16 ~ OCCHI VERDI ~
"I was trying to catch your eyes
Thought that you was trying to hide
I was swallowing my pain."
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In quel breve lasso di tempo aveva pensato davvero che Shane non mentisse, che davvero non volesse sposarla... ma in quell'istante Lex si rese conto che forse Lindsay alla fine doveva essere abastanza trattabile, e che forse l'angelo bianco si era ricreduto sul matrimonio, cosi restò impassibile a guardarli.
-"Oh scusate, vi serve la camera?" chiese con un sorriso sdegnato, senza preoccuparsi di nascondere l'acredine verso la ragazza, quanto più che altro di eclissare quel sentimento di delusione misto a rancore che provava nei confronti del compagno. I suoi gelidi occhi viola si incrociarono con quelli azzurri dell'altro sfrigolando, per poi abbandonarli subito. La ragazza intanto guardava impaziente e in tutta risposta Lex prese velocemente il libro che aveva cominciato a leggere e uscì dalla stanza sbattendo la porta e oltrepassando i due con un'impetuosa noncuranza. Non riusciva a credere a quello che stesse facendo Shane, e non voleva nemmeno dare la colpa a lui, c'era qualcosa che lo spingeva a difendere il compagno, sebbene tutto il resto volesse solo condannarlo per avergli dimostrato affetto. Lex aveva colto solo un guizzo nel suo sguardo nell'istante in cui lo avevo guardato, e vi aveva trovato solo tanto rimorso, assieme a un po' di dispiacere e pentimento...
Si, anche Lex era pentito, era pentito di essersi lasciato andare troppo e si era duramente ripromesso di contenersi in futuro, sebbene i suoi desideri fossero tutt'altri. E in quel momento di confusione l'unica persona con cui avrebbe potuto parlare per ricevere risposte era la Regina, quindi, consapevole di ciò, raggiunse la torre in cui erano situate le stanze della Regina e una volta arrivato bussò e aspettò che qualcuno andasse ad aprire. Ma colei che aprì la porta era una donna che Lex conosceva bene... benissimo.
-"Cheyenne..." disse confusamente il riccio inclinando la testa. Come era arrivata fin lì? Perché era lì?
La ribelle sorrise placidamente -"Lex"- lo abbracciò calorosamente e poi si staccò con riguardo ricomponendosi -"Mi scusi signorino" sorrise più vividamente lei e fece un leggero inchino.
-"Ti conosco da quando sono nato Cheyenne, mi hai cresciuto tu, non ti condannerò certo per un abbraccio" ridacchiò lui e spinse il suo sguardo oltre la porta semiaperta dietro di lei per cercare la regina in realtà.
-"Apprezzo molto"- sorrise ancora -"Cercate qualcuno in particolare?" chiese poi scrutandolo dubbiosamente.
-"La Regina" rispose senza scomporsi col solito tono inequivocabile.
-"Oh mi dispiace, non è qui al momento." si scusò la giovane donna abbassando la testa in segno di rispetto.
-"Tranquilla, aspetterò" rispose Lex ricordando che lui e Cheyenne, che può essere definita come la sua balia nonché domestica dei Firestars da discendenti generazioni, avevano preso a parlare spesso dopo la morte di Christopher, dal momento che anche lei aveva perso suo fratello quando era molto giovane aveva potuto più o meno comprendere ciò che provava il bambino , quel bambino che aveva il viso della morte impresso negli occhi e il suo suono a rimbombargli ancora nelle orecchie.
-"Come desidera signorino"
Era passato tanto, forse troppo, tempo lontano da casa e risultava strano pensarci solo ora che una delle colonne portanti della sua infanzia faceva improvvisamente la sua comparsa lì. Sarebbe potuto sembrare strano, ma in assenza della figura materna in famiglia sin dalla sua nascita Lex aveva trovato in Cheyenne una degna sostituta, qualcuno che avesse almeno provato a dargli l'amore che ogni figlio meriterebbe . Tuttavia ciò che la sua balia aveva fatto per lui non era certo bastato. Mark, il patrigno, aveva una certa filosofia conservatrice, una mentalità abbastanza chiusa che lo costringeva a guardare i suoi servitori soltanto come tali, non costruendo con loro alcun legame affettivo. Christopher al contrario aveva un carattere completamente diverso, anche per questo saltava subito all'occhio che Mark non fosse suo padre naturale; Chris vedeva tutti al suo pari dimenticando di vivere nella famiglia forse più potente dell'intero Mondo Inferiore, aveva un'indole buona e propensa all'uguaglianza sociale, nonostante la sua timidezza, comunque diminuita col tempo, limitasse il suo essere estroverso. Lui era perfetto, fin troppo per le ingiustizie della vita. Lex aveva costruito il suo carattere soprattutto guardando al fratellastro, ma anche al patrigno, e la restante buona parte l'aveva imparata a sue spese, per questo motivo non era bastata la socievolezza del fratello per donargli la capacità di amare e neppure quella di dare semplice affetto. Fin dall'inizio aveva sempre avuto bisogno di tempo per fidarsi, chiunque fosse la persone in questione, e col passare degli anni ce n'era voluto sempre di più: più cresceva meno fiducia aveva, non solo verso le persone, piuttosto verso il destino stesso. Da ciò il fatto che non fosse mai riuscito a considerare Cheyenne una vera madre. In ogni caso Lex le era riconoscente per tutto ciò che aveva fatto per lui: lo aveva cresciuto nel migliore dei modi, senza fargli mai mancare nulla, aveva addirittura provato a viziarlo cercando di allontanarlo dalla sua perenne apatia, e aveva ovviamente cercato di confortarlo nei momenti del bisogno, ma di certo il carattere schivo e bipolare di Lex non le era stato d'aiuto. Lui stesso doveva ammettere che rendeva difficile a tutti farsi amare, soprattutto in determinati periodi, soprattutto dopo la morte di Christopher. Eppure la donna mora che in quel momento lo guardava con un accenno di sorriso e occhi pieni di amore, non gli aveva mai fatto pesare nulla del suo comportamento, come non l'avevano fatto gli altri due servitori della famiglia. L'angelo nero riusciva tranquillamente a leggere i pensieri della ribelle che lo aveva cresciuto: erano quasi tutti rivolti a lui, erano carichi di sollievo e felicità, di gioia per il ritrovamento, erano lodi a Dio per il fatto che fosse ancora vivo dopo la lettera che aveva loro inviato la Regina, lodi a un Dio occulto in cui Lex non faceva minimo affidamento... "Ma.. quale lettera?" pensò confusamente il ribelle. Dai pensieri della donna si evinceva che si trattasse di una lettera di contenuto abbastanza serio, data la preoccupazione e il terrore che era riuscita a incuterle.
-"Lex" irruppe una voce, un timbro che poteva appartenere a una sola persona, quel modo di parlare tanto unico che sarebbe stata riconoscibile anche da una sola parola, quella pacatezza disumana che nemmeno Lex riusciva a raggiungere.
-"Mia Signora" gracchiò Lex con un ghigno sulle labbra. Eccolo, era di nuovo lui, quello scontroso di sempre, insieme ai suoi modi altrettanto odiosi.
Lei rispose con un sorriso impossibile da interpretare e fece un cenno con la testa all'altra donna, allora Cheyenne si alzò di scatto e tutta sorridente con la solita muta obbedienza fece un inchino a entrambi e si congedò, regalando un ultimo sguardo affettuoso a Lex, che lui non ricambiò. E se ne sarebbe pentito.
-"Accomodati pure"- disse allora Axel facendo un gesto con la mano invitandolo a entrare nella sua stanza, cosa che lui non esitò a fare, varcando l'uscio e andando a mettersi proprio accanto all'entrata della stanza segreta in cui lei lo aveva condotto per la prima volta molto tempo prima. -"cosa ti porta dalla tua tanto odiata sovrana?" chiese sorridendo e chiudendosi la porta alle spalle raggiungendolo, ma tenendosi comunque a qualche metro di distanza.
-"Ho bisogno di spiegazioni" rispose lui restando vago, la voce controllata e paurosamente impassibile, inimitabile per chiunque altro si fosse trovato in quelle condizioni.
-"Di che genere?" il sorriso finto scomparve dal volto della donna.
-"Del genere che io so che tu conosci molto più di me di quanto non ne sappia io stesso."
-"Forse."- ribatté lei in modo alquanto freddo -"Dipende da se coincidono cosa tu credi io sappia e cosa io so realmente."
-"Io credo che tu sappia tutto ciò che riguarda me e quelle assurde visioni, la profezia e tutto ciò che mi lega ad essa." fissò i suoi occhi viola negli occhi della Regina e lei ricambiò lo sguardo in modo gelido, e Lex si rese conto dal suo cambiamento che l'argomento sarebbe stato delicato.
-"Non posso aiutarti, mi spiace" cercò di salvarsi lei, sostenendo tuttavia il suo sguardo per ancora qualche secondo, poi girò i tacchi e si riavviò alla porta.
-"Io penso di si invece." replicò lui tendendo istintivamente una mano in avanti, come se potesse fermarla solo col pensiero...
E ci riuscì.
Un muro invisibile si eresse davanti alla Regina, bloccandole la strada e respingendola nell'istante stesso in cui il suo corpo ebbe toccato la parete trasparente, facendola cadere all'indietro sul pavimento. Non appena ebbe realizzato ciò che avesse inconsciamente fatto di sua mano, letteralmente, ritrasse il braccio e si guardò le dita curiosamente con un luccichio tetro negli occhi, qualcosa che non prometteva bene, qualcosa che riconduceva alla sete di potere. I suoi occhi si puntarono subito dopo sulla Regina accasciata scompostamente sul pavimento, col busto sorretto dalle braccia. Sembra così debole... fragile, notò lui con un accenno di sorriso in volto, più un ghigno che un sorriso. Lei allora vacillante girò il viso verso il suo, quasi con il timore di guardarlo.
-"No..."- bisbigliò lasciando sopraffarsi dalla paura mentre Lex prendeva ad avvicinarsi lentamente -"Ti prego... Non diventare un mostro" parlò quasi con voce supplicante, non era più identificabile come Regina colei che pregava in quel modo un semplice angelo guerriero.
-"Faccio così tanta paura?" chiese l'angelo nero con aria innocente, scoppiando poi in una sonora risata. Muoveva freneticamente le mani, chiudendole a pugno e riaprendole come se avesse un tic nervoso, ma in realtà sentiva solo un fremito di energia attraversarle. Sete di potere, di sangue, voglia di essere il primo fra tutti.. era questo che sentiva nelle vene. Un'immensa energia capace di distruggere tutto. E il fatto di possedere quell'energia in quel momento lo esaltava terribilmente, il suo sguardo avrebbe inquietato chiunque, anche un cieco avrebbe avvertito la malvagità di quegli occhi cupi.
-"Devi... imparare a controllarli o.. ti uccideranno... i poteri..." Axel non riusciva a parlare, appariva profondamente turbata, era impallidita notevolmente dopo il contatto col campo di forza creato da Lex.
-"Alzati"- le ordinò senza un minimo di flessibilità, anche se sentiva svanire l'effetto adrenalinico dei poteri -"Voglio una spiegazione.. Cosa sono io?" chiese infine lasciando trapelare tutta la sua frustrazione interiore e quasi la disperazione e il rimpianto di non poter essere come chiunque altro.
-"Tu sei il prescelto Lex" rispose lei riacquistando un briciolo del solito tono risoluto e impassibile. Provò anche a rimettersi in piedi ma si teneva a stento sulle gambe, così il ribelle si fece prendere da quel poco di compassione che aveva e la aiutò a sedersi su una poltrona. La donna che si trovava davanti non assomigliava alla Regina: era terribilmente vulnerabile, aveva le occhiaie scure sotto gli occhi, le guance scavate, le labbra secche e qualche accenno di rughe d'espressione di cui prima non c'era traccia. Cosa le era successo? Sembrava che fosse invecchiata di anni da un momento all'altro.
-"Cos'è quello che ho creato? Perché ha avuto questo effetto su di voi? Cosa significa che sono il Prescelto? Prescelto per cosa? Perché ho le visioni?" erano ancora mille altre le domande che avrebbe voluto farle, ma si fermò lì perché lei avesse il tempo di rispondere, o più che altro perché a quell'ultima parola la sua espressione si incupì ancora di più.
-"Visioni...?" chiese lei farfugliando sottovoce facendogli eco.
-"Si, le visioni. Incubi più che altro." Annuì Lex sempre più distrutto moralmente. Si sedette a terra davanti alla poltrona, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e prendendosi il viso tra le mani sconsolato, poi rivolse uno sguardo quasi implorante alla donna che lo guardava in modo vacuo.
-"Tu hai dei poteri Lex, poteri che nessun altro può permettersi tra noi. Quello che io posso non è nulla in confronto a ciò che puoi tu."
-"E cosa posso fare io?" la interruppe lui andando subito al dunque.
-"Puoi creare e controllare ogni tipo di campo di forza, come hai fatto prima ad esempio, puoi leggere nel pensiero, puoi controllare le emozioni altrui, puoi entrare nei ricordi e strapparli a chi li porta dentro, puoi alterare la memoria ed entrare nella mente di chi vuoi."- Lo informò la Regina parlando piano e a voce bassa. -"Se non impari a controllare i tuoi poteri però questi prenderanno il sopravvento su di te, ti si rivolteranno contro e allora potresti perdere la cognizione della ragione, e allora nessuno sa cosa succederebbe" gli rivolse uno sguardo che faceva capire tutta la sincera preoccupazione che era racchiusa in quelle parole.
-"Come faccio a controllarmi?" chiese ancora il ribelle lasciando che le ansie della sovrana non influissero sui suoi pensieri.
-"Posso aiutarti se me lo permetti, ma sarà difficile" sembrava tanto umana adesso quella donna, la donna che Lex aveva sempre odiato, quella che stava a capo di ogni angelo dei mondi inferiori, ogni angelo tranne lui, perché lui era libero, non si era mai fatto sottomettere da stupide leggi o stupide persone. Quella donna che si era richiamata tutto il rancore del ribelle per la sua mania di mostrarsi sempre immune a tutto, ora sembrava invece tanto diversa, con un comportamento quasi materno nei suoi confronti. "Ovvio" si rese conto nel momento stesso in cui quei pensieri gli avevano attraversato la mente "io sono il prescelto, devo sacrificarmi per la felicità degli altri, è nei suoi interessi aiutarmi e prepararmi affinché io non fallisca." Gli tornarono alla mente le immagini della Profezia, l'ultimo incubo che aveva fatto, Shane... e tutto quello che aveva visto senza capire prese istantaneamente forma. Il nome Prescelto alla fine non era altro che un modo carino per dire "vittima sacrificale", capì che da lì non ne sarebbe uscito, capì che la Regina sapeva tutto, capì l'avvertimento dell'ultima visione. "Piangerai lacrime nere..." si disse, interpretando tutto finalmente: era un semplice avvertimento che voleva tenerlo lontano da Shane, perché quella sorta di amore nei suoi confronti lo avrebbe solo intralciato, o meglio, avrebbe avrebbe intralciato la realizzazione di quella stupida profezia.
-"Tutto a convenienza"- sputò acido lui lanciandole un occhiataccia capace di incenerire tutti i buoni propositi che erano andati a formarsi nella mente della Regina in quel lasso di tempo in cui l'angelo nero si era mostrato propenso ad ascoltare. -"Ma cosa non lo è alla fine?"- rise infine lui senza dar modo all'altra di discolparsi -"Bene, insegnami a controllare i miei poteri, tanto nella mia fottuta vita niente è mai stato semplice"- concluse lui alzandosi e guardandola con uno sguardo sprezzante, forse peggio di tutti quelli che le aveva rivolto nel corso dei secoli. -"Cominciamo più tardi" disse camminando verso la porta, poi la aprì e scomparve dalla visuale della Regina ancora sconvolta dalla sua reazione.
