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Capitolo 36

Tre tocchi sull'uscio furono sufficienti per Zohar: il primo lo aveva svegliato, mentre battevano il secondo attraversava la stanza e dopo il terzo aveva aperto la porta trovandosi davanti Yachin in persona.

Questi non disse niente limitandosi a porgergli un foglio piegato in due e non sigillato che conteneva poche semplici parole che lesse in un battito di ciglia.

Si era vestito in un lampo e ricordava di essere volato giù per le scale, di aver trovato un cavallo già sellato e ora quella corsa disperata nel buio della notte.

Aveva oltrepassato le mura del Borgo e seguendo la strada battuta che portava ad Andro aveva spronato la cavalcatura come mai in vita sua.Batteva i fianchi del povero animale con gli speroni come se in quel modo potesse accelerare il suo passo già forzato o cancellare le parole che continuavano a danzargli dietro le palpebre.

Non vedeva i campi verdi, la notte fonda intorno al lui: dinanzi a sé immaginava gli alti cancelli di casa Talel desideroso di arrivarvi il prima possibile.

Infine giunse e il silenzio che circondava la dimora sembrava fuori posto.

Abbandonò il cavallo incurante di cosa ne sarebbe stato di lui e non si stupì che le porte intagliate si aprissero ancor prima che lui bussasse: lo attendevano.

L'emozione che lo aveva spinto fin lì stava scemando e dovette chiedersi da che parte andare, ma non fu necessario perché una voce alterata guidò i suoi passi verso il secondo piano.

La voce di Jethro proveniva dalla stanza dei loro genitori lungo il corridoio, a destra. Non ne distingueva le parole, forse perché si sentiva intontito.

Entrò anche lui e la scena pareva surreale. La sua corsa forsennata inutile, lo era stata fin dall'inizio.

In quel biglietto lord Ephram aveva scritto: "Lady Eliora ci ha lasciati"; un dato di fatto incontrovertibile.

Zohar fissava quello che aveva davanti senza capire, non preoccupandosene affatto finché Jethro non si voltò, investendolo con uno sguardo da gelare il sangue.

Quella cosa rimise in moto il suo cervello e il contorno delle immagini acquistò un significato. Suo padre era in piedi tra il figlio minore e l'ampio letto che divideva con la moglie da numerosi anni, sulle coperte, nonostante l'impedimento, poteva vedere qualcosa: dei piedi racchiusi in leggere scarpette viola. Con quelle non sarebbe potuta andare da nessuna parte, faceva freddo fuori e anche il respiro si condensava nell'aria.

Sapendo di dover fare qualcosa, almeno di dover dire qualcosa chiese: «Come è successo?»

E questo scatenò un nuovo fiume di parole da parte del fratello.

«La domanda giusta non è questa, fratellone! Dovresti chiedergli da quanto avevano progettato tutto, e quanto si siano divertiti a farlo!»

«Cosa?», Jethro doveva essere impazzito, proprio come sua madre.

«Hai dimenticato che giorno è oggi? E poi guardala: perfetta, senza un capello fuori posto e già con l'abito giusto per ricordare a tutti chi lei sia stata: la grande, ineguagliabile lady Talel», sputò fuori l'altro con astio.

«Adesso basta!», intimò il padre con una voce pacata che stonava con quello che era appena accaduto.

Come poteva essere così calmo quando sua moglie giaceva morta nel loro letto?

«Il fatto che tua madre non sia più qui con noi, non ti dà il diritto di insultarne la memoria», proseguì con lo stesso tono.

Un tempo il solo fatto che suo padre parlasse avrebbe fatto sì che lui smettesse di fare qualunque cosa avesse disturbato l'amato genitore. Quella volta, invece, la sua ragione analizzò i termini che lui aveva scelto di usare trovandoli piuttosto singolari. Lord Ephram era sempre stato un abile oratore, modo in cui aveva conquistato il cuore della donna che aveva sposato, e quando parlava non lasciava niente al caso.

