18 ~ IL PASSATO PERDUTO E LA CONDANNA DI FENRIR ~
"I sentieri sono invisibili, tocca cercarli con l'anima. Gli occhi sono inutili, esistono solo pericoli qui."
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Katniss avvertì il freddo pungente sulla pelle e aprì di scatto gli occhi sollevandosi sui gomiti. Era distesa in malo modo sul pavimento, vestita con abiti che non erano i suoi, in una stanza che non era la sua, sebbene fosse arredata con buongusto effettivamente. Si alzò a fatica dalla moquette e si guardò meglio i vestiti, era un semplice abito bianco, corpetto stretto con uno scollo non eccessivo, maniche a tre quarti larghe, la gonna era leggermente svasata e scendeva morbida fino a toccare quasi terra. Era a piedi scalzi, ma appoggiate accanto al letto vi erano dei sandali bianchi con le zeppe di sugaro. L'ambiente era caldo, o forse doveva essere riscaldato, perché le pareti emanavano un freddo gelido, mantenendo la stanza a una temperatura sopportabile. La ragazza fece qualche passo in giro, perlustrando superficialmente la camera. Aprì l'armadio scorrevole sulla parete a sinistra del letto, ma i suoi occhi furono subito attirati dallo specchio, tanto che non fece caso contenuto del guardaroba, piuttosto si coprì la bocca con le mani per trattenere la sorpresa quando vide l'immagine riflessa nello specchio all'interno dell'armadio; quella non era più lei, la Katniss che conosceva. Due bellissime e folte ali nere contrastavano col bianco del suo abbigliamento richiamando l'attenzione. I capelli biondi le erano stati tagliati, ora erano a stento allineati alle spalle, aveva un rossetto rosso acceso sulle labbra e una spessa linea di trucco nero le decorava il contorno degli occhi. Ma ciò che le fece venire i brividi fu un piccolo segno nero sulla pelle, si sorgeva dallo scollo del vestito, sul lembo di pelle all'altezza del cuore. La bionda spostò il tessuto con le dita che trermavano e proprio come aveva immaginato lui era lì, il simbolo dei ribelli, i due draghi alati intrecciati. "Sono... Sono una di loro.." pensò la figlia del re degli angeli bianchi, lei che aveva sempre desiderato essere una ribelle, aveva aspettato questo momento da tanto tempo, eppure se lo era immaginato diversamente, ora non si sentiva più felice rispetto a prima... Anzi, aveva semplicemente più paura. Aveva finalmente tutto ciò che aveva sempre desiderato eppure ora non le bastava più, alla fine forse non era questo quello che voleva realmente. Si trovava chissà dove, al servizio di un demone che è sempre stato ritenuto solo e soltanto una leggenda, un demone che le aveva promesso delle ali nere e aveva mantenuto la promessa... Ora nessuno poteva prevedere ciò che le avrebbe chiesto in cambio. La ragazza si portò istintivamente una mano al petto, sulla nuova runa, era così bella a contrasto con la sua pelle pallida... Eppure sembrava non donarle affatto, donava di più a Lex, con la sua perenne abbronzatura ambrata. «Smetti di pensare a lui» le ricordò severamente il suo subcoscio, ma Katniss la trovava una cosa sempre più difficile, nella durezza di quel pensiero lei leggeva anche la compassione e la disperazione per la sua situazione. Sembrava surreale, ma a volte l'amore non se ne va mai, permane fino a consumare ogni briciola di buon senso, fino a far perdere la ragione. Visto da questa prospettiva poteva sembrare solo una causa della psicopatia, ma andava ben oltre. Non era solo capace di far perdere la ragione, faceva perdere la personalità, come se la persona amata fosse oggetto di ossessione tanto da oscurare la propria persona, il carattere delle proprie scelte. Per Katniss era stato esattamente questo, non riusciva a smettere di ricordare colui che tanto l'aveva fatta sentire bene, diversa, importante, forse anche solo perché le aveva sorriso sinceramente qualche volta lei si era sentita in Paradiso. Appariva impossibile far breccia in quella lastra di bellissimo marmo con cui era scolpito il viso del ribelle, eppure lei aveva la consapevolezza che qualche volta c'era riuscita. Era questo che l'aveva resa più sicura di sé e dei suoi desideri. Peccato non si fosse accorta che i suoi desideri dipendevano anche da Lex... Lei voleva essere una ribelle anche perché lo era l'angelo di cui si era follemente innamorata, ma questo pensiero non l'aveva mai nemmeno sfiorata. Adesso aveva più senso invece, come se l'essersi trasformata davvero le avesse aperto gli occhi sulla vera concezione dei fatti. Era strano come la mente potesse essere manipolata così facilmente da un sentimento così fragile come l'amore. Era il fuoco, che sembra tanto potente con il suo ardere violento, ma non appena un soffio di vento lo raggiunge vediamo tremolare le fiamme. Questo perché ciò che può sembrare ovvio, a volte non lo è, e dobbiamo imparare a conviverci. Poi un profumo intenso stuzzicò le sue narici, era un profumo familiare, che la costrinse a distogliere l'attenzione da quel riflesso. Sulla soglia della porta c'era un'ombra nera vestita di rosso, i lunghi capelli neri fluttuavano mossi dal vento gelido che arrivava dallo spiraglio aperto della porta. La principessa fece rapidamente due calcoli e giacché non c'erano finestre a circondarla, dedusse che dovevano trovarsi in una cavità sotterranea facilmente accessibile dall'esterno, ma evidentemente ben nascosta alla vista. La figura sulla soglia sorrideva -"Ti trovi a tuo agio con le nuove ali?"
La ragazza annuì più per timore che per verità.
-"Strano come un semplice incantesimo di sangue possa averti reso felice. Perché ora sei felice, giusto?" indagò il demone sgusciando all'interno della stanza con movenze fluide e quasi raccapriccianti.
-"Sai già tutto, non è vero? Perché puoi leggermi la mente. Se sei davvero colei che dici di essere puoi farlo, perché saresti figlia di una sovrana." disse Katniss facendo una smorfia, e si allontanò di un passo dall'altra.
-"Sono colei che dico di essere infatti. E non era invece un uomo quello che desideravi più di ogni altra cosa? Un angelo nero per la precisione." ridacchiò Desdemona sfiorandole la spalla.
La ragazza si ritrasse quasi tremante -"Non si può pretendere l'amore di qualcuno."
-"Dici di no?"- il demone inclinò la testa, ma ogni suo gesto sapeva di presa in giro -"Avresti soltanto dovuto chiedere." sorrise.
La ribelle novella guardò il suo riflesso nello specchio e distolse subito lo sguardo affranta -"Che vuoi?"
-"Nulla"- sibilò la figlia della Regina del Caos -"Non esigo nulla in particolare"- continuò avvicinando le labbra al suo orecchio e pronunciando le parole in un lento sussurro, quasi a volerne evidenziare la condanna. -"Da ora tu mi servirai, qualsiasi cosa io ti chiederò dovrà essere eseguita nel miglior modo possibile."- poi si allontanò e sorrise ancora. Il suo sorriso prometteva cose terribili, i suoi denti affilati che risplendevano erano un raggio di sole che tagliava l'oscurità tutt'intorno. -"allora io ti ricompenserò."
Era proprio quello che la ragazza temeva, ma capì subito che non poteva sottrarsi al suo volere, e l'assurda curiosità delle sue ultime parole la convinsero a non opporre nemmeno un sussurro. Era l'avidità che la dilaniava, e forse non si sarebbe mai liberata di questo vizio. Katniss abbassò la testa come per fare un inchino, non sapeva come inchinarsi dato che la Principessa era lei e non si era mai inchinata in vita sua, ma in ogni caso quando rialzò la testa udì solo una risata derisoria, perché Desdemona era sparita.
Shane aprì la bocca per parlare ma ci pensò due volte prima di aprire bocca, e alla fine non lo fece. Piuttosto percorse i pochi metri che lo separavano dal compagno con le ginocchia tremanti, non smetteva di chiedersi cosa avesse sconvolto così tanto il ribelle... Non aveva mai visto Lex turbato, ed effettivamente definirlo turbato era un'esagerazione anche il quel momento, ma la sua reazione improvvisa era stata d'effetto, l'angelo bianco non riusciva a immaginare Lex sorpreso di qualcosa, era sempre stato protetto da un guscio apatico anche quando aveva un'anima. "Cosa avrà mai potuto conservare mio padre di tanto sconvolgente?" E con quella domanda in testa era arrivato alle spalle del compagno, lui era immobile, come una statua di marmo, una statua stupenda scolpita da mani esperte. Sembrava non respirare nemmeno, la testa bassa fissa sull'oggetto che aveva lasciato cadere, i riccioli neri che gli scivolavano davanti al volto come consuetudine ogni volta che abbassava la testa, le rarissime occasioni in cui lo faceva. Lui era sempre a testa alta, a meno che non stesse suonando il pianoforte o stesse guardando qualcosa in basso per l'appunto. Quell'oggetto...
