Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 12

Una volta varcate le mura della città di Algol, era possibile scorgere quelle del castello in lontananza. Tutti sapevano sempre quando l'imperatore partiva, o come in quel caso, quando tornava, perché dall'entrata nelle mura orientali, doveva percorrere quasi interamente la città per arrivare al proprio castello.

Era sera, ma non dubitava affatto che nel giro di un'ora la voce si sarebbe sparsa in tutte la case signorili e non. Per le strade era possibile scorgere ancora alcuni cittadini che rientravano nelle loro abitazioni per il pasto della sera, e di tanto in tanto le Guardie cittadine che compivano il loro giro di ronda.

Indossavano calde cappe di un blu scuro con il bordo argento, gli stessi colori che sventolavano nel vessillo sul castello. Il colore dell'imperatore Elhanan era una tonalità di azzurro piuttosto cupa, scelta il giorno in cui era salito al trono, tre anni prima che sposasse Lady Alokes. Ogni volta che incrociavano uno di questi soldati, essi si inchinavano e restavano fermi in quella posizione fino a quando tutti i membri del piccolo corteo non erano sfilati dinanzi a loro. Erano soldati semplici, provenienti dalle famiglie più disparate e senza titoli nobiliari. L'imperatore conosceva il nome di ognuno di loro, almeno di quelli che costituivano il primo scaglione di difesa della città. Si era assicurato che fossero uomini degni di onore, perché rappresentavano l'ultima difesa della città di Algol in caso questa fosse attaccata e, non meno importante, il primo baluardo del castello stesso.

La dimora dei regnanti di Algol, a differenza di quella di Ananta, era un castello dall'aspetto tozzo, creato per resistere anche all'assedio più lungo. La fortificazione esterna era costituita da una serie di piccole torri quadrate collegate tra loro da mura, dove era possibile far appostare degli arcieri. Superata questa, si entrava in un'ampia corte, anch'essa quadrata da cui si poteva accedere al corpo centrale del castello. Formato a sua volta da massicce torri costruite incastrando grossi blocchi di pietra un tempo di un grigio chiaro. Nei secoli quel grigio si era trasformato in un colore quasi nero, che rendeva l'intero complesso più minaccioso.

I cavalieri scesero dai loro destrieri stanchi del viaggio e Elhanan trovò lo scudiero di suo zio ad attenderlo per condurlo da lui. Egli si prese il tempo di dare ordini al capo delle guardie e per salutare suo figlio che non avrebbe visto più fino al giorno seguente.

Sapeva per esperienza che non sarebbe potuto andare a riposare ancora per alcune ore, e si preparò mentalmente a ciò che lo attendeva.

Elron aveva fatto preparare la cena per suo nipote in uno dei salottini delle sue stanze private. Suo zio aveva un appartamento lì al castello, anche se non vi risiedeva stabilmente per tutto l'anno. Si trovava in una delle torri più piccole, mentre gli appartamenti dell'imperatore erano nella torre centrale, quella alta, visibile anche al di fuori di Algol. Esattamente sopra la sala del trono.

I due uomini si salutarono con una vigorosa stretta di mano, appena furono soli nella stanza. Elhanan era l'imperatore e per convenzione alle regole, davanti a lui bisognava inchinarsi e aspettare che egli desse il consenso agli altri per parlare, ma con suo zio preferiva evitare quelle formalità.

Elron conosceva piuttosto bene i suoi gusti e aveva fatto preparare del pesce in modo semplice, accompagnato solo da un buon vino che lo riscaldasse dopo il viaggio. Durante la cena non parlarono molto, limitandosi a gustare il pasto ed evitando così di rovinarsi l'appetito. Appena ebbero terminato, spostarono i piatti e l'uomo più anziano riempì nuovamente i loro bicchieri, prima di consegnare un fascio di carte all'altro.

Con un sospiro Elhanan gli diede una rapida occhiata, già immaginando il loro contenuto. Aveva riconosciuto subito il sigillo del Lord comandante di una delle guarnigioni che controllavano i confini del regno, a sud.

«Quanto tempo è passato dall'ultima volta in cui sono stati visti gironzolare vicino ai confini?», chiese Elhanan dopo aver appoggiato le carte sul tavolo.

«Di anni ne sono passati molti, troppi perché tu possa ricordartene. Allora regnava tuo padre».

«E tu eri anche allora lì al suo fianco».

«Finché mi sarà possibile, continuerò a servire la casa reale con piacere», Elron chinò appena il capo, in un suo usuale gesto, e gli strinse appena una spalla.

L'imperatore si fidava ciecamente di lui, tanto che in privato si davano del tu, e questo non solo perché era uno di famiglia, ma perché aveva dimostrato innumerevoli volte di essere un uomo dai nobili principi e dalle radicate convinzioni di giustizia. Era la sua indole stessa a dirgli che non era capace di tradire la causa a cui aveva votato la propria vita. E la sua esperienza, maturata in molti anni al servizio del vecchio imperatore, era ciò di cui Elhanan aveva bisogno.

«Stavolta credo si tratti di qualcosa di più di semplice curiosità nei nostri confronti», riprese il discorso suo zio.

«Allora ci serve sapere il più esattamente possibile quali siano le loro intenzioni».

«Chiaramente non possiamo farci trovare impreparati».

«Gli Eshua non possono minacciare davvero i nostri confini, dovrebbero prima abbattere o almeno conquistare Enery. Si trova sulla loro strada per arrivare a noi», la considerazione di Elhanan era giusta, ma anche un modo per dire a sé stesso che il suo regno non era veramente in pericolo.

«Non possiamo trascurare però il fatto che potrebbero farlo. Dobbiamo sapere le loro intenzioni, e prepararci per un'eventuale conflitto, o magari prevenirlo anche», Elron si passò una mano tra i capelli, mentre avanzava quell'ultima ipotesi.

Quelle parole lo fecero riflettere, ma scuotendo già la testa.

«No. Non darò inizio ad una campagna militare contro di loro se non mi daranno le giuste motivazioni per farlo. I loro territori sono inospitali e pieni di pericoli, inutili per noi. Perciò percorreremo altre strade prima di questa», aveva parlato con autorità. E lo faceva solo quando voleva mettere in chiaro che stava parlando nel suo ruolo di imperatore. Detestava usare quel tono con suo zio, eppure le decisioni finali spettavano a lui.

«Possiamo lasciare quell'alternativa come ultima risorsa», precisò Elron che non era ancora pronto ad accantonare del tutto il pensiero.

Tra le sue numerose qualità, lo zio era anche tenace nelle sue idee, e a volte aveva avuto ragione, cosa che ricordò a Elhanan di non sottovalutare le sue parole.

«Facciamo convocare quell'Eshua a palazzo. Saprà sicuramente qualcosa, oppure potrà scoprirlo per noi».

All'imperatore non faceva piacere ricevere Idris, non perché lo giudicasse per il suo aspetto diverso, ma perché gli ricordava quanto potessero essere pericolosi gli Eshua. Erano una tribù primitiva con corpi enormi e pelle tendente all'arancione. Per quanto il soggetto in questione sembrava essere integrato perfettamente nella società umana, non poteva nascondere la sua stazza o smorzare l'impatto visivo che aveva sugli altri.

«Ci vorranno alcuni giorni prima che possa essere qui. Vive a Lesia, una delle città più a sud di Enery».

«Va bene. Faremo convocare anche Lord Aleph Lotan. Scrivetegli di arrivare il prima possibile, ovunque egli si trovi. Intanto cerchiamo di evitare che gli altri Lord sappiano di questo incontro. Preferisco incontrare l'Eshua, prima di indire una nuova seduta del Consiglio».

Ricevendo solo silenzio dall'altro uomo, Elhanan si voltò a guardarlo.

Sentendosi gli occhi puntati addosso, Elron fissò il nipote di rimando.

«A cosa ci serve la presenza del generale?», chiese quasi aggressivo.

Doveva immaginarlo che non sarebbe stato d'accordo. Era stato uno dei motivi di dissenso maggiore tra loro due. Il generale Aleph, figlio di Lord Lotan, nonché fratello maggiore di Magma, aveva solo quindici anni ed era stato nominato capo dell'esercito imperiale l'anno precedente. Suo zio riteneva il ragazzo troppo giovane per ricoprire tale carica, nonostante le sue indubbie qualità. Ricordava ancora le loro discussioni a tal proposito, e come era stato irremovibile su quella scelta. Sapeva di correre un rischio, ma lo aveva nominato in tempo di pace, per permettergli di ricoprire poi il suo ruolo in tempo di guerra, facendosi le ossa nel frattempo. I suoi uomini dovevano imparare a conoscerlo e rispettarlo tanto quanto il loro imperatore. In molte occasioni avrebbero dovuto prendere ordini dal giovane uomo e aveva ritenuto necessario agire in tal modo. Non doveva spiegare le sue ragioni allo zio, ma lo aveva fatto ugualmente, senza che lui riuscisse a capirle.

«Se sarà necessario l'intervento dell'esercito, sarà guidato da lui».

«Così presto? Potrebbe morire e quello che avete pensato per lui non si concretizzerà mai».

«Saprò allora di essermi sbagliato nelle mie valutazioni e prenderò in considerazione i candidati da te proposti».

«Certo», disse alla fine Elron e si accinse a lasciare la stanza per far partire immediatamente delle civette con i messaggi dell'imperatore.

«Zio», lo richiamò Elhanan quando l'altro era ormai sulla soglia, «Aleph non deluderà nessuno di noi», ci teneva a sottolineare la sua convinzione guardando negli occhi l'altro. Mostrandogli che la sua sicurezza non vacillava, neanche per un istante.

«Spero per il bene di tutti che tu abbia ragione».

Uscì chiudendosi piano la porta alle spalle e l'imperatore restò solo. Andò ad una finestra e dopo che l'ebbe aperta lanciò un richiamo, modulando il suono con le labbra socchiuse. Se Onyxia era nelle vicinanze, ed era sicuramente così, l'avrebbe udito. Un leggero battito d'ali lo avvertì del suo arrivo. Il volatile si posò sul bordo della finestra e zampettò più vicino all'imperatore, l'unico da cui si lasciasse avvicinare sempre.

Sovrappensiero, cominciò a passare la mano tra le piume dell'animale. La civetta restò lì a ricevere le effusioni del suo padrone per qualche minuto, poi stanca delle attenzioni, si scosse, segno che non gradiva essere toccata ancora. Fissò l'imperatore un istante con la grossa testa piegata da un lato. In quei momenti, Elhanan si convinceva quasi che lei potesse leggergli dentro.

Un soffio di fredda aria notturna ruppe quella sorta di muto incantesimo. Onyxia si preparò a tornare nel cielo e lui a chiudere la finestra. Sapeva che quando ella fosse stata stanca, sarebbe andata nella propria voliera, sulla torre più alta del castello. Anche lui aveva bisogno di riposare, anche se aveva troppi pensieri per sperare di trarne un reale giovamento. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro