Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 49: Ritorno di fiamma

Quando mi stiracchio tra le lenzuola sottili, ancora in un dormiveglia più prossimo al dormi che alla veglia, non incontro nessuno ostacolo. Socchiudo gli occhi, credendo di aver valutato male le distanze, ma non mi ero sbagliata: l'altra metà del letto è vuota. E fredda. Non che ciò indichi quanto tempo sia effettivamente passato da quando se n'è andato, dato che la temperatura corporea di un Tommaso dagli occhi verdi è pari a quasi zero.

Scatto a sedere, o almeno questa era l'intenzione, in realtà riesco appena a sollevare il busto prima di avvertire una fitta di dolore nel basso ventre, niente di grave, ma non avendo voluto contare solo sulla sua magia per rimettermi del tutto in sesto sono ancora intorpidita.

Con più calma, riprovo il movimento che questa volta mi riesce, ma non mi sento ancora pronta a rimettermi in piedi e uscire a cercarlo. La parte razionale del mio cervello sa che c'è una spiegazione logica alla sua assenza, anche se non era mai successo che si svegliasse prima di me, e che non mi ha abbandonata dopo avermi usata; la parte sentimentale si sente, mio malgrado, delusa: alla fine è davvero scomparso dalla sera alla mattina.

Stavolta la contrazione che sento al ventre non ha niente a che vedere con quello che abbiamo fatto la scorsa notte, è solo pura preoccupazione per dove sia finito, dato che non se ne sarebbe andato di sua spontanea volontà, deve essergli successo qualcosa. Non sono sicura di voler sapere chi è in grado di far succedere qualcosa al Male. Per un attimo considero l'ipotesi del Bene, ma la scarto subito.

«Taci, Violetta!» È Tommaso. Il mio sguardo scatta in direzione della voce e della porta socchiusa, non ci avevo fatto caso prima, ma sento un mormorio provenire da fuori, non riesco a distinguere altro oltre a quell'esclamazione irata, ma mi basta per rasserenarmi.

Dopo aver appurato che Tommaso è vivo, il mio dubbio successivo riguarda l'identità della sua misteriosa interlocutrice, non mi pare ci sia una Violetta tra gli alunni degli ultimi anni. Per quanto vorrei avvicinarmi alla porta e sentire meglio, mi trattengo, in un rapporto c'è bisogno di fiducia, e comunque sono ancora intorpidita. In ogni caso, sono felice di non averlo fatto perché pochi secondi dopo Tommaso rientra. Ci mette un attimo ad accorgersi che sono sveglia, così riesco a vedergli i denti scoperti e serrati.

«Tutto bene?» chiedo prima che riesca a intavolare un discorso diverso. «Dimmi chi ti ha fatto arrabbiare che lo incenerisco» offro in tono scherzoso, ma davvero interessata a conoscere quella persona.

«Scusa, ti ho svegliata, pensavo di chiuderla in fretta e tornare a letto prima che ti svegliassi.» Gattona sul materasso fino ad arrivare a me e mi bacia, è un bacio lungo con cui prendo quelle rimanenti energie che mi occorrono. Tommaso non mi rimprovera, ma non sembra neanche entusiasta. «Vediamo di non farne un'abitudine.»

«Secondo round?»

«Credo sarebbe qualcosa più come il quinto o il sesto...»

«Dettagli, Tommy, dettagli.»

«E dopo questo non credo ce ne sarà mai più nessuno.»

Un sorriso diabolico incurva le mie labbra, Tommaso mi osserva incerto. «Beh, se tu non sei in grado di soddisfarmi, posso sempre andare da Ben.»

I suoi occhi scintillano. «Sarebbe apprezzato se non lo nominassi nel nostro letto, altrimenti non sarò più responsabile delle mie azioni.»