Shane si fece coraggio e smise di guardare l'angelo nero nello stesso istante in cui Lex alzava la testa verso di lui. I loro sguardi non si incrociarono neppure. Gli occhi azzurri dell'angelo tuttavia si diressero verso il basso e si accovacciò sulle ginocchia fissando la cornice rovesciata sul pavimento, attorniata da schegge di vetro che si era infranto nel momento in cui aveva impattato il suolo. Solo dopo svariati istanti passati a contemplarla si decise ad allungare la mano per prendere l'oggetto, sebbene questa tremasse leggermente a seguito dei pensieri incessanti dell'angelo sul contenuto della stessa cornice. Aveva quasi paura... come se quel semplice ornamento emanasse un'aura oscura. Quale assurda foto vi era nascosta? Le dita di Shane sfiorarono l'argento scheggiato della cornice. E se invece.. non ci fosse stato nulla?
Poi strinse la presa sull'oggetto e lo sollevò quasi riluttante. Lo voltò... e restò interdetto per infiniti secondi, o forse interi minuti. Non ricordava quella foto, ma senza dubbio il bambino biondo doveva essere lui, solo che al suo fianco c'era un bambino dai capelli neri, neri esattamente come le ali... e Shane non ricordava di aver mai avuto a che fare con ribelli prima di allora. Si sforzò di trovare il ricordo di quella foto nel suo passato, ma nulla, sembrava non esistere nella sua memoria. D'altronde Shane se l'era aspettato, doveva avere circa 5 secoli in quella foto e lui non ricordava quasi nulla di antecedente al suo undicesimo compleanno, la memoria andava svanendo col tempo... I due bambini erano distesi su un prato, stavano leggendo un libro, nulla di importante... come se quella foto fosse stata la quotidianità.
-"Perché hai questa foto?"- La voce roca e terribilmente cupa di Lex ruppe il silenzio. Shane tornò in piedi stringendo la foto tra le mani, ma Lex guardava fisso Daniel. L'uomo dal canto suo non ricambiava lo sguardo, era visibilmente in soggezione e guardava punti a caso nella stanza che non fossero i due ragazzi. Shane allora poggiò una mano sul braccio del compagno come per tranquillizzarlo, ma Lex a quel contatto sembrò semplicemente irrigidirsi di più e serrò la mascella -"Voglio una risposta." disse senza distogliere lo sguardo dall'angelo allettato, il cui volto era ormai palesemente afflitto.
-"Lex..." sussurrò Shane provando ad attirare la sua attenzione, ma il ribelle gli rivolse uno sguardo gelido, privo di qualsiasi sentimento, ma allo stesso tempo torbido di ricordi e forse di emozioni. Quegli occhi viola puntati su di sé, due gemme brillanti e al contempo lugubri, rendevano tetro ciò che vi si celava oltre. Quello sguardo buio, fu un fulmine in pieno petto per Shane e un brivido gli percorse la schiena come se della pioggia fredda stesse scivolando sulla sua pelle nella tempesta che imperversava intorno a lui. Incredibile ciò che aveva potuto creare, ma lo sguardo del ribelle era una vera e propria bufera, una di quelle che porta il ghiaccio dentro e congela il cuore, una di quelle che fa perdere la speranza. Shane non se ne accorse, ma i suoi occhi azzurri si rabbuiarono, non se accorse, ma la speranza l'aveva persa, di nuovo.
-"Padre..." sussurrò il ragazzo delle ali bianche distogliendo l'attenzione dal compagno, il cuore a pezzi, lo sguardo spento. Cercava conforto nell'uomo che lo aveva messo al mondo, con l'illusione che non fosse anche lui un traditore... che non stesse lì pronto a pugnalarlo con le parole.
-"Figlio mio... non avrei mai voluto che arrivasse questo momento"- sospirò l'uomo -"Ma il destino ha voluto che accadesse, dunque dovrò parlarti..."- alzò lo sguardo verso il figlio, gli occhi incerti, le mani tremanti sulle lenzuola, quella condizione non si addiceva per niente alla sua comunque giovane età. -"Siediti, non sarà una storia breve.."- fece un colpo di tosse ma subito si ristabilì, e mentre Shane obbediva sedendosi su una poltrona l'uomo rivolse il suo sguardo a Lex. -"Ragazzo, prima che vi spieghi... ti prego di perdonarmi, il passato non si può cambiare, anche se vorrei tanto poterlo fare.."
Shane non sapeva più cosa pensare, ma l'ansia era quasi in secondo piano, era più che altro tormentato dallo sguardo che Lex gli aveva rivolto e dai sentimenti che ancora non lo abbandonavano. Il ragazzo rivolse i suoi occhi azzurri al ribelle, che guardava Daniel in un modo che poteva sembrare solo sdegnato, ma che in realtà nascondeva tante altre cose. -"E perché mai dovrò crederti?" parlò il ribelle con voce tagliente e velenosa.
-"Te lo chiede un uomo in punto di morte, dirti la verità sarà un riscatto per il mio peccato." Rispose l'altro abbassando la testa e mettendosi una mano sul cuore come per giurare. La sua voce era sincera, Shane lo sapeva, ma vedeva lo sconforto di Lex a quelle parole, sapeva già che avrebbe faticato a credergli.
-"Parla." ordinò semplicemente il riccio appoggiandosi alla scrivania con le braccia conserte, lo sguardo fisso davanti, gli occhi inghiottiti dalle tenebre del risentimento e dell'orgoglio.
Shane con la disperazione di settimane nel cuore rivolse lo sguardo al padre, e questi dopo qualche istante tornò a guardarlo, fece un respiro profondo e cominciò a parlare: -"Secoli fa... circa ventisei.. facevo parte di un gruppo di angeli bianchi fermamente conservatori, avevamo progetti e ambizioni elevate, la convinzione che gli angeli dalle ali bianche fossero la purezza e la convinzione che gli angeli neri infangassero la stirpe degli angeli guerrieri erano le matrici della nostra forza. Avevamo puntato in grande, volevamo complottare contro il regno degli angeli neri. Fu organizzata una spedizione, ma eravamo solo qualche centinaio e molti di noi non arrivarono nemmeno fino alla Fortezza Nera. Coloro che invece furono fortunati, come me, una volta arrivati fin lì vennero catturati dalle guardie imperiali. Tuttavia la Sovrana ebbe clemenza e -
-"È sempre clemente con chi non dovrebbe esserlo" lo interruppe bruscamente Lex facendo una risata amara. Quel ghigno sul suo volto incuteva terrore... Shane non lo aveva mai visto così forse. Eppure quello che Shane non sapeva era che quel comportamento Lex lo aveva sempre avuto. Prima di arrivare ad Asgard era sempre stato così, era il dolore che lo aveva reso così, e quando questo tornava allora tornava anche il suo io impenetrabile. Lex scosse la testa guardando l'uomo e gli fece cenno di continuare senza perdere il ghigno dal volto. Daniel era sorpreso tanto quanto Shane dal ragazzo, ma soprattutto dall'evidenza del peso di ciò che si teneva dentro, tuttavia si costrinse a non commentare e a continuare semplicemente il suo racconto. -"La Regina non ci tolse la vita, ci offrì delle cure e ci tenne prigionieri alla Fortezza. Fu lì che incontrai una donna. Prima di essere catturati, nello scontro con le guardie imperiali, avevo subìto una profonda ferita al fianco, e avevo bisogno di cure quotidiane per sopravvivere, cure che non mi furono negate. Era quella donna a curarmi, lei era esperta nel guarire le ferite mortali e per questo imparai a conoscerla, e il mio ripudio per gli angeli neri svanì quasi. Poi guarii definitivamente, e lei sparì. Passarono molti mesi, mesi in cui avevo perso ogni speranza di uscire da quella prigione, di vivere ancora una vita normale. E quando fui sul punto di togliermi la vita per la disperazione lei tornò. Fu la mia salvezza, mi aiutò a fuggire, fuggii con lei, mi ospitò in casa sua, passammo anni insieme. Mi amò, ci amammo.... ma forse non l'amavo abbastanza. Rimase incinta, e il panico prese possesso di me, ero combattuto, e quando fui quasi convinto di potercela fare il bambino nacque. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri come i miei... ma i tratti del viso assomigliavano molto alla madre... era stupendo, ma aveva le ali nere. Ripudiai il bambino perché non riuscii a prendermi le mie responsabilità, non sopportavo l'idea di un erede dalle ali nere, eppure avevo amato una donna ribelle... o forse mi ero solo illuso e in realtà non l'avevo mai fatto. Non riuscii mai a capirlo. Fu il demonio a venirmi in soccorso, lo invocai, invocai Bahbel e lui mi assicurò la libertà e mi garantì comunque la sopravvivenza del bambino. Il giorno dopo la madre del mio bambino morì avvelenata, e io scappai. Senza rimorsi, senza rancore. Ritornai ad Asgard, nella mia casa, quando tutti mi avevano ormai creduto morto, e solo dopo diversi secoli trovai il coraggio di informarmi sulla vita di mio figlio. Christopher, così lo avevamo chiamato."
