Bisogna avere i numeri per innamorarsi
"Ti amo. Tre secondi per dirlo. Tre ore per spiegarlo. E una vita intera per provarlo"
-Anonimo-
Uno. Era il primo di marzo e la pioggia battente bagnava quei suoi lunghi capelli corvini. Se ne stava al bordo di un marciapiede cercando di proteggersi dal cornicione del palazzo. La pioggia era fitta, ma quella sua espressione la vidi benissimo. Era dolce e anche un po' impacciata, intimidita dalla situazione ma totalmente indifferente agli occhi della gente. Mi avvicinai a lei per darle riparo con il mio ombrello, ma non feci in tempo. Lei salì sull'autobus che nel frattempo passando, mi bagnò dalle caviglie al colletto della camicia. Risi con me stesso e la giornata proseguì senza pensarci più.
Due. Fu il secondo giorno che la vidi. Se ne stava seduta a fare colazione ad un bar all'angolo. Questa volta la giornata non era né fredda né piovosa, e potetti ammirarla più attentamente. sedeva all'esterno a bersi il suo cappuccino con una amica, credo. Aveva un sorriso più luminoso del raggio di sole che si scontrava sui miei occhiali scuri. Sorrisi da solo anche questa volta. Quel semplice sorriso mi mise di buonumore e continuai per la mia strada felice di quell'incontro piacevole.
Tre. Il numero che avevo in fila per il pane. Stavo al supermercato e me la trovai improvvisamente al mio fianco. Mi sorrise ed io ricambiai. Non ci furono scambi di parole tra di noi, ma quel rumore sordo del silenzio mi fece tremare senza un'apparente logica. Erano diversi giorni che non la vedevo e ritrovarmela così vicino mi diede una strana scossa. La mia mente farfugliava parole di ogni tipo, ma le mie labbra rimasero chiuse, serrate. Si allontanò da lì e nell'illogicità della situazione sentì dentro di me un senso di abbandono.
Quattro. Venne nello studio dove lavoravo io. La vidi da dietro la mia porta a vetri che parlava con un collega, aveva una coda che metteva in risalto quei capelli così ribelli che facevano fatica a restare intrappolati in quell'elastico, un po' come me. Sarei voluto uscire e parlarle, ma per dirle cosa? Avrei voluto alzarmi e quantomeno salutarla, ma salutarla per cosa? Mi alzai solamente e rimasi immobile dietro a quella scrivania che sul momento appariva ai miei occhi come un muro impenetrabile.
Cinque. Erano le volte che la vidi così come l'orario che segnava il mio orologio da polso. Il vento era alto e questa volta i suoi capelli sembravano aver la meglio su di lei. Le volavano intorno come angeli e nonostante le sue mani cercavano di placarli sembrava impossibile farlo. Danzavano a ritmo di musica, la più bella. La cravatta tirata dal vento sembrava tirarmi verso la sua direzione, come se il vento stesso volesse essere complice di quel momento. Ovviamente restai buono anche in quella situazione, o per meglio dire mi fu nemico il cemento della strada. Mi tratteneva incollato a terra senza possibilità di fuga, e più il vento tirava più le mie gambe restarono immobili.
Sei. Le parole che avrei voluto dirle da sempre: sei ciò che ho sempre cercato. Questa volta la incontrai in metro, stava seduta a pochi posti dal mio e teneva per le mani un libro di chimica. "Se l'amore è chimica perché non sempre da i suoi frutti?" pensai frastornato dalla gente intorno a me. Mi limitai a guardarla con discrezione, la sua espressione era totalmente distratta da ciò che leggeva. Aveva un'espressione compiaciuta e buffa allo stesso momento. Risi per la terza volta come uno scemo, come l'illuso che vuole illudersi di attirare la sua attenzione. Improvvisamente si alzò di colpo e uscì alla sua fermata. Sarei voluto alzarmi e correrle dietro, dirle un ciao, un come ti chiami. Quando mi decisi fu troppo tardi, le porte mi si chiusero in faccia sotto lo sguardo confuso e divertito delle persone intorno a me. Risi di nuovo, ma di nascosto questa volta.
Sette. Come le settimane che passarono senza rivederla. Mi affacciavo dalla finestra del mio studio cercandola con lo sguardo in quel bar all'angolo, oppure sul marciapiede di quando la pioggia me la fece incontrare. La cercai nello sguardo delle persone, nella fretta dei loro passi e in ogni ragazza dai capelli scuri e lunghi che attraversava la strada. La cercai come un tossico in cerca della sua droga, ma in realtà, era l'unica medicina che riusciva a farmi stare meglio, ad esser un po' più felice. Ma felice per cosa poi? Nemmeno avevamo mai parlato. Solo quel sorriso e quella scossa. Quella scossa che mi fece sentire vivo. Quella scossa che avrei pagato oro pur di riaverla. Di risentirla ancora e ancora dentro di me. Furono sette settimane di fuoco. Bruciavo per lei. Bruciavo senza di lei.
Otto. Come il nome del suo cane. La rividi nuovamente mentre portava al guinzaglio quel bellissimo bassotto color biscotto. Per l'occasione riuscì a sentire anche la sua voce che lo chiamava. Indescrivibile. Un'esplosione di contrastanti sensazioni invasero il mio corpo e la mia mente. Non fui pronto per un'emozione simile, quasi mi tremarono le gambe. Quella volta mi notò, merito anche del suo cane che mi venne incontro... per abbagliarmi. Lei sorrise e mi chiese scusa, io sorrisi e non dissi nulla. "urla!" pensai dentro di me."digli qualcosa, parla!" Si allontanò da me come la speranza di poterle parlare un'altra volta, mi sentì come la persona più stupida della terra. Lavorai male quel giorno, avevo la testa a quel momento che mi scorreva fitto davanti. Al mio silenzio beffardo e al suo sorriso così invitante. la sua voce poi... Mi risuonava in testa come il vento d'autunno.
Nove. Come le figure di merda che feci successivamente. La incontrai spesso nei giorni seguenti. Credo che per via della mia bellissima figura da idiota che feci e che continuai a fare, per lei fu difficile dimenticarsi di me. Come dimenticarsi di un tipo così. Come dimenticarsi di lei più che altro. Iniziavo a vederla ovunque, anche dentro ai miei sogni. Io e lei ormai ci salutavamo con un semplice ciao. Il mio sorriso avrebbe voluto dirle molte altre cose, ma frenato da tutte quelle "belle" figure fatte, evitai sempre più ad avere un contatto saldo con lei. Mi sentivo prigioniero di un incubo, l'incubo di non poter mai vivere quei sogni.
Dieci. L'orario del nostro primo appuntamento. Dopo altri giorni passati a salutarci lei prese l'iniziativa. Mi disse che ero buffo, e anche se questo da un lato non mi fece molto piacere, dall'altro non me ne fregava niente delle figure o non figure fatte. Lei era lì, e voleva parlare con me. Parlammo per una buona mezz'ora, parlammo di tutto, o per meglio dire lei parlava. io mi limitavo a guardarla ammirato e a rispondere con frasi corte per non farle capire di quanto mi mancasse il fiato. Questa volta la cravatta sembrava quasi strozzarmi e la giacca la sentivo pesante, ma il suono leggero della sua voce e quei suoi occhi così spensierati, riuscivano a distrarmi da quella situazione di disagio e tensione accusata in passato. Infine, come se ci conoscessimo da una vita, ( e in un certo senso era un po' così), ci demmo appuntamento per una birra la sera stessa. Tornando a casa fui avvolto dall'emozione più grande della mia vita, aspettando l'ora fatidica camminai avanti e indietro per tutto il pomeriggio. Cercai l'abito più carino che avevo e feci delle prove di dialogo allo specchio per capire se avessi la faccia da deficiente o meno. l'emozione e la paura non mi davano tregua, ma la voglia di vederla era ancora più forte. L'appuntamento andò benissimo e finalmente dopo un po' riuscì a lasciarmi andare e finalmente essere a pieno me stesso. Ci divertimmo moltissimo ma sopratutto ridemmo dal primo all'ultimo minuto. Ero felice.
Undici. Come gli anni che stiamo insieme, e più la guardo più le gambe ancora mi tremano e quella scossa che tanto cercavo non mi ha più abbandonato. Sono ancora felice, più di quanto potessi aspettarmi o meritarmi.
L'amore è questione di numeri. Ma non dei numeri intesi come gli zeri nello stipendio, le ferrari in garage, oppure delle case sparse in giro. I soldi possono comprarlo l'amore, ma senza mai viverlo e disprezzandone il suo di valore.
L'amore è semplicemente tutto ciò che ce lo ricorda. Una canzone, i baci dati, i ti amo detti... Questo è l'amore.
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