Nonostante la velata minaccia molto seducente, è più rilassato di quando è rientrato, quindi insisto con ciò che mi interessa. «Quindi, questo nome?» continuo a suonare scherzosa, giusto per rendere chiaro che se lo mettesse a disagio potrebbe non parlarmene, ma al contempo mi piacerebbe saperlo.

«Nessuno degno di nota, lascia perdere, mi basta averti tra le braccia per stare bene.»

«Non è che cerchi di nascondermi un'amante?» Dovrei lasciare perdere, dovrei fidarmi. Sto insistendo solo perché sono una sciocca ragazza possessiva, o dubito della sua parola perché è il Male?

«Magari fosse un'amante che ti sto nascondendo, fidati, sarei più felice di farti conoscere quella.» Tommaso si prende un attimo per respirare il profumo dei miei capelli, poi continua. «Non ho voglia di menzionarla più del dovuto, ma è una mia vecchia conoscenza che ha deciso di tornare a scuola.»

«Una vecchia conoscenza di nome Violetta?» Tiro ancora un po' la corda, magari se rivelo che ho già sentito il nome potrebbe sbottonarsi di più.

«No, quello è un soprannome dovuto agli occhi viola, non ho voglia di menzionare neanche quel nome nel nostro letto. Tranquilla, non è un'amante, dammi solo un po' di fiducia e un po' di tempo per metabolizzare questo ritorno inatteso e prometto che te ne parlerò con calma.» Annuisco con poca convinzione. «D'accordo, allora, vediamo se riesco a fare qualcosa per corromperti sul lasciar cadere la questione per ora...» Dicendo ciò scivola giù dal letto e fuori dalla porta, per tornare qualche secondo dopo, spingendo un carrellino pieno di leccornie per la colazione. «So che hai lezione, ma pensavo che oggi potresti prendertela di vacanza...»

Avevo del tutto rimosso che tecnicamente oggi è giorno di lezione. «Beh, è una difficile rinuncia, ma resterò perché...» Gattono sul letto fino ad arrivare all'estremità dove lui sosta accanto al carrellino. Gli sorrido e mi allungo verso di lui, per prendere un cornetto dal piatto. «C'è la cioccolata!»

Tommaso sorride di rimando, neanche scalfito dalla mia offesa, troppo contento dal vedermi felice. Stavolta, quando mi sporgo oltre il bordo del letto, è davvero per baciarlo. «Grazie, non solo per la cioccolata, sappi che mi fido.»

«Lo so, avresti rimestato nella mia mente altrimenti. Lo apprezzo, grazie.»

Non rovino il momento dicendo che, in effetti, se solo ci avessi pensato prima, lo avrei fatto.

Da quando ho scoperto che il mio potere non è il fuoco, il mio rendimento scolastico è migliorato. Sebbene non abbia passato molto tempo con Tommaso, lui si è impegnato ad aiutarmi a mentire a tutti: mi ha aiutata a capire come generare un piccolissimo campo elettromagnetico con cui avvolgere le mani e poi come riuscire ad infiammarlo così da far sembrare che lo sappia controllare da vicino. Ho poi capito come espanderlo su altri oggetti. I risultati sono pessimi, ovviamente, perché far sembrare di manipolare un elemento nascondendone un altro è molto più complicato che semplicemente manipolarlo; però, considerando che prima non ero neanche in grado di tenere acceso un fiammifero, il mio rendimento è molto migliorato. C'è da dire anche che Kajt mi aiuta a fingere, togliendo ossigeno alle fiamme nel momento in cui gli comunico che sto per perdere il controllo. Tuttavia, ciò di cui vado più fiera sono le sessioni di faence, non sono all'altezza di Julja e della sua spada fiammeggiante, ma me la cavo per essere una primina.

Con la maschera a nasconderlo, non mi preoccupo di trattenere il sorriso che nasce quando incrocio la spada di Lif e affondo verso il suo petto. Rapidi dei viticci girano intorno alla lama della sua spada per bloccarmi il polso, la mia offensiva viene sospesa ma come la sua punta tocca il mio avambraccio anche la mia tocca il suo e io rilascio una lieve scarica elettrica che colpisce i nervi facendogli perdere la presa sull'incantesimo, permettendomi così di finire l'assalto.

Gli altri spadaccini applaudono a entrambi, mentre Lif si sbottona la manica per controllare il danno. «Esagerato, ti ho scaldato appena!» gli urlo mentre scendo dalla pedana. Perché questo è quello che credono tutti, che io faccia passare il calore nella lama e punti a bruciarli, ciononostante siccome nessuno vede la mia magia se ne dimenticano ed è facile sorprenderli. Julja ha provato a imitarmi con scarsi risultati, ma penso che potrebbe riuscire a ideare un attacco, se non proprio uguale, quantomeno simile.

«Complimenti, sei migliorata moltissimo!» È proprio la capitana della squadra ad affiancarmi per congratularsi. «A breve ci saranno alcune gare, ti andrebbe di partecipare a un'amichevole? Combatteresti contro qualcuno più grande di te, ma sono convinta che riusciresti a farti valere.» Julja ha mantenuto i suoi propositi, fuori la palestra mi ignora se non per scambiarci un saluto a distanza, ma qui dentro si sforza al massimo per aiutarmi a valorizzare il mio "potenziale acerbo".

«Non saprei...» dico, sperando che interpreti la mia titubanza come timore di fare una figuraccia tremenda e non di svelare il mio rarissimo potere davanti a un pubblico.

«Pensaci, se l'anno prossimo decidi di continuare con noi, sarebbe un bel vantaggio aver già avuto un'esperienza di prima mano di com'è una competizione.»

Annuisco, perché in realtà mi piacerebbe tanto, ma qui riesco ad essere cauta perché conosco l'ambiente, in un luogo estraneo rischierei di non sapermi regolare e non posso rischiare. Senza contare che da un momento all'altro potrei dover partire per ristabilire l'Equilibrio, non posso prendere impegni così a lungo e vago termine. Ciononostante, assaporo la sensazione di essere stata ritenuta degna di poter gareggiare—certo, un'amichevole benigna, ma comunque qualcosa di già più impegnativo.

«Comunque» riprende Julja «non è solo questo di cui ti volevo parlare.» La seguo verso un angolo della palestra mentre dietro di noi sento delle urla di incitamento per i nuovi spadaccini sulla pedana, mi volto per controllare chi siano: Awissu e Myrtla—sono stata convinta che tra i due ci fosse del tenero fino a quando Tea non mi ha detto di lui e Lif. Quando mi rivolto verso Julja vedo che anche lei sta studiando i due contendenti. «Secondo me vince Myrtla.»

«Non dovresti essere dalla parte di tuo fratello?»

«Ora non sono sua sorella, sono la capitana che deve essere capace di discernere i migliore elementi della sua squadra.»

«Beh, io punto su Awi» dico, scrollando le spalle.

Julja mi studia per qualche attimo, poi riprende il discorso di prima: «Di norma non te lo avrei proposto perché è un'extra come l'allenarsi con la spada e non perdiamo tempo con chi vuole solo conseguire la presenza, però tu ti sei impegnata tanto e mi sembrava giusto. La settimana prossima iniziamo un allenamento per il faence a unicorno, ti va di venire?»

Sgrano gli occhi e do sfoggio di tutta la mia abilità retorica: «In che senso?»

«I combattimenti a cavallo li avete anche sulla Terra, no? Le giostre? Noi anche. Potremmo usare anche i cavalli normali, ma noterai che i partecipanti tendono ad essere più assidui se gli offri l'occasione di cavalcare un unicorno.»

«Esistono gli unicorni?»

«Già.» Mi aspetterei un tono derisorio nella voce di Julja, invece non è quello che mi rivolge. «E non solo loro. Ti consiglio di farti un giro in biblioteca e sfogliare un bestiario, sono certa che lo troverai una lettura educativa.»