Lex fece un verso di sofferenza a quelle parole, il suo sguardo era sempre più sdegnato e carico d'odio. -"Lurido." Disse semplicemente sputando quella parola nel modo più acido possibile.
-"Lo so"- sospirò Daniel, la testa bassa, poi guardò suo figlio -"Shane, Christopher era il tuo fratellastro, avete lo stesso..."- si fermò e si corresse a malincuore -"avevate lo stesso sangue, il mio."
-"Bastardo senza cuore. Shane non se lo ricorda nemmeno suo fratello. Io ci sono cresciuto con Christopher, lui mi ha dato il nome che porto tutt'ora. Lui mi ha insegnato a vivere."- Sbraitò il ribelle serrando gli occhi e appoggiando le mani ai bordi della scrivania e stringendo il legno fino a farsi sbiancare le nocche, come se volesse scaricare il dolore e trattenersi dal picchiare qualcuno. Poi riaprì gli occhi di scatto -"Lui.. era mio fratello." E in quell momento i suoi occhi sarebbero stati capaci di uccidere.
Shane tremava, voleva correre da Lex e abbracciarlo, calmarlo, ma sapeva che sarebbe stata un'idiozia. Non poteva fare altro che guardarlo mentre soffriva e combatteva con sé stesso e con i ricordi... mentre suo padre veniva divorato dai sensi di colpa.
-"Seppi che Christopher era stato affidato al fratello di sua madre"- continuò l'uomo con gli occhi lucidi -"Seppi anche che era la famiglia più importante del mondo sotterraneo e fui felice per lui. Poi io mi risposai ed ebbi un altro figlio"- rivolse il suo sguardo afflitto al ragazzo sulla poltrona -"Shane... non sono mai riuscito ad amarti, perché avevo la colpa di non aver amato il mio primogenito, e se avessi amato te mi sarei sentito ancora più ingrato..."- Shane a quelle parole provò a comprendere il padre, a perdonarlo, ma lui in realtà non gli aveva mai dato colpa per il suo comportamento, tuttavia ora gliene attribuiva molta di più a causa di ciò che aveva fatto in precedenza. Shane non riusciva a non guardarlo con disprezzo. Daniel allora distolse nuovamente lo sguardo -"Presi coraggio e intrapresi un rapporto epistolare con il mio primo figlio quando Shane aveva già tre secoli. Il ragazzo era terribilmente saggio per la sua età... Tutti avevano preferito mentirgli e dire che i suoi genitori erano morti, e io sfruttai a mio favore la menzogna per continuare a fargli credere che la madre fosse venuta a mancare di morte naturale."
-"È morto nell'inganno..." sussurrò Lex, i capelli costituivano una tenda davanti ai suoi occhi, l'ombra che essi proiettavano gli oscurava il volto, tranne la forma di quel tremendo sorriso stampata sulle sue labbra.
-"Si"- ammise Daniel -"Christopher venne due volte ad Asgard, la prima volta stette diversi mesi, ci conoscemmo, ci comportammo quasi da padre e figlio, anche se entrambi eravamo molto formali e distaccati. La seconda volta mi chiese un favore... e io non potei non accordarglielo. Chiese di portare anche te."- alzò la testa verso Lex, e dagli spiragli tra le ciocche di capelli si intravedevano i suoi occhi viola che continuavano a fissare l'uomo in modo indecifrabile con quel ghigno a mascherare la sofferenza. -"Shane era di qualche anno più piccolo, ma avevate entrambi già cinque secoli, giocavate insieme a volte, ma tu... Lex.. eri sempre molto solitario, eri molto simile a Christopher nei tuoi interessi e la solitudine ti si addiceva molto.. Poi quando tu e Christopher tornaste al Mondo Sotterraneo si venne a scoprire che avevo avuto un figlio da una donna ribelle, Shane... venne rapito, accaddero brutti eventi nella nostra famiglia, e quando riuscii a riprendermi mio figlio fui costretto a fargli sopprimere la memoria per le crudeltà a cui aveva dovuto assistere."- guardò tristemente Shane -"Poi ho perso i contatti con Christopher a causa di tutto ciò... Seppi solo della sua morte, tempo dopo. Quella foto... è un ricordo, è importante..."
-"Quella foto era la foto preferita di Chris. La teneva incorniciata sul camino di casa nostra."- Lex si concedeva una piccola pausa tra una frase e l'altra come a voler sottolineare la desolazione del ricordo. I capelli gli coprivano sempre gli occhi, la testa impercettibilmente chinata verso il basso, la voce roca e grave. Aveva smesso di sorridere. -"Ogni volta che gli chiedevo chi fosse quel bambino dalle ali bianche mi diceva che non era il momento. Diceva che non era importante. Diceva che riguardava il suo passato, ma non mi avrebbe mai coinvolto. Diceva che era una lunga storia. Diceva che prima o poi me lo avrebbe detto."- rise -"Poi è morto." scoppiò a ridere... si portò una mano al volto e si mise le dita tra i capelli tirandoseli all'indietro e fissando i due angeli bianchi davanti a sé con i due pozzi viola brillante contornati di rosso che si ritrovava al posto degli occhi. Shane lo guardava allibito, eppure in tutta quell'assurdità non poteva fare a meno di notare la sua immensa bellezza... Lex era un angelo assurdo, rideva del dolore, lo disprezzava, lo manipolava e si faceva manipolare da esso... Shane non sarebbe mai riuscito a capirlo.Poi l'angelo nero tornò a guardare Daniel e la sua espressione mutò nuovamente all'istante -"Te lo sei mai chiesto come è morto?"- Sussurrò con una voce così lugubre da far accapponare la pelle... era terribilmente inquietante il suo sguardo, Shane si era impietrito, non avrebbe mai voluto trovarsi al posto del padre, era come se con quello sguardo Lex gli stesse scavando l'anima. -"Hai mai provato a chiederti perché è morto?" Ringhiò il ribelle stringendo di nuovo i bordi della scrivania con le dita.
-"Io non c'entro nulla con la sua morte..."- rispose intimorito l'uomo quasi in lacrime -"Ero comunque suo padre, mi è dispiaciuto ovviamente quando l'ho saputo.." tossì e si asciugò un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca con mano tremante.
-"Dispiaciuto..."- Lex scosse la testa e cominciò a ridere di nuovo, il cerchio rosso scarlatto attorno all'iride era stranamente più evidente... Shane si stava ancora chiedendo da dove fosse uscito quel particolare. -"No ovvio che non c'entri"- continuò lui sorridendo -"Non sei tu che lo hai ripudiato. Non sei tu che gli hai ucciso la madre e lo hai abbandonato costringendolo a crescere senza i suoi genitori. Non sei tu che lo hai lasciato da solo ad arrangiarsi con la sua vita e con tutti i problemi. Non sei tu che, dopo averlo ritrovato, lo hai illuso e poi abbandonato di nuovo. Non sei tu che lo hai distrutto giorno dopo giorno con la tua assenza. Non sei tu che lo hai costretto a vivere con un vuoto nel cuore che alla fine lo ha spinto a suicidarsi. Non sei tu, giusto?"- Fece un ampio sorriso che non sparì dal suo volto per tutti i secondi di silenzio successivi. -"Perché tu c'eri sempre quando lui aveva bisogno di un sostegno, tu c'eri sempre quando lui passava le giornate sui libri a leggere o studiare per trascorrere del tempo senza pensare alla sua insulsa esistenza, tu c'eri sempre quando andava in battaglia e tornava ferito e bisognoso di aiuto, tu c'eri sempre quando piangeva guardando il soffitto, tu c'eri sempre quando soffriva in silenzio ogni volta che vedeva una famiglia felice, tu c'eri sempre quando scriveva poesie che parlavano della crudeltà del destino, perché lui pensava davvero che fosse stato un caso aver perso i genitori. Tu c'eri sempre, giusto?"- Il suo sorriso svanì rimpiazzato dall'apatia totale. I suoi occhi si oscurarono e il viola brillante si incupì diventando quasi un nero opaco. Abbassò la testa guardando il pavimento e riprese a parlare con la voce che si assottigliava sempre più in un sussurro -"Io lo capisco. Io lo capivo. Lui mi capiva. Capiva la sofferenza che provavo quando ancora cercavo un conforto materno dopo essermi ferito o dopo aver litigato. Lui mi capiva, ed era così brutto... era così brutto pensare che lui soffrisse quanto me... mi dilaniava il cuore sapere che provava la mia stessa solitudine... lui mi capiva. E io l'ho perso."- poi riprese a sorridere, un sorriso più moderato, un sorriso che sarebbe anche sembrato sincero se non fosse stato per il contesto. -"Perché era debole... e quella debolezza gliel'hai data tu."- disse e guardò Daniel con accusa, poi sorrise ancora -"È nel tuo sangue la debolezza, come nel sangue di tuo figlio."- aggiunse guardando Shane, l'angelo bianco intanto quando Lex aveva cominciato a parlare del fratellastro era crollato e le lacrime avevano cominciato a scorrere sulle sue guance, era debole si, Lex aveva ragione... aveva tremendamente ragione. -"Perdonami Shane, ma prenditela con tuo padre."- scosse la testa Lex e guardò ancora l'angelo bianco nel letto, mentre Shane non riusciva a distogliere lo sguardo dal compagno... era un miscuglio di emozioni quello che stava provando mentre Lex sembrava essere solamente fuori di sé, un momento prima rideva e un istante dopo abbassava la testa in presa allo sconforto, cosa non era quel ragazzo?