Note malinconiche, armonie struggenti, accordi strazianti, creavano una melodia quasi funerea che si diffondeva nei corridoi arrivando fino alle orecchie di Shane. L'angelo bianco riconobbe la leggerezza e la passione impressa su quelle note, consapevole che un solo paio di mani poteva suonare a quel modo e lodò il fatto che le pareti non fossero insonorizzate. Stava cercando Lex invano da quello stupido accaduto mattutino, aveva guardato Lindsay con tanto di quell'astio e disprezzo che non lo avrebbe mai dimenticato, e ne sarebbe andato fiero per sempre. Lui non l'avrebbe mai amata, e lei in ogni caso non ne sarebbe stata degna. Era lì, a pochi metri da lui la porta socchiusa dietro la quale un pianoforte e un sogno dalle ali nere si fondevano in un unico strumento che trasmetteva un dolore e un'afflizione interiore infinite. Ed eccola che tornava: la paura. Ma insieme a quella stavolta si aggiungeva un poco di sollievo morale perché Lex quella mattina gli era sembrato quasi geloso, non che Shane fosse certo un genio nell'indovinare le emozioni degli altri, però per la reazione che aveva avuto il ribelle forse almeno un po' gli importava di lui. Memore di questo pensiero si fece forza e aprì piano la porta che puntualmente scricchiolò facendo tremare l'angelo bianco nell'istante stesso in cui il ribelle girò la testa verso di lui rivolgendogli uno sguardo indecifrabile. Le mani del ribelle avevano smesso di muoversi sui tasti, la dolce e triste melodia si era bruscamente interrotta, e ora intorno a loro aleggiava un silenzio troppo difficile da sostenere. Shane si sentiva teso esattamente come le corde nella cassa del pianoforte, come le corde dell'arpa che suonava di solito. Ma l'angelo nero socchiuse gli occhi dalle iridi viola dandogli un ultimo sguardo, poi si voltò di nuovo e riprese a suonare la sua cupa melodia con più amarezza di prima. Il biondo si riscosse allora dal suo stato di semi trance e si avvicinò cautamente a lui finché non furono a un passo di distanza, appoggiò una mano sul legno del pianoforte e posò i suoi occhi all'interno dello strumento, lì dove le corde vibravano quando i martelletti le colpivano: era uno spettacolo anche solo vedere con quale impensabile agilità le mani si muovevano sui tasti da un'ottava all'altra, ma guardare l'armonia degli ingranaggi interni quando le corde producevano i suoni faceva ancora più effetto. Lex era così, faceva effetto visto da fuori, ma dentro era tutta un'altra cosa, qualcosa di ancora più bello e incomprensibile, così come era inimmaginabile e incomprensibile quanta fatica e fantasia ci fosse voluta per ideare uno strumento del genere, allo stesso modo era impossibile realizzare la complessità dell'animo del ribelle. Gli occhi azzurri di Shane si concessero di ammirare la bellezza dell'angelo che sembrava indifferente a ogni movimento intorno a sé: la testa china a guardare la tastiera, i riccioli neri che gli ricadevano intorno al viso e davanti agli occhi, tanto che Shane fu costretto a chiedersi come facesse a vedere i tasti su cui poggiava le dita, le ali nere ricurve che lo rendevano semplicemente più bello.
-"Scusa.."- si lasciò sfuggire Shane, la sua voce esprimeva puro dispiacere e rimpianto, ma sembrò non essere nemmeno arrivata alle orecchie del ribelle che continuava a suonare senza che quella parola lo scalfisse minimamente. -"Davvero mi dispiace..."- aggiunse guardandolo, allora Lex alzò lo sguardo senza che le sue mani si fermassero. -"Io non volevo..."- sussurrò abbassando la testa sentendo il peso dei suoi occhi lucidi su di sé. L'altro però non rispose, scosse piano la testa e riprese a guardare di nuovo la tastiera come se l'angelo bianco non avesse proferito parola. -"Almeno rispondimi, ti prego..." lo implorò. Un suono terribilmente stonato e stridulo si diffuse nella stanza quando Lex sbatté violentemente i pugni sui tasti per l'esasperazione, alzò di nuovo gli occhi verso il compagno e lo guardò intensamente per interminabili secondi.
-"Vattene Shane" le sue parole arrivarono pungenti all'angelo bianco, una coltellata completamente inaspettata. Di solito però chi riceve una coltellata del genere si accascia a terra stremato e si autocompiange per non essere stato capace di evitarlo finché la morte non abbia la pietà di portarlo con sé, invece Shane trovò un coraggio che non sapeva di avere e si avvicinò di più accarezzandogli il viso con una mano. In quel momento la paura non faceva più parte di lui, sentiva solo di essere nel giusto, sentiva di stare bene, sentiva finalmente che quegli occhi viola di fronte a lui completavano i suoi.
-"Non voglio andarmene da te"- la naturalezza con cui pronunciò quelle parole lo sorprese, ma non abbastanza da distrarlo da Lex, vedeva la confusione dietro i suoi occhi, non c'era più nulla della solita indifferenza, della solita freddezza, sembrava che in lui si fosse spezzato qualcosa, quegli occhi... quegli occhi lo guardavano in modo diverso adesso. Dall'occhio destro scese una lacrima che si colorò di nero lasciando il segno del suo passaggio sulla guancia quando cadde sui vestiti del ribelle. Shane restò a guardarlo accennando un sorriso; aveva creduto che Lex non sapesse davvero piangere, adesso invece si sentiva consolato del fatto che tutte le sue lacrime non fossero state versate invano. Un'altra lacrima nera si fece spazio sul suo viso scendendo sempre dallo stesso occhio, e dopo di questa ne seguirono lentamente altre, ma Lex non sembrava neppure accorgersene. -"Ti cola il trucco"- ironizzò l'angelo bianco pensando che i ruoli si fossero quasi invertiti. Il ribelle si accigliò e guardò il suo riflesso specchiandosi nel legno lucido del pianoforte e sbiancando, si toccò la guancia destra e poi si guardò la mano sporca di segni neri con un'espressione incomprensibile agli occhi di Shane. Questi in tutta risposta gli prese la mano stringendola e gli mise l'altra sotto il mento costringendolo a guardarlo, l'altro non si sottrasse, affogando i suoi occhi viola in quelli azzurri del biondo e lasciandosi trasportare dalle onde di quell'oceano quando Shane avvicinò le sue labbra facendo ciò che non si era mai aspettato di fare. Eppure le loro labbra combaciavano in modo così perfetto... La mano che aveva messo sotto il suo mento scese lentamente sulla maglietta aderente del ribelle accarezzandogli i pettorali e fermandosi proprio sul suo cuore, curioso di scoprire se il cuore di Lex battesse forte come il suo in quel momento e quando si rese conto del suo battito accelerato sorrise contro le sue labbra felice finalmente di aver fatto una cosa giusta per una volta. Lex posò la mano su quella che Shane aveva messo sul suo petto e la strinse allontanando le sue labbra dall'angelo bianco e guardandolo con gli occhi lucidi. Delle sue lacrime erano rimasti solo i segni neri sulla guancia destra e il suo sguardo era quello di un bambino, solo con la solita vena incomprensibile di sempre. -"Lex io ti amo" confessò l'angelo bianco senza freni, pensando di aver ormai perso tutta la sua paura, sapendo che quello forse poteva essere il momento migliore. Ma tutta la paura ritornò subito a farsi sentire, il momento magico di coraggio era svanito subito con una facilità impressionante, e tutto il suo mondo gli crollò sulle spalle quando il ribelle scosse piano la testa e sbatté le palpebre regalandogli uno sguardo di supplica di quelli che Shane non si sarebbe mai aspettati di ricevere.
-"Smetti di farlo, Shane" disse piano lui a testa bassa, sussurrando il suo nome come se fosse la cosa più bella dell'universo, peccato che il contesto in cui lo aveva pronunciato fosse tutt'altro che bello. L'angelo nero fece un gesto con la mano e un luccichio si sollevò nell'aria, Shane si sentiva gli occhi lucidi e allungò istintivamente una mano per prendere la sua, come se potesse provare a fargli cambiare idea, ma la ritrasse subito non appena colpì qualcosa di invisibile che gli provocò un dolore pulsante in tutto l'arto. Dolore che passò in secondo piano rispetto a quello che sentiva dentro. Una lacrima dopo l'altra l'angelo bianco iniziò silenziosamente a piangere distrutto come non si era mai sentito prima. Si rese conto che nessuno era mai riuscito a farlo sentire tanto felice e triste come ci era riuscito Lex, in così poco tempo tra l'altro. Guardava il compagno e le lacrime non volevano smettere di scivolare giù dai suoi occhi, eppure non voleva smettere di guardarlo... come se solo il fatto di poterlo guardare fosse una consolazione per i suoi occhi, occhi che in quel momento esprimevano tutta la sua immane disperazione interiore, occhi che adesso piangevano invano. E all'improvviso le gambe gli cedettero e si ritrovò in ginocchio sul pavimento freddo con delle braccia che lo sorreggevano, braccia che lui conosceva, braccia che lo avevano stretto, che lo avevano cullato, che lo avevano fatto sentire a casa.