Annuisco eccitata quando sento degli applausi ed entrambe ci voltiamo. I due spadaccini hanno le punte dei loro fioretti sui rispettivi petti, poi le staccano per togliersi le maschere e congratularsi fra loro, nessuno realmente interessato a scoprire chi abbia toccato prima.

«Gli unicorni ce li fornisce il maneggio Despea da un paio d'anni a questa parte. Ci sarai?» chiede Julja, esigendo nuovamente la mia attenzione.

«Non me lo perderei per nulla al mondo» ammetto. Julja mi studia ancora, ho la sensazione che ci sia qualcosa che non sto capendo ma dovrei.

«D'accordo, lunedì ci vediamo alle spalle della serra, solita ora» mi comunica, sempre guardandomi come se stesse cercando di decifrare qualcosa, alla fine rinuncia, mi volta le spalle e mi fa cenno di tornare dal gruppo.

Mi porto dietro il presentimento che qualcosa di tremendo mi stia per succedere per tutto il fine settimana.

Lunedì pomeriggio sono con Julja, Awissu, Myrtla, Lif, Ver e Haxel ad aspettare l'arrivo degli equini. A parte Myrtla e Ver, entrambe studentesse del terzo anno e alla loro prima esperienza, gli altri hanno tutti già montato unicorni, non per questo sembrano però indifferenti.

Ci siamo incontrati alla serra e da lì abbiamo avanzato fino a ritrovarci in un enorme piana aperta, dove sono scioccata di vedere atterrare un'aereo. Molto più grosso di uno terrestre e, sopratutto, atterra in diretta verticale, senza bisogno di una lunga pista. Gli alieni hanno la magia, ma anche quanto a sviluppo tecnologico non scherzano.

Una rampa liscia viene agganciata al portello dagli addetti e questo si apre, facendo uscire un ragazzo con una camicia a quadri e jeans blu. Stringe tra le mani la longhina che usa per condurre giù un meraviglioso stallone viola, con uno scintillante corno rosa in fronte. Viene seguito da un altro ragazzo che conduce un unicorno verde con coda, criniera e corno blu. Quando arrivano giù, il primo torna di sopra, a prendere un altro animale, mentre il collega resta a controllare gli altri due. Noi ci avviciniamo ammirati e continuiamo a sembrare dei pesci rossi per il resto del tempo che occorre a portare giù le rimanenti quattro bestie. Quando sono tutte allineante a formare un peculiare arcobaleno, un nitrito proveniente dalla rampa ci fa voltare verso l'ultimo unicorno, dal pelo bianchissimo e il corno argentato, che scende a fianco di una donna, senza bisogno di alcuna corda. La donna è di carnagione scura e indossa un'attillata canotta rosa salmone, che evidenzia il seno prosperoso, infilata in stretti pantaloni da cavallerizza marroni, che fanno risaltare il sedere alto e sodo, e alti stivali neri tirati a lucido quanto gli zoccoli della sua cavalcatura, tuttavia ciò che più mi colpisce sono i lunghissimi dreadlocks fucsia e... un'altra caratteristica fisica.

«Spadaccini,» richiama la nostra attenzione Julja «con onore vi presento la donna che ci consente questi allenamenti: Rosalind Despea.» Ci incita a dedicarle un breve applauso mentre questa si avvicina. Raggiuntici, fa un breve giro di presentazioni, stringendo la mano ai presenti.

Quando è il mio turno, ricambio la stretta forte delle sue dita callose e mi sforzo di non darle la scossa mentre le dico il mio nome e la guardo dritta negli occhi. Perché prima ci avevo visto giusto. Ovviamente, questa modella di Victoria's Secret mancata ha dei dannatissimi occhi viola.