«Allora non avreste dovuto inviarmi quelle stupide righe, se non mi volevate qui. Non sono un bambino che potete zittire a vostro piacimento e comunque non me ne importa niente di lei», disse Jethro, additando un punto dietro il padre, «che vada in malora lei e tutti quanti!», concluse prima di voltarsi a guardare Zohar un'ultima volta e marciare fuori dalla stanza.

"Davvero fratello?", avrebbe voluto chiedergli lui, "e come mai te la prendi così tanto?", ma quelle domande erano stupide e in quel momento il giovane doveva solo essere lasciato in pace.

Il sospiro del padre richiamò la sua attenzione verso di lui. Lo osservò qualche istante e poi senza chiedergli il permesso lo aggirò per vedere la madre.

Eliora, o meglio il suo corpo senza vita, era una figura composta adagiata nella parte di letto che aveva sempre occupato. I capelli, non più lucidi come un tempo, ma ancora del loro caldo colore erano stati disposti come una sorta di aureola intorno al capo e alle guance pallide. Aveva gli occhi chiusi e le mani intrecciate all'altezza del cuore nella posa in cui venivano sempre preparate le persone perle loro esequie. E l'abito, che il fratello aveva criticato, era del colore delle susine mature appena raccolte, lo stesso che la identificava come rappresentante femminile della casa Talel.

«Forse dovreste spiegarmi cosa è successo», la sua non era un'accusa, mail semplice desiderio di capire i fatti.

Che sua madre fosse morta era davanti ai suoi occhi e anche che l'evento fosse accaduto la stessa notte in cui avevano perso Nun ben cinque anni prima, eppure non voleva dar credito a quello che aveva insinuato Jethro.

A onor del vero, suo padre non cercò affatto di schermirsi e neanche di nascondere o edulcorare la verità.

«Lady Eliora non era più la stessa dalla morte di tuo fratello maggiore e meditava questi pensieri già da tempo. Mi ha chiesto di aiutarla a raggiungere suo figlio e io ho acconsentito».

«L'avete aiutata a morire?», il tono era duro e affilato come una lama, era stanco di quelle frasi a metà che potevano essere mal interpretate.

«Sì»,confermò Ephram, fissandolo bene negli occhi.

E non ci fu bisogno che gli spiegasse come aveva fatto, poteva immaginarlo da sé: lo studio di Nun, usato da lui anche come laboratorio, era rimasto come lo aveva lasciato e vi erano molte erbe pericolose che se combinate tra loro potevano uccidere. Eppure il lord doveva essersi limitato a somministrare alla moglie una considerevole dose di erba silente: un veleno che non perdona.

Le prove erano tutte davanti ai loro occhi e all'improvviso parlare per Zohar fu superfluo e sfibrante. In tutta quella situazione non si era nemmeno domandato dove fosse Gali e come mai non fosse nella stanza della defunta.

Lo chiese a suo padre e quello che disse lo mise in allarme ancora una volta: «il medico si sta occupando di lei, l'avevo chiamato perché confermasse la morte di tua madre e visto che qui non c'era molto altro da fare si è dedicato a tua moglie che ha avuto un malore quando ha scoperto quello che era accaduto».

Stava andando nella stanza matrimoniale collocata nella parte opposta del corridoio, quando era cominciato il fracasso che lo aveva portato a salire all'ultimo piano verso il famigerato studio.

Restò sulla porta, osservando svuotato la scena che gli si parava davanti: Jethro in preda alla stessa furia di pochi minuti prima stava facendo a pezzi quel posto. Le provette erano rotte ai suoi piedi, i libri strappati e i fogli stropicciati sparsi ovunque, ma non sembrava sufficiente: aveva tirato fuori la spada dal fodero sul fianco sinistro e si accaniva ora sullo sgabello e il tavolo di legno massiccio. Non poteva rompere nessuno dei due, ma schegge di legno,più o meno grandi, volavano intorno a lui. Quello spettacolo era completato dalle lacrime che solcavano le guance del giovane che non ricordava di aver mai visto piangere.

«Non la perdono!», urlava appena, tra un fendente e l'altro, riusciva a immagazzinare abbastanza fiato per farlo. Una sorta di litania senza fine.

Non trovando parole di conforto per suo fratello, Zohar lasciò che lui sfogasse a suo modo il dolore. Sapeva che era dolore e non rabbia, o comunque un misto di entrambe per una donna a cui aveva voluto bene,ma da cui non si era mai sentito ricambiato: glielo aveva detto lui stesso una volta, l'unica in cui si era lasciato andare a delle confidenze personali e solo perché aveva bevuto troppo.

Doveva andare a vedere come stava sua moglie, fu questo il pensiero successivo di Zohar e si mosse per eseguire quel semplice compito.

Giunto nei pressi degli appartamenti che avevano diviso fino a quando lui si era trasferito a palazzo la voce del medico, di cui non capiva le parole, lo fermò e gli diede la scusa giusta per evitare subito altra gente.

Si infilò nella porta accanto, dove il cameriere era solito lasciare gli indumenti inutilizzati.

Sul poggia piedi, che veniva usato per arrivare nei punti più alti della stanza, era stato lasciato un libricino che assomigliava a un diario.Era rilegato con la stoffa viola che sua madre usava per quasi tutti i suoi abiti più eleganti ed era stato lasciato lì di proposito.

Lo raccolse e nell'aprirlo le sue ipotesi vennero confermate.

Da quando lady Gali aveva notato dei miglioramenti nella suocera aveva raccontato al marito che la madre aveva preso l'abitudine di sedersi sola in giardino e, con il viso rivolto al muro che separava la dimora dai campi coltivati, scrivere qualcosa.

E quel qualcosa era indirizzato a Zohar. La madre non usava mai nomignoli affettuosi con i figli, soleva sempre chiamarli per nome e appena lesse quell'intestazione sulla prima pagina nella sua mente si affacciò un ricordo lontano di quando era ancora un bambino.

Allora aveva sette anni e per quanto strano potesse essere era legatissimo a Jethro: un bambino splendido di soli cinque anni, con gli enormi occhi castani e una fiducia sconfinata in lui, tanto da seguirlo ovunque e cercare di tenergli sempre la mano.

"Zohar", lo aveva chiamato la madre, si era chinata su di loro e dopo aver distribuito una carezza ciascuno aveva continuato "prenditi cura di questo birichino e evita che vada ancora a giocare nelle stalle!L'ultima volta abbiamo dovuto sopportare un odore terribile"; e nella sua voce si sentiva l'affetto per il più piccolo, ma anche la fiducia nelle capacità di lui. Solenne già allora, lui aveva annuito e senza bisogno che chiedesse, la donna aveva terminato: "non disturbate lo studio di vostro fratello. Quello che fa è assai importante e ha bisogno di assoluto silenzio". La sua voce era cambiata e a nessuno dei due figli era piaciuto come parlava di Nun: solo nove anni e già lontano da loro come fosse un adulto.

Scacciandola sensazione che aveva già vissuto alla morte del fratello di richiamare i ricordi passati, decise di concentrarsi sulle parole.

Quello che trovò tra quelle righe lo sorprese così tanto da fargli dubitare della propria sanità mentale: Eliora raccontava come moltissimi anni prima, quando Jethro aveva solo tredici anni, lei avesse scoperto che aveva compromesso una delle giovani aiutanti di cucina Liat, che la memoria di Zohar gli disse essere una ragazza pallida dai capelli rossi.

E la cosa sarebbe finita lì se sua madre non avesse ritenuto quell'azione oltraggiosa e non avesse cacciato la ragazza e tuttala sua famiglia, tenendo la ragione del gesto per sé. Era stato allora che Jethro aveva davvero incominciato a odiare la madre e ad andare contro quello che lei diceva, in maniera plateale e non.

Quello che il fratello non sapeva, però, era che la ragazza aveva avuto l'ardire di tornare alcuni mesi dopo con un notevole pancione e asserire che il figlio era del giovane lord. Era stata davvero una sciocca a pensare che, seppure fosse vero, questo avesse una qualche valenza per la padrona. Si trattava di un bastardo e come tale nelle loro terre valeva meno di zero, per giunta nato da una servetta.

Eliora l'aveva cacciata di nuovo e solo una volta si era informata sulla sorte capitata a Liat e al bambino che portava in grembo. Jethro era padre e aveva una figlia, femmina, di ormai diciassette anni!

Zohar fissò ancora qualche istante la pagina, sfogliò il resto del diario e vide che vi era dell'altro ancora. Decise, per la prima volta in assoluto, che non voleva sapere e così richiuse di scatto il taccuino con in mente già la sua destinazione: le fiamme del camino nel suo studio. Quella sorta di macabro libro lasciato dalla madre:una lista delle sue colpe, per come la vedeva Zohar, lo spinse ad agire.

Uscito dalla stanza stava per entrare in quella di Gali, ma si ritrovò il medico davanti.

Dopo i convenevoli di rito lui gli spiegò che era tutto a posto e che si trattava solo di un po' di stress dovuto agli eventi.

«Raccomando l'assoluto riposo, soprattutto nelle sue attuali condizioni e ora che, perdonate il mio ardire, niente la trattiene più qui, sarebbe un bene per lei vivere con voi».

Il lord che non aveva ancora riflettuto su come sarebbero cambiate le cose, annuì distratto e lo congedò.

Lady Gali era seduta in poltrona e non a letto come lui si aspettava.

«Zohar, mi dispiace», furono le sue prime parole.

«Lo so, ma ora non pensarci. Non vorrei che avessi un altro malore», e le si avvicinò prendendo la mano che lei gli porgeva per portarsela alle labbra.

I suoi occhi percorsero la figura amata e si soffermarono all'altezza della vita. La dama era minuta e con un corpo proporzionato, ma adesso la sua pancia era più rotonda. Qualcuno avrebbe potuto dire che avesse solo preso un po' di peso, eppure lui seppe subito la verità. Le parole del medico assunsero il giusto significato e si chiese perché sua moglie non gli avesse detto niente.

Qualche rapido calcolo e capì che lo aveva fatto affinché lui non premesse per l'uso dell'infuso dell'imperatrice: un misto di piante che provocavano l'aborto, ma come si era osservato, utile solo nei primissimi mesi di gravidanza.

Avrebbe potuto rimproverarle quella mancanza di sincerità e prima di leggere le parole di sua madre l'avrebbe fatto. Sarebbe solo servito a creare una spaccatura tra loro due e questo non lo voleva.

L'aiutò quindi a sollevarsi e la condusse con modi gentili e fermi verso il letto chiedendole di riposarsi.

I funerali di lady Eliora si tennero il giorno dopo e cercarono disbrigare tutto il più in fretta possibile.

Zohar aveva stabilito che la moglie andasse a vivere a palazzo con lui e chiese anche a suo padre di fare altrettanto.

«No, io resterò a prendermi cura dei nostri possedimenti. La corte non fa per me e prima che tu me lo chieda, la risposta è la stessa. Se avessi voluto togliermi la vita lo avrei già fatto, perciò puoi stare tranquillo», Ephram era rimasto composto per tutto il tempo e nessuna parola era valsa a convincerlo.

La sola promessa che gli riuscì di strappargli fu che alla nascita del bambino sarebbe andato qualche mese a corte.

Jethro, che intanto era tornato a essere il solito, fu beffardo nelle sue congratulazioni.

«Chi lo avrebbe detto che il mio integerrimo fratello maggiore fosse ancora interessato ai pargoletti! E pensa che beffa se fosse un altro maschio!», e seppe anche, dallo scintillio degli occhi, che si era trattenuto perché nella stanza vi era la moglie.

Non ritenne fosse necessaria una riposta e lo lasciò a blaterare da solo.

Quasi tutti i legami tra loro si scioglievano e capiva che dopo il cedimento del giorno prima non avrebbe più visto quel lato di lui.

Gli erano giunte delle voci sul fatto che stesse corteggiando la più grande delle Oded, ma dovevano essere solo chiacchiere perché non celo vedeva suo fratello sposato e lei era tornata, infatti, nelle sue terre. Non fece domande a riguardo e d'altronde aveva stabilito di non dirgli niente di Liat e della figlia; era inutile per lui rinvangare un passato scomodo che non avrebbe certo potuto cambiare il futuro.

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