L'uomo allettato aveva ancora gli occhi lucidi e l'unica cosa c'è riuscì a dire fu: -"Ho sbagliato tutto..."
Lex annuì in risposta, poi con un'espressione vacua chiuse gli occhi e scomparve. Scomparve... Shane restò impalato a guardare il punto dove fino a un secondo prima era il ribelle, gli occhi offuscati dalle lacrime però non lo tradivano.. Il compagno era sparito davvero.
Lex era tornato nella sua stanza. Avendo il controllo sui campi magnetici, sull'aria e sulla forza temporale, gli era concesso aprire tasche dimensionali che lo teletrasportassero ovunque volesse immediatamente. Lo aveva scoperto da poco, ma era molto utile. Appena riapparve nella stanza non fece altro che sdraiaarsi sul letto e guardare il soffitto nero con le pietre colorate che vi aveva fatto aggiungere di proposito. "A casa mia era più bello" commentò tra sé il ribelle con un pizzico di nostalgia. Il ricordo di Christopher lo aveva distrutto, il dolore lo aveva sopraffatto, eppure non sarebbe dovuto succedere a chi non ha più un'anima. E se la stesse riacquistando? Impossibile... E poi ora importava poco. Era tornato quello di prima? Probabilmente. Lex non sapeva se gioire o esserne rattristato, ma infondo non si sentiva di fare nessuna delle due, restava lì a guardare il soffitto, all'apparenza rilassato, mentre dentro di lui si scatenavano le domande. Non sapeva nemmeno perché aveva parlato di Christopher ad un uomo che non si meritava neppure una parola da parte sua. In fondo Lex lo considerava come un fratello e quello che aveva saputo gli aveva solo dato modo di odiare gli angeli bianchi, più di quanto facesse prima di arrivare ad Asgard. Era una generalizzazione si, ma in quel momento sembrava la cosa più ovvia. Christopher non lo meritava. Lui non meritava tutto quello che aveva passato. Poi, pensandoci, il ribelle si rendeva tristemente conto che lui ne aveva passate di peggio forse, oltre a non sapere chi fossero i suoi genitori era cresciuto con un estraneo... almeno Chris sapeva che l'uomo a cui l'avevano affidato era il fratello di sua madre, mentre per Lex il loro patrigno era un completo sconosciuto. E poi oltre ai genitori Lex aveva perso anche il suo fratellastro, aveva perso Melanie, aveva perso Katniss e aveva trovato tanta gente da odiare. La sua vita era un completo disastro... e c'erano ancora innumerevoli cose che lo distruggevano dentro e non voleva accettarle. Sembrava un'assurdità provare a nascondere il proprio dolore a sé stesso, ma l'angelo nero non riusciva a farne a meno. E appariva calmo in superficie e torbido in profondità, come il mare dopo la burrasca. Era come un fiore, tanto bello da ammaliare chiunque lo guardasse, eppure unicamente solo in un giardino dove non ci sarebbe mai stato nessuno uguale a lui. Un fiore striminzito dalla continua oscurità che lo avviluppava tra le sue spire, un fiore che aspettava la luce diventando nel mentre sempre più secco, appassendo, in quel deserto rappresentato dalla solitudine che lo circondava. Eppure non gli dispiaceva restare da solo, l'unica pecca della situazione era che l'abbandono a sé stesso gli portava semplicemente tanta, infinita, sofferenza in più.
-"Oh... sei qui.."- la porta si aprì debolmente lasciando entrare l'angelo bianco, e i pensieri che avevano attanagliato il ribelle fin'ora svanirono, forse più per concentrarsi a nascondere al meglio tutto che per porre maggiore attenzione al compagno. -"Disturbo...?" chiese quello impacciato, allora Lex lo guardò apatico.
-"È anche camera tua." rispose semplicemente l'angelo nero tornando a concentrarsi sul soffitto, ma ora, invece di rilassarsi e abbandonarsi ai suoi drammi, si perse nel contare superficialmente le piccole gemme colorate che lo abbellivano, come distrazione sembrava essere efficace. Era soprattutto per evitare Shane, non sapeva più nemmeno il motivo, ma continuava a farlo a prescindere, pensava che fosse in ogni caso meglio così, ciascuno per la sua strada. Si ricordò di come Axel lo aveva costretto a uccidere la sua stessa balia, Cheyenne, solo per cercare di abituarlo al fatto che anche le persone più care possono essere d'intralcio. E i problemi vanno eliminati. Il ribelle si chiedeva, nel caso un giorno sarebbe stato costretto a farlo, come avrebbe potuto uccidere il compagno... era difficile anche solo pensare di poterci riuscire. Infondo però Lex mentiva a sé stesso quando si rispondeva che dell'angelo bianco non gl'importava granché: era arrivato a tal punto della propria convinzione da rimuovere quasi completamente dalla sua memoria quel momento di debolezza in cui le sue barriere erano crollate e aveva riferito quelle due misere parole al compagno. "Ti amo anch'io" gli aveva detto, ma non ricordava più se fosse vero. L'amore era qualcosa che non gli apparteneva, non era nemmeno nella sua natura forse, non riusciva semplicemente a capirlo o ad accettarlo. Non aveva mai amato, non veramente almeno. In quell'ultimo secolo di vita, gli anni trascorsi nel mondo inferiore li aveva passati provando a vivere, spesso veniva apostrofato come il classico donnaiolo che vive sprecando il suo tempo nel divertimento e nel lusso. Effettivamente il lusso poteva permetterselo con tranquillità dato il suo patrimonio familiare, ma il suo divertimento era più che altro provocare sofferenza agli altri e a sé stesso. Le donne sì, non erano mancate, c'era stato un periodo in cui si erano alternati mesi e anni in cui aveva troncato i rapporti con chiunque ad altri dove a ogni occasione c'era una ragazza diversa, che poi puntualmente restava vittima dell'illusione. Erano stati anni in cui lo sconforto lo aveva surclassato e a lungo andare aveva piegato la sua mente fino a contorcerla verso il suicidio. Ci aveva provato, questo era inutile negarlo a sé stesso, ma poi si era sempre riscattato da quella situazione di torpore in cui tutto era dovuto alla sofferenza che si portava dentro. E l'angelo nero non aveva rimpianti di nulla, all'apparenza, proprio perché all'apparenza non traspariva nulla del suo passato né dei suoi drammi.
-"Lex..."- sussurrò Shane intrecciando nervosamente le dita, allora Lex si voltò verso di lui tirandosi a sedere sul letto a gambe incrociate e rivolgendo lo sguardo apatico dritto negli occhi azzurri del compagno. -"Sei.. scomparso prima ecco e io.. volevo parlarti..." disse sempre a voce bassa quando sembrò trascorsa un'infinità di tempo.