 «Cosa c'è stato tra lei e Tommaso?» domando a Julja, accostando la mia cavalcatura alla sua. A me è toccata una bellissimo unicorno bianco con zoccoli e corno azzurri, dall'originalissimo nome di Neve, a lei uno stallone totalmente rosso che si chiama Fuoco, sono pronta a scommettere che l'abbia richiesto di proposito.

«Non capisco cosa tu voglia che ti dica» risponde, con la mano destra stringe le redini, con la sinistra si massaggia le tempie, provate dalla vista del macello che i nostri compagni di squadra stanno creando. Mi sarei aspettata un simile livello di incompetenza da chi non aveva mai cavalcato, ma pare che una settimana un anno prima non valga poi tanto come allenamento pregresso.

«Lo sai cosa voglio sapere, mi hai guardata strana quando mi hai detto il nome del maneggio, aspettavi che mi suonasse familiare, ma non l'ha fatto.»

«Non è un mio problema la vostra comunicazione di coppia. Sì, hanno avuto una storia, sì, ti avevo avvisata perché potessi preparati psicologicamente o rinunciare, ma più di questo non sono affari miei, se ti ho fatto quella cortesia era solo per evitare che piantassi una sceneggiata e ci ridicolizzassi tutti.»

Le offro un'espressione sdegnata, come se fossi una di quelle che si gioca la cavalcata di un unicorno solo perché l'ex dell'attuale ragazzo oltre che bella e atletica ha anche un'avviata attività professionale di successo. Julia sogghigna. «Cosa?» Mi metto immediatamente sulla difensiva, tirando sulle redini e costringendo Neve a indietreggiare.

«Non mi hai corretta, sulla comunicazione di coppia, di solito te la prendi di più. Fai un po' schifo a tenere segrete le relazioni» spiega con un sorriso. Non ho il tempo di ribattere niente prima che Julja sproni il cavallo verso un sentiero tra gli alberi. «Vieni, passeggiamo un po'.» Lancio un'occhiata al resto del gruppo: Ver si stringe al collo dell'unicorno verde ed ha gli occhi serrati, Lif non riesce a raccapezzarsi con il comando delle redini e sta girando su sé stesso, Awissu lo guarda divertito, incurante che il suo animale abbia abbandonato qualsiasi compostezza e si sia messo a brucare; gli altri non sono messi tanto meglio, non sentiranno la nostra mancanza se ci allontaniamo per un po', e comunque era una decisione della capitana.

Non ho un frustino, quindi sono costretta, a malincuore, a servirmi di un colpo di tacchi per spronare l'unicorno ad avanzare. Raggiungo in breve Julja che s'infila tra gli alberi, lasciandomi appena il tempo di affiancarla per rivolgermi un sorriso prima di speronare il suo destriero e partire, per l'irto sentiero boschivo, al galoppo.

Osservo la polvere sollevata dagli zoccoli di Fuoco ed esito solo un istante, per vedere se la ragazza abbia intenzione di fermarsi o voltarsi, non lo fa. E va bene, allora.

Accorcio la presa sulle redini e sperono Neve, sentendomi un po' in colpa per la poverina, ma nel momento in cui parte al galoppo con uno scatto incredibile e divora il tragitto con agilità capisco che la mia vera colpa sarebbe stata costringerla a camminare in tondo con gli altri incompetenti.

Recuperiamo terreno, non che ne avessimo perso troppo dato che il tragitto accidentato ha rallentato anche la mia capitana, e in breve riusciamo ad affiancarla di nuovo. Julja non è sorpresa, tuttalpiù infastidita che ci abbia messo così poco.

Nonostante il compiacimento, non abbasso la soglia d'attenzione, specialmente quando vedo il tronco caduto in mezzo alla stradina. Il mio primo pensiero è che dopo farò un reclamo alla direzione per la condizione in cui tengono le loro aree – irrilevante che qui non passino tutti i giorni studenti a cavallo –, il secondo è che probabilmente è stata una richiesta specifica di Julja per poter aver un percorso stimolante. Ciò che invece non mi domando neanche per un istante è se Julja si fermerà prima, lei può fare ciò che vuole, io intendo saltarlo.