-"Non mi abbandonare così, ti prego..." piagnucolò mentre sentiva tutto contorcersi intorno a sé, la vista si annebbiava e i sensi lo abbandonavano lentamente come un'orrenda agonia.
-"Vorrei poter scegliere, ma non posso." le parole di Lex gli arrivarono come se la sua voce fosse infinitamente distante, e non ebbe nemmeno il tempo di pensarci perché sentì una fitta di dolore che partiva dalle dita fin sopra il braccio dolorante, diede un urlo e poi non sentì più nulla.
Lex si sentiva terribilmente in pena per il compagno. Aveva passato le ultime ore a pensare alla loro conversazione nella sala della musica, anche se in realtà quella non poteva nemmeno essere definita una conversazione perché aveva parlato solo Shane per tutto il tempo, il ribelle aveva detto solo tre parole alla fine e probabilmente erano le uniche tre parole che l'angelo bianco non avrebbe mai voluto sentirsi dire. Lo amava... Shane lo aveva baciato, gli aveva detto che lo amava e lui cosa aveva fatto? Si era eretto un campo di forza attorno dopo averlo baciato. Nemmeno il peggiore dei demoni sarebbe riuscito a fare una cosa ugualmente crudele. Era imperdonabile... eppure Shane con la sua innocenza lo aveva già perdonato, lo voleva accanto a sé, gli aveva chiesto di non abbandonarlo e Lex mai avrebbe voluto farlo, ma la scelta non dipendeva da lui, purtroppo. Si sentiva in una morsa di costrizione: da una parte avrebbe voluto andarsene, capire il fulcro del problema, lasciarsi tutto e tutti alle spalle e affrontare tutto da solo, anche la morte, e sapeva che ci sarebbe riuscito. Dall'altra voleva rischiare, mettersi in gioco, provare a fare l'impossibile. Il fatto era che entrambe le cose erano tipiche del suo carattere: gli sarebbe risultato facile dimenticarsi di tutto e andare a morire da eroe, ma l'idea dell'assurdo lo aveva sempre attirato e la voglia di vivere e di provare a essere felice si era risvegliata in lui da quando aveva conosciuto il compagno. Intanto l'unica cosa che poteva fare era chiedersi quanto ci sarebbe voluto affinché si riprendesse e se una volta tornato in piedi avrebbe ricordato quello che fosse successo. Non riusciva a credere ancora che Shane avesse avuto più coraggio di lui, eppure lo aveva fatto, lo aveva baciato. Non riusciva nemmeno a credere che avesse pianto, eppure era successo, le lacrime nere preannunciate dall'incubo erano arrivate presto, e questo significava solo che i suoi sentimenti verso l'angelo bianco stavano prendendo forma, si stavano rafforzando e una volta affondate le radici nel cuore Lex avrebbe dovuto faticare parecchio per rimuoverli. "La scelta c'è" si disse più determinato che mai, non sarebbe stato facile, questo lo sapeva, ma era abituato ad affrontare le difficoltà giorno dopo giorno, quindi non era questo a spaventarlo quanto piuttosto il fatto di dover mettere a rischio anche la vita degli altri, soprattutto quella di Shane. Intanto scappare dal problema era la soluzione più facile, e lui, da bravo codardo, la stava accettando. Prese la mano pallida del compagno steso sul lettino dell'infermeria e gli diede un'ultima occhiata prima di andarsene: le scelte hanno delle conseguenze. Si alzò con gli occhi fissi sul suo viso rilassato e ricordò quando lo aveva tenuto in braccio poche ore prima privo di sensi con il viso contratto in una smorfia di dolore, adesso aveva molto più l'aspetto di un angelo invece, un bellissimo angelo. Un angelo per cui Lex aveva perso la testa e aveva appena scelto di non tornare indietro. Con una mano gli sfiorò i capelli e poi si chinò su di lui fino a sentire il suo respiro sulla pelle, appoggiò delicatamente le labbra sulle sue lasciandogli un bacio a stampo e sorridendo spontaneamente per la naturalezza di quel gesto.
-"Ti amo anch'io" sussurrò e fece un passo indietro mentre la stretta sulla mano del compagno si allentava, ma nell'istante stesso in cui le loro dita si sfiorarono separandosi Shane afferrò il polso del ribelle mentre la sua gola emetteva un rantolo di dolore. L'angelo nero si sentì male per lui, ma col cuore in gola si liberò dalla sua debole stretta e uscì dall'infermeria senza voltarsi più indietro. Chiamò la donna che aveva assistito Shane in precedenza, la quale aspettava pazientemente fuori dalla porta, e poi andò dritto nel posto in cui avrebbe meno voluto tornare. La torre della Regina era dal lato opposto del castello e gli ci vollero venti minuti buoni per raggiungere le sue stanze.
-"Bentornato" lo accolse lei, era tornata come al solito, la voce pacata e impassibile, il viso immacolato aveva riacquistato il suo solito colorito e dagli occhi era sparito l'inconsueto luccichio ritornando i soliti occhi neri impenetrabili. L'odio sempre più profondo verso quella donna tornava a fare capolino nei suoi pensieri, nonostante avesse tanto altro a cui pensare.
-"Se vuoi aiutarmi si fa a modo mio. Tu mi spieghi cosa dovrei fare, se voglio lo faccio, se non voglio non devi nemmeno provare a obbligarmi. Siamo intesi sua maestà?" sorrise lui sembrando perfettamente calmo. Lei annuì impassibile con le labbra serrate in una linea severa che le conferiva l'autorità che non aveva avuto quella stessa mattina.
-"Bene, ho bisogno che ti rilassi e che chiudi gli occhi" disse avvicinandosi fino a quando furono a poco meno di un metro di distanza.
-"Io sono rilassato" ribatté lui con voce imperturbabile, nonostante sapesse che a lei fosse ben evidente il contrario.
-"Io non credo invece" replicò ancora lei facendo per prendergli la mano, ma lui prontamente le bloccò il polso guardandola in cagnesco.
-"Non provare nemmeno a toccarmi senza il mio consenso"- ringhiò con gli occhi di fuoco -"Ho detto che sono rilassato, non mi contraddire" aggiunse tornando alla sua solita voce calma e controllata e lasciandole il polso. Lei sospirò pesantemente e poi gli chiese di chiudere gli occhi, il ribelle fece quanto detto e quando riaprì le palpebre ciò che vide fu qualcosa di completamente diverso. La nuova location sembrava un posto abbandonato, ma sicuramente doveva essere stato un luogo sontuoso prima di essere stato lasciato in balia del tempo, dei fenomeni atmosferici o delle razzie. Più che una sala quella in cui si trovavano sembrava essere la navata centrale di un'enorme basilica, completa di due navate laterali più piccole, quello che però lo costringeva a scartare quella ipotesi erano le ampie porte d'oro poste a intervalli regolari ai lati delle due navate minori. Al di là di quelle enormi porte spalancate sorgevano ampie e sontuose stanze dedicate a ogni tipo di intrattenimento, diverse delle quali erano adibite a giochi da tavolo o a palcoscenici per gli spettacoli, ma tra quelle in vista vi erano anche suite residenziali e salette spa. Ad addobbare le tre navate che sovrastavano i due c'erano spesse tende di velluto, arazzi sbiaditi e strappati, dipinti di ogni genere, mosaici, candelabri dorati alle pareti e lampadari di cristallo al soffitto.
-"Che posto è questo? E perché siamo qui?" chiese il ribelle rivolgendo uno sguardo quasi accusatorio alla Regina.
-"Non è importante il luogo, ora devi solo concentrarti sui tuoi poteri, qui ti puoi esercitare liberamente" rispose lei facendosi comparire una scintilla tra le mani e poi lanciandola verso i drappeggi laterali mandando a fuoco le tende e poi guardando nuovamente Lex sorridendo.
-"Cosa stai facendo?" le chiese senza scomporsi.
-"Creo i presupposti per il tuo allenamento" restò vaga allargando le braccia e indicandogli tutto ciò che li circondava mentre l'incendio divampava in tutta l'ala sinistra del palazzo.
-"Cosa devo fare?" le chiese l'angelo nero alternando freneticamente lo sguardo tra Axel e le fiamme che si avvicinavano divorando il tappeto.
-"Pensa al tuo potere e usalo" si limitò a dire lei e Lex si concesse un attimo di panico cosciente di non possedere alcun potere sull'acqua, o nessun altro capace di spegnere un fuoco, tantomeno un incendio di quella portata. Il suo sguardo si perse tra le fiamme e la sua mente vagò a ritroso finché non gli si presentò la stessa scena vissuta secoli prima. Ricordi che non gli tornavano alla mente da tempo immemore... Due occhi chiedevano aiuto tra le fiamme, imploravano pietà mentre il fuoco prendeva possesso di quel corpo ormai già destinato, le ustioni a quel punto sarebbero state tante che non sarebbe comunque sopravvissuto... Quegli occhi verdi però erano indimenticabili, avevano tormentato i suoi incubi assieme a quelli azzurri del suo amato fratellastro. Indimenticabili proprio come la storia che si celava dietro quelle iridi dal colore vivace e penetrante. Secondi preziosi che avrebbero determinato le sorti della sua vita furono spesi nel ricordo di quell'evento troppo raccapricciante persino per pensarci, eppure adesso ciò che era accaduto aveva un senso. Misera gelosia... Lex sapeva che era stata quella a scatenare tutta la tragedia. Aveva avuto più o meno tredici secoli quando era successo, lei era circa mezzo secolo più piccola, erano bambini si potrebbe dire, o meglio lui sicuramente no, Lex non era mai stato davvero bambino per come si è sempre comportato, lei invece aveva ancora la mentalità di una bambina anche un po' viziata. Lei era Melanie Brittle, la figlia dei nuovi vicini. Erano compagni di corso sullo studio teorico del combattimento corpo a corpo, ma questo il ribelle lo scoprì in seguito dato che il suo hobby preferito a quei tempi era saltare le lezioni per andare a stanare demoni o fare altre cose definite pericolose, dato che tutti gli argomenti dei corsi riguardavano cose che lui sapeva a memora meglio dell'insegnante e, cosa più importante ancora, sapeva anche già metterle in pratica. Lex al tempo viveva già da solo, con la compagnia di Cheyenne e degli altri due servitori, Myrea e Jean, e non aveva nessuno a controllarlo, aveva completato tutti gli studi da autodidatta, tutto ciò che non gli aveva già anticipata il fratello si intende, e poi era rimasto nella totale libertà andando a combattere ogni volta che se ne presentava l'occasione, come se vi trovasse uno sfogo a tutto il suo dolore soppresso. Quella volta che non tornò a casa la sera Jean lo andò a cercare. L'uomo aveva per mano una bambina dai capelli ondulati castano scuro mossi dal vento impetuoso che si era alzato in pochi minuti e gli occhi verde smeraldo che brillavano alla luce della luna che stava sorgendo ora che il sole le aveva lasciato libero il cielo già buio. Aveva un'espressione impacciata e la sua carnagione pallida metteva in risalto il rossore sulle sue guance. Con la mano libera si stringeva nella giacchetta di mohair che comunque non le dava un degno riparo dal gelo pungente del vento, l'altra mano restava unita a quella di Jean che camminava un paio di passi avanti a lei trascinandola quasi, sembrava che quelle gambe esili scoperte dal vestitino affiorato faticassero a restare ancorate al suolo. Solo a guardarla era sorprendente la sua delicatezza, la sua apparente fragilità incuriosiva terribilmente il ribelle. Le ali nere della bambina le si erano ripiegate attorno quasi per proteggerla, e ciò non faceva che renderla soltanto più tenera, tanto bella da guardare che Lex non si era nemmeno accorto di averla a pochi metri di distanza. Jean lo aveva subito richiamato con evidente preoccupazione nel tono di voce e il ragazzino non aveva risposto, dando l'impressione di essersi pentito e di aver imparato la lezione, ma la verità era che Lex non aveva nemmeno fatto caso alle parole dell'uomo, perché alla fine avrebbe comunque fatto di testa sua, non esistevano regole per lui. Eppure lui era consapevole che Jean ormai conoscesse quel posto, e avrebbe comunque saputo dove cercarlo... ma Lex non avrebbe mai abbandonato quel prato, quell'immenso verde era il suo posto preferito, il posto in cui poteva compiangersi del fatto che lui stesso era stato la causa del proprio dolore perché se solo avesse voluto, se avesse avuto solo più forza di volontà avrebbe potuto evitarlo: il posto dove era morto Chris. Era strano vederci altra gente, lui era sempre stato geloso delle sue cose, e ormai quel posto lo considerava suo, soltanto suo e dell'anima del fratellastro che lì aveva rinunciato a tutte le sofferenze e le incomprensioni della vita... come biasimarlo?
-"Signorino Lex lei è Melanie, la figlia dei vicini, oggi la madre mi ha gentilmente chiesto di riaccompagnarla a casa perché lei ha avuto un impegno, spero non le dispiaccia." Jean aveva detto questo presentando la bambina e il ribelle ricordò di aver pensato come dovesse essere strano per lei sentire un adulto rivolgersi in quel modo a un tredicenne. Lui aveva semplicemente annuito in risposta e si era avviato verso casa in silenzio. Da allora l'aveva vista poco, ma non le aveva mai rivolto la parola, fino al giorno in cui dalla finestra di camera sua al secondo piano non vide la ragazzina cadere in giardino dopo aver cercato di atterrare invano sulle scalinate del portico durante una giornata tempestosa finendo col farsi piegare le ali dal vento cadendo rovinosamente su delle pietre che nonostante avessero dovuto essere solo decorative erano ben appuntite. Alla vista di quella scena Lex non aveva avuto nemmeno il tempo di rifletterci che si era ritrovato accanto a lei, l'aveva sollevata, le aveva fasciato grossolanamente le ferite e portata in casa sua affidandola alle cure della madre non appena quella fu rientrata seppur gli dispiacesse di lasciarla. E alla fine infatti non lo aveva fatto.
Giorno dopo giorno si era informato assiduamente della salute di Melanie fino a che non se l'era ritrovata un giorno davanti alla porta di casa alle prese col cercare delle parole per ringraziarlo. Da quel momento erano diventati amici e Lex aveva trovato un posto tutto per loro dove passare il tempo, una vecchia casetta abbandonata dove passavano tutto il loro tempo, lei gli aveva riferito di avere dei problemi di conformazione ossea alle ginocchia e questo comportava il fatto che prima o poi avrebbe perso la capacità di camminare. Lui l'aveva consolata giocando sul fatto che avesse sempre e comunque le ali e che con o senza gambe avrebbe potuto tranquillamente andare ovunque volesse. Avevano passato tanti di quegli anni a parlare di sé, tanti anni in cui il ribelle non aveva mai detto nulla di davvero rilevante, mentre invece lei si apriva così facilmente... era ancora solo una bambina, si notava dai suoi modi di fare. E venne il giorno poi in cui tutto ebbe fine, perché si tutto ha fine, nulla è infinito. Melanie avrebbe dovuto compiere tredici secoli pochi giorni dopo e aveva deciso che la loro amicizia era diventata noiosa, quindi da brava bambina viziata aveva preteso da Lex di portare altra gente nella loro compagnia. Il ribelle aveva provato a capirla, forse lui era solo troppo geloso, forse non le bastava la loro amicizia perché aveva bisogno di più attenzioni, ma poi risolse che non c'era nulla da capire nei ragionamenti di una bambina abituata ad avere tutto ciò che desidera, quindi aveva cercato di farle cambiare idea provando a spiegarle il concetto di amicizia, ma lei aveva insistito tanto e l'angelo nero era scoppiato.
-"Tu non sei un vero amico, mi stai solo impedendo di restare sola a vita. Lo sai infondo che non conto niente per te e mi usi solo per rifilarmi i tuoi problemi. Ammettilo!"- aveva urlato e Lex si era reso conto di star perdendo il controllo su di sé -"Io ti odio" gli aveva detto... e quella erano state le se ultime parole. Dalle mani del ribelle si era sprigionato un campo di forza di immane potenza che l'aveva fatta sbattere contro il muro alle sue spalle. Il fuoco che avevano acceso al centro della stanza si era espanso cominciando a bruciare il pavimento della casetta di legno. In pochi istanti il fuoco era divampato davanti ai suoi occhi inermi, i suoi occhi viola che fissavano incupiti un solo punto davanti a sé: Melanie, Melanie ferma sul pavimento rannicchiata su se stessa accerchiata da un impenetrabile muro di fuoco che avanzava avido verso di lei. Fuoco riflesso nelle sue pupille quando lei aveva alzato lo sguardo supplichevole verso di lui, nello stesso momento in cui le fiamme avevano lambito il suo vestito verde, verde quasi dello stesso colore delle sue iridi che lo guardavano in una muta implorazione di aiuto. E il fuoco le stava bruciando la pelle, le aveva seccato la bocca tanto da non permetterle di emettere alcun suono quando aveva schiuso le labbra per parlare, forse per chiedergli aiuto, forse solo per invocare il suo nome, forse per scusarsi... per come era fatta lei sarebbe stata capace anche di morire pur di rimediare a qualche sbaglio commesso, e solo in quel momento Lex era tornato in sé, troppo tardi, troppo tardi si era accorto che lei sapeva già di aver sbagliato, troppo tardi aveva visto i suoi occhi verdi mentire insieme alle sue parole quando si era lasciata sfuggire quella frase senza senso: era ovvio che lei non lo odiava... era ovvio, ma lui era stato troppo stupido per capirlo. Si era coperto gli occhi con le mani per sottrarsi alla vista di quel corpo tormentato dal fuoco, ingurgitato dalle fiamme che si stavano allargando assoggettando ogni cosa trovassero intorno a loro, poi nello stesso istante aveva cambiato idea. Aveva stretto le mani a pugni facendosi sbiancare le nocche e aveva tenuto gli occhi chiusi, aveva sentito l'energia defluire dal suo corpo e poi aveva semplicemente desiderato tornare a casa... e così era stato. Probabilmente dopo era svenuto, perché ricordava di essersi svegliato giorni dopo nel suo letto e aveva sperato che fosse stato tutto un incubo. Era tornato di corsa alla casa abbandonata e ad ogni metro più vicino la tensione aumentava e il cuore pulsava più velocemente nel petto. E l'aveva vista.. la porta annerita dal fuoco era davanti a lui, le sue speranze crollarono all'istante lasciando spazio ai sensi di colpa. Con la mano che tremava vistosamente aveva aperto la porta con la consapevolezza che quello che avrebbe trovato al di là della porta sarebbe stato semplicemente un altro peso da portarsi dietro per sempre. Il suo sguardo si era fermato esattamente lì dove era rimasto fisso la sera dell'incendio. Sembrava che il tempo si fosse fermato... come se nell'istante in cui lui era sparito il fuoco avesse smesso di bruciare. E lei era lì, ferma immobile appoggiata al muro, la pelle ustionata tanto che in alcuni punti erano ben visibile le ossa, la poca carne che aveva stava già diventando putrida. La stoffa che era rimasta del vestito era completamente annerita e il suo corpo scoperto era magro esattamente quanto lui ricordava; il suo problema alle ginocchia l'aveva costretta a una dieta rigidissima per non farle prendere peso, in modo da non appesantire ancora di più le fragili ossa delle sue gambe. E mentre la stava guardando l'aveva presa tra le braccia senza accorgersene, col suo viso da bambola sciupata, le stava accarezzando i capelli increspati che il fuoco non aveva avuto tempo di incenerire. La guardava pensando che fosse perfetta, come se i suoi occhi non vedessero le condizioni raccapriccianti in cui era ridotto il corpo della ragazzina; chiunque lo avrebbe trovato inquietante, inquietante come satana che guardi uno dei suoi ripugnanti esseri demoniaci fiero della sua creazione. E si era sentito privo di senso in quel momento, privo di uno scopo nella vita. Si era reso conto di aver immaginato la sua vita a proteggere quella ragazzina, forse solo da amico, forse da qualcuno di più importante, ma comunque insieme, aveva immaginato di proteggerla... e invece l'aveva uccisa... Quel pensiero gli aveva gelato il sangue, eppure la sua vita era andata avanti. Nessuno aveva mai saputo che fine avesse fatto Melanie, ma lui prima di andare al prato di suo fratello tornava sempre in quella casa a salutarla. Ed erano passati gli anni, i secoli, ma lei era rimasta in quella casa, e ci sarebbe rimasta fino a che il tempo non avesse consumato il suo corpo, ormai diventato uno scheletro, rendendolo cenere, e anche allora Lex sarebbe andato a rimpiangere le sue ceneri... perché non si abbandonano gli amici. Lo aveva già fatto una volta e non avrebbe ripetuto lo stesso errore. E si, la vita era andata avanti, ma solo di giorno. La notte... la notte è tutta un'altra storia. La notte è sempre stata la parte più difficile per il ribelle: quando era piccolo faceva sogni strani di cui ormai è passato anche il ricordo, ma era rimasto il ricordo delle notti passate a cercare conforto da Christopher, dopo la sua morte ogni notte era sempre peggio, un incubo dopo l'altro, e più passava il tempo più si aggiungevano incubi al suo sonno, e insieme a tutti gli altri i due occhi verdi di Melanie, onnipresenti come il corpo del fratellastro tra le sue braccia. Il sonno è una briciola della morte... è questo che Lex aveva paura di affrontare, se tutto quello che la notte gli aveva riservato finora fosse da considerare solo uno spicchio di tutto ciò che è la morte, allora la morte sarebbe una sfida troppo ardua da vincere.
Una fitta di dolore al braccio lo fece riscuotere dal suo stato di trance. Tutto quello che era successo con Melanie ora aveva un senso. È vero, lui sapeva già che la morte della ragazzina fosse stata colpa sua, ma non trovava alcuna spiegazione... ora invece tutto era tornato al suo posto, avrebbe visto tutto sotto un'altra prospettiva, anche se non sarebbe cambiato poi molto. I suoi poteri fuori controllo avevano fatto divampare l'incendio, i suoi poteri avevano ucciso Melanie, i suoi poteri avevano soppresso le fiamme prima che con chissà quale razza di magia si ritrovasse svenuto a casa sua. Ma Melanie non c'era più. E gli mancava... adesso ne sentiva la mancanza più che mai. Aprì di scatto gli occhi sentendo il dolore pulsare in modo sempre più acuto al braccio: il fuoco lo circondava. Si liberò subito di una brace che gli era finita sul braccio ustionandogli la pelle, e si accorse di essersi bruciato le piume più estreme della sua ala sinistra. Ricordò le ali completamente incenerite di Melanie e si consolò del fatto che gli si fossero bruciate solo poche piume, che del resto sarebbero comunque ricresciute, se solo avesse trovato un modo per salvarsi... "Salvarsi!" pensò entusiasta guardandosi intorno "salvarsi è la soluzione, non spegnere il fuoco". Realizzò le sue poche possibilità di salvarsi davvero e una sola alternativa alla morte gli risultò immediata e di probabile riuscita. Concentrò tutta la sua energia, chiuse gli occhi e allargò le mani cercando di creare intorno a sé un campo di forza che lo proteggesse, e dietro le palpebre vide un paio di occhi verdi sorridenti che lo guardavano alla loro ineguagliabile maniera, quello sguardo che Lex non avrebbe mai dimenticato. Sentì il calore intorno a sé affievolirsi e pregò con tutto il cuore che non fosse solo la sua immaginazione alterata dall'agonia che stava invadendo i suoi sensi. Aprì gli occhi allora e sospirò sollevato quando avvertì una cupola di energia intorno a sé che stava tenendo a bada il fuoco, poi vide la Regina farsi largo tra le fiamme e queste indietreggiavano al suo passaggio, allontanandosi e spegnendosi a poco a poco.
-"Ottimo lavoro, anche se ci hai messo più tempo del previsto, pensavo che stessi per lasciarti incenerire" disse lei accennando un sorriso quando fu a un paio di metri di distanza da lui.
-"Non accetto commenti da te su quello che faccio." rispose lui restando freddo e impassibile. Fece un gesto con la mano e sentì la cupola andare in pezzi intorno a lui, pensando che fosse più semplice di quanto avesse creduto padroneggiare quei poteri.
-"Hai voglia di continuare o preferisci tornare al castello? Stasera dovrebbe esserci una riunione in sala perché dovremmo fare un annunciò" lo informò con aria seria e anche leggermente afflitta.
