a non far imbarazzare Shane, il quale era arrossiva fin troppo facilmente. Guardò l'angelo nero negli occhi in attesa che dicesse o facesse qualcosa, ma non fu così, lui non si mosse e non aprì bocca. Shane allora si decise a parlare, cercando di riacquisire il tono di voce fermo cui aveva fatto ricorso prima: — Allora, a guardarti bene dovresti avere la mia stessa taglia, più o meno, ma tu sei anche più alto e... be', sicuramente più piazzato, quindi i pantaloni potrebbero andarti corti. — denotò lui ad alta voce, rendendo Lex partecipe delle sue deduzioni, il ribelle tuttavia rimase impassibile a studiare le mosse dell'angelo bianco mentre frugava nell'armadio alla ricerca di chissà cosa.
— E direi anche stretti. — alluse l'angelo dalle ali nere sogghignando.

L'altro allora riemerse dai meandri del guardaroba, carico di una pila di vestiti, nascondendo le guance in fiamme dietro il mucchio di panni che aveva tra le braccia.
— Sai penso che avremmo perso meno tempo se fossimo andati in un negozio. — affermò l'angelo nero soffocando una risata. L'altro cercò di non farci caso e iniziò a scartare i vestiti che secondo lui erano più adatti all'occasione. Calma e sangue freddo, si ripeteva. Si stava convincendo di avere poco e niente di adatto a Lex, non solo per il fatto che Lex non avesse il suo stesso fisico, ma anche perché i suoi vestiti non si addicevano al carattere dell'angelo nero; ci voleva qualcosa di elegante e sbarazzino allo stesso tempo. Poi all'improvviso si ricordò di qualcosa che rispondeva esattamente a quella descrizione.

— Eureka! — strillò Shane con un lampo di gioia negli occhi, che li fece brillare del loro caratteristico colore celeste intenso. Sentì su di sé lo sguardo interrogatorio del compagno, ma poi il ribelle fece una risata divertita, una risata capace di sciogliere momentaneamente anche la tensione di Shane. Il riferimento casuale ad Archimede aveva probabilmente smosso anche lui, ma il serafino dalle ali nere si stava palesemente chiedendo cosa avesse "trovato". Si era appena ricordato della sua giacca viola che gli stava un po' grande e che, a parer suo, sarebbe stata perfetta per Lex. Un po' di dubbio in realtà restava sempre, per qualunque cosa facesse; ultimamente le sue sicurezze non erano state molto fondate, per diversi motivi ormai non aveva alcuna ragione per ritenersi sicuro di ciò che faceva, tantomeno di chi si fidava. Dentro di sé, però, sapeva di avere la forza necessaria per andare avanti, anche se non era affatto facile, ma lui ci avrebbe provato in ogni caso. Adesso, avere qualcosa di elegante adatto a Lex era complicato da credere, perché l'aggettivo "elegante" accorpato al nome del ribelle suonava malissimo, anzi, non suonava per niente. Lex pareva poter essere tutto, fuorché raffinato, e se n'era accorto dal primo momento che lo aveva visto. Scavò a fondo nella sua mente e provò a ricordare dove aveva lasciato la giacca viola. Quella giacca che profumava di lavanda e gelso, la stessa che gli stava un po' larga di spalle, ma gli piaceva tantissimo, forse più di tutte le altre che aveva, sebbene avesse avuto rarissime occasioni per indossarla. Poi gli balenò in testa un'immagine chiara del capo d'abbigliamento, l'aspetto sbarazzino e il tono di viola scuro che gli conferiva una certa esuberanza e richiamava il colore degli occhi di Lex.

Ricordandosi dell'insolito pigmento Shane pensò a quei penetranti occhi viola che avevano invaso la sua vita da qualche giorno. Li avrebbe dimenticati difficilmente. L'angelo bianco alzò istintivamente la testa alla ricerca dello sguardo sicuro e coinvolgente del ribelle, ma quando cercò di stabilire un contatto visivo con quest'ultimo, non ebbe molto successo. Il serafino dalle ali nere non prestava alcuna attenzione al compagno. Sembrava assorto in un mondo tutto suo, era come se avesse superato tutti gli schemi e fosse uscito fuori dalla realtà per quello che a Shane sembrò un interminabile lasso di tempo in cui i suoi occhi viola rimasero a fissare il nulla, vuoti. Erano completamente spenti, come se, per invidia del loro splendore, un mostro d'ombra avesse avvolto quelle iridi nelle sue spire d'oscurità. Il viola non brillava più, né scintillava come prima, né dava segni di vitalità: sembravano gli occhi vitrei di un cadavere. L'angelo bianco lo guardò bene, il suo sguardo azzurrino scrutava ogni minimo dettaglio che influiva sull'espressione cupa di Lex: sembrava improvvisamente stato trascinato via dal suo corpo, mentre quello era lì, immobile, le sue labbra carnose si erano ridotte a una linea sottile e allora il biondo, con i segni della preoccupazione stampati in viso. Deglutì preso dall'inquietudine e si sforzò di iniziare a credere che se il nulla aveva catturato l'attenzione del compagno evidentemente doveva avere un doppio fondo più interessante di ciò che potesse sembrare, forse si trattava di qualcosa che forse in quel vuoto solo Lex riusciva a cogliere. Angustiato, distolse lo sguardo, restando con la solita incomprensibile sensazione di essere rifiutato. Riportò gli occhi all'armadio, nella speranza di trovare altro da abbinare alla giacca, ma adesso la sua mente era avvolta da una nube di pensieri.

Si riscosse bruscamente quando sentì il tocco delicato della mano del ribelle sulla sua spalla, stranamente non gli venne voglia di allontanarsi o fare altro per spezzare il contatto, era confortevole, come la consolazione che può darti un amico quando le cose non vanno per le migliori. Dopotutto, sarebbero potuti essere buoni compagni, pensò Shane. Si voltò e rivolse un sorriso rassicurante al ribelle, il quale ricambiò con un altro sorriso, un sorriso scarno, forse senza troppa profondità, ma che riuscì comunque a far recuperare un briciolo di vitalità all'angelo bianco. Questi allora si mise le mani in tasca e si guardò velocemente intorno: — Allora, io torno subito, tu nel frattempo trovati una camicia bianca e un pantalone nero tra le tue cose, possibilmente quello più elegante tra quelli a disposizione. — disse mantenendo il sorriso in volto, Lex annuì e iniziò a cercare tra i suoi vestiti nell'armadio, mentre Shane lasciò la stanza nelle mani del compagno e uscì dalla camera per dirigersi alla lavanderia, chiudendosi la porta alle spalle. Oltrepassò il corridoio e si avviò con ampie falcate verso il secondo piano e per fare prima imboccò le scale di riserva e non le centrali, che distavano diversi corridoi da lì. Arrivato al secondo piano si ritrovò esattamente davanti la porta colorata della lavanderia, entrò e avvistò subito la giacca scura difronte a lui, appesa con cura ad uno stand con una gruccia di metallo. Si avvicinò e la racchiuse nell'apposita fodera portandola con sé lungo i corridoi che conducevano di nuovo alla sua stanza.