Il fatto è che io non sono mai andata in palestra ed ho sempre detestato l'ora di educazione fisica, però, come tutte le giovani terrestri, guardavo i film Disney. Un tutù di tulle rosa può accontentare una ragazzina che vuole fare la principessa fino a un certo punto, fin quando non si rende conto che il principe azzurro sul cavallo bianco non arriverà tanto presto e, se lo vuole davvero, deve andarselo a trovare da sola—il cavallo, non necessariamente bianco.

In terza liceo, ho chiuso con l'equitazione per concentrarmi sullo studio, ma la memoria muscolare mi ricorda tutto, come se non avessi mai smesso. Mi appiattisco sul collo del cavallo e piego le gambe ancor di più, sollevando il sedere; quando sono dall'altro lato, lascio andare il cavallo per un altro paio di metri al trotto prima di fermarlo del tutto e aspettare che l'altra ci raggiunga.

«Non me lo volevo perdere» ammette, spiegando perché non ha saltato subito ma si è tolta dalla traiettoria.

«Meno male che non l'abbiamo pensato entrambe, o sarebbe stato umiliante» rispondo, tra un respiro profondo e l'altro. «Torniamo?»

«Perché? Abbiamo fatto tanta fatica per arrivare qui.» Ha anche l'ardire di allargare le braccia per sottolineare il "qui" sperduto nel profondo bosco che abbiamo raggiunto, con più sforzo dei cavalli che effettivamente nostro.

«Non si chiederanno dove siamo finite?» Non è che abbia paura di restare sola con una persona a cui non sto molto simpatica perché potrei fermarle il cuore prima ancora che metta mano alla spada — ovviamente è una considerazione fatta con Tommaso su basi scientifiche ma del tutto ipotetica, non ho ancora ucciso nessuno, non di proposito almeno — il mio timore è che si diffonda l'ennesima voce insensata. La gente in questa scuola pare non avere niente di meglio da fare che spettegolare sulle presunte relazioni sentimentali altrui. 

«No, penseranno che stiamo duellando a cavallo alla maligna, è così che si fa, si sfianca l'avversario con una corsa e poi si combatte finché non muore uno... dei cavalli.» L'istinto di protezione nei confronti di Neve mi fa subito portare le mani vicino alle sue orecchie, fingendo di impedirle di sentire. «Tranquilla, la parte in cui uccidiamo i destrieri la saltiamo, sarebbe complicato da spiegare alla direzione altrimenti, a meno che tu non metta una buona parola con il figlio del preside.»

«Non credo che il preside terrà molto in considerazione le raccomandazioni dell'Incantatore.»

Julja mi guarda di sottecchi, come se sapesse qualcosa che io non so, ovviamente sarà così e non sono affatto tranquilla.

Poi, come se non fosse successo niente, sprona il cavallo ad andare al passo, io la affianco, togliendo i piedi dalle staffe e ruotando le caviglie per rilassare un po' le gambe.

«Cinque anni fa, il predecessore del mio predecessore ha scambiato i cavalli con gli unicorni e si è rivolto a quel maneggio. Rosalind arriva, impeccabile nel suo lavoro, per carità, ma la prima volta indossa l'intero completo da monta con giacca e camicia, il giorno dopo si presenta in canotta, considerando che qui la temperatura si adegua a te e non il contrario, dubito che fosse perché aveva caldo... O meglio, in realtà era proprio quello il motivo.

«L'Incantatore, come ben saprai, ha figurato come alunno fino a qualche mese fa, quindi era autorizzato a frequentare qualsiasi lezione volesse, pare che gli unicorni abbiano solleticato persino il suo interesse. Sai come funziona, è venuto per montare una cosa e se n'è andato con un'altra... L'hanno fatto per tutti gli anni che sono seguiti, per le due settimane che venivano gli unicorni... veniva anche qualcos'altro.»

