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Capitolo 14


Elron se ne stava in silenzio vicino al trono, guardando di tanto in tanto verso le grandi porte della sala. Quando fu annunciato l'arrivo dell'Eshua i suoi occhi cambiarono subito direzione. Non era un uomo pieno di pregiudizi, né tanto meno uno che giudicava al primo sguardo, ma quella creatura lo metteva fortemente a disagio. Era stato presente ad ogni colloquio che aveva avuto con l'imperatore Siman e niente gli aveva fatto dubitare della sua onestà. La sua stazza, però, gli diceva di restare in guardia. Molte volte aveva pensato a lui come ad un gigante che avrebbe potuto spazzarli via con un solo capriccioso gesto della mano, e sapere che vi erano intere tribù di quegli enormi esseri lo rendeva ancora più nervoso.

«Maestà», fu la sola cosa che Idris disse, di certo convinto che fosse sufficiente come saluto.

Altra particolarità dell'Eshua era quella di non avere il minimo rispetto dell'autorità imperiale. Anche quella prima volta non si era inchinato, limitandosi ad un cenno del capo.

«Sono felice di vedere che hai risposto con sollecito alla mia chiamata. Ricorderai certamente Lord Jessel, mio zio, e fidato consigliere», Elhanan indicò l'uomo alla sua destra, e tra i due passò solo uno sguardo quasi disinteressato.

«Lui invece», proseguì dopo una adeguata pausa, indicando il giovane ai piedi dei gradini presso il trono, «è il giovane Lord Lotan, il comandante del mio esercito».

L'Eshua voltò la testa verso Aleph, studiandolo con i propri penetranti occhi gialli, e sicuramente valutando il giovane, che fece un passo verso di lui con la mano tesa. Quel gesto fu una mossa astuta, anche se forse non programmata, perché Idris apprezzò la cosa, stringendo la mano protesa. Anche l'imperatore Siman gli aveva concesso quel privilegio alla fine del loro primo colloquio, e Elron aveva visto quasi istantaneamente un cambiamento nel gigante. Il momento in cui aveva iniziato a rispettare davvero l'imperatore come uomo, seppur non per la sua carica.

«Come puoi immaginare, non ti ho fatto venire fin qui per una chiacchierata».

Elhanan era l'unico ad aver parlato fino a quel momento, ma voltandosi verso il consigliere, gli lasciò la parola.

«Abbiamo subito diverse incursioni della tua tribù in alcune delle nostre regioni. Quelle che si trovano ai confini», iniziò Elron, subito interrotto da Idris, quasi con un grugnito.

«Non potete essere sicuri che si trattasse della mia tribù. Gli Eshua sono divisi in diversi gruppi, ognuno dei quali è libero di fare quello che vuole», aveva parlato con un tono leggermente alterato, e quando succedeva, era molto più evidente il fatto che non fosse umano. La voce usciva possente dall'enorme gabbia toracica, un po' distorta dalle zanne che sporgevano dalla sua bocca.

«Quello che intendevo era che si trattava di tuoi simili, non volevo insinuare niente», precisò Lord Jessel con un tono che non ammetteva altre repliche.

«Purtroppo non si tratta di soggetti isolati che hanno deciso di sconfinare nelle nostre terre per curiosità o senza intenzioni ostili. Sono stati veri e propri attacchi studiati per provocare danni».

A queste parole, l'Eshua non reagì come Elron si aspettava, e cioè con un altro scoppio di rabbia, o difendendo i suoi simili. Si voltò verso la lunga finestra presente nella parete orientale, da cui i raggi del sole di mezzogiorno illuminavano la stanza e restò in silenzio per molti minuti. Dopo quella pausa di riflessione, Idris parlò, rivolgendosi al giovane comandante:

«Ho bisogno di sapere dove sono avvenuti gli attacchi, ed anche ogni altra informazione che avete raccolto in proposito. Così mi potrò fare un'idea del perché delle loro azioni, ma saranno solo supposizioni. Avrò bisogno di tempo per raccogliere le notizie che mi chiedete».

«Immagino di essere qui proprio per questo», disse con semplicità il ragazzo.

Lui sembrava molto a suo agio con l'Eshua, come se non vedesse quanto fosse diverso da loro. Lord Aleph era solo un ragazzo e Elron aveva sempre pensato che fosse troppo spensierato e non adatto al ruolo che gli era stato assegnato. D'altro canto, Lord Jessel sapeva di essere troppo sospettoso e poco incline a fidarsi del prossimo; caratteristiche che tutto sommato lo rendevano un elemento prezioso all'interno del consiglio.

Si spostarono nella sala del Consiglio, dove evidentemente il comandante aveva fatto preparare in anticipo il materiale di cui avevano bisogno. Sul tavolo erano state dispiegate delle mappe che rappresentavano il continente di Umbriel e dove erano segnati i confini dei regni e i relativi luoghi di rilievo.

Aleph si chinò sul tavolo, facendo segno all'Eshua di fare altrettanto. Pur piegandosi quasi in due, Idris era troppo alto per quel tavolo, ma stava attento a seguire le spiegazioni dell'altro.

Il comandante era un giovane di quindici anni, di aspetto decisamente gradevole. I capelli del colore delle castagne, erano legati in un codino dietro la nuca e rivelavano una fronte intelligente su cui spiccavano le eleganti sopracciglia, e due occhi che facevano sospirare molte fanciulle in tutto il regno. Tra queste anche la figlia minore dello stesso Lord Elron, la giovane Lady Ameira.

«Ecco, gli attacchi sono avvenuti qui, e qui», la mano di Aleph si muoveva veloce sulla cartina, indicando dei villaggi sul confine sud-est della regione di Lipsis.

«Cosa si trova in questo punto?», domandò Idris indicando il simbolo di una città con una delle sue impressionanti unghie.

«Quella è Comsi, ma non sono arrivati fino a lì».

«E non lo faranno, non con il numero di cui mi avete parlato. Sanno che è più semplice e sicuro attaccare piccoli agglomerati. Anche se non capiscono fino in fondo i vostri usi, non è difficile intuire che un posto più grande viene difeso da un numero maggiore di uomini», Aleph parve illuminarsi alle parole dell'altro, mentre l'imperatore e Elron si limitavano ad ascoltare il dialogo tra i due.

«Un Eshua è in vantaggio di due a uno su un soldato, siete davvero certo che possano agire in tal modo?».

Si era appoggiato al tavolo e continuava a strofinarsi il pollice sulla mascella, dove cresceva l'accenno di una barba castana.

«Tre a uno. Ma il punto è un altro, perché rischiare, quando vi sono posti più semplici da attaccare?».

La precisazione dell'Eshua non parve spaventare il giovane, che invece si volse di nuovo verso la cartina con una nuova idea in mente.

«Potrebbero essersi nascosti in questa foresta, ed essere sfuggiti alle perlustrazioni dei miei uomini».

«Ovvio che è andata così, si trova anche piuttosto vicina, di lì è facile condurre delle veloci incursioni nei villaggi di confine. Quando poi siete stati pronti a mandare i vostri soldati, loro se ne erano già andati».

«Adesso sappiamo come hanno fatto, più o meno. A noi serve sapere perché e se lo rifaranno», l'imperatore guardò serio l'Eshua chiedendogli di fare il vero lavoro per cui era stato chiamato fino a lì.

Quella conversazione infatti, seppur molto interessante, non era per loro di nessuna utilità.

«Mi sembra ovvio che deve trattarsi di razzie, o qualcosa di simile».

Aleph guardò prima Elhanan e poi Idris per avere una conferma alla sua supposizione.

«Sì, hanno fame. Non tutte le tribù sono sempre in grado di procurarsi il cibo necessario a sfamare tutti i membri del gruppo e altre ragioni possono averli spinti ad arrivare fino a qui».

«Si trovano decisamente lontano da casa», aggiunse Elron, che però stava attento a come parlava con il gigante, visto che sembrava l'unico in grado di irritarlo con le proprie parole.

«La fame è fame, anche voi sareste disposto a spostarvi anche per intere settimane pur di sfamare la vostra famiglia!», stavolta Idris non sembrava davvero arrabbiato, ma quasi addolorato dalle proprie stesse parole.

Colpito dall'ennesima sfaccettatura di carattere mostrata dall'Eshua, Elron si limitò ad un cenno affermativo del capo, aspettando che altri rompessero il silenzio che si era venuto a creare.

«Il problema non si limita alla sparizione di alcuni capi di bestiame. Interi villaggi sono stati attaccati e gli abitanti del luogo hanno risposto alla violenza con altra violenza. Se non facciamo qualcosa per interrompere questa catena, presto ci ritroveremo con intere città armate e pronte a reclamare giustizia per i loro cari. E io dovrò dargliela, muovendo il mio esercito verso le tue tribù», Elhanan sollevò il capo per guardare negli occhi il gigante, anche se doveva tenere la testa piegata in una posizione alquanto scomoda. Dopo un buon minuto di pausa, aggiunse: «E questo non lo vuole nessuno di noi due».

«Parlerò con il mio contatto nella tribù e gli chiederò di scoprire quanto più possibile in proposito. Non dovrebbe volerci molto tempo».

«Pensavo che fossi tu il nostro "uomo" all'interno degli Eshua», disse Aleph realmente stupito da quella notizia.

Idris si produsse in quello che poteva essere un sorriso, ma a conti fatti anche una smorfia, prima di rispondere.

«Sono anni che non metto più piede nelle terre degli Eshua. Il mio compito è tenere i contatti con loro, ma non tornerò lì ora, forse mai più».

Il comandante non fece ulteriori commenti in proposito e dopo che l'Eshua si fu congedato, se ne andò anche lui per eseguire gli ordini dell'imperatore.

Elron continuò a pensare ancora per alcuni minuti a Idris e a quello che lui non aveva mai detto loro. Nessuno sapeva perché si era allontanato dalla sua gente e lui teneva celata quella parte della sua vita come se ci fossero segreti inconfessabili dietro quella decisione. In fondo per quanto diversi fossero nell'aspetto, quegli esseri erano molto simili agli uomini.

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