Lex rimase nella stanza mentre il compagno usciva e, anche se aveva provato a rassicurarlo e a non dare a vedere oltre il suo malessere, era rimasto pensieroso e sperava che Shane non se ne fosse accorto. Si era sicuramente accorto, però, del suo momento di assenza poco prima: gli capitava, a volte, di essere assuefatto dal vuoto e di rinchiudersi nel suo piccolo mondo chiamato "ego", a riflettere ad occhi aperti. Il ribelle sapeva nascondere abbastanza bene le sue emozioni, eppure pareva che quel ragazzo riuscisse a leggerlo come un libro aperto... con dei frammenti mancanti, e tutte le lettere sbiadite, ma comunque aperto. Si era lasciato trasportare dai pensieri troppo palesemente poco prima, ne era a conoscenza, ma doveva ammettere che il compagno aveva avuto la decenza di risparmiarsi annotazioni sulla sua espressione, diventata vacua da un momento all'altro.
Crescendo, la convinzione che mostrare le proprie emozioni fosse una debolezza era rimasta saldamente ancorata ai sui ideali. Il fatto che in alcuni momenti non fosse in grado di controllarsi lo destabilizzava. Quantomeno, era certo che l'angelo bianco non avrebbe mai potuto comprendere qualcosa di lui al volo e ciò era sicuramente un bene: a Lex non piaceva affatto che gli altri sapessero troppo di lui. Preferiva restare da solo con se stesso, anche se a volte si ritrovava a desiderare qualcuno al suo fianco. Non avrebbe mai accettato che anche lui potesse aver bisogno della presenza di qualcuno ogni tanto, qualcuno qualsiasi che puntualmente, però, non arrivava. Non era neppure colpa del mondo, in quel caso. Ormai la schiera di serafini che prima lo guardava con interesse aveva preso a rivolgergli sguardi di terrore - carichi di rispetto, certo, ma pur sempre terrorizzati. Quand'era ancora solo un fanciullo chiunque avrebbe pagato oro per poter ricevere un suo sguardo o per potergli rivolgere la parola. La sua sola presenza bastava a incantare ognuno gli posasse gli occhi addosso. Il suo modo di tenere la testa alta gli regalavano un portamento degno di un Re. E i momenti dove discuteva con passione, poi, erano uno spettacolo cui pochi avevano avuto l'onore di assistere. Lex era sempre stato modello di riferimento per troppi angeli dei Mondi Inferiori, con troppi occhi puntati addosso, con troppe aspettative strette a mo' di cappio attorno al suo giovane collo. Negli anni dopo la morte di suo fratello non aveva potuto fare altro che ritirarsi sempre più nell'ombra. Aveva limitato fortemente le sue interazioni sociali, privo della forza necessaria a interfacciarsi coi giudizi altrui. Alla fine, era rimasto da solo, un po' per scelta, un po' per necessità - non era riuscito mai più a integrarsi in mezzo agli altri. Chiunque avesse tentato successivamente di entrare nel suo cerchio vitale sarebbe stato violentemente respinto. L'unica cosa che lo consolava nella solitudine era la certezza che almeno il suo riflesso sarebbe rimasto sempre insieme a lui: poteva guardarsi allo specchio per ore e ore senza stancarsi, e non per narcisismo come voleva far credere. Nella propria stessa ombra non faceva altro che confinare tutte le sue speranze e paure. Quel riflesso lo aiutava a ricordarsi di avere delle emozioni e lo spronava a non dimenticare mai i suoi tormenti. In alcuni momenti utilizzava lo specchio come mezzo per scaricare tutto il peso che si portava dietro nella brutta copia della sua immagine. Era ovvio non potesse sdoppiarsi in due entità diverse, così come era ovvio che lo specchio non potesse regalargli sollievo e raccogliere tutti i suoi più gravi fardelli, né potesse liberarlo da quei macigni. Tuttavia, respirava con più facilità quando si abbandonava a credere in quel pensiero infantile. Dopo un po' era diventata un'abitudine e aveva finito a convincersi di stare bene, nonostante la solitudine lo corrodesse silenziosamente nel tempo. Non era facile contenere quei pensieri quando si aveva alle spalle un passato come il suo. Le sue convinzioni si erano frantumate passo dopo passo, tutte le delusioni non si erano mai dissolte, le ferite non si erano mai chiuse, le cicatrici bruciavano ogni volta che commetteva gli stessi sbagli, ogni volta che non riusciva a correggere quel suo stupido errore. Amare, affezionarsi, essere legati a qualcuno, questo era l'errore più grande a cui ciascuno potesse andare incontro. Sapeva che amare significava mettere il proprio cuore, il proprio destino, nelle mani di qualcun altro, senza rifletterci, senza pensare alle conseguenze, senza preoccuparsi del futuro, ignorando od oscurando l'eventualità che quel qualcuno possa tranquillamente distruggere tutto ciò che gli sia stato ingenuamente affidato. E questo era qualcosa che lui non aveva mai saputo evitare. Era diventato cinico, sebbene provasse a cogliere ancora il brivido dei divertimenti, ma non senza prestare attenzione: mascherava le emozioni, la gioia come la sofferenza, e si rifugiava perennemente dietro una maschera di ironia che lo proteggeva dal giudizio degli altri. Questo aveva imparato.

La sua testa smise di vagare da un pensiero all'altro quando la porta si spalancò, lasciando intravedere la sagoma di Shane. La luce proveniente dalle arcate alle sue spalle, proiettava ombre scure di lato al suo viso, nell'incavo del collo, lungo i fianchi e contornavano in modo definito la sua figura brillante. Lex si incupì perché quando non era abbastanza vicino da poter notare i dettagli, Shane gli ricordava troppo una persona importante del suo passato. L'altro tuttavia non notò nulla, sorrise amabilmente e mostrò trionfante un fodero scuro che probabilmente conteneva ciò che cercava. Lex ricambiò debolmente il sorriso, era troppo stressato psicologicamente in quel momento per cimentarsi seriamente nell'arte della finzione, quindi sorridere rappresentava già un ostacolo. Solo guardando il compagno, il riccio si rese conto di non aver nemmeno minimamente provato a cercare i vestiti che gli aveva chiesto l'angelo bianco. Non importa, si disse sospirando sconfortato, comincerò adesso.

Fingere era triste: fingere di essere ancora capaci di cercare un appagamento qualsiasi nella vita quotidiana, fingere di essere normali e voler frequentare altri simili, fingere di provare ad essere volenterosi, fingere di essere gentile con il prossimo, fingere di non volersi cavare gli occhi a mani nude ogni volta che vedeva quelle ali bianche così vicine a lui. Sapeva tuttavia di dover smettere, avrebbe solo continuato a soffrire nei ricordi. Scosse la testa piano e cominciò a scartare tutte le sue camicie finché non ne trovò una semplice, bianca con i gemelli dorati ai polsi. Sentì i passi dell'angelo bianco avvicinarsi e un momento dopo se lo ritrovò di fianco che lo guardava con lo sguardo innocente di un ragazzino indifeso. Non volendo intraprendere alcun discorso personale il ribelle ampliò il suo sorriso e mostrò la camicia al compagno, che comunque sembrava non essersi accorto minimamente del distacco di Lex, infatti fece un sorriso brillante e ispezionò la camicia.
— È perfetta! — esclamò Shane quasi euforico, aveva un sorriso così solare sulle labbra che a Lex ricordava quella persona sin nei minimi particolari: stesso colorito della pelle, stessi occhi del medesimo azzurro, stessi capelli biondo cenere. E quel sorriso che sarebbe stato capace di addolcire persino un cuore di pietra.

— Resta da cercare un pantalone. — rispose lui, ricacciando la testa nell'armadio. Si abbassò piegandosi sulle ginocchia e mantenendo la schiena dritta, così da poter cercare tra i pantaloni ripiegati perfettamente appoggiati sul ripiano più basso dell'armadio. Finalmente trovò quello che cercava: un pantalone nero non troppo largo e neanche esageratamente aderente, con una piega all'altezza della caviglia. Lo prese con tutta la cura possibile, per evitare di mettere di nuovo a soqquadro l'armadio e di mandare all'aria il lavoro del biondo. Appoggiò anche il pantalone sul letto, accanto alla camicia,  dopo che il compagno l'ebbe approvato con lo sguardo. Lex non era decisamente il tipo da chiedere l'approvazione degli altri, ma ormai aveva pattuito col biondo di non volergli far fare brutta figura quindi non lo irritò l'idea che Shane lo aiutasse a scegliere i vestiti.
— Non manca la giacca? — domandò Lex fissando con aria pensierosa il pantalone e la camicia sul letto. Non che avesse voglia di complicare i suoi outfit, ma era il minimo indispensabile per dare un'idea di raffinatezza.

— L'ho portata io! — esclamò l'altro entusiasta, aprendo la fodera scura che aveva con sé al suo ritorno in camera. Prima o poi gli si sarebbe bloccata la mascella a forza di sorridere, Lex ne era convinto. Dalla fodera emerse una giacca dall'aria elegante, ma non troppo seria e austera come i classici completi da cerimonia. Era di un colore insolito, un viola non esageratamente scuro, emanava un profumo fresco e poi sembrava...

— Oh cazzo. No, no e poi no. Questa cosa si abbina ai miei occhi. Scordati che la indossi. — realizzò il ribelle inorridito, sottolineando con un tono di disprezzo la parola "cosa".

— Appunto! È questo che la rende perfetta. — rispose l'altro con occhi sognanti — Non è fantastico? — chiese retoricamente, fissandolo con uno sguardo che luccicava di gioia. Forse poteva essere impossibile negare qualcosa a qualcuno che ti guardava così, ma Lex non era uno qualsiasi, per lui c'era ben poco di impossibile. Infatti, nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea su quanto odiasse risaltare i suoi occhi. Nessuno.

— No. È alquanto irritante, non è fantastico. — Sbottò l'angelo nero, in totale serietà. Odiava mettere in mostra il colore dei suoi occhi, era uno dei motivi per cui preferiva portare i capelli lunghi. Apparentemente non esisteva nessun altro serafino nei Mondi Inferiori con gli occhi viola, e quel dettaglio gli ricordava costantemente di essere una creatura unica, talmente unica dall'essere destinata alla solitudine, abbandonato a se stesso. Anche per quel motivo vestiva sempre di nero o raramente di grigio e bianco, ma in ogni caso niente che attirasse troppo l'attenzione.

— Comunque provala, secondo me ti starà bene! Ed è la tua unica alternativa, quindi non ti conviene essere così caparbio. — propose ugualmente Shane porgendogliela di nuovo. Lex sbuffò e prese la giacca di malavoglia, si avvicinò al letto prendendo anche la camicia e il pantalone e si recò in bagno per prepararsi.
— Peggio di così... — si lamentò roteando gli occhi e, persa ormai ogni speranza, sparì dietro la porta del bagno. L'angelo bianco rispose con una risata leggera, come il ribelle aveva già previsto, quindi si dedicò ad indossare gli abiti che aveva scelto l'altro. Non che ovviamente avesse bisogno di farsi davvero bello, la sua bellezza naturale gli semplificava già di gran lunga la vita.

Si tolse la maglietta e la sostituì con la camicia bianca. Sulla sua pelle ambrata il bianco stava bene, ma non era abbastanza coprente da nascondere le linee nere che si intrecciavano sulla sua pelle: segni vagamente arcaici, d'impatto crudo, che decoravano con fierezza la sua figura. Si trattava di rune antiche che i serafini usavano sin dalla nascita di Yggdrasil per propiziarsi fortuna, buona salute, coraggio in battaglia e simili auguri. Tuttavia, non garantivano con certezza nessuna di quelle cose. Era una credenza rimasta saldamente praticata dagli angeli neri: a diverse età corrispondevano diversi tatuaggi di una serie di rune di buon augurio. Gli angeli binchi non praticavano più quell'arte da alcune generazioni, per cui ormai anche una cosa così banale come quella era vista come segno di distacco tra le due fazioni, sebbene si trattasse di qualcosa nato in comunione e appartenente a tutti gli angeli guerrieri. Le rune erano utilizzate anche per creare combinazioni magiche, alcune più potenti di altre, tanto che venivano usate in diversi campi, soprattutto in quello della medicina e dell'alchimia.
Esisteva una leggenda, tra l'altro, di una runa scomparsa dai testi sacri. Una runa di origine oscura, apparentemente legata a qualcosa di troppo abominevole per essere anche solo ricordata. Il motivo tramandato oralmente per spiegare l'eradicazione di quel simbolo era legato al terrore che il suo disastroso potere fosse in grado di cambiare il corso del destino. Un serafino capace di sopportare il peso di tale forza cosmica probabilmente non poteva esistere, ma se mai fosse esistito questi avrebbe potuto stringere in una mano le sorti dei Mondi. Lex, dal canto suo, non aveva mai creduto alle favolette e la venticinquesima runa non era altro che supposizione e fantasia, per lui. Il modo in cui tutti loro fossero semplici burattini, schiavi di un sistema in cui persino i sovrani non avevano voce in capitolo, lo riportava sempre coi piedi per terra. Smise di analizzare le ombre scure che si intravedevano dalla camicia e indossò anche il pantalone, ripiegando sommariamente i jeans che aveva prima. Non aveva la benché minima voglia di mettere una giacca viola che si abbinasse ai suoi occhi. E poi, stava molto meglio così, con la camicia in disordine... chiedere di meglio sarebbe stato impossibile.

Dopo aver messo a tacere il suo ego, si costrinse a provare la giacca. Chiuse tutti i bottoni della camicia tranne i due del colletto, e indossò quell'odiosa cosa viola che gli aveva procurato il compagno. Si sforzò di guardare lo specchio, quindi alzò lo sguardo sul suo riflesso con disappunto, quasi si aspettasse che lo specchio condividesse la sua teoria su quanto fosse indecente quel colore su di sé. Si aspettava che quel riflesso avesse gli dess la soddisfazione di aver già previsto che la giacca avrebbe rovinato la sua figura. Invece, con sua grande sorpresa, vide l'esatto contrario. Sarà un effetto ottico, pensò, dato che, orgoglioso qual era, non avrebbe mai ammesso di essersi sbagliato. Eppure quel semplice capo d'abbigliamento sembrava risaltare la sua figura snella e muscolosa, gli conferiva un tono di raffinatezza pur mantenendo la sua indole trasandata, e non accentuava particolarmente il colore dei suoi occhi data la tarda ora. In ogni caso, non si arrese all'evidenza; il fatto di dover dare ragione ad un angelo bianco perfettamente sconosciuto, gli faceva letteralmente saltare i nervi.

Scacciò via i suoi pensieri e uscì dal bagno a piedi nudi, camminando silenziosamente sulla moquette della stanza, fece un colpo di tosse per attirare l'attenzione e incrociò le braccia al petto in un gesto di impazienza. Finalmente Shane si voltò verso di lui, i suoi occhi azzurri si soffermarono dettagliatamente su tutta la sua figura, poi un sorriso si allargò sul suo viso. Lex non poté fare a meno di sbuffare perché a quanto pareva la giacca gli stava troppo bene per poter dire il contrario. Avrebbe voluto ricambiare quel sorriso invece di sbuffare, pensò che avrebbe dovuto essere quasi spontaneo, ma non per lui. C'era da ammettere, però, che stava diventando difficile mantenere quel distacco ostile che il ribelle avrebbe preferito portare avanti in ogni caso. Sembrava che quell'angelo bianco attirasse in qualche modo le sue migliori intenzioni, come se il suo sguardo sciogliesse ogni sua gelida finzione. Questo accadeva probabilmente perché il modo di fare del biondo era troppo affabile rispetto a ciò cui era abituato Lex. Quel viso che ispirava tanta fiducia, come quello di quella persona, nascondeva un animo altrettanto benevolo e quella fragilità esteriore che Shane mostrava senza timore lo catturava ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Era un qualcosa di particolare, ed era strano che un semplice sguardo potesse avere un effetto devastante sulla sua personalità, non poteva essere vero. Lex era giunto a pensare di aver trovato qualcuno più bravo di lui a fingere, qualcuno che stesse fingendo di essere docile per poi magari fregare tutti con chi sa quale trovata malvagia. Non può esistere davvero un angelo così pieno di stupida bontà, pensò il ribelle incredulo. Lui non si era mai lasciato prendere dalle circostanze, era sempre attento e mai superficiale, non era il tipo che si faceva cogliere alla sprovvista, né il tipo che risultava coinvolto facilmente in cose che non lo riguardavano. Eppure se ne rendeva tristemente conto: quell'angelo bianco lo capiva, capiva le sue preoccupazioni, o almeno le intercettava, si era accorto che qualcosa non andava, sì, purtroppo se n'era accorto. E il corvino di certo non avrebbe voluto che accadesse, nessuno avrebbe dovuto capire niente di lui, lui non era una persona prevedibile. Non che Shane lo comprendesse a pieno, di questo ne era certo, tuttavia era palese che avesse captato più di quello che il ribelle avrebbe voluto far trasparire. Le sue barriere dovevano restare lì dove le aveva costruite, intorno a sé, per isolarsi dal dolore; nessuno avrebbe dovuto avervi mai accesso. Per fortuna non bastava certo solo uno sguardo per rompere quelle barriere. Forse c'era bisogno di amore o di affetto, di qualcosa che lui non aveva mai ricevuto e che sicuramente non avrebbe mai chiesto. In fondo si sta bene così, si disse tra sé.

Fissò per qualche istante l'angelo bianco, il quale continuava comunque a sorridere entusiasta della riuscita di quell'abbinamento e si rese conto solo in quel momento che anche il biondo aveva fatto un cambio d'abito. Adesso indossava un completo abbastanza elegante, fin troppo elegante per i suoi standard di abbigliamento, fin troppo sobrio e di stile fin troppo ricercato.
— Vedi che alla fine ti sta benissimo! — si decise a parlare Shane, che esaltava la riuscita della sua trovata.

— A me non piace. — mentì Lex e si tolse una ciocca ribelle di capelli dalla faccia, tirandola indietro con un gesto orgoglioso.
— Be'... a me si! — ribadì l'angelo bianco incrociando le braccia al petto con fare offeso, quasi a cercare di imporsi in maniera infantile. Un accenno di superiorità nel suo gesto stonava infinitamente col suo carattere.
— E quindi? — domandò il ribelle accigliandosi. Quell'atteggiamento non gli piaceva per niente. Non gli piacevano le bambinate e lo infastidiva quando qualcuno cercava di controllare la sua vita o manipolare le sue decisioni. Sebbene in quel momento si trattasse solo di una stupida giacca, non poteva fare a meno di pensare a quando ci sarebbero stati in ballo argomenti più seri.

— Quindi cosa? — L'angelo bianco inclinò la testa, senza capire a cosa si riferisse il compagno, che intanto lo guardava con un'espressione un po' seccata. Sindre era sulla buona strada per esasperarsi a causa del comportamento del ribelle e, dopotutto, non aveva tutti i torti, Lex lo stava seriamente mettendo alla prova.
— Quindi cosa me ne dovrebbe fregare? — chiese il corvino retoricamente. Scosse la testa nervosamente e si passò una mano tra i capelli, prendendo a cercare delle armi comode da poter portare con sé. Non si sarebbe mai e poi mai fatto trovare impreparato da qualcosa. In quel momento non ricordava neppure perché avesse iniziato quella discussione e non gli interessava più.

Il sorriso soddisfatto che Sindre aveva indossato appena poco prima di era ormai trasformato in un'espressione interrogatoria. Si era ritrovato un po' spossato a quella risposta cruda, un po' anche stupito forse, a dirla tutta. Dall'atmosfera tranquilla che c'era prima probabilmente aveva per un attimo dimenticato il caratteraccio del ribelle e aveva sperato di aver guadagnato terreno sulla strada per stargli simpatico, invece Lex restava del tutto irraggiungibile.

Il corvino rise con fare derisorio apprendendo la disfatta dell'altro e Sindre allora si ritirò distogliendo lo sguardo. Sembrava si fosse pietrificato: era calmo, ma inspiegabilmente il ribelle avvertiva in quella pesante atmosfera emozioni non sue. Probabilmente il serafino dalle ali bianche non era poi così calmo se i suoi pensieri delusionali riuscivano a raggiungere anche Lex. In realtà quello non era davvero strano per lui; il ribelle aveva sempre avuto quell'innata capacità di percepire e decriptare i pensieri della gente che gli stava intorno e, anche se a volte poteva tornare utile o piacevole, o forse divertente, c'erano molte volte in cui avrebbe preferito risparmiarsi questo "potere" speciale. Non aveva idea del perché fosse in grado di entrare in contatto con le menti altrui, ma era un'abilità che aveva ereditato sin da quando era piccolo. Ricordava che suo fratello aveva provato a insegnargli a rispettare il prossimo e a non sbirciare i pensieri degli altri. Ciononostante non era in grado di governare al meglio quel potere: a volte, quei pensieri entravano nella sua testa anche se lui non li voleva vedere né sentire.

— Purtroppo, che ti piaccia o no, dovrai indossarla. Non ho alcuna voglia di discutere, né ho voglia di fare brutte figure a causa tua, quindi tienila e basta. — scattò l'angelo bianco dopo un silenzio così lungo che Lex credette la conversazione fosse ormai chiusa. Il biondo restò stranamente calmo, come se volesse contenersi e allo stesso tempo si stesse già pentendo di aver aperto bocca. Il tremolio della sua voce era facilmente intercettabile e la sicurezza che credeva fosse dalla sua parte in realtà continuava a non farsi vedere, nascosta dall'instabilità del modo in cui aveva parlato e della sua stessa voce, che tradì il suo vano tentativo di presa di potere.

Lex alzò un sopracciglio, colto alla sprovvista da quella reazione e meravigliato dal modo in cui l'angelo bianco stesse combattendo contro i suoi stessi modi di fare pur di provare a dar voce al suo disappunto. Il ribelle, d'altro canto, si sentì attaccato dalle parole del compagno. Inclinò la testa lateralmente studiando l'espressione del biondo e vi scorse soltanto una palese incertezza, quindi quel tentativo fallito di imporgli qualcosa da fare diede noia all'angelo nero più del dovuto.

— Senti, nessuno che non sei altro, nemmeno a me piace discutere e non è il mio obiettivo far fare figure di merda a te perché non me ne frega niente della tua reputazione. Inoltre, scordati di provare a ripetermi anche solo un'altra volta cosa "devo" o "non devo" fare secondo te. Me ne infischio del tuo parere onestamente. — chiarì il ribelle facendo sfoggio di tutto il suo orgoglio; non gli importava se Shane potesse sentirsi peggio o potesse tentare il suicidio per disperazione, nessuno poteva permettersi di parlargli così. Così come se potesse mettergli i piedi in testa e decidere al posto suo. Soprattutto se quel qualcuno a stento sapeva reggere in piedi la sua integrità caratteriale. Il biondo era troppo insicuro per potersi concedere il privilegio di dire o fare cose del genere e Lex non sopportava coloro che vivevano per tentativi: per lui, vivere significava fare qualsiasi cosa con sicurezza e con fermezza, senza mai esitare, anche quando si è nel torto. Tuttavia, come risposta il ribelle ottenne soltanto una risata, una risata sincera e sonora... ma pur sempre una risata, e ci voleva un certo coraggio per ridere in faccia a uno come lui. Lex non gliel'avrebbe perdonata tanto facilmente questa. — Okay?? Esigo una spiegazione. — richiese l'angelo nero restando incredibilmente serio nonostante la risata contagiosa del biondo non accennasse a volersi arrestare. Sindre, però, non parve prenderlo davvero sul serio e non riusciva a togliersi dalle labbra quel sorriso da ebete che derivava forse anche dalla reazione sconcertata del corvino. — No davvero, adesso spiegami perché ti sei messo a ridere, prima che mi venga voglia di soffocarti. — L'angelo nero alzò gli occhi al cielo annoiato dopo qualche istante, divorato dalla curiosità per la sfacciataggine con cui aveva riscosso una reazione del genere. Sindre si impegnò, questa volta, a contenere la sua risata coprendosi la bocca con la mano in un gesto delicato.

— Scusami, è che sono abbastanza spontaneo... e quando hai detto quella cosa mi hai ricordato una persona a cui volevo bene. — spiegò e mentre il sorriso scompariva dalle sue labbra gli si inumidirono gli occhi, forse a causa di quel ricordo. Le sue iridi assunsero una sfumatura blu acida, più cupa. Doveva fare male. — Sai... lui mi aveva insegnato qualcosa di importante, ma non ricordo cosa... sento ancora una strana melodia classica quando ci penso, forse un pianoforte, ma non ho molti ricordi della mia infanzia. Non ricordo nemmeno il volto o la voce di questa persona. Ricordo, però, che da bambino quando lui mi diceva di fare qualcosa che non avevo voglia di fare era mia abitudine ridere. A volte mi rimproverava di dover essere più obbediente, ma per fortuna ero già abbastanza introverso e calmo. Perdonami, davvero, è stato più forte di me ridere adesso, non capisco perché ma mi hai ricordato quei vecchi tempi. — si giustificò facendo spallucce e sfoggiando un altro sorriso sincero, quegli occhi dolci erano una disgrazia per chi li incontrava.

— Fa niente. — rispose il corvino arrendendosi, alla fine era un motivo abbastanza valido per lasciargliela passare. Se c'era qualcuno che avrebbe potuto comprendere a pieno il disagio di essere ancora coinvolti da eventi passati, allora quello era Lex. — Questa volta ne sei uscito indenne. — aggiunse e l'altro si limitò ad annuire senza perdere il suo sorriso raggiante, ormai se l'era dipinto in faccia.

— Comunque... c'è da dire che è tardi e che dovremmo sbrigarci ad andare. — gli fece notare Sindre indicando la porta con un piccolo gesto. Era un maniaco della puntualità e della precisione, su questo non c'era dubbio.
— Non so quante volte tu abbia ripetuto la parola "tardi" nelle ultime ore, ma davvero tante, tante, troppe volte. — affermò Lex, tirandosi indietro un'altra cioccia di capelli che continuava a scivolargli sul viso. — E comunque, la giacca non è poi così male, potrei anche indossarla. Ti sei alterato per nulla. — aggiunse, anche se in realtà non avrebbe voluto dirlo, ma era il minimo per ristabilire un po' di pace.

— Immaginavo stessi mentendo. — si vantò l'altro. Impossibile, non avrebbe mai reagito in quel modo combattuto altrimenti.
— Davvero? — domandò comunque il ribelle, leggermente attonito. Era certo che non fosse possibile una cosa del genere, non era mai stato di facile interpretazione per nessuno e uno come Sindre non avrebbe potuto svelare così facilmente una sua menzogna.

— In realtà no... ma adesso ne ho la conferma! — affermò il biondo e gli fece la linguaccia. Lex ignorò quel gesto e sospirò sollevato, riacquistando la facoltà di pensiero solo appena realizzò che l'angelo bianco era al livello di chiunque altro e che quindi non godeva di intuizioni geniali né tantomeno poteva capire ciò che gli passasse per la testa. Per fortuna. Dopo altri cinque minuti Lex era quasi pronto, aveva indossato degli stivaletti neri, che perlomeno erano sicuramente più eleganti di un paio di scarpe qualsiasi e, infine, si era dedicato ai suoi adorati capelli e alla solita lotta nel cercare di domare i dannati boccoli che indugiavano tra lo stare alla destra o alla sinistra della riga.

— Dovresti smetterla di vantarti con quei capelli... — sbuffò il biondo alzando gli occhi al cielo. Probabilmente aveva notato che il ribelle toccava spesso i capelli e li trattava con molta cura. Erano uno dei dettagli che gli piacevano di più di del suo aspetto fisico. — È mezz'ora che fai finta di pettinarli. — continuò l'angelo bianco girandosi verso di lui, in attesa che finisse i preparativi per potersi dirigersi al gala.
— Punto uno: i miei capelli meritano tutti i miei vanti, non te ne rendi conto perché l'invidia ti acceca. Punto due: non è passata mezz'ora, ma solo cinque minuti. Punto tre: ci vuole tempo per pettinarli altrimenti si deformano. — spiegò Lex, posando il pettine e spruzzandosi qualche goccia di profumo. Sindre lo fissava con le sopracciglia arcuate, incredulo forse. Poteva sembrare un'accortenza propriamente femminile quella di dare tante attenzioni ai capelli, ma lui aveva sempre avuto un debole per i suoi boccoli. Un po' egocentrico, forse, ma non era così facile trovare in giro capelli dalla forma così particolare.

Lex scrollò le spalle, fingendo di non aver capito a cosa si riferisse l'incredulità del biondo: — Che c'è? Il profumo è d'obbligo. — affermò licenziando lo sguardo del compagno e infilò il cappotto nero lungo, nel quale aveva abilmente nascosto alcune delle armi che aveva scelto di portare con sé. Shane sbuffò e indossò anche lui un soprabito, per poi dirigersi alla porta d'entrata dove lo aspettava Lex.

— Prima le signore. — accennò il ribelle con un inchino degno di un gentiluomo, aprendo la porta al compagno.
— Fottiti. — rispose l'altro, non usando la medesima eleganza che invece traspariva dal suo sorriso tenue. Il suo tono completamente nuovo quasi fece scoppiare a ridere il riccio.
— Sempre dopo di lei, madame. — Rispose Lex sfoggiando un ghigno e, dopo essere uscito alle spalle dell'angelo bianco, richiuse la porta a chiave dietro di sé. Sindre scosse la testa divertito ed esasperato contemporaneamente. Il ribelle, invece, fece finta di non farci caso e si incamminò ad ampie falcate lungo il corridoio tenendo le mani nelle tasche del cappotto, mentre proseguiva accanto al compagno.

Stavano attraversando uno dei vialetti innevati di Asgard, che, essendo ormai sera, non erano molto affollati, a parte per quei diabolici esserini vaganti camuffati sotto il nome di "bambini". Lex non adorava particolarmente i bambini, anzi, poteva apertamente affermare che gli stessero piuttosto antipatici. Si rendeva conto che quella sorta di odio in realtà era solo pura invidia probabilmente, ma, per quanto volesse, non poteva sopprimere quel sentimento. Gli davano tremendamente fastidio i bambini: la maggior parte erano sempre felici, con un sorriso costantemente stampato in volto per ventiquattro ore al giorno. E quando non erano felici piangevano, a quel punto o ottenevano ciò che desideravano per pena, oppure se ne dimenticavano poco dopo. Le loro lacrime non duravano mai più di cinque minuti e spesso quando piangevano non capivano neppure il perché. Li odiava da quando era stato bambino anche lui. L'infanzia di Lex era stata troppo diversa da quella degli altri, la felicità delle sue giornate si limitava a qualche momento in particolare con il suo fratellastro. Al contrario di quello che vedeva nelle vite della maggior parte degli altri angeli, il sorriso del riccio non era quasi mai stato sincero sulle sue labbra e le lacrime che gli avevano bagnato le guance non erano mai state scontate, poiché fin da piccolo aveva imparato a non piangere per le sciocchezze, aveva imparato a giudicare le situazioni e in tutta l'infanzia le volte in cui aveva versato una lacrima si potevano contare sulle dita di una mano.

Col passare del tempo, poi, dopo una serie di malaugurati avvenimenti, Lex, ancora bambino, si era trovato ad affrontare da solo la sua vita e si era chiuso in se stesso, tanto che le lacrime non si erano degnate più di solcare il suo volto. Forse per la fragilità o per la semplice stanchezza, forse perché sapeva che da quel momento in poi non ci sarebbe stato più nessuno ad asciugarle. Restava di fatto che ormai non piangeva da così tanto tempo che il solo pensiero gli metteva i brividi.
Scacciò via quelle riflessioni e si accorse che il vialetto stava terminando in un ampio spazio, del quale però Lex non poteva scorgere i dettagli, ma solo un vago luccichío. Guardandosi intorno notò che un gruppetto di bambini, intorno agli otto anni, li stava fissando e quello che sembrava il più grande puntò un dito contro i due angeli, sorridendo con ammirazione e guardandoli con occhi brillanti. Lex non riusciva a comprendere le loro espressioni sorprese, ma distolse lo sguardo da loro quando Sindre gli sfiorò un braccio per richiamare la sua attenzione, quindi si girò verso l'angelo bianco che sorrideva.

— I bambini ci vedono come degli eroi da quando è stata pubblicamente annunciata la nostra missione. Loro sono i primi ad essere contenti che non ci siano più guerre interne tra serafini... — spiegò quasi compiaciuto senza smettere per un attimo di sorridere, aveva un sorriso dolce come il miele quell'angelo e Lex non poteva fare a meno di smettere di pensare a quello che era successo nella sua stanza con la sua ragazza: avevano dei caratteri così diversi quei due che non davano certo l'impressione di una dolce coppietta tutta rose e fiori. In ogni caso non dovevano essere affari suoi e pensarci era pressoché inutile. Allontanò per l'ennesima volta quella constatazione e gli sorrise di rimando. I bambini dei Mondi Inferiori probabilmente non avrebbero mai saputo di quella missione, avrebbero continuato a crescere odiando gli angeli bianchi, così come aveva fatto Lex per primo, e avrebbero desiderato impugnare le armi per riscattare la loro dignità di angeli dimenticati. Gli faceva strano sentire che lì tutto fosse stato già reso pubblico. Nei Mondi Sotterranei probabilmente la vicenda sarebbe stata divulgata soltanto se qualcuno dei quattro ribelli fosse morto. Cosa alquanto probabile, in effetti, ma era sicuro che se così fosse stato allora i serafini dalle ali nere avrebbero tranquillamente addossato tutta la colpa ad Asgard e una nuova guerra sarebbe dilagata, rendendo inutili i loro sforzi. Da qualsiasi punto di vista provava ad analizzare la faccenda, sembrava non ci fosse nemmeno un lato positivo in quella missione.

— Per quanto io detesti i bambini, devo riconoscere che a volte sono capaci di distinguere gli eroi dalla plebaglia, modestamente. — affermò ironicamente l'angelo nero con un gesto di superiorità. Si guardarono per un attimo, poi la loro risata riecheggiò nel vialetto. Rivolse uno sguardo ai bambini accennando un sorriso, il massimo che riuscì a fare. In quel momento vide arrivare una ragazza, forse aveva più o meno la loro età; con le sue ali color bianco panna la ragazza si avvicinò al gruppetto di bambini e con fare preoccupato prese per la mano uno di loro, un piccoletto esile con i capelli biondi e le guance arrossate dal freddo, strattonandolo e trascinandolo via con sé. La giovane guardò nella direzione dei due angeli che stavano passando accanto al gruppo, poi tirò dritto imboccando un'altra strada.

— Vedi, non tutti la pensano come i bambini. — commentò l'angelo nero, impassibile rispetto alla scena cui avevano appena assistito i suoi occhi stanchi. Probabilmente non dipendeva neppure da quella ragazza, ma era palese che qualcuno non sopportasse la presenza di ribelli nella Cittadella Celeste.
— Andiamo, non farci caso. Ci sono alcune famiglie all'antica che non hanno ancora accettato la situazione... Gli ci vorrà un po' di tempo, ma ci faranno l'abitudine! — cercò di rassicurarlo il biondo, ma non era di rassicurazioni che Lex aveva bisogno. Sapeva benissimo che ci fossero molte più persone contrarie a quell'alleanza, come d'altronde ce n'erano nei Mondi Sotterranei. Era stato forse il gesto di trascinare via quel bambino, in modo quasi terrorizzato, a ferirlo. Quegli angeli vedevano i ribelli come un branco di animali feroci, pericolosi, senza cuore né pietà. Quegli angeli confondevano i ribelli con i demoni, perché ormai avevano dimenticato che i serafini avevano tutti lo stesso sangue in corpo.

— Sai Sindria... La gente ha paura del buio perché ignora ciò che non riesce a vedere. — Il corvino accennò un sorriso triste. Quello era ciò che aveva imparato durante la sua intera esistenza: il potere di ognuno si fermava laddove finiva la loro prospettiva ottica. Guardare oltre il proprio orizzonte è impossibile e tutti continuano a vedere il vuoto al confine e per paura di precipitare nel nulla non vogliono sporgersi oltre. I confini di ciascuno sono diversi gli uni dagli altri... Eppure tutti, prima o poi, incontrano la paura del buio, la paura del vuoto e del nulla, quella che pone limite alla libertà e alla vita.

L'angelo bianco fu sorpreso di aver ricevuto quella perla di pensiero in modo così casuale, se solo l'altro avesse potuto pronunciare correttamente il suo nome... Evidentemente non immaginava che Lex avesse mai potuto condividere qualcosa del genere in modo così spensierato e sincero. C'era una sorta di incantesimo di mezzo che lo stava costringendo a dare il meglio di sé pur di provare a sentirsi almeno il minimo indispensabile a suo agio in quel nuovo ambiente. Non era più tanto convinto di poter fare tutto da solo, ma Sindre non aveva la minima idea dello sforzo che stava comportando per lui accettare quella situazione e tentare di viverla nel miglior modo possibile.

Continuarono a camminare fino all'uscita del vialetto, che sbucava in una grande, immensa piazza. Il riccio ora la riconosceva, la piazza della Concordia, come aveva detto il compagno. Quell'enorme piazza che aveva visto dall'alto quando era diretto al castello seduto scomodamente sulla groppa del drago. Da vicino, c'era da ammettere che si faceva notare la sua costruzione spettacolare. Il bianco degli edifici e delle varie decorazioni era luminoso, ma non accecante, semplicemente candido e accogliente. Probabilmente perché ormai non c'era più il sole. Lo specchio d'acqua intorno alla Sala dei Ricevimenti, inoltre, concedeva una sfumatura fiabesca al luogo in cui si trovavano, lasciando che la luce pallida della luna si riflettesse sull'acqua. Attraversarono la piazza su un sentiero costeggiato da sculture e monumenti, poi si trovarono di fronte, in tutta la sua maestosità, la cappella che racchiudeva la Sala, era uno spettacolo indescrivibile. Il tetto della cappella era spiovente con una guglia centrale, ed era formato da tanti altorilievi sporgenti a forma di drago, simili ad altri che circondavano gli ingressi alla piazza tramite i viali principali. Lex si guardò intorno stupefatto: dal terreno spuntavano ovunque sculture marmoree bianche; alcune erano così ben definite da sembrare reali, come quelle a forma di alberi, tutte curate nei minimi particolari. I due angeli arrivarono davanti ad un ponte di marmo, all'imbocco del quale, sui due lati, si innalzavano dal terreno un paio di enormi zanne arcuate, simbolo di scongiuro per il malocchio. E come a guardia di quest'ultimo, all'ingresso, uno alla destra del ponte e l'altro a sinistra, c'erano due guerrieri armati di lancia, scolpiti col corpo che prorompeva sporgendo dalle barriere laterali del ponte. Era un effetto ottico ricercato: sembrava che i due angeli stessero uscendo dal marmo pronti a colpire con la loro lancia chi non fosse il benvenuto.

Lex guardò il biondo, il quale sorrise e gli fece cenno di proseguire, il ribelle non se lo fece ripetere due volte e avanzò sul ponte. Si sporse leggermente dalle elaborate barriere bianche laterali e notò, prima della distesa d'acqua, un impressionante dettaglio, che tuttavia suscitava non poca inquietudine: decine, forse centinaia, di mani innalzate al cielo, in direzione del ponte, e gli uomini proprietari di quelle mani avevano volti sgomenti, atterriti e colmi di sconfortante disperazione. Erano statue, forse in terracotta. Il ribelle fu colto improvvisamente da un déjà-vu: mani, uomini, che si protendevano verso un ponte in cerca della salvezza, poveri dannati che aspiravano alla vita eterna, uomini innocenti in preda al terrore della morte, chiedevano aiuto a coloro che passavano sul ponte. Lex era stato tra questi, aveva visto con i suoi occhi quei corpi ammassarsi gli uni sugli altri cercando di farsi strada verso l'alto, in cerca di qualcuno che gli tendesse la mano per tirarli fuori da lì. Lex ci era passato già su quel ponte, scortato da qualcun altro... era forse passato troppo tempo per conservarne il ricordo? Sperava in realtà che si stesse sbagliando, ma un'occhiata più accorta gli consentì di rendersi conto che quelle statue non erano fatte di terracotta, ma di malta bianca, e allora perché? Un brivido gli corse lungo la schiena al pensiero che non fosse la prima volta che l'angelo nero metteva piede ad Asgard.

Avvertì una mano sulla spalla e si si rese conto della presenza di Sindre accanto a lui, il quale probabilmente si stava già complessando sul motivo per cui Lex si fosse fermato a guardare il groviglio di statue con tale ripugnanza. Evidentemente, però, lasciò perdere per mancanza di tempo, quindi si avvicinarono alla porta della cappella. I battenti del grande portone in oro intarsiato di rubini erano spalancati e davano su un'amplissima sala dal pavimento a scacchiera: al centro del soffitto pendeva un esagerato lampadario di cristallo; le pareti erano ricoperte da una carta da parati nera con una trama di edera intrecciata bianca; in alto a poca distanza tra loro c'erano delle ampie finestre ad arco gotico e lungo le pareti della sala (tranne quella dove c'era il portone) erano posizionati dei lunghi tavoli imbanditi con le pietanze più varie. Lex rimase quasi sconvolto dai dettagli e dalle decorazioni di quel posto, assurdamente diverso dalla spoglia Fortezza della Regina. Nel Mondo Sotterraneo non esistevano luoghi del genere. Soltanto dopo uno sguardo più attento si rese conto che, pur essendo abbastanza tardi, c'erano pochi invitati al ricevimento. Riuscì a scorgere facilmente i suoi conterranei, che saltavano subito all'occhio essendo gli unici angeli con le ali nere. Guardandoli bene si rese conto di essere il meno elegante dei quattro, anche se quello che aveva indossato era già fin troppo ricercato per lui. I suoi occhi si soffermarono sull'unica ragazza tra di loro, che con quell'abbigliamento aveva avuto la capacità di mettere davvero in mostra la sua bellezza, come raramente accadeva. Lillian non era una che di solito faceca sfoggio di sé, era difficile vererla così in tiro. Portava i capelli raccolti in una lunga treccia laterale, indossava un vestito nero lungo e molto aderente, senza spalline e con lo scollo a cuore che si protraeva fino all'ombelico, poi sotto le ginocchia si allargava morbido a formare una sorta di strascico, che metteva ancora più in risalto le sue forme. Sicuramente, nche se non si potevano notare sotto al vestito, indossava anche dei tacchi, perché sembrava addirittura più alta del solito. Xavier e Viktor chiacchieravano tra loro poco lontano da lei, anche loro erano molto eleganti, indossavano dei completi classici simili a quelli che aveva visto nell'armadio di Sindre. Allora Lex notò due ragazze dalle ali bianche accanto a loro e presuppose automaticamente fossero le loro compagne di stanza. Aveva già incontrato tutti i serafini bianchi coinvolti in quella missione nella riunione tenutasi in precedenza, ma non aveva rivolto la parola e nessuno e, tantomeno, nessuno sembrava intenzionato a rivolgerla a lui.

Distolse momentaneamente lo sguardo per rivolgerlo subito al suo compagno che si guardava distrattamente le unghie. Lex gli diede un pugno scherzoso sulla spalla per farlo svegliare dai suoi pensieri, e subito l'altro si girò verso di lui sorridendo, come se fosse ormai la sua classica reazione, qualunque cosa fosse successa.
— Vieni, ti faccio conoscere... gli altri — Lex gli indicò con un piccolo gesto della mano i tre angeli neri in un angolo della Sala. In risposta il suo compagno di stanza sorrise ancora annuendo, proprio l'unica cosa che era capace di fare probabilmente, e si avviarono verso gli altri. Lungo il tragitto allungò una mano verso un tavolo per afferrare un drink qualsiasi, nella speranza di assumere un umore più allegro e meno finto. Lillian incrociò subito gli occhi di Lex e i due si scambiarono sguardi fugaci, finché non furono poco distanti e il ribelle poté apprezzare decisamente meglio quella visuale inattesa. In realtà, per quanto si conoscessero, Lex non aveva mai avuto occasione di vederla vestire in modo così raffinato e lei non era solita mettere in mostra il suo fisico formoso in quel modo.

— Sei più bella del solito. — ammiccò Lex, il suo sguardo puntato negli occhi della ragazza, la quale rispose con l'accenno di un mezzo sorriso, scrutando da capo a piedi il riccio.
— Ovviamente. — si vantò. — E tu invece come al solito non sai nemmeno cosa significhi adattarsi alla situazione, né cosa sia l'eleganza. —
— Non mi sono preparato perché non ricordavo avessimo un appuntamento. Dovresti essere più esplicita se vuoi chiedermi di uscire. — si difese Lex con un ghigno.

Lei ricambiò l'espressione che campeggiava fiera sul volto dell'angelo nero, senza poter nascondere tuttavia il rossore apparso sulle sue gote. — Infatti, tutta la bellezza che sta inebriando i tuoi occhi, non è per te. — Ribatté con fare altezzoso.
— E per chi allora? — domandò lui aggrottando un sopracciglio e cercando di mettere in difficoltà la ragazza. — Spero tu non stia cercando di conquistare il Re... Lo vedo un po' arrugginito. —

— Lex!! — lo richiamò lei sgranando gli occhi allibita. — Non ci tenevo proprio, non farmi vomitare. — si portò una mano all'altezza della bocca dello stomaco, replicando a gesti il suo disgusto, tanto che il ribelle non poté fare a meno di ridere. — Però... — continuò Lillian indugiando con lo sguardo altrove e un guizzo brillante accese i suoi occhi. — Potresti cominciare col presentarmi questo bel biondino, vicino a te! — esclamò soddisfatta, rivolgendo un sorriso di traverso a Sindre, il quale era rimasto a bocca spalancata per tutta la conversazione dei due e adesso era rimasto interdetto con gli occhi spalancati e guance che andavano a fuoco.

Lex soffocò una risata e guardò il compagno come per rassicurarlo.
— Tranquillo — accennò — Non vuole mangiarti. — disse trattenendo un altra risata. Poi guardò Lillian, la quale ricambiò ridendo e coprendosi la bocca con una mano, come se volesse nasconderlo per educazione.

— S-si... Lo avevo capito anche da solo... — balbettò l'angelo bianco, riprendendosi, ma vistosamente a disagio per il comportamento dei due ribelli, sembrava un pesce fuor d'acqua.

— Sai... non sembrava. — ammise divertito Lex e gli poggiò una mano sulla spalla — Lei è Lillian, la mia amica di letto. — affermò indicando la ragazza e cercando di mantenere un'espressione seria. Lillian, che a quell'affermazione era rimasta interdetta per un primo istante, stette successivamente al gioco e sorrise avvicinandosi furtivamente al ribelle, il quale strinse il braccio sinistro attorno alla vita della ribelle. Sindre, completamente preso alla sprovvista, avvampò e restò in silenzio, sbigottito a quell'affermazione, come non avesse mai sentito nulla del genere. Intanto, Xavier aveva rivolto lo sguardo verso di loro e fissava Lex in modo indecifrabile, però il riccio conosceva bene il motivo.

— Suvvia riprenditi, stavo scherzando. — confessò Lex ridendo e dando una pacca sulla spalla al compagno, che probabilmente avrebbe impiegato ore a riprendersi dallo shock. Lillian scoppiò a ridere e il biondo per poco rischiò un infarto, sembrava drammaticamente scombussolato da quello che stava succedendo. — Al massimo potrebbe essere la mia domestica. — commentò il riccio, alzando le spalle e guadagnandosi una spontanea gomitata nel fianco dalla ragazza offesa. Finse di lamentarsi per il dolore, poi la sua attenzione fu catturata da Viktor e Xavier che si stavano avvicinando.