-"Cosa?" chiese lui di rimando con tono intransigente guardandola intensamente negli occhi. Sembrava volesse obbligarla a parlare, ma non ci riuscì, perché vide semplicemente la Regina scuotere debolmente la testa e poi un vortice di vento lo avvolse così che quando riaprì gli occhi si ritrovò nella sala della musica sullo sgabello del pianoforte, come se non fosse successo nulla. Eppure era successo di tutto in quelle ore, ma l'unico desiderio dell'angelo nero era andare a cercare Shane e passare quanti più secondi possibili insieme a lui, perché si era reso conto che quello fosse l'unico angelo capace di renderlo felice. E non importava se una profezia avesse voluto ostacolargli la vita, Lex non si era mai fermato davanti agli ostacoli, e col sangue e col sudore era arrivato fin lì, e nessuno si sarebbe preso il suo posto, nessuno lo avrebbe costretto ad abbassarsi a un limite già segnato, lui non teneva conto dei limiti se a imporli erano gli altri. Shane riusciva a sollevarlo dal suo perenne stato di apatia e non importava più se la morte fosse dietro l'angolo pronta ad avventarsi su di lui portandolo via. Certo, sapeva che poi avrebbe comunque dovuto abbandonare l'angelo bianco perché la morte non perdona, ma avrebbe saputo consolarsi.. o almeno così sperava Lex. Il ribelle non voleva certo far soffrire il compagno per un proprio capriccio di godersi la vita che gli restasse prima di andare incontro a chissà cosa. Quindi si alzò dallo sgabello buttando un'occhiata malinconica agli spartiti, desideroso comunque di restare e di mettersi a suonare qualcosa tra le sue suite preferite, e si avviò fuori dalla stanza, ma qualcosa lo trattenne impedendogli di proseguire. Era a un passo dalla porta e una mano gli bloccò il collo quasi soffocandolo, Lex chiuse gli occhi per la sorpresa e cercò di liberarsi dalla presa ferrea dell'altro, ma in tutta risposta quello aumentò la stretta e lo sbatté spalle al muro provocandogli un dolore pulsante alla testa che aveva sbattuto violentemente contro gli infissi rialzati in legno della porta. Il dolore stesso lo costrinse a riprendersi e a riaprire gli occhi, e quando mise a fuoco quello che catturò tutta la sua attenzione furono solo due grandi occhi verdi.
-"Suvvia signorino Brittle, prima le presentazioni... non le pare?" nella sua testa si insinuò confusamente la nota voce femminile della Regina, calma e accondiscendente come sempre, e qualcosa scaraventò l'altro ragazzo lontano da Lex permettendogli di riprendersi.
-"Grazie ma non ce n'era bisogno, me la cavo benissimo da solo" sbraitò lui lanciando l'ennesima occhiataccia alla donna, la quale in tutta risposta sorrise in modo invidiabile e si avvolse nelle ali nere scomparendo nel nulla così com'era arrivata. A quel punto quindi l'angelo nero poté studiare il ragazzo che lo aveva "aggredito" cogliendolo in un preciso istante di distrazione, doveva ammettere che avesse un tempismo perfetto. Se ne stava a guardarlo in modo truce mentre si reggeva sulle braccia seduto sul pavimento. Lo aveva riconosciuto: era il ragazzo moro che aveva parlato con Lindsay nei corridoi... era di una bellezza particolare. La mascella squadrata in modo rigido e perfetto, le labbra rosee e carnose con una piccola spaccatura ancora sanguinante sul labbro inferiore, probabilmente causata nel momento in cui era caduto, le guance leggermente scavate e gli zigomi alti formavano dei contrasti naturali di chiaroscuro, la fronte ampia ospitava due scure sopracciglia arcuate che a loro volta incorniciavano un paio di occhi verdi che Lex conosceva troppo bene per far finta di nulla.
-"Perché volevi uccidermi?" chiese il ribelle schietto provando a nascondere il suo turbamento interiore dovuto alle tremende somiglianze che quel ragazzo aveva con Melanie.
-"Voglio ancora farlo, se è per questo" sorrise l'altro spaccandosi di più il labbro e asciugandosi col dorso della mano il rivoletto di sangue che gli colava sul mento.
-"Bene, riformulo, perché vuoi uccidermi?" chiese di nuovo Lex sbuffando spazientito ma godendosi lo spettacolo di tutta quella misteriosa bellezza e sfacciataggine senza farsi troppi problemi.
-"Tu, lurido Firestars, fai finta di niente?"- rise amaramente il ragazzo dagli occhi verdi di cui Lex non conosceva ancora il nome alzandosi in piedi con uno scatto fulmineo, e le sue ali bianche si ritirarono improvvisamente rendendolo umano per un secondo, solo un secondo, perché un secondo dopo le sue unghie si tramutarono in artigli e i denti diventarono tanto aguzzi che il suo sorriso stentava a contenerli -"sono dovuto diventare un demone, ho venduto la mia anima a Nakir per sapere la verità su di lei" continuò mostrandogli il palmo della mano inciso col sigillo dell'Inferno.
-"Non so chi sei, né di cosa parli" rispose seccamente l'angelo nero raccogliendo tutte le sue forze per non cedere.
-"Melanie. Io sono il fratello, stupido idiota, sono Aaron Brittle, o almeno lo ero, ora sono un servo di sua signora Desdemona."- urlò esasperato lui allargando le braccia -"so che l'hai uccisa tu." gli lanciò uno sguardo gelido.
-"Si, l'ho uccisa. Vuoi ripagarmi con la stessa moneta?" domandò Lex con uno sguardo vacuo e inquietante. C'erano troppe cose da spiegare in quello che aveva detto Aaron con poche parole. Melanie non aveva mai parlato al ribelle di suo fratello, lui non sapeva nemmeno che ne avesse uno, né tantomeno lo aveva mai visto. Tuttavia Lex era tutt'altro che socievole e non aveva mai frequentato luoghi particolarmente affollati da ragazzino, quindi non poteva certo negare le sue parole. Inoltre i novellini (coloro che vendevano l'anima e diventavano demoni pur di chiedere qualcosa in cambio) non potevano mentire. E... c'era un altro particolare che non doveva sfuggire tra quelle parole. Aaron aveva detto Desdemona, lo aveva detto davvero, non era stato solo il frutto di una fervida immaginazione. Eppure Desdemona era solo una leggenda... cosa significava tutto ciò? Una spiegazione sensata facilmente reperibile non c'era, ci sarebbe stato da riflettere su tutta la faccenda della figlia della Regina dei demoni, Draconilda, e avrebbe richiesto troppo tempo, tempo che la confusione mentale di Lex non concedeva affatto.
-"Io non sono un mostro, come te"- sputò acido il mezzo demone -"Ma la Signora desidera la fine della tua inutile vita, e io non sono nessuno per oppormi" fece un sorriso scaltro e si leccò il sangue residuo dal labbro.
-"Mi dispiace deludere la tua signora, ma a me non piace ricevere ordini e non ho nemmeno ancora intenzione di morire, grazie per la proposta" sorrise anche il ribelle e semplicemente con un po' di concentrazione sentì l'energia affluirgli nelle dita e la sensazione di potere pervadere i suoi sensi, poi un gesto calcolato della mano liberò un campo di forza che scaraventò il novellino direttamente contro il muro. Lex non aveva condensato neppure tanta energia, e gli effetti erano stati immediati e comunque devastanti; Aaron si sarebbe rotto almeno qualche osso, era rimasto accasciato al suolo immobile, e visto da quella distanza sarebbe potuto sembrare morto se l'angelo dalle ali nere non avesse saputo che quell'impatto non avrebbe ucciso nessuno, tantomeno un demone, ancora più forti dei normali standard. -"Sarò anche io il mostro, ma tu intanto resta buono al posto tuo" sorrise di nuovo in modo ancora più inquietante e se ne andò come se nulla fosse successo. Solo una volta uscito da quella stanza gli sembrò di respirare un'aria diversa, più leggere e fresca, più pura, quasi come se tutta l'adrenalina che i poteri gli avessero confinato nel sangue fosse scomparsa improvvisamente riportandolo alla realtà. Aveva davvero usato di nuovo i suoi poteri per fare del male...?