-"Shane non posso spiegarti se è questo quello che vuoi sapere." Il ribelle distolse lo sguardo, indeciso su cosa fare, una parte di lui voleva troncare la conversazione e rimettersi a letto o meglio andare altrove, lontano da lì, l'altra parte invece voleva restare col compagno, chiarirsi, aveva addirittura un egoistico desiderio di abbracciarlo e sussurrargli che prima o poi sarebbe finito tutto questo strazio. Inutile sforzarsi di dire che la parte predominante ovviamente fu quella che preferiva troncare la conversazione, ma solo perché la forza dell'abitudine è dura a scomparire. E in realtà era già tanto che avesse deciso di non scomparire direttamente Così si alzò dal letto e si diresse verso la porta mentre il compagno restava mutò a testa bassa. Il riccio si fermò a prendere un libro sulla scrivania, era un volumetto antico, rilegato accuratamente, del resto la copia di un libro tanto rinomato come Madame Bovary di Gustave Flaubert andava conservato nel miglior modo possibile. Quel romanzo era la drammatica rappresentazione della vita, e la morte emblematica che ognuno cerca per sfuggire a quella sofferenza. Con il suo romanzo in mano Lex aprì la porta e uscì rinchiudendola subito alle sue spalle, ma non appena fu uscito in corridoio venne fermato dal rumore della serratura della porta che scattava nuovamente.
-"Lex... per favore puoi degnarmi di due parole?" La voce dell'angelo bianco riecheggiò nel corridoio che sembrava particolarmente vuoto agli occhi del ribelle, ormai tutto aveva preso a sembrargli vuoto e senza senso.
-"Shane" disse l'angelo nero appoggiandosi con la schiena a un pilastro e guardando fisso il muro opposto, senza effettivamente tener conto della presenza del compagno.
-"Puoi dirmi perché-"
-"Shhh" Lex zittì l'angelo bianco che aveva ripreso a parlare interrompendolo bruscamente e guardandosi intorno. Le pareti del Palazzo non gli sembravano più tanto sorde ultimamente, quello non era un posto per parlare. Poi si rilassò di nuovo istantaneamente continuando a guardare il muro mentre sentiva i passi lenti e indecisi dell'angelo bianco avvicinarsi. Quando fu abbastanza vicino Lex gli porse la mano, senza nemmeno guardarlo in viso, ma il biondo l'accettò senza troppo indugio e in un battito di ciglia di ritrovarono a contemplare un paesaggio completamente diverso. Era si vero che le tasche dimensionali che poteva aprire il ribelle erano limitate solo ai mondi angelici e potevano trasportarlo solo per distanza non troppo elevate, ma restavano comunque molto utili.
Ricordava bene quel posto, era stato uno dei luoghi degli incontri con la Sovrana. Aveva ucciso i primi cinque angeli bianchi lì, eppure sembrava un luogo tanto pacifico e paradisiaco. La Regina gli aveva detto che quelli che lei gli presentava erano tutti servi o prigionieri, e che quindi non avrebbe dovuto avere rimorsi, ma come si fa a non avere rimorsi nell'uccidere un innocente? Lex ne aveva uccisi tanti eppure adesso era cambiato qualcosa, non era più come prima. Non aveva portato Shane lì per raccontargli tutto ciò che aveva fatto per risvegliare i suoi poteri, e nemmeno per ricordare le crudeltà che aveva inflitto a dei poveri angeli bianchi. Solo perché quel posto ispirava una vaga pace interiora, l'aveva sentita quando ci era arrivato con la Regina e continuava a sentirla ora. Nei Mondi Sotterranei non esistevano questi tipi di paesaggio. Era tutto così luminoso che emanava un'assurda impressione di purezza, a partire dal lago d'acqua limpida fino alla neve che ancora persisteva sulle montagne intorno. E pensare che solo una manciata di giorni addietro quell'acqua limpida si era tinta di rosso, lo stesso sangue vermiglio che aveva cosparso il bianco grano del campo.
-"Conosco questo posto..." sussurrò Shane quasi come se non volesse distruggere quello stupendo silenzio naturale. Shane si guardò intorno sfiorando le punte degli steli di grano con le dita. Erano nel bel mezzo del campo, dal lato più vicino al lago, dove le morbide spighe gli arrivavano all'altezza delle cosce. Il suo sguardo era perso, come se stesse provando a ricordare qualcosa, sembrava in trance. Lex altrettanto. Non si rendeva conto di star fissando Shane e all'improvviso fu travolto dai suoi pensieri, dal dolore, da immagini sfocate e raccapriccianti. Il ribelle distolse lo sguardo e apatico lo rivolse oltre il compagno, nel vuoto assoluto, si sentiva quasi in dovere di fare qualcosa per lui ma non ci riusciva, ci sono tipi di dolore che non se ne vanno, che non puoi curarli se non con amore, e lui non aveva amore da dargli. O meglio, non voleva più ammettere di averne, lo stava negando a sé stesso, ma ne aveva bisogno per andare avanti e ne era ormai fermamente convinto.
-"Lex..."- si avvicinò il ragazzo dalle ali bianche con l'aria stralunata -"Resta con me..." disse e le gambe gli cedettero. Lex lo prese in braccio con uno scatto fulmineo nello stesso istante in cui aveva chiuso gli occhi. I suoi occhi viola si posarono sul suo viso... "Ma come ho fatto a non accorgermi di nulla?" pensò facendo una smorfia. Voleva prendersela con sé stesso per essere stato cieco, e voleva prendersela col destino per avergli rovinato la vita all'infinito. Shane aveva il viso scavato, dei cerchi scuri intorno agli occhi e soprattutto era molto più leggero di quando lo aveva preso in braccio quella volta prima di partire per i Mondi di Mezzo; lo ricordava come se fosse successo soltanto il giorno prima. Aveva sempre guardato a Shane come un angelo beato, come quando dormiva, sembrava così bello e puro ogni volta che chiudeva gli occhi. Ora invece non aveva più nulla di beato, era bello, ma era una bellezza struggente, sofferta, provata. A qualcun altro sarebbe potuto sembrare morto in quelle condizioni, ma Lex aveva visto troppi morti per sbagliarsi. Gli sfiorò i capelli biondo platino con le dita e poi lo portò fino alla riva del lago, dove lo appoggiò delicatamente sulla piccola zolla di prato verde. Immerse le mani a coppa nell'acqua limpida e fredda del lago raccogliendone un po' per poi bagnare il viso di Shane. Questi si riscosse immediatamente pur senza aprire gli occhi. Strinse il polso del ribelle debolmente e Lex non poté fare a meno di ricordare quando aveva ripetuto lo stesso gesto in infermeria.... e il ribelle se n'era andato, lasciandolo solo con i suoi fantasmi. Stavolta però l'angelo nero stette fermo in ginocchio accanto a lui aspettando che parlasse. I pensieri di Shane erano una confusione totale, ma lui poteva leggervi più di tutto la delusione... e sapere che il suo amore non si era nemmeno leggermente scalfito dopo che aveva provato a sopprimerlo tante di quelle volte era una scoperta amara per Lex.
-"Possibile... possibile che perdere i sensi sia l'unico modo per guadagnarmi la tua attenzione?"- un sospiro sconfitto uscì dalle labbra dell'angelo bianco, il ribelle sentiva il suo sguardo puntato addosso e non aveva la forza di guardarlo, restava a fissare il vuoto, apatico, senza rispondere... -"Perché ti preoccupi di come sto se non ti importa di me?"- insistette il biondo tirandosi su e mettendosi a sedere. -"Perché non mi parli?"- La voce era debole e pacata ma Lex sentiva la sua disperazione, percepiva i suoi pensieri come aghi sulla pelle, le sue indecisioni, quelle indecisioni che gli creava lui. Ma continuò a tacere imperterrito; nemmeno sapeva cosa rispondergli... -"Lex.. io non ti capisco..." sussurrò lasciando la presa sul polso del ribelle e allontanò lo sguardo rivolgendosi dalla parte opposta. Il ribelle lo seguiva con la coda dell'occhio in ogni movimento, ogni pensiero uno più affilato dell'altro, una lama dopo l'altra, eppure sembravano non fargli più effetto, era tutto più vuoto senza più la sua anima.
-"Non l'ho scelto." disse poi l'angelo nero dopo diverso tempo.
-"Mh?" Shane si voltò distrattamente verso di lui, ma Lex fu abile a non far incrociare i loro sguardi. Sentiva di non poter reggere anche le emozioni dei suoi occhi.
-"Non ho scelto io tutto ciò" si chiarì gettando uno sguardo al lago che rifletteva la luce pallida del Sole.
-"Lex..." Shane aveva la voce flebile e tutta quella dolcezza creava crepe sempre più profonde nelle barriere di Lex. L'angelo bianco gli accarezzò il viso con le dita affusolate, ma il compagno si ritrasse immediatamente guardando oltre, senza mostrare un briciolo di emozione.
-"Shane devi lasciarmi in pace." disse con la solita fermezza, gli occhi freddi.
-"Sei tu. Sei tu che devi lasciarmi in pace. Se tu che mi tormenti. Sei tu che mi stai distruggendo..." ribatté l'angelo bianco alzandosi e stringendosi nelle braccia dando le spalle all'angelo nero. Era stata l'unica volta che Shane aveva alzato la voce.
-"Shane..-"
-"Zitto."- lo interruppe subito il ragazzo dalle ali bianche senza voltarsi a guardarlo, la voce gli tremava per lo sforzo di restare impassibile, si sentiva, ma Lex sentiva anche la sofferenza dei suoi pensieri e non era per nulla confortante -"Riportami al Palazzo." Aggiunse poi. Il ribelle si alzò allora e gli si avvicinò cautamente, così come si fa con gli animali selvatici per non spaventarli... con quella calma e accortenza invidiabili e con la sua leggerezza unica.
-"Perdonami" sussurrò l'angelo nero all'orecchio del compagno, le sue labbra si erano avvicinate senza pensarci provocando persino i brividi all'angelo bianco. Sfiorò con le dita il suo collo e in quel brevissimo contatto di pelle l'ombra li avvolse riportandoli al Palazzo, ma Lex non era più con Shane.
Shane si era ritrovato in camera sua al Palazzo di Asgard con ancora i brividi a pelle a causa di Lex. Per quanto cercasse di restargli indifferente non poteva far finta di nulla, aveva bisogno di lui, e ogni volta che gli stava vicino sentiva quell'attrazione fatale che non gli dava pace, mentre quando erano lontani lo prendeva la disperazione. Era stupido forse... ma Shane lo amava davvero e stava combattendo contro il destino per non farsi distruggere da quel sentimento. La solitudine lo attanagliava in quei momenti, perché quando aveva bisogno di Lex lui non c'era mai. Dopo aver scoperto tutte quelle cose su suo padre e suo fratello doveva essergli debito un po' di conforto... eppure sembrava chiedere troppo. Sembrava che fosse ancora troppo poco per ricevere un po' di comprensione. Non sapeva più in cosa credere, la memoria gliel'aveva tolta suo padre per chissà quali oscuri motivi, aveva undici secoli di ricordi in meno e non sapeva se credere o no allo stesso uomo che lo aveva messo al mondo. Gli tornò in mente la risata di Bahbel quando si era rivolto a lui nei Mondi di Mezzo... quando lo aveva preso in giro dicendo "il tuo fratellone è morto". Lui sapeva tutto ovviamente, era stato Lui a uccidere la madre di Christopher, e Lui stesso aveva avvelenato Daniel perché non aveva ancora ripagato quel favore. È vero che i demoni non dimenticano... e anche che non sono tanto pazienti. Quando Bahbel lo aveva deriso quella volta Lex non ci aveva pensato due volte a difenderlo, era stato come se l'angelo nero avesse avvertito la sua difficoltà, eppure c'era una cosa che ormai non andava più via dalla mente di Shane. Quando il Demone aveva attaccato Lex rinfacciandogli il fatto di essere cresciuto cercando sua madre praticamente per tutta la vita, il ribelle gli aveva risposto una cosa molto chiara, una frase che l'angelo bianco non aveva proprio considerato fino a quel momento, l'aveva completamente rimossa... Lex aveva detto che non sentiva più il bisogno di essere amato. Lo aveva detto con le sue labbra. Era esattamente quello... il ribelle non aveva bisogno di lui. "Devo farmi da parte..." pensò l'angelo bianco tra sé, anche se nella sua mente aleggiava un altro assurdo pensiero. Voleva sapere più di tutto se una piccola parte del ribelle pensava ancora a lui o se il destino li stava separando per sempre. Voleva saperlo e sapeva come fare... voleva saperlo a costo della vita, e quell'idea che girovagava nella sua testa ne chiedeva il prezzo. Si rannicchiò seduto sul letto portandosi le ginocchia al petto e abbracciandosi da solo, e qualche silenziosa lacrima di sfogo gli scese lungo le guance. Pensava a quella grande stronzata che avrebbe potuto fare se avesse davvero realizzato quella stupida idea... eppure lo desiderava. Si sentiva male, male nel corpo, nella mente e nell'anima. Stava aspettando forse invano qualcuno che un'anima non ce l'aveva più. E si addormentò nel suo malore, così, tra le lacrime, accucciato come un bambino che si è perso e non sa più tornare indietro...
-"P-principessa..." farfugliò una voce riscuotendo Katniss dal suo sonno. Conosceva già quella voce e questo per un momento la fece ritornare indietro nel tempo, sperava, in un certo senso, che tutto quello che era accaduto non fosse reale, che fosse solo un sogno. Aprì lentamente gli occhi e si tirò a sedere, si guardò intorno e con malinconia pensò che invece tornare indietro era ormai impossibile. Un sussulto alle sue spalle fece voltare Katniss alla sua destra tanto bruscamente che fu colta da vertigine. Non riusciva a credere a quello che vedeva, le sembrava impossibile, poi un piccolo ragionamento la aiutò a prendere coscienza di quanto stava accadendo. I pensieri della ragazza davanti a lei le avevano invaso la mente e la Principessa si trovò a rabbrividire per lo strazio che percepiva.
-"Eleonor... perché sei qui?"- La voce della bionda uscì come un sussurro, e la ragazza poggiò tremante il vassoio che aveva tra le mani sul comodino. Poi con le ginocchia vacillanti anche solo per fare due passi si sedette su una sedia accarezzandone il bracciolo come se avesse avuto paura che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe potuto sedersi. La sua pelle era una tela bianca ricoperta di lividi scuri, graffi e tagli di ogni genere, sulla guancia destra aveva uno squarcio, probabilmente aperto con un coltello, e la ferita era ancora aperta.. -"Eleonor chi ti ha ridotto così?" chiese ancora lei, poiché aveva solo immagini confuse dello scempio che la povera ragazza aveva subito, non capiva granché dalla sua mente in subbuglio.
-"Lei... lo sapevo che... che-" si interruppe bruscamente mentre qualche lacrima cominciava a scendere dai suoi occhi già gonfi e arrossati. Non riusciva a parlarne...
-"Eleonor sta' tranquilla, ora non ti accadrà più nulla."- Cercò di rassicurarla Katniss, ma la ragazza sembrava completamente fuori di sé. La bionda le poggiò delicatamente una mano sulla coscia per provare a infonderle fiducia, ma quella scattò subito sussultando e allontanandosi. Le ci vollero svariati minuti per realizzare che la reale voleva semplicemente aiutarla e finalmente rilassarsi un po'. -"Ele... lascia che lo veda da sola"- si propose Katniss, pensando che forse lasciarle vedere direttamente gli eventi accaduti dalla sua mente sarebbe stato più facile che raccontarli, ma l'altra negò con la testa e prese a respirare più profondamente, come se le mancasse ossigeno nei polmoni. -"Puoi fidarti di me... anche se mi vedi leggermente diversa, le ali non mi hanno cambiata Eleonor-"
-"Lo so"- la interruppe la rossa -"Ma vi assicuro... mia signora... che è meglio non vederle certe cose.." disse distogliendo lo sguardo e fissandolo irrequieta su qualsiasi oggetto le capitasse a tiro nella stanza.
-"Vuoi parlarne tu? Ora sei più tranquilla?" Le chiese la ribelle accennando un sorriso di incoraggiamento e dopo qualche secondo l'altra annuì rilassando i muscoli ancora tesi delle spalle. Il suo sguardo vuoto e perso preannunciava qualcosa di mostruoso che avrebbe richiesto sangue freddo anche solo per ascoltarlo.
-"È tornata a prendermi."- esordì Eleonor abbassando lo sguardo sul pavimento -"Io... io non credevo che fosse lei... e.. era per questo che riusciva a entrare nel Castello... saranno millenni che usa quel corpo per ingannare gli angeli"
-"Desdemona?" Domandò la bionda confusa. L'altra annuì e fu scossa da un brivido.
-"Non potete credermi... l'abbiamo sempre avuta sotto gli occhi e non ce ne siamo mai accorti..."- sussurrò la rossa, poi si riscosse bruscamente -"Non posso dirvelo maestà." si rabbuiò, e Katniss lesse nei suoi occhi la paura, paura che se avesse parlato le sarebbe stato inflitto un male ulteriore.
-"Va bene così Ele, ma perché ti ha portata qui? Vorrei capire se si può fuggire da questo posto..."
Eleonor fece una risata amara in risposta, una macabra risata che fece quasi trasalire Katniss, la rossa si asciugò le lacrime e guardò nuovamente la ribelle -"Non si può scappare. Adesso siamo sue."- disse in modo tanto tetro da far rabbrividire la bionda, poi continuò distogliendo nuovamente lo sguardo -"È tornata a prendermi, mi voleva, sapeva che ero stata maledetta da una Furia, per questo mi voleva con lei"- a quel punto le sfuggì un tocco istintivo al polso, dove comparve il marchio di Lucifero, i suoi occhi verdi si soffermarono a guardarlo per un istante, poi si dissolse nuovamente sulla sua pelle in pochi secondi. -"Ha detto che sono stata un'ingenua a rifiutare la prima richiesta... ha detto che le appartengo.. e che me l'avrebbe fatta pagare"- la sua voce andò assottigliandosi sempre di più mentre dagli occhi ricominciarono a scendere lacrime salate, lacrime vuote, silenziose -"E l'ha fatto. Mi ha... mi ha.." le parole le morirono in gola e lo sguardo non sapeva più dove posarsi, sembrava troppo piccola per lei quella stanza e con troppa poca aria soprattutto.
-"Eleonor-"
-"Mi ha lasciato nelle mani dei demoni vendicatori"- disse tutto d'un fiato zittendo la Principessa, che a queste parole trattenere il respiro affranta, quasi provasse il dolore della rossa in quell momento. -"Mi hanno trascinata qui, mi hanno... usata.. per il loro piacere"- scoppiò a piangere singhiozzando e coprendosi il viso con le mani che avevano ricominciato a tremare -"Hanno preso la mia dignità insieme al mio corpo.. mi sento ... uno straccio sporco, sudicio..."- si chiuse a riccio accoccolandosi sulla sedia e conficcandosi le unghie nella carne delle braccia mentre piangeva -"Non ho potuto fare nulla.. e... quando non riuscivo nemmeno più a muovere un muscolo.. ci hanno perso il gusto... Mi hanno lasciata lì, nel mio sangue, dilaniata e violata... poi è tornata lei..."- si morse il labbro screpolato fino a farsi uscire il sangue, Katniss avrebbe voluto fare qualcosa per lei ma si sentiva impotente, l'unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stato abbracciare la ragazza, ma Eleonor ormai aveva paura persino di quello, quindi la ribelle restò immobile finché l'altra non riprese a parlare -"Lei.. mi ha portato in una stanza, mi ha affidato una serva... non so cos'era quell'essere.. sembrava umana, ma non parlava e sembrava non provare nulla... Quella .. cosa.. mi ha aiutato a lavarmi e vestirmi, poi mi ha condotto di nuovo da Lei. Mi ha parlato.. ha detto che me lo meritavo, ma non è vero"- il suo pianto divenne un lamento -"Non è vero"- urlò quasi isterica dondolandosi sulla sedia mentre continuava ad abbracciarsi da sola... tutti quei lividi erano ognuno un doloroso ricordo, Katniss lo sapeva, ma con tutta la sua volontà comunque non poteva fare nulla per la poveretta.. se non provare semplicemente pena. -"Ha liberato Fenrir... e adesso ho la sua condanna.."- Eleonor continuò a piangere e a tormentarsi fino a quando qualcosa la fece trasalire, Katniss non aveva idea di cosa ma la ragazza scattò in piedi vacillando e si voltò verso la porta guardandola come se da un momento all'altro potesse entrarvi qualcosa di tremendo. La mente di Eleonor era come bloccata, inaccessibile, la Principessa non vi aveva più accesso e questo era stranissimo... doveva essere stato posto una sorta di blocco, non era possibile che tutto a un tratto non le fossero più accessibili i suoi pensieri.. solo una magia potentissima poteva impedirlo... e certamente Eleonor non ne aveva la facoltà. La ragazza dalle ali bianche impallidì ulteriormente e raggiunse la porta strascicando i piedi sul pavimento -"È qui..." sussurrò, poi accarezzò lentamente la maniglia prima di abbassarla e aprì la porta con una lentezza dettata dalla paura più profonda. Puntò lo sguardo terrorizzato all'esterno e come se fosse un fantasma uscì silenziosamente tirandosi la porta alle spalle. Katniss non riusciva a credere a quello a cui aveva appena assistito, ma più di tutto voleva capire dove si trovava e cosa stava succedendo. Domande troppo complicate perché ottenessero una risposta. Eleonor che si trovava lì insieme a lei non le dava per nulla conforto... la ragazza sembrava distrutta, era completamente assoggettata dalla paura, era rimasta a dir poco traumatizzata e come darle torto? Katniss sospirò e si rifugiò sul letto a pensare. Nelle ore successive nessuno tornò da lei, ma qualcuno non aveva ancora smesso di urlare e piangere... da qualche parte lì fuori una ragazza stava perdendo la voce a furia di urlare e la ribelle continuava a sentirsi impotente. Non poteva nemmeno uscire da quella stanza, era chiusa con una magia troppo potente per i suoi poteri arrugginiti, e poi anche se fosse riuscita a uscire cosa mai avrebbe potuto fare contro chissà quali creature senza neppure un'arma? Nulla. Era completamente inutile. Si limitò a farsi cullare dalle stridule e incessanti urla che squarciavano il silenzio come lame affilate, poteva essere chiunque, forse la stessa Eleonor.. ed era uno strazio essere costretta ad ascoltare. Suoni orribili che preannunciavano tutte le difficoltà che avrebbe incrociato da quel punto in poi.
-"Cosa cazzo stai facendo?"- sbraitò Lex quando si ritrovò nella stanza un cerchio di rune antiche disegnato sul pavimento. Con un gesto fulmineo si strappò il ciondolo a forma di croce benedetta dal collo e lo gettò all'interno del cerchio. In quello stesso istante gli sbuffi di fumo che avevano cominciato a elevarsi dal parquet cessarono e Shane crollò in ginocchio per terra lasciando scivolare lo stilo, con lo sguardo rivolto verso il basso e i capelli che gli oscuravano il viso. -"Non voglio credere che lo stessi per fare davvero..."- il ribelle si portò una mano al viso tirandosi indietro i capelli con un gesto frustrato. -"Cosa diamine c'era di così urgente da chiedere a un demone?? Se volevi semplicemente suicidarti potevi anche solo buttarti dalla finestra o avvelenarti nella vasca da bagno!"- Sbottò Lex. Aveva avvertito una presenza estranea e fortunatamente era tornato in tempo in camera... Perdere Shane era l'ultima cosa a cui voleva andare incontro. Certo, non si comportava affatto da amico, non lo calcolava proprio spesso, sapeva che gli stava facendo del male, ma questo non significava comunque che l'angelo bianco avesse il diritto di uccidersi. Aveva bisogno di lui infondo... sarà stato che gli ricordava troppo Christopher e non voleva più veder morire nessuno a cui era legato, cosa praticamente impossibile, sarà che ormai anche avendo messo da parte tutti i sentimenti, qualsiasi essi siano stati, non poteva comunque farne a meno, poteva nasconderli agli altri, poteva nasconderli persino a sé stesso, ma prima o poi sapeva che sarebbero tornati in superficie. I suoi occhi viola si puntarono sull'angelo bianco, le ali flesse rappresentavano tutta la sua angoscia. Vederlo così lo distruggeva un po' di più ogni minuto che passava, anche perché sapeva che il malessere del compagno era quasi del tutto a causa sua. -"Shane..."- il suo tono mutò improvvisamente diventando più accondiscendente, quasi dolce, ma soprattutto più afflitto. L'angelo nero si avvicinò al compagno e si accovacciò ritrovandosi alla sua altezza, sebbene non riuscisse a guardarlo in volto, dato che era rigorosamente puntato verso il pavimento. Voleva confortarlo, ma non trovava le parole adatte, e i suoi gesti sembravano freddi ai suoi stessi occhi. Non sarebbe nemmeno stato coerente poi, lo aveva respinto così tante volte che adesso non aveva più senso perseguire l'illusione... Afferrò il braccio dell'angelo bianco e lo tirò su di peso, la sua voce ritornò fredda quando disse:-"Parliamo un po'."
Shane si lasciò trascinare inerme e Lex lo fece sedere su una poltrona mentre lui gli si mise di fronte, sedendosi sul letto. Aveva lo sguardo perso e i suoi pensieri erano rivolti sempre più fitti verso l'ormai scontata solitudine. -"Mi odi." disse improvvisamente l'angelo bianco sussurrando, Lex poteva vedere le lacrime che scorrevano sul suo volto fino al mento, ma i suoi occhi azzurri restavano nascosti dai capelli.
-"Stupido."- Rispose semplicemente l'altro leggendogli nella mente -"Pensi davvero che non mi importi di te?"
Il silenzio si impadronì della stanza per un tempo indefinito, sembrava passata un'eternità prima che Shane preferisse parola -"Me lo stai facendo credere nel miglior modo possibile" la sua voce flebile e roca per le lacrime colpì a segno. In un'altra situazione Lex si sarebbe compiaciuto di quelle parole, sapeva di essere sempre stato un bravo attore. In quel momento però avrebbe voluto semplicemente tornare indietro e non aver mai cominciato a mentire, perché si stava facendo sempre più male ad andare contro sé stesso.
-"Shane smetti di pensare a me" disse quasi in una preghiera il ribelle.
-"Mi stai chiedendo l'impossibile"- rispose il biondo stringendo i braccioli della poltrona con le dita, ancora poco e avrebbe stracciato la stoffa che la ricopriva a causa della tensione. -"Ti diverte? Ti diverte vedermi soffrire?" alzò la testa e puntò contro l'angelo nero i suoi occhi azzurri, l'asprezza della sua voce era intaccata dalle lacrime, che lo facevano apparire più debole di quanto non fosse.
-"La maggior parte delle volte si"- sorrise il riccio -"Ma se ti avessi voluto far soffrire, fidati, saresti già morto."- Il viso di Lex si contrasse in una smorfia di sdegno per l'accusa, poi distolse lo sguardo. -"È che se morissi io non me lo riuscirei a perdonare, purtroppo." Ammise con la voce grave e incrinata per lo sforzo che gli costava dire quelle parole. Era come un blocco che aveva, non gli riusciva mai spontaneo dire cose del genere.
-"Mi lasci solo con le mie paranoie, tutto per colpa tua, e poi ti preoccupi per la mia morte? Ma la coerenza l'hai buttata nel cesso?"- sbraitò Shane alzandosi, sembrava tutt'un'altra persona -"Io sono stanco di soffrire per te, smetti di esistere. Perché io non merito tutto questo. Non me lo merito."- fece un passo avanti verso il compagno mentre il suo tono diventava quasi isterico -"Sono stato uno stupido, perché mi sono innamorato di un bastardo, ma non voglio continuare a farmi prendere in giro. Mi hai stancato, mi fai sentire dimenticato. Mi distruggi giorno dopo giorno e non te ne importa, allora sai che ti dico?"- continuò lui spedito, ma la voce si abbassava gradualmente ad ogni frase, come se via via che continuava perdesse sicurezza, di nuovo... Il ribelle lo guardava apatico, ma dentro di sé sapeva che Shane aveva ragione, e non poteva certo biasimarlo, l'unica cosa che poteva fare era prepararsi al peggio. -"Peggio di te non mi ha mai trattato nessuno... Una coltellata sarebbe stata meglio invece di vederti sempre più lontano."- la voce sempre più bassa accompagnava i suoi movimenti fluidi e calmi, come se fosse un gesto naturale si sedette sulle gambe del ribelle senza mai staccare gli occhi dai suoi -"Sei la mia condanna. L'angelo peggiore che io abbia mai conosciuto. Sei stato capace di prendermi per mano e trascinarmi fino alla rovina senza nemmeno sentirti in colpa."- aggiunse quasi in un sussurro -"Sai cosa ti dico?" Avvicinò il viso rigato di lacrime e fissò ardentemente gli occhi di Lex. Non disse nulla, prese il viso dell'angelo nero tra le mani e lo baciò, cercava le sue labbra come qualcuno avrebbe potuto cercare ossigeno mentre stava affogando. Il ribelle dal canto suo non si fece pregare e si sporse in avanti assecondandolo. Era tanto che lo voleva, e al diavolo le conseguenze! Shane approfittò di quell'attimo di distrazione del compagno per tirargli i capelli e approfondire quel bacio ancora troppo casto. Le loro labbra si assaporavano cercando di soddisfare quel bisogno che entrambi avevano, quel volere di più ad ogni istante che passava, quella foga in cui erano racchiuse tutte le volte che si erano allontanati a costo della sofferenza reciproca. Eppure lontani non riuscivano a stare più di tanto, c'era un limite, ormai l'avevano capito entrambi. E i baci, per quanto intensi essi fossero, sembravano ancora troppo poco, erano come un treno in corsa: una volta acquistata velocità fermarlo era difficile. Poi Shane spinse il compagno all'indietro sul letto ritrovandosi su di lui, l'angelo bianco si chinò continuando a baciarlo e si staccò solo quando Lex gli morse la lingua. -"Ahi." si lamentò il biondo staccandosi, aveva le labbra arrossate e l'espressione quasi imbronciata, al ribelle scappò un ghigno. Non si sentiva bene da troppo tempo per rovinare quel momento, eppure sapeva che non poteva andare oltre. Si avvicinò di nuovo al compagno e gli morse il labbro inferiore tirandolo tra i denti, ma l'altro gli poggiò una mano sul petto e lo allontanò nuovamente, si stese su di lui facendo aderire i loro corpi e incrociò le braccia sul petto scolpito dell'angelo nero e vi poggiò sopra la testa tenendo lo sguardo nei suoi occhi viola.
-"Adesso dimmi che mi odi." disse l'angelo bianco socchiudendo gli occhi.
Uno, due, tre,.... dieci secondi di altro estenuante silenzio.
-"Ti odio con tutto me stesso, Helleseele." ghignò il ribelle.
"Non puoi confrontarti se c'hai il vuoto dentro, confortarmi, conformarmi, non puoi riscattarti con un fuoco spento."
- Nick Sick
$pazio ∆utrice
Cosa strana, ho aggiornato nei tempi previsti, tra poco succederà qualche apocalisse, attenti.
Alors, in questo capitolo ho fatto non so nemmeno io cosa, la prima parte è una spiegazione e quindi dovrebbe essere comprensibile, la seconda parte la capirete nei capitoli successivi perché, mettendomi nei vostri panni, non ci avrei capito effettivamente nulla lel. Oggi non mi dilungo via perché sono stata già abbastanza bastarda da lasciare il capitolo in sospeso così *faccina cucciolosa*. Amatemi e trattenete gli istinti omicidi please c:
Volevo chiarire due cosette, tra l'altro inserirò questa spiegazione nel prossimo capitolo penso, perché non tutti leggono lo spazio autrice. In pratica volevo darvi almeno un'idea della scala gerarchica che ho usato per i demoni: i demoni di rango inferiore sono i cosiddetti "spiriti mendaci", vengono rappresentati come creature mostruose con una volontà limitata e sottomessa a un padrone; demoni che hanno, invece, una volontà propria sono i Demoni Vendicatori, essi hanno forma antropomorfa e sono l'incarnazione dei peccati capitali, per l'appunto esistono sette grandi ceppi di Vendicatori, uno per ogni peccato (ira, gola, avarizia, invidia, accidia, superbia e lussuria); un gradino più sopra della piramide abbiamo le Furie, questi demoni sono mutaforma e proprio per questo si divertono a maledire umani, e i più spericolati coinvolgono nelle loro maledizioni anche angeli. Possiamo definire le Furie i diretti genitori di streghe e stregoni poiché questa razza discende appunto dall'unione di una Furia e un'umana; al di sopra delle Furie poi, abbiamo i dieci Demoni Superiori, altrimenti detti "Esiliati"; infine, alla sommità della piramide c'è la Sovrana del Caos, la figlia della defunta Draconilda, ovvero la nostra Desdemona. Lucifero viene considerato come un'entità al di fuori della gerarchia, e l'Esiliato per eccellenza è quindi si fa riferimento a lui come il creatore dei demoni e non come loro monarca.
Spero che sia servito a qualcosa :3
Detto ciò, passiamo all'angolo scassapalle delle domande esistenziali che ci affligono:
Katniss ha avuto le sue ali nere, eppure non è ancora contenta, anzi, ora è curiosa della nuova promessa di Desdemona... che mi dite a proposito?
Capisco se a qualcuna Katniss sta sul cazzo hahaha, perdoniamola, la colpa è mia che l'ho creata così 🙈
Come mi andrà a finire questa sfortunata ragazza di questo passo? Io la vedo un po' troppo avida.
Passando al punto essenziale, che ne pensate della notizia bomba? Shane e Lex mezzi fratelli mhhhhh... Lo avreste mai scambiato per un assassino codardo Daniel? Secondo voi era sincero il suo racconto?
In tutto ciò io direi semplicemente povero Shane a cui hanno bloccato la memoria...
Desdemona ha preso anche la nostra Elly e i demoni hanno approfittato di lei... e ora mi chiedo una cosa, ma sinceramente, avete capito qualcosa della maledizione di Fenrir?
Se non vi siete fatte la minima idea state tranquille perché avrò modo di spiegarvela poi.
Chi sarà la prossima vittima di Desdemona? Ce ne sarà più di una?
Ci siamo ritrovati un po' tutti impazziti in questo capitolo... Eleonor che sente le voci e si spaventa a caso, Shane che evoca un demone... mi sono sbizzarrita Lel
Alla fine però vi ha sorpreso la parte finale eh? Ci volevo mettere un po' di piccante ma dovrete aspettare :P
Mettiamo fine alle questions eeeeeee:
Dal prossimo capitolo avremo un altro personaggio, una ragazza, ma..... da che parte si sarà schierata la nuova arrivata? Eheheh vedremo!
Alla prossima❤
- Emily.
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