— Ma guarda chi si rivede, sei di cattivo umore, capelli blu? — Lex rivolse uno sguardo non proprio amichevole all'altro ribelle. Le loro personalità entravano spesso in contrasto, essendo Xavier un tipo piuttosto isolato, al contrario di Lex che in quelle occasioni sembrava dimenticare tutti i suoi precetti da persona solitaria quale era.

— Non mi costringere a sottolineare ogni volta il fatto che tu abbia un taglio da donna. — rispose l'altro restituendogli lo sguardo e andando a posizionarsi alla sinistra di Lillian. — Da quanto non mi chiamavi così? Da prima che ti ritirassi dalla vita sociale sicuramente, parecchi secoli fa direi. — aggiunse Xavier, quasi a volergli ricordare che tutta quella confidenza di certo non ce l'avevano. Non sembrava scorrere buon sangue tra di loro, in ogni caso.

— La tua simpatia mette i brividi. — Sorrise in risposta con una nota di rammarico. — Sai, non tutti sono dell'umore per sopportare ulteriori rotture di coglioni dopo aver appena perso la propria famiglia. — gli ricordò Lex con una voce improvvisamente più rauca, ma sorridendo ugualmente. Forse ci aveva messo un po' di sarcasmo di troppo, ma senza mostrare alcun segno di particolare interesse per l'argomento, quasi la questione non lo toccasse minimamente. Sembrava avesse dimenticato, o almeno, avesse cercato di dimenticare tutto il suo passato. Tuttavia, Lex sapeva bene che dimenticare il passato era impossibile, purtroppo. A quell'affermazione del ribelle il silenzio calò tra i presenti nella conversazione. Quello era un tasto dolente per il riccio e tutti lo sapevano, tranne Sindre che l'aveva appena scoperto. — A te invece è morto il gatto oggi? Sei quasi più antipatico del normale. — Gli sguardi di Lex e Xavier facevano scintille e il corvino non sembrava aver intenzione di perdere.

— Se mi fosse morto il gatto probabilmente avrei avuto una scusa abbastanza valida per starmene lontano da qui. — ribatté il serafino dai capelli bluastri con un certo disappunto, quasi a sottolineare che per lui stare lì era del tutto insignificante. Non avevano neppure idee così contrastanti lui e Lex, ma non sapevano fare altro che battibeccare su qualsiasi cosa. Quella che restava più soffocata dai loro continui litigi era sempre stata Lillian, la quale aveva sempre tentato di mediare tra i due per calmare le acque. Fu, infatti, la reazione sconfortata della mora che convinse il riccio ad impegnarsi a ristabilire la situazione. Ignorò Xavier sorridendo in modo da spazzare via la conversazione. Uno di quei sorrisi falsi che gli salvavano la pelle ogni volta che non voleva far capire cosa provasse realmente, dietro la maschera.

— Via quei musi lunghi, direi che è arrivato il momento di divertirsi un pochetto. — affermò con un ghigno raccapricciante, prendendo un altro bicchiere di chi sa cosa. Non aveva ancora capito cosa avesse bevuto, ma era a base di vino sicuramente. Non si sorprese di non aver riconosciuto tali sublimi bevande, nei Mondi Inferiori sicuramente non esistevano. — Sindria! — esclamò poi, come se stesse chiamando un animaletto domestico. Sembrava si fosse appena ricordato dell'esistenza dell'angelo bianco e per la prima volta aveva anche indovinato il suo nome.

— Che ne dici di iniziare a chiamarmi Shane e basta? — sospirò il biondo, ormai perse tutte le speranze che il corvino si decidesse a chiamarlo Sindre e non Sindria.
— Oh be', se proprio insisti! — ridacchiò il riccio, perfettamente consapevole di star sbagliando il nome del compagno di proposito per prenderlo in giro. — Comunque, presentati pure a Xavier... e Viktor, quello perfettino alla sua destra. A volte sono simpatici anche loro. Viktor è intelligente, almeno. — annunciò spingendo il biondo verso di loro, con l'accenno di una risata. — Ragazzi, lui è Sindr- no, a quanto pare preferisce Shane. — continuò rivolgendosi agli altri, ancora parzialmente indignato dal fatto che tutti avessero un compagno in coppia di sesso opposto tranne lui.

— Per puntualizzare... io non sono così perfettino come dice Lex. — affermò Viktor mettendo un finto broncio, che durò a stento mezzo secondo, perché tutti scoppiarono a ridere per l'affermazione contraddittoria.

— Piacere nostro, biondino. — esclamò Lillian, facendogli un occhiolino che lasciava intendere... e Shane ricambiò con un sorriso innocente perché era l'unico incapace di afferrare le intenzioni sottintese. Allora intervenne prontamente Lex: — Lily, è fidanzato. — disse scrollando le spalle.

— Che peccato... — constatò lei alzando le spalle.
— Io non lo sono, però. — replicò prontamente Lex. — Quindi che ne direste di farmi conoscere quella bella ragazza coi capelli rossi? — chiese poi rivolgendosi a Xavier e Victor, che lo guardavano con quella faccia che voleva dire esattamente "sei sempre il solito". Lillian parve offesa del fatto che l'attenzione del ribelle si fosse spostata altrove. Poi, con tempismo perfetto arrivò un cameriere con un vassoio di calici di vino, il quale chiese gentilmente: — I signori gradiscono? —

Gli altri si servirono e Lex non se lo fece ripetere due volte. Afferrò aggraziatamente due coppe dal vassoio e sorrise per educazione al giovane cameriere, il quale si congedò senza aggiungere parola. Lex porse una delle due coppe a Shane avvicinandogli il bicchiere al viso, ma l'altro rifiutò con un gesto della mano.
— Ecco... io... be', non bevo. — disse riluttante alla vista del vino. Lex rimase attonito e gli ci vollero diversi secondi per potersi riprendere dalla realizzazione.

— No... Non ci siamo proprio. — commentò il ribelle e fissò il compagno di stanza con i suoi sottili occhi viola. Senza smettere di guardarlo allora, gli ordinò: — Tu adesso bevi. Senza obiezioni. — gli porse la coppa di vino, che questa volta Shane fu costretto a prendere, bevendo a piccoli sorsi e di tanto in tanto buttando occhiatacce al ribelle, tra un colpo di tosse e un verso di disgusto. Lex allora sorrise soddisfatto e poi tornò a fissare Xavier, senza però proferire parola.

— Lex? — Lo chiamò l'angelo dai capelli blu, come per incitarlo a parlare.
— Adesso potreste farmi conoscere quella lì con i capelli rossi e il vestito scollato? — domandò fuori luogo il riccio scrutando la ragazza dal vestitino color pastello, mentre chiacchierava con un'altra ragazza dai capelli probabilmente biondi, ma tinti di una sfumatura rosa confetto.

— È Ingrid, la compagna di stanza di Viktor. — Affermò Xavier. — E ho la vaga impressione che lei non vorrà conoscerti... — Aggiunse in tono piuttosto serio, ma il riccio lo ignorò completamente. Non gli importava davvero di conoscere nessuno, stava solo cercando di essere socievole al meglio delle sue capacità. Poi realizzò solo in quel momento che quindi l'altra ragazza dai capelli rosa fosse la compagna di Xavier e il pensiero lo divertì alquanto.

— Ma che combinazione! — esclamò Lex scoppiando a ridere — Quindi capelli blu sta con capelli rosa... Mi aspetto la coppia dell'anno. Se mi dite che non l'hanno fatto di proposito non ci credo. — continuò provocando una risata generale, compreso Shane che dopo la scenata del vino aveva dato l'impressione di odiare a morte Lex.

— Non sono rosa naturali, comunque. — precisò Shane, che sembrava conoscere quella ragazza da tempo.
— Ma guarda... non me n'ero accorto. — rispose ironicamente Lex portandosi una mano alla fronte in un gesto di insofferenza. Allora puntò di nuovo lo sguardo sulle due ragazze e notò che si era appena avvicinato un altro ragazzo, alto, con i capelli color oro scuro e gli occhi grigio chiaro splendenti — E quello chi è? — domandò, con il tono di uno a cui era appena stata rubata la scena.

— Alexander. — si limitò a rispondere Lillian. In quel momento Lex ricordò di aver sentito quel nome associato alla ribelle quando erano stati assegnati alle loro stanze e rispettivi compagni. Eppure la ragazza non sembrava particolarmente felice.

— Bene, allora andiamo a fare conoscenza! — si intromise Shane, avviandosi verso gli altri tre angeli bianchi. Lex camminava al suo fianco malvolentieri e dietro li seguivano i tre ribelli. Arrivati nel gruppo, le ragazze rivolsero tutte le loro attenzioni a Shane per accoglierlo, mentre Alexander lo salutò semplicemente con un sorriso e una sorta di stretta di mano. Nessuno di loro si impegnò a salutare il gruppo dei ribelli, finché non fu il biondo a introdurli.

— Grethe, Ingrid, Alex, lui è Lex. — annunciò Shane con un entusiasmo invidiabile. Il ribelle fece un breve inchino in segno di rispetto, poi per evitare di sembrare particolarmente freddo si rivolse alle due ragazze: — Lieto di fare la vostra conoscenza madamoiselles. — ammiccò, provocando la risata sommessa di Lillian, la quale conosceva l'angelo nero abbastanza bene da sapere che non era da lui dire o fare una cosa del genere e che fosse solo una presa in giro.

— Alla faccia della fortuna spacciata che hai, Sindre! — Esclamò quella che doveva chiamarsi Grethe. Lex sorrise compiaciuto, prendendo come un complimento quell'affermazione, ma contemporaneamente la serafina dai capelli ramati mandò un'occhiata truce alla poveretta che aveva parlato poco prima, come a volerla rimproverare di avergli fatto quel complimento - o anche solo di avergli rivolto la parola.
— Piacere nostro. — Si intromise in modo pacato Ingrid. Il suo modo di parlare e le sue azioni tradivano atteggiamenti aristocratici molto evidenti. Un po' troppo altolocata per i gusti di Lex, il quale cambiò subito idea sulla ragazza, nonostante riconoscesse la sua bellezza esteriore.

— Questa qui, invece, — disse Shane indicando l'unica ribelle, che fece prontamente un passo avanti — È Lillian. — continuò con le presentazioni. La mora sorrise e le altre due ricambiarono il gesto di cortesia. Alexander fece semplicemente un cenno scarno, poiché la conosceva già, essendo la sua compagna di stanza. Stesso noioso procedimento anche per Xavier e Viktor. Poi si misero a chiacchierare tra loro, dividendosi in gruppi, e di tanto in tanto prendevano qualcosa da mettere sotto i denti dall'enorme buffet.

Dopo troppo poco, Lex, senza volerlo, si estraniò dalla conversazione, immerso tra i pensieri che avevano preso il sopravvento su tutto il resto. Essere socievole non era nella sua indole e stava diventando uno sforzo sempre più arduo. In tutto quello che era accaduto durante quelle poche giornate Lex aveva perennemente provato sentimenti contrastanti. Sostanzialmente non era accaduto niente di particolarmente spiacevole, a parte la fidanzata di Sindre, ma lui non si fidava di quelle quiete, continuava ad avere il presentimento che niente poteva filare liscio. Sapeva che non si sarebbero più potuti concedere quella spensieratezza dopo quel giorno e che, come sempre, alla fine ci sarebbe stato da ricominciare. Sapeva che ci sarebbero state molte perdite e che ci sarebbe stata tanta sofferenza da tollerare. La domanda adesso era: chi se ne sarebbe andato? Chi avrebbe avuto la sfortuna e l'onore di andarsene per primo? Chi invece avrebbe dovuto sopportare le morti di tutti i suoi compagni e poi andarsene per ultimo? A questo avrebbe potuto rispondere solo col passare del tempo, ma che qualcosa sarebbe andato storto era certo. Non era tanto male lì per ora, in un certo senso, non si era aspettato nessun tipo di accoglienza e già il solo fatto che il suo compagno di stanza almeno fosse una persona a posto era un sollievo. Preferiva sicuramente il suo carattere manipolabile e gentile rispetto alla freddezza di quella Ingrid. Non si era aspettato neanche di potersi ambientare, eppure fingere di essere a proprio agio non era stato così difficile quanto previsto. Pensò che, in fondo, non era stato così drastico quel destino, nonostante le emozioni contrastanti lo assediassero formando una barriera tra lui e il resto del mondo. Quel qualcosa che gli suggeriva di non fidarsi e di non immedesimarsi troppo nella parte non sarebbe mai andato via. Dopotutto sembrava non essere l'unico con quel tipo di problemi. In Shane aveva notato fin dall'inizio che qualcosa non fosse al posto giusto, c'era qualcosa che non tornava nei suoi atteggiamenti e in più assomigliava troppo ad una persona particolarmente importante per lui. Come se non bastasse, ogni posto su cui soffermava lo sguardo per più di qualche istante, in qualche modo, gli appariva familiare. A cominciare dai corridoi del castello, fino alla Sala dei Ricevimenti, dal profumo di betulle e fiori esotici all'odore acre del bruciato dei falò notturni, dal lieve scrosciare dell'acqua alle carrozze nei vialetti della città, tutto aveva qualcosa di familiare ai sensi di Lex. Questo, per lui, non faceva che peggiorare la situazione per quanto fosse possibile, aggravando quelle immagini della profezia che tanto lo aveva scombussolato alla Fortezza Nera. Quel susseguirsi di momenti della sua vita, passata e futura, momenti di cui lui non ricordava o percepiva nulla, gli incuteva una certa ansia. Ciò che lo aveva colpito di più era stata la brutalità di quella visione, l'orrida sensazione di sentirsi incapace e impotente, di poter restare solo a guardare senza avere la possibilità di fermare ciò che stesse accadendo... Quei frammenti si ripetevano nella sua mente come scatti di una cinepresa. C'erano fuoco, neve, cadaveri, sguardi incrociati, mani intrecciate, armi e, infine, lacrime nere, lacrime di sangue. Eppure, restava tutto, ancora, un orrendo mistero e non era sicuro di essere in attesa che diventasse realtà.

Si riscosse bruscamente dai suoi pensieri quando avvertì le espressioni di stupore dei suoi compagni che avevano rivolto lo sguardo verso l'alto. Allora Lex fece lo stesso e notò che il soffitto a punta della Sala si stava aprendo: le due parti della copertura a capriate scorrevano lateralmente l'una in verso opposto all'altra, lasciando intravedere una cortina di cielo nero ricoperta in modo disomogeneo di luminose stelle somiglianti a lanterne. Lo spettacolo, però, durò ben poco. Improvvisamente nella stanza si insediò una fitta nebbia, particolarmente scura, e si scatenò il caos. Lex non riusciva ad avvistare nulla che distasse a più di un palmo dal suo naso, quindi rimase immobile. Sentì Lillian urlare ed ebbe l'istinto di dirigersi nell'angolo da dove era pervenuto il grido, ma non trovò neppure la forza di muoversi. C'era qualcosa di familiare nell'odore che si era diffuso nell'aria: in un primo momento aveva pensato fossero demoni, poi si era accorto essere un odore troppo familiare, qualcosa di acre e dolce contemporaneamente, quel qualcosa che significava "casa",o meglio, qualcosa che gli ricordava la Fortezza Nera. Più che probabilmente, ciò che stava succedendo aveva a che fare con la Fortezza Nera, quindi, data l'alleanza appena conclusa, non si sarebbe fatto male nessuno... o almeno così credeva. La nebbia tuttavia non si dissolse, e anche le candele che sovrastavano il lampadario di cristallo si spensero completamente una volta che le due parti del soffitto furono abbastanza distaccate tra loro. Allora nella stanza si insediò l'oscurità, ad eccezione di qualche fiammella di cera ancora viva nella zona dedicata ai tavoli.

Lex riusciva ugualmente a distinguere molteplici figure muoversi in subbuglio per la Sala e poi ancora urla, un battito d'ali, candele rovesciate che incendiavano le tovaglie da tavolo, il fuoco che divampava, ancora urla, un rumore sordo e il cielo sopra di loro scomparve. Eppure il riccio rimase calmo, più che mai. Una mano si aggrappò al suo braccio e strinse la sua giacca tra le dita. Il ribelle sussultò un istante, poi si rilassò non appena ebbe riconosciuto di chi si trattasse. Sebbene non potesse vedere i suoi occhi azzurri, sapeva chi era. Non era ancora abituato ad avere un contatto fisico con il suo compagno di squadra, per cui la cosa inizialmente lo aveva quasi disturbato, ma alla fine era conscio di doversi far andare bene quelle piccole cose. Shane era palesemente poco avvezzo al pericolo, sembrava essere in panico in quel momento, altrimenti Lex dubitava che il biondo sarebbe stato così sfacciato da aggrapparsi al suo braccio.

— Sta' tranquillo. — sussurrò all'orecchio dell'angelo bianco con voce calma e quanto può possibile rassicurante. Solo allora l'altro sembrò calmarsi, allentando la presa sul braccio del ribelle, come se quella voce avesse curato tutte le sue paure. In realtà, Lex non era mai stato bravo a consolare nessuno, ma forse il suo timbro deciso sapeva infondere sicurezza agli altri più che a se stesso. Fare del bene, ogni tanto, apparteneva anche a lui.





"Abbiamo veramente qualcosa
che ci sostiene, o fingiamo che tutto
vada bene per restare insieme?"









~ • ~ SPAZIO AUTRICE ~ • ~

Ecco un altro aggiornamento finalmente! Spero che vi sia piaciuto, è anche il capitolo più lungo finora. Da ora in poi comunque la media delle parole per capitolo sarà più o meno questa, i primi sono più corti poiché erano di introduzione. Scusatemi davvero per il ritardo, inoltre per qualsiasi dubbio o domanda sono sempre qui!

Spero almeno che la storia stia facendo il suo effetto e che la suspance sia abbastanza per tenere accesa la voglia di leggere.

Allora fatemi sapere se vi è piaciuto e se avete idee su come si possa risvoltare la storia :)

Votate e commentate, ci tengo tantissimo!

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