Quanto tempo era passato da quando si era sentito male? Ore? Giorni? Notò di indossare sempre gli stessi vestiti quindi dedusse che fosse passato poco tempo da quel momento. Shane ricordò tutto, anche se non riusciva a capire da dove fosse uscito tutto quel coraggio mal ricompensato all'inizio. Ricordava di essersi sentito sprofondare quando non aveva ottenuto la risposta tanto attesa da Lex. Che poi... forse solo per compassione, o forse con sincerità, quella risposta non aveva tardato ad arrivare. Le aveva dette, quelle due parole: ti amo. Il ribelle lo aveva detto e il compagno dalle ali bianche si era sentito tanto felice che aveva quasi ripreso le forze. Era in stato semicosciente quando quelle parole avevano lasciato le labbra di Lex, tanto che alla fine non aveva resistito e gli aveva afferrato il polso provando a fargli capire di restare, ma l'angelo nero non aveva proprio considerato gli sforzi di Shane e lo aveva ignorato. E nonostante tutto voleva comunque andare a cercarlo, l'unica cosa che voleva era passare del tempo con lui provando a distogliere l'attenzione da tutto il resto. E alla fine, dopo diversi vani sforzi e tentativi, trovò la forza di rimettersi in piedi e uscì dall'infermeria. Bastarono pochi metri però per sfinirlo, si sentì le gambe molli e si aggrappò istintivamente al davanzale di una finestra in corridoio sentendo il mondo capovolgersi attorno a lui. Poi, come in un sogno, due braccia forti lo issarono fin sopra il davanzale facendo finire la sua schiena contro il vetro freddo della finestra. La testa non dava segni di volersi riprendere ma quel tocco familiare sul viso e quel respiro tanto vicino alla sua pelle lo rendevano terribilmente calmo, incapace di pensare a qualcosa che non fosse la piacevole sensazione di averlo al suo fianco. Era Lex, era Lex di cui aveva sempre avuto bisogno l'angelo bianco per essere felice, nient'altro. Era un amore profondo e quasi insensato, nato dal nulla, che lo legava al ribelle in modo pericolosamente indissolubile, e, poiché ci aveva già provato, sapeva ormai che arginare quel sentimento sarebbe stato impossibile. Perché infondo poi non erano così diversi... o meglio, si lo erano, e non affrontavano nemmeno i problemi allo stesso modo, erano completamente diversi, ma la sofferenza, il dolore, la solitudine... questo li accomunava in modo impressionante.
Shane sentiva gli occhi viola dell'angelo nero su ogni centimetro della sua pelle, ma quando aprì gli occhi quelli di Lex erano semplicemente puntati nei suoi, e quella dell'angelo bianco era pura immaginazione, un desiderio inconscio della sua mente. Era bellissimo... così perfetto che l'angelo bianco non sentiva neanche degno di guardarlo, eppure non poteva farne a meno. Le sue labbra erano così calde e morbide.. ed ecco che gli tornava l'irrefrenabile voglia di baciarlo. Forse l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento di confusione era solo e semplicemente Lex. Si sentì girare di nuovo la testa e posò istintivamente le mani sul petto del compagno stringendo la sua maglietta tra le dita mentre appoggiava la testa nell'incavo tra la spalla e il collo chiudendo gli occhi e inspirando il suo profumo, ascoltando il battito del cuore del ribelle, godendosi l'attimo concessogli.
-"Non mi lasciare di nuovo." sembrava una voce lontana, dolce e terribilmente debole, ma era solo la propria voce, sebbene a Shane sembrasse di sentirla dall'esterno... In ogni caso, la risposta non arrivò. O forse arrivò, ma il biondo non l'aveva sentita, catturato nuovamente dall'oblio.
Katniss aprì di scatto gli occhi respirando affannosamente. La mente doveva averle giocato un brutto tiro. Alzò tremando le mani con le unghie sporche di terra e poi guardò il terreno sconnesso su cui era scompostamente seduta, si rese conto di aver infilzato le unghie nella terra durante il sonno, probabilmente a causa della tensione nervosa che l'incubo le aveva causato. Solo allora si fece coraggio e mise a fuoco l'ambiente intorno a sé: era una sorta di caverna artificiale, ma da quell'angolino la ragazza non poteva rendersi effettivamente conto dell'immensità di quel posto. Si sentiva completamente indolenzita e non riusciva a trovare la forza di staccarsi dalla fredda parete della grotta, così si rannicchiò su se stessa avvolgendosi le sue candide ali bianche intorno. Non aveva la minima idea di quello che fosse successo dal momento in cui aveva evocato Desdemona: una nume nera l'aveva soffocata, aveva sentito la sua gola seccarsi fino a bruciare quasi. Aveva smesso di respirare. Si era sentita morire. E adesso avrebbe voluto esserlo davvero. Non sapeva dove si trovava, non sapeva con chi stesse davvero "collaborando", non sapeva se fosse stata semplicemente ingannata, presa in giro. Non sapeva nemmeno quanto sarebbe rimasta viva. Si strinse tra le sue stesse braccia come se volesse sentirsi protetta, ma erano altre le braccia di cui aveva bisogno per sentirsi davvero al sicuro. I ricordi la assalirono scoppiandole dentro all'improvviso come fuochi d'artificio inesplosi, facendole male. "I ricordi fanno sempre male, non per la mancanza di chi ci ha lasciato quel ricordo, piuttosto per la consapevolezza di non poterli più rivivere" rimugina va tra sé la Principessa. Ma lei non si sentiva più tale, anzi non si era mai sentita una principessa, non aveva mai voluto davvero identificarsi in quel ruolo. Lei non era come le principesse delle fiabe, non aspettava il principe per essere salvata. Eppure in quel momento lo sperava ugualmente. Voleva il suo principe, voleva Lex e le sue parole di conforto sussurrate all'orecchio e le sue labbra e il suo corpo. Lo voleva tanto da poter cancellare un secolo di storia pur di tornare al passato e di non lasciarlo mai più.
Erano passati decenni e decenni, ma quelle parole lei le ricordava ancora. Ricordava cosa era successo. Ricordava gli occhi di Lex quel giorno, quando l'aveva ritrovata. Un angelo bianco l'aveva scoperta e rapita per riportarla al suo campo "al sicuro" come diceva lui. Lei, colta di sorpresa, era rimasta stordita senza poter fare nulla. Poi era arrivato Lex, che le era sembrato tanto un angelo vendicatore. Senza che il cuore gli dettasse un briciolo di pietà aveva ucciso l'atro angelo lasciando la spada nel suo corpo straziato e poi era corso ad abbracciarla. L'aveva guardata con gli occhi di chi ha appena ritrovato qualcosa di troppo prezioso per poter essere descritto a parole, con la paura ancora viva di chi crede di aver perso qualcosa per sempre, la paura di chi crede di aver perso un pezzo di sé. L'aveva baciata con quella foga di chi non crede ancora a quello che vede e deve cercare di convincersi della realtà. L'aveva stretta forte come per accertarsi della sua reale presenza. L'aveva fatta sentire importante.
Era di quei ricordi che viveva Katniss, erano quei ricordi a tormentarla, era la consapevolezza di non poter essere guardata più a quel modo che la uccideva. E lei si lasciava uccidere, una parte di lei chiamava a gran voce quella sofferenza, come se tutto quel dolore potesse calmare le altre mancanze. Una parte di lei era felice di soffrire, e lei si lasciava trasportare dalla tempesta che la circondava mentre il suo masochismo mentale cresceva inghiottendo la sua stessa voglia di vivere. Un brivido le percorse la colonna vertebrale quando sentì qualcosa di freddo e liscio avvolgerle lentamente la caviglia. La paura la assalì e deglutendo si costrinse ad aprire gli occhi e a puntarli verso i suoi piedi nudi mentre la gelida stretta attorno alla sua caviglia si faceva sentire di più. Allora un urlo uscì dalla sua blocca rimbombano nella cavità... ma subito tutto tacque di nuovo.
"Can anybody hear me? I'm hidden under ground
Can anybody hear me? Am I talking to myself?"
- Melanie Martinez
$ραzισ αυтяι¢є
Si, non ve lo siete immaginati, si sono baciati sul serio hahahahahaha ma vi pare che adesso saranno tutti felici e contenti? Sarebbe troppo semplice...
Cosa mi dite della storia di Melanie? E Aaron? Secondo voi mente?
Come affronterà i suoi nuovi poteri Lex? Alla fine resterà vittima della sua sete di potere o riuscirà a liberarsene e a controllarsi?
E la Regina? Personaggio dai pensieri oscuri...
Dove è finita Katniss? Che fine farà la Principessa che voleva cambiare la sua identità?
Shane ormai è un libro aperto, ma la sua cara mogliettina?
Forse vi chiarirete le idee nel prossimo capitolo... forse sarò più cattiva e vi terrò sulle spine lol non mi uccidete :3
In ogni caso nel prossimo capitolo verrà fuori una notizia bomba hahaha del tipo che riguarda Shane e Lex e nessuno ne sapeva niente tranne quel bastardo del padre di Shane.
Anyway vi lascio, aggiornerò il prima possibile, grazie mille a tutti ❤
~ Emily
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