«Ho capito, grazie per l'informazione, potevi evitare questi molto sottili doppi sensi.» Schifata, alzo gli occhi agli sprazzi di azzurro che si intravedono tra i rami frondosi. «Mi hai guardata strana solo perché ha avuto delle storie passate? Guarda che lo so.» Sapevo che ce l'aveva ancora con me per la faccenda di Jurian, ma qui stiamo esagerando. «Per quanto ne so, potresti...» Mi colpisce una certezza improvvisa: «Ci sei andata a letto anche tu!»

Fa per aprire la bocca, ma la precedo: «No, in realtà non m'importa, ero solo curiosa di come avessi tollerato di andare a letto con un altro che non fosse il tuo promesso sposo.»

«Se ci tieni a saperlo, è stato proprio a Jurian che ho chiesto di presentarmelo e proprio perché ero convinta che alla fine io e lui saremmo stati insieme, la mia avventura con l'Incantatore è stata solo piacere, senza impegno. Siamo stati bene, era u rischio basso per entrambi, non c'era pericolo che io mi invaghissi e volessi restare con lui, così come lui stava preservando il suo cuore per qualcun'altra.»

«Chi è stato a chiuderla?»

«Lui. Non l'ha proprio chiusa, però, ha solo detto che ci vedevamo troppo spesso e non andava bene. Altruista com'era, non poteva rischiare che solo una fanciulla lo monopolizzasse per troppo tempo, rischiando che le altre lo credessero fuori dalla piazza. Comunque, poi ho avuto da fare con la squadra e le lezioni, quindi neanche io avrei avuto molto tempo da dedicargli.»

«D'accordo, grazie per queste preziose indiscrezioni indesiderate. Ora possiamo tornare a galoppare?»

Julja sprona Fuoco ad avvicinarsi; non staccandole gli occhi di dosso, mi sfilo i guanti e tengo le redini con solo la sinistra. «Rilassati, ti dovevo un favore e ti voglio avvertire, fai attenzione a Occhi Viola, non è dolce quanto sembra.»

«Senti, non so che favore dici di dovermi o come credi di star ricambiando, ma non sono preoccupata di Violetta.»

Julja gira l'unicorno e si prepara a ripartire, allontanandosi da me. «Jurian spergiura che sei stata tu.» Mi paralizzo nel gesto di rinfilarmi i guanti. «Secondo mio zio, stava delirando perché non si era ancora ripreso, anche perché non è stato in grado di fornire prove di questa sua accusa, però...» lascia che la frase sfumi e aleggino troppi non detti tra di noi.

«Che ho fatto ora?» Ogni fibra del mio corpo mi urla di negare, ma non posso farmi fregare così.

«Vandine è morta» risponde, come se avesse un qualche collegamento con quanto ho chiesto. Ovviamente ce l'ha, ma lei questo non lo dovrebbe sapere.

«Lo so. Lo sa tutta la scuola, un terribile incidente con le miscele e le pozioni...» Troppe informazioni non richieste. Smetti di parlare, idiota!

«Magari per adesso hai davvero la situazione sotto controllo, dopotutto... Quindi ti devo ancora un favore.»

«Ho già visto i favori della tua famiglia, mi regali un'altra spilla o posso scegliere un accessorio diverso?» Sfoggio un sorriso serafico, ma sono tesa come una corda di violino.

«No, non hai capito.» Julja offre della pacche affettuose al collo del suo destriero. «Non sono gli Ignatus a doverti un favore.» Stringe la presa sulle redini tenute corte e si piega in avanti. «Sono io. E ti devo una vita.»

Questa volta, ci metto di più ad affiancarla di nuovo.

~Prossimo capitolo: Quel che luccica~
«Non è tutt'oro quel che luccica, a volte è la lama di